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http://www.economiaepolitica.it/il-pensiero-economico/lorganetto-di-draghi-prima-lezione-moneta-endogena-e-politica-monetaria/
Di Sergio Cesaratto -
26 maggio 2015
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Pubblichiamo alcune lezioni preparate da Sergio Cesaratto pereconomiaepolitica.it, dedicate alla BCE e alla politica monetaria. La serie, intitolata l'”Organetto di Draghi”, prevede quattro lezioni: 1) Moneta endogena e politica monetaria; 2) La BCE di fronte alla crisi; 3) LTRO, Target 2, Omt; 4) Forward guidance e Quantitative easing.
Si è fatto un gran parlare nelle scorse settimane – e invero se ne discuteva da un po’ di tempo – di una misura che la BCE ha adottato il 22 gennaio 2015 nota come Quantitative Easing (QE). Di cosa si tratta? Cosa intende Draghi quando parla di riportare il bilancio della BCE a 3 trilioni (3000 miliardi) di euro? Come si colloca il QE rispetto a ciò che la BCE ha fatto dal 2008 per fronteggiare la crisi? Poteva e può fare di più? In questa mini serie di articoli proveremo a darci qualche risposta inoltrandoci nel terreno un po’ esoterico della politica monetaria.
Nella prima delle nostre quattro lezioni vedremo da cosa dipendono domanda e offerta di liquidità emessa dalla banca centrale in relazione al suo obiettivo di un certo tasso di interesse a breve termine. Entreremo insomma subito al cuore della politica monetaria, politica che potete identificare con la determinazione del tasso dell’interesse, una variabile che ha grande influenza sull’attività economica.
Moneta, riserve e pagamenti interbancari
Come tutti sanno la banca centrale crea moneta che prende la forma di banconoteutilizzate dalle persone oneste per le piccole spese e da quelle disoneste per più cospicui pagamenti illegali, e di riserve bancarie. Si pensi alle riserve bancarie come banconote che le banche commerciali detengono in un conto corrente presso la banca centrale (chiamato conto di riserva e regolamento). In realtà sarebbe inutile e dispendioso far assumere alle riserve la forma di banconote; nei fatti sono dei valori scritti su un computer non differentemente, del resto, dal conto corrente che noi deteniamo presso la nostra banca.
A cosa servono le riserve bancarie? In primo luogo ciascuno di noi potrebbe voler ritirare delle banconote dal proprio conto corrente, e la banca deve essere pronta a soddisfare la nostra richiesta. A sua volta, dunque, la nostra banca deve poter ricorrere al proprio conto corrente presso la banca centrale e trasformarne parte in banconote necessarie a soddisfarci.[2] Soprattutto, tuttavia, le riserve bancarie servono per effettuare i trasferimenti monetari fra le banche. Chiariamo questo punto fondamentale.
Quando noi effettuiamo un pagamento tramite un bonifico bancario (oppure con assegno o con carta di credito) stiamo ordinando alla nostra banca (per esempio Banca Onesta) di trasferire denaro dal nostro conto corrente a quello di un’altra persona che, supponiamo, lo ha presso un’altra banca (Banca Chiara). Supponiamo un bonifico di 100€. Quello che la nostra banca farà, sarà di chiedere a sua volta alla banca centrale di trasferire 100€ dal proprio conto corrente a quello di Banca Chiara. Ovviamente Banca Onesta cancellerà 100€ dal nostro c/c e, al contempo, Banca Chiara accrediterà 100€ al c/c del nostro amico o cliente. La banca centrale, a sua volta, cancellerà 100€ dal c/c di Banca Onesta e, al contempo, accrediterà 100€ al c/c di Banca Chiara. In sintesi, quando noi effettuiamo un bonifico questo dà luogo a un movimento di riserve da una banca all’altra. Per questo i conti correnti che le banche commerciali hanno presso la banca centrale si chiamano, infatti, “conti di riserva e regolamento”, nel senso che servono a “regolare” i trasferimenti interbancari (oltre che a fungere da riserva, ciò che dà ai clienti la sicurezza che la banca abbia sempre un fondo di liquidità prontamente trasformabile in banconote). In sostanza, come noi effettuiamo i pagamenti importanti via bonifici (o assegni, o carta di credito) a valere sul c/c che abbiamo presso la nostra banca, queste ultime trasferiscono denaro ad altre banche con dei bonifici a valere sui loro conti di riserva/regolamento che hanno presso la banca centrale – che in questo senso è la banca delle banche.
In molti paesi, inclusa l’Eurozona, le banche sono obbligate a detenere un certo ammontare di riserve – dette riserve obbligatorie – a fronte dei conti correnti (detti anche depositi) che esse amministrano. Ma poiché le riserve sono necessarie per far fronte a richieste di banconote o di pagamenti interbancari ordinati dai clienti, anche nei paesi dove non v’è la riserva obbligatoria, come nel Regno Unito, le banche detengono comunque riserve. Attualmente nell’Eurosistema la riserva obbligatoria è dell’1%.
Domanda e offerta di moneta
Come fa la banca centrale a creare liquidità? Intanto registriamo che in tempi normali essa non decide quanta moneta creare – vedremo anzi che è proprio col QE che essa, in tempi anormali, prende l’iniziativa e forza liquidità nel mercato. In tempi normali, invero, la banca centrale soddisfa in maniera relativamente passiva la domanda di moneta espressa dall’economia. Essa, infatti, non ha come target la quantità di moneta ma il tasso di interesse. Dato il tasso di interesse obiettivo, la banca centrale soddisfa tutta la domanda di moneta. Pensate al tasso di interesse come al prezzo della moneta, il che non è strano visto che il tasso di interesse è il prezzo che paghiamo su un prestito. La banca centrale fissa questo prezzo, e a quel prezzo offre tutta la moneta domandata.
Per comporre il puzzle del nostro ragionamento dobbiamo anche registrare che la moneta può essere creata attraverso canali su cui la banca centrale ha poco potere, e che sono perciò detti “autonomi”. Attualmente il principale di questi canali autonomi è quello estero. Quando esportiamo una merce negli Stati Uniti, per esempio, l’esportatore acquisisce dollari che, normalmente, presenterà alla propria banca per scambiarli in euro . A questo scopo, la banca a sua volta scambierà i dollari con la banca centrale ottenendo euro. Come si vede la banca centrale ha creato euro in cambio di dollari in maniera del tutto passiva. Per contro, quando effettuiamo un pagamento in dollari verso gli Stati Uniti, li acquistiamo dalla nostra banca che a sua volta li ottiene in cambio di euro dalla banca centrale.[3]Questo pagamento, l’importazione di un prodotto americano per esempio, comporta dunque distruzione di euro. La banca centrale ha, di nuovo, agito in maniera passiva.
Storicamente, inoltre, la banca centrale ha creato moneta su ordine del principe, il famoso diritto di signoraggio. Nella maggior parte dei paesi avanzati, questo è ora formalmentevietato. Ho sottolineato “formalmente” perché secondo gli economisti più genuinamente keynesiani lo Stato deve aver conservato, in una maniera o nell’altra, il potere di spendere prima di aver incassato le imposte o di aver emesso titoli del debito pubblico. Questo è un cavallo di battaglia della Modern Monetary Theory. E’ un tema assai complesso e controverso, su cui non possiamo entrare qui, tranne un breve accenno successivo (in cui diremo che lo stato spende, come un privato, indebitandosi con le banche).[4]
Trascurando dunque il signoraggio, il canale estero è una modalità autonoma dalla banca centrale di creazione o distruzione di moneta. L’economia ruota sempre attorno ai termini di domanda e offerta. Per non smentirci utilizziamo ora questi termini. L’ammontare di moneta offerta, via canale estero può essere più o meno in grado di soddisfare ladomanda di moneta, banconote e riserve, che proviene dall’economia. Se non è sufficiente interviene la banca centrale creando moneta. Il come lo vedremo fra poco. Quantadipenderà da quanta ne è già offerta autonomamente dal canale estero e da quant’è la domanda. Cominciamo col determinare quest’ultima.

Sappiamo già che la domanda di moneta della banca centrale consiste di domanda di banconote e di domanda di riserve. La domanda di banconote dipende dalle abitudini del pubblico – se utilizza per esempio poco o tanto le carte di credito –, dall’ammontare di pagamenti in nero o illegali, da fattori stagionali – per esempio nel periodo natalizio aumenta la domanda di banconote. Più complessa è la domanda di riserve. Questo è un tema che introduce uno dei cavalli di battaglia degli economisti eterodossi, cavallo che si sta tuttavia imponendo su tutte le piazze: l’endogeneità del credito e della moneta. Augusto Graziani è forse stato il maggiore economista italiano a enfatizzare la natura endogena della moneta. Di cosa si tratta?
Moneta endogena
I mestiere delle banche è di creare credito a favore dei clienti, imprese e famiglie, purché questi abbiano i necessari requisiti di affidabilità. Quando una banca concede un credito a favore di un cliente, per esempio un prestito immobiliare, essa automaticamente crea un deposito intestato al cliente. Se per esempio Banca Onesta concede un mutuo di 100 mila euro a favore di Giovanna, l’istituto accredita su un c/c intestato a Giovanna 100 mila euro. Successivamente Giovanna trasferirà con un bonifico questo denaro a favore di Giuseppe, il venditore dell’immobile. Supponiamo per semplicità che anche Giuseppe sia correntista presso Banca Onesta. Evidentemente Banca Onesta dovrà detenere delle riserve a fronte del nuovo deposito (che per ora ha semplicemente cambiato intestatario, da Giovanna a Giuseppe), l’1% come s’è detto. Le regole sono però molto elastiche: le riserve obbligatorie sono commisurate ai depositi in essere il mese precedente; in aggiunta il rispetto è in media sul mese e non giorno per giorno, cioè la banca può in taluni giorni avere meno dell’1% di riserve se in altri è sopra l’obiettivo. Per queste ragioni la banca ha un agio di tempo per adeguare le proprie riserve e o farà, come vedremo, ricorrendo alla banca centrale. Questa le fornirà: se non lo facesse Banca Onesta cercherebbe di procacciarsi queste riserve nel mercato offrendo un più alto tasso di interesse (che, ricordate, è il prezzo della moneta), e se la banca centrale vuole evitare questo aumento, fornirà lei le riserve.
Contrariamente a ciò che si insegna ancora in molti libri di testo, la banca non è quindi vincolata dalle riserve che già possiede nel decidere di creare credito e dunque nuovi depositi a favore dei clienti.
Fra poco vedremo come le banche fanno ad adeguare le proprie riserve. Per ora portiamoci a casa il risultato che:
ogni volta che una banca concede un credito crea un deposito;
l’ammontare di depositi creato dal sistema bancario non dipende dalle riserve ma dalla domanda di credito.

Creazione di moneta, mercato interbancario e politica monetaria
Come fanno, dunque, le banche ad approvvigionarsi di riserve? Questo ci porterà al cuore della politica monetaria.
La banca centrale, nel nostro caso la BCE, effettua delle aste settimanali in cui offre liquidità alle banche ordinarie. Queste aste si chiamano Operazioni di rifinanziamento principali (Main Refinancing Operations, MRO). In seguito alle misure straordinarie adottate dalla BCE nel 2008 quando si manifestò con virulenza la crisi finanziaria, il sistema corrente non si basa più sulle aste, e questo ci semplifica la vita: la BCE offre settimanalmente alle banche tutta la liquidità che esse desiderano al tasso di interesse sulle MRO da essa deciso. Tale tasso è quello che Draghi, in seguito alle decisioni del consiglio direttivo della BCE, conferma o modifica. Attualmente questo tasso è quasi zero, lo 0,05% più precisamente, un’altra misura straordinaria su cui torneremo. Quando la BCE crea euro a favore delle banche lo fa ottenendo titoli a garanzia, il cosiddetto collaterale.[5]
Mentre col sistema delle aste settimanali le banche devono ogni settimana restituire la liquidità riprendendosi i titoli, normalmente la BCE con le Operazioni di rifinanziamento a lungo termine (Longer Term Refinancing Operations, LTRO) offre fondi a più lungo termine, prima della crisi solitamente a tre mesi. L’acronimo LTRO, come altri di cui anche molti economisti professionisti ignoravano l’esistenza, è diventato poi famoso a fine 2012, vedremo perché.
Le banche potrebbero però trovarsi a corto di liquidità senza aver tempo di ricorrere a un’asta. Per esempio un certo giorno i clienti della Banca Chiara possono aver effettuato pagamenti a favore di clienti della Banca Onesta in misura più copiosa di quanti i clienti della Banca Onesta ne abbiano effettuati a favore della Banca Chiara. Col risultato che la Banca Chiara ha perso riserve a favore della Banca Onesta (che probabilmente ne ha ora in eccesso). La Banca Chiara ha due alternative: o farsi prestare riserve da Banca Onesta (che ne ha in eccesso) o ricorrere alla banca centrale ottenendo un prestito “overnight”, cioè da restituire in 24 ore. Vediamo.
Normalmente la banca centrale remunera le riserve bancarie obbligatorie al tasso sulle MRO – che, avrete capito, è il tasso “principe” della BCE. Non remunera però le riserve in eccesso. Essa offre però la possibilità di parcheggiare le riserve in eccesso presso un conto che si chiama “deposito marginale” (marginal deposit facility) che prevede un tasso tuttavia inferiore a quello sulle MRO. Banca Onesta (che ha riserve in eccesso) avrà dunque in generale convenienza a prestare riserve a Banca Chiara (che è invece sotto) purché questa paghi un interesse superiore a quello sul deposito marginale. Prendiamo la situazione al 13 giugno 2007, prima della crisi (non prendiamo i tassi correnti perché la situazione attuale è un po’ anomala, anche se è una anomalia destinata a durare dato che ad essere anormale è l’Euro).

Banca Onesta otterrebbe il 3% se depositasse l’eccesso di riserve nel conto Deposito marginale. Sarebbe dunque disposta a prestare a Banca Chiara purché a un tasso superiore. Banca Chiara, dal canto suo, potrebbe ottenere un prestito “overnight” dalla BCE al 5% ricorrendo al cosiddetto “prestito marginale” (Marginal Lending Facility). Ovviamente sarebbe gradito a Banca Chiara ottenere un prestito da Banca Onesta purché a un tasso inferiore al 5%. Non bisogna essere economisti per capire che le due banche si accorderanno per un prestito a un tasso che, grosso modo, sarà attorno al 4%. Questo che abbiamo descritto è il segmento a più breve termine del mercato dei prestiti interbancari.[6] Normalmente il tasso interbancario overnight, che le banche si praticano vicendevolmente, gravita attorno al tasso sulle MRO che è al centro del cosiddettocorridoio dei tassi, quello del box precedente. L’obiettivo della politica monetaria è proprio il tasso interbancario, un tasso a brevissimo termine che però è l’architrave di tutta la struttura dei tassi di interesse a più lungo termine. Obiettivo della BCE è che il tasso interbancario approssimi quello relativo alle MRO, vale a dire alle principali operazioni di rifinanziamento della banca centrale. La BCE ottiene normalmente quest’obiettivo fissando il corridoio dei tassi e lasciando che il mercato interbancario converga verso il tasso sulle MRO.
Quando il Consiglio direttivo della BCE nella propria riunione mensile muta il tasso sulle MRO, muta anche i due tassi “marginali” sì da poter far gravitare il tasso a cui le banche si fanno i prestiti a brevissimo termine attorno al tasso sulle MRO che, così, diventa l’architrave di tutti i tassi di interesse dell’economia. La figura 1 mostra il “corridoio” dei tassi dall’inizio del 2008 al principio del 2014. Si vede come i tre tassi si muovano di concerto. Nell’ultimo periodo “normale”, sino a metà 2008, quando i tre tassi erano quelli del box più sopra, il tasso di mercato, denominato EONIA (Euro OverNight Index Average), oscillava attorno a quello sulle MRO.

Figura 1. Fonte: BCE
Cosa abbiamo imparato
Proviamo dunque a ripercorrere il percorso intrapreso. Banche e pubblico domandano riserve e banconote che sono liquidità creata dalla banca centrale “on demand”. In particolare, se clienti affidabili chiedono nuove linee di credito alle banche, queste le concederanno aprendo nuovi depositi a favore dei clienti, ricorrendo alle operazioni di rifinanziamento della banca centrale per procurarsi le riserve. Non è invece vero l’opposto, che la liquidità creata dalla banca centrale induce le banche commerciali a creare più crediti a favore della clientela aprendo depositi a loro favore. Attenzione, la banca centrale può accrescere la liquidità nel sistema, vedremo che durante la crisi la BCE (come la FED e le altre grandi banche centrali) lo farà. Ciò che la teoria e l’esperienza negano è che una maggiore quantità di riserve a disposizione della banche si traduca in una maggiore quantità di credito erogata. Aggiungiamo qui che questa domanda dipende dal tasso di interesse obiettivo della banca centrale. In generale minore è questo tasso maggiore sarà la domanda di liquidità, ad esempio perché aumenta la domanda di mutui per l’acquisto di case e dunque i depositi creati dalle banche e la relativa domanda di riserve. Dato il tasso di interesse obiettivo e data la corrispondente domanda di riserve – e nota la domanda di banconote -, parte della liquidità richiesta viene creata dalla banca centrale in maniera passiva, tipicamente attraverso il canale estero. La parte rimanente viene resa disponibile dalla banca centrale attraverso le operazioni di rifinanziamento, principale (MRO) e a lungo termine (LTRO). Se la banca centrale non rendesse disponibile questa liquidità, le banche cercherebbero di procacciarsela nel mercato interbancario o finanziario spingendo verso l’alto i tassi di interesse e la banca centrale fallirebbe il suo obiettivo di stabilizzare il tasso a breve attorno al tasso obiettivo, orientando di concerto quelli a lungo termine.[7]Potrebbe anche accadere che la liquidità esistente, anche se nel complesso sufficiente, sia ripartita male fra le banche, alcune con eccesso di riserve e altre in difetto. Normalmente esse si faranno prestiti a brevissimo termine fra di loro sì da ripristinare l’equilibrio. I prestiti interbancari a breve saranno effettuati a un tasso overnight (EONIA) che è al centro del ”corridoio dei tassi” fissato dalla BCE.
Forti di queste nozioni, nella prossima lezione cominceremo a esplorare la politica monetaria della BCE dal 2008 attraversi le lenti del suo bilancio.
Riferimenti bibliografici
Cesaratto, S. (2012), Il vecchio e il nuovo della crisi europea, in Oltre l’austerità, a cura di S. Cesaratto e di M.Pivetti, download gratuito da: "Oltre l'austerità", un ebook gratuito per capire la crisi - micromega-online - micromega
Cesaratto, S. (2015), The State spends first: logic, facts, appearances, open questions – A note, in attesa di pubblicazione.
[1] Avrete già intuito che esistono due tipi di moneta: (a) la moneta emessa dalla banca centrale, che è parte nelle nostre tasche sotto forma di banconote e parte nei c/c di riserva/regolamento che le banche commerciali hanno presso la banca centrale (ci riferiremo spesso alla moneta emessa dalla banca centrale come “liquidità”; questa è anche definita come “base monetaria”); (b) la moneta bancaria, ovvero i nostri depositi di c/c presso le banche commerciali attraverso i quali effettuiamo pagamenti attraverso bonifici, assegni, carte di credito ecc.

[2] Come si vede, dunque, la moneta creata dalla banca centrale è prontamente trasformabile in banconote.

[3] Le valute straniere sono detenute nelle cosiddette riserve ufficiali (RU). Un attivo dei conti con l’estero (tecnicamente delle partite correnti si veda il box in Cesaratto, 2012) determina un accrescimento della liquidità interna se l’ingresso netto di divise straniere non viene impiegato per prestiti all’estero, come tipicamente avviene coi paesi in avanzo che prestano a quelli in disavanzo. Dunque, solo gli avanzi accumulati nelle RU danno luogo a un aumento della liquidità. All’opposto, disavanzi con l’estero non danno luogo a decumulo di RU e distruzione di liquidità se sono finanziati da prestiti dall’estero.

[4] Si veda Cesaratto (2015).

[5] Tecnicamente l’operazione è un repos (repurchasing agreement o operazione contro pronto termine): la banca centrale cede liquidità in cambio di titoli con l’impegno della banca commerciale a restituire la liquidità e riprendersi i titoli la settimana successiva.

[6] Le banche si fanno prestiti anche a più lungo termine.

[7] Se l’offerta autonoma di liquidità via canale estero muta, per esempio perché degli attivi di partite correnti accrescono le RU e la base monetaria (v. sopra nota 3), tale eccesso di liquidità offerto nel mercato interbancario può far tendere il tasso d’interesse di mercato al di sotto del tasso obiettivo della banca centrale. Quest’ultima, allora, provvederà a “sterilizzare” (cioè ad annullare) l’aumento autonomo di liquidità diminuendo in maniera corrispondente la propria offerta di liquidità.



Pubblicato da Nicoletta Forcheri a 01:04 ShareThis Link a questo post Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest




Reazioni:
 
Maurizio Gustinicchi
CLAUDIO BORGHI E LE “PASSERATE” SULL’EUROEXIT DA FORMIGLI A PIAZZA PULITA

Grazie agli amici di Gente di Liguria, ovvero al suo redattore Stefano Nizzola,

s
iamo entrati in possesso dello screenshot relativo al mitico duello rusticano

tra:
– il novello Garibaldi (eroe dei due mondi), l’eroe della globalizzazione Corrado Passera

– lo xenofobo, fassista, razzista, statalista, corruttore e spesimproduttivaro Claudio Borghi Aquilini.

Argomento principe del duello: VANTAGGI E SVANTAGGI DELL’USCITA DALL’EURO.
Arbitro imparzialissimo, come sempre, il mitico Formigli di Piazzapulita.
Eccovi lo screenshot originale:

Riassumo brevemente causa difficoltà nella lettura dello screenshot:
1) grazie all’euro abbiamo la parità corretta col dollaro
2) grazie all’euro abbiamo l’energia dove ce l’abbiamo
3) oggi, con l’euro, con questo cambio, con questi tassi sia la migliore delle condizioni possibili per gli imprenditori che esportano.

Ed ecco le ottimali condizioni dove hanno condotto le nostre partite correnti:


A seguito del calo dei fatturati aziendali, frutto della duplice contrazione su export (via valuta forte) e austerity (via riduzione del deficit di bilancio pubblico) ecco la fine della produzione industriale italiana:

E questo è il crollo del PIL Italiano, regge l’export mentre si sfracella proprio quello interno:



Ecco, se c’è una cosa di cui saranno chiamati a rispondere in futuro questi conduttori, è di non permettere ai cittadini una chiara comprensione dei fenomeni poiché ogni 5 invitati proeuro, solo uno è antieuro e questo pone la gente davanti ad una sorta di pensiero unico che si vuol far passare come l’unico pensiero possibile sulla faccia della terra, una religione in cui il Dio è la moneta forte e il Satana è l’inflazione!
Non vi è miglior risposta da dare al Passera che questa, “verifichi pil e produzione industriale delle nazioni che non hanno l’euro e poi si ripresenti in tv a giustificare il fallimento di questi paese”:

a – tiene l’occupazione inglese rispetto a quella spagnola e a quella irlandese;


b – cresce il PIL delle nazioni a moneta sovrana rispetto a quelle dalla valuta forte


Lo sanno tutti che la valuta forte, accoppiata a bassi tassi, consente di selezionare una discreta classe imprenditoriale, ma sappiamo anche che questo può andar bene per l’asse franco-tedesco poiché:
1) le aziende francesi sono multinazionali molto ben messe con la produttività anche in presenza di valuta forte;
2) quelle tedesche sfruttano la manodopera a basso costo per ottenere quella competitività che gli serve per esportare al punto da ottenere colossali surplus di partite correnti in rapporto al PIL.
Per quanto riguarda l’Italia solamente il 40% delle nostre imprese è più o meno su quei livello sopra esposti, le altre (60%) sono destinate a morire entro brevissimo tempo:

Ed il motivo per cui le aziende non ad altissima o medio alta tecnologia, ovvero quella a bassa o media tecnologia, hanno bisogno della moneta sovrana con relativa svalutazione è la necessità di riallineare i prezzi internazionali la cui competitività si è deteriorata a causa del peggioramento del REAL EXCHANGE RATE che poi è quello che ha deteriorato la bilancia delle partite correnti.
Guardate nel grafico sottostante dove si trovano i vari paesi:
1) Italia nel quadrante in alto a sinistra (ovvero cambio reale deteriorato del 20% e partite correnti negative di circa un punto percentuale);
2) Germania esattamente nel quadrante opposto (coincidente con miglioramento del cambio reale e partite correnti positive di 4-5-6 punti percentuali).


Ergo, egregio
 
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Marco Saba32 minuti fa Basterebbe restituire alle Tesorerie dei paesi membri la giusta parte del signoraggio ottenuto attraverso la creazione dell'euro elettronico e... si salverebbe capra e cavoli (reddito universale garantito + Europa con l'euro). Ma siccome abbiamo un banchiere BCE sàtrapo dei Rockefeller (Goldman Sachs) che non hanno interesse ad una Europa forte come le banche TBTF, ci rovineremo sempre di più.
 
La Russia fa sul serio con la de-dollarizzazione

giugno 6, 2015 1 commento

F. William Engdahl New Eastern Outlook 06/06/2015La Russia è in procinto di fare un altro passo importante verso la liberazione del Rublo dal sistema del dollaro. Il Ministero delle Finanze ha appena rivelato che valuta l’emissione di titoli del debito pubblico russo in Yuan. Questo sarebbe un modo elegante per disancorarsi dalla dipendenza e reagire alle pressioni del terrorismo finanziario del Tesoro USA, rafforzando allo stesso tempo i legami tra Cina e Russia, il peggior incubo geopolitico di Washington. Il Viceministro delle Finanze russo Sergej Storchak ha annunciato che il suo ministero studia attentamente ciò che sarà necessario per emettere obbligazioni russe denominate in yuan. L’ultima novità rientra nella strategia a lungo termine di Russia e Cina, colpendo al cuore l’egemonia degli USA, il ruolo del dollaro come principale valuta di riserva mondiale delle banche centrali. Il dollaro è circa il 60% delle riserve delle banche centrali oggi, seguito dall’euro. Ora chiaramente la Cina agisce con attenzione, quale prima potenza commerciale mondiale facendo del Renminbi o yuan cinese un’altra importante valuta di riserva, avendo così enormi implicazioni geopolitiche. Finché il dollaro statunitense è la prima valuta di riserva, il mondo deve di fatto acquistare buoni del Tesoro degli Stati Uniti per le sue riserve in dollari, permettendo a Washington di avere un deficit di bilancio dal 1971, quando il dollaro lasciò il gold exchange standard. In effetti Cina, Giappone, Russia, Germania e tutti i Paesi con surplus commerciale finanziano il deficit di Washington permettendole di condurre guerre in tutto il mondo. E’ un paradosso che Russia e Cina, almeno, siano decise a porvi fine al più presto possibile. L’anno scorso Russia e Cina firmarono giganteschi accordi energetici 30ennali per fornire petrolio e gas russi alla Cina. I pagamenti saranno in valute locali e non in dollari. Già nel 2014 l’adozione delle moneta nazionale nel commercio bilaterale tra Cina e Russia è aumentato di nove volte nel 2013. Lin Zhi, capo del Dipartimento per l’Europa e l’Asia centrale del Ministero dello Sviluppo Economico cinese annunciava a novembre che, “Circa 100 banche commerciali russe aprono conti corrispondenti alle transazioni in yuan. L’elenco delle banche commerciali in cui i depositanti possono aprire un conto in yuan aumenta“. Lo scorso 18 novembre la maggiore banca russa, Sberbank, è diventata la prima banca russa a finanziare lettere di credito in yuan cinesi.
Strategia a lungo termine
Tutto ciò significa che Russia e Cina progettano attentamente una strategia a lungo termine per uscire dalla dipendenza della valuta degli Stati Uniti, cosa che, come le sanzioni dello scorso anno hanno svelato, rendono entrambi i Paesi vulnerabili alle devastanti guerre valutarie statunitensi. Alla Cina è stata appena concessa, “in linea di principio” dal gruppo dei 7 ministri delle Finanze, l’adozione dello yuan nel paniere di valute del Fondo monetario internazionale che compongono i Diritti Speciali di Prelievo. Oggi solo dollaro, euro e yen giapponese sono inclusi nel paniere. Comprendere lo yuan sarà un enorme passo per farne una valuta di riserva internazionale, al tempo stesso indebolendo la quota del dollaro. Le riserve estere della Cina sono prevalentemente crediti in dollari USA, principalmente obbligazioni del Tesoro USA, una debolezza strategica perché in caso di guerra possono essere congelati, come l’Iran sa fin troppo bene. E’ indispensabile per la Cina aumentare la quota d’oro delle riserve e diversificare il resto in altre valute. La Cina ha inoltre concordato con la Russia di unificare il nuovo progetto ferroviario ad alta velocità della Via della Seta con l’Unione Economica Eurasiatica. Allo stesso tempo, Pechino ha annunciato la creazione di un enorme fondo da 16 miliardi di dollari per sviluppare le miniere d’oro lungo la ferrovia che collega Russia, Cina e Asia centrale, suggerendo grandi piani per costruire banche centrali con quote di riserva in oro. La banca centrale cinese ha notevolmente aumentato le riserve auree negli ultimi anni, sebbene non sia ancora noto se siano superiori alle presunte 8000 tonnellate riserve auree della Federal Reserve. Ci si aspetta la Cina riveli le riserve d’oro una volta formalmente accettata nel paniere DSP del FMI, forse entro la fine dell’anno. Nel 2014 Song Xin, presidente della China Gold Association, dichiarò, “Dobbiamo creare la nostra banca dell’oro al più presto possibile… Potrà inoltre aiutare ad acquisire riserve e darci voce e controllo sul mercato dell’oro“. Un fondo settoriale per l’oro con i Paesi della Via della Seta è stato istituito nel nord-ovest della Cina, a Xian, a maggio, guidata dal Shanghai Gold Exchange (SGE) della Banca nazionale cinese PBOC. La Cina è il maggior produttore mondiale di oro. Tra i 65 Paesi lungo la Cintura economica della Via della Seta numerosi avrebbero importanti riserve e consumatori di oro. Xinhua riferisce che 60 Paesi hanno investito nel fondo, aiutando le banche centrali degli Stati aderenti ad aumentare le riserve in oro. Il dr. Diedrick Goedhuys, ex-consigliere economico del Reserve Bank del Sud Africa, in una intervista mi ha detto, “voglio sottolineare la qualità unica dell’oro, se visto come risorsa finanziaria è un bene che non dipende da nessuno. Un buono del tesoro, per esempio, è un bene nelle mie mani, ma una passività o debito da rimborsare nei libri del tesoro. L’oro è un bene puro. Il piano di estrazione dell’oro cinese è di grande importanza; un piano a lungo termine che richiederà dieci anni prima che abbia effetti significativi“.
Ora, con Washington e Wall Street sempre più frustrati nell’indebolire Rublo e Renminbi, le due potenze compiono passi da gigante per liberarsi dalle catene dei dollari, una mossa che potrebbe liberare gran parte del genere umano se fatta nel modo giusto.F. William Engdahl è consulente di rischio strategico e docente, laureato in politica alla Princeton University ed autore di best-seller su petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online New Eastern Outlook.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


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E TRE (4, 5, 6, 7. 8....)!...QUELLO CHE NON VOGLIONO CAPIRE (ma ormai a che serve?)



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DANIEL SANTOS - ESPERANZA INUTIL


1. Un "anonimo", in risposta alla dimostrazione della non conformità del reddito di cittadinanza al nostro modello costituzionale, - che fino a quando sarà vigente (bontà di ESSI...) DIFFERENZIA IN MEGLIO, per i lavoratori e per l'aspirazione a trovare occupazione (cioè per il fondamentatale diritto al lavoro), il nostro ordinamento rispetto agli altri dell'Unione -, muove questa prevedibile e già (molte volte) sentita obiezione:
"Sul lungo periodo occorre ripristinare rispetto ns costituzione. va bene. Ci vorranno anni o decenni. Ma adesso per chi non ha nessun reddito perchè non gode di cigs ecc, perchè precario che ha perso il lavoro si può introdurre un reddito minimo che andrà a calare quando il lavoro riprenderà. E' facile condannare altri alla fame o alla pietà dei familiari. "


2. Prima di dare la risposta (che non entrava nei limiti di lunghezza consentiti dai commenti al post precedente), faccio una duplice precisazione:
a) normalmente non pubblico "anonimi", ma data la paradigmatica tipicità delle obiezioni svolte da questo anonimo, colgo l'occasione per fare delle precisazioni che, peraltro, riassumono solo quanto già detto in questo blog, e che, quindi, non sarebbero necessarie se si accedesse cortesemente all'invito di leggersi quanto segue:
1) Orizzonte48: QUELLO CHE NON VOGLIONO CAPIRE. SALARIO MINIMO E SALARIO DI CITTADINANZA
2) Orizzonte48: QUELLO CHE NON VOGLIONO CAPIRE- 2. ANCORA SUL REDDITO DI CITTADINANZA COME "METAFORA" DELL'INCONSAPEVOLEZZA
3) Orizzonte48: FLEXICURITY E REDDITO DI CITTADINANZA . DEFLATION & DEFLATION
4) Orizzonte48: IL DUALISMO. IL R?DDITO DI CITTADINANZA E IL R?DDITO MINIMO. L'EGUAGLIANZA COME APPIATTIMENTO
Ma anche:
5) Orizzonte48: (Parte Prima) DIRITTO AL LAVORO, PIENO IMPIEGO E SUA ATTUAZIONE NELLA TUTELA PUBBLICA DEL LAVORO. LA "NUOVA ECONOMIA" ANTILIBERISTA DELLA COSTITUZIONE FONDATA SUL LAVORO.
6) Orizzonte48: (Parte Seconda) DIRITTO AL LAVORO E PIENO IMPIEGO. LA "NUOVA ECONOMIA" ANTILIBERISTA DELLA COSTITUZIONE FONDATA SUL LAVORO. (qui c'è un'introduzione propria dedicata al reddito di cittadinanza).


b) se le costituzioni sono considerate l'ostacolo maggiore alla realizzazione del modello neo-liberista internazionalista, una ragione ci sarà; e siccome la nostra è quella più avanzata e correttamente formulata, è chiaro che la nostra stessa Costituzione è l'ultimo, estremo, baluardo espugnato il quale, il "vincolo" restauratore dilagherà in tutta €uropa.


3. Detto questo, e sperando nella correttezza di ogni potenziale interlocutore, questa la risposta alla "obiezione" soprariportata:
Prevedevo questa obiezione che implica la generica (in)comprensione di quanto in precedenza detto e l'ostinazione a non voler approfondire, per partito preso.

L'obiezione è del tutto fuorviante: se avessero voluto, cioè se finanziariamente fosse risultato compatibile coi "loro" obiettivi, avrebbero già esteso ammortizzatori sociali e sussidio di disoccupazione a molte altre categorie (il fenomeno sociale è evidente e lo conoscono benissimo).
Il fatto è che non possono-vogliono (programmaticamente) perchè il limite al deficit, comunque denominato e quantificato, serve esattamente a questo: ad ammorbidire gli inoccupati di ogni tipo fino all'accettazione di qualunque soluzione (retributiva).

Ergo: se, in queste condizioni e senza contestarle come ASSOLUTA PRIORITA', si adotta il rdc, entro un breve termine si avrebbe un semplice spostamento, ALLARGATO però NEI NUMERI, della condizione di bisogno - fame e pietà dei familiari- solo apparentemente redistribuito per fasce di età.


Infatti:
- il rdc non può - E NON DEVE, secondo il quadro di vincolo
€uropeo- (come Tsipras sta apprendendo a sue spese) determinare, per lo stesso vincolo monetario e di bilancio, un effetto finale di sostegno aggiuntivo alla domanda: in tali condizioni (non rimuovibili stando nell'UEM), il numero dei disoccupati si stabilizzerebbe o, più logicamente, (v. poi e post linkati sopra) aumenterebbe, determinando un livello ancora minore della prestazione assistenziale.
Inevitabile (a causa della altrettanto inevitabile flessione della domanda interna, determinata dalla copertura progressiva nel tempo cioè comunque con tagli crescenti di spesa pubblica rispetto alla situazione attuale: cioè esigente una maggior copertura per maggiori numeri di aventi diritto che si creano strutturalmente, ovvero avendosi una copertura costante ma con diminuzione del livello dello stesso rdc);
- la torta, quale che ne sia il finanziamento, SAREBBE COMUNQUE DA SUDDIVIDERE TRA UN NUMERO CRESCENTE DI PERSONE e ciò si accoppierebbe con l'aggiungersi di un maggior numero di pensionati e pensionandi sotto la soglia di povertà (di fatto: che siano o meno sopra la soglia dell'esile copertura del rdc), facendo venire meno anche il residuo di welfare familiare "di fatto".

Eppure non posso che invitare a rileggersi quanto scritto e quanto spiegato da Alberto Bagnai sulla legge di Thirlwall: nel complesso quello che da un lato si sottrae al welfare costituzionale ed alla spesa pubblica e quello che si aggiungerebbe, dall'altro, col rdc risulterebbero, nella migliore delle ipotesi, - e SOLO IN TERMINI IMMEDIATI-, in una situazione almeno di indifferenza (reddito disponibile per welfare invariato);
- invece, nella ampiamente più probabile ipotesi, risulterebbe ancor meno (a meno che non si creda che la vicenda della Grecia sia frutto della nostra immaginazione).

Molta gente perderebbe la casa, com'è puntualmente accaduto in Spagna (informarsi sugli effetti, lì, del rdc; c'è un apposito post di un anno fa e "Podemos" che lo attestano), e si troverebbe beffata.
Anche il percettore di rdc: dove troverebbe il denaro sufficiente per procurarsi un'abitazione e magari, come sicuramente avverrebbe, provvedere a quella perduta da stretti parenti più anziani?

Nel lungo periodo, poi, la spaventosa flessione delle basi contributive - e imponibili tributarie- metterebbe tutti i percettori di rdc nella condizione di anziani tagliati fuori da consumi, abitazione e assistenza sanitaria (lo smantellamento del servizio sanitario pubblico sarebbe inevitabile, per sovvenire alla copertura del rdc in condizioni deflattive salariali e di costante compressione della domanda).

Nell'immediato, dunque, l'unica soluzione seria è rilanciare la domanda: e questo può farlo solo lo Stato, ma solo se non astretto dal vincolo monetario e di bilancio.
Solo in questo caso, infatti, la spesa pubblica, prevista dagli obbligatori programmi costituzionali, ripristinerebbe, in termini rapidi un adeguato livello di occupazione: molto più veloce di quanto agirebbe IN SENSO DISTRUTTIVO, del sub-strato industriale e occupazionale, l'adozione del rdc.


Certo, occorre (ri)modificare il mercato del lavoro, riportandolo alla legalità costituzionale, e occorre ripristinare una banca centrale che risponsa a criteri di democrazia previsti dall'art.47 Cost.

Ma queste sono vere soluzioni strutturali, che agiscono sulle cause e non le amplificano, come il rdc, che agisce solo a valle sugli effetti (e malamente).

Comunque, dire che "non" adottare il rdc "condannerebbe" i disoccupati (creati dal'euro-austerità) e i precari (creati dalle riforme del lavoro euro-imposte) alla fame è semplicemente sbagliato e addirittura complice del sistema deflazionista neo-liberista €uropeo: le cause di questa condanna, appena indicate e intenzionalmente volute, dovrebbero essere evidenti; e provvedere rafforzando questo sistema non è una soluzione, ma una condanna più dura, solo scontata per tutta la vita e in modo ancora più feroce nella seconda parte della stessa.

Basterebbe riaprire i ruoli della p.a. e consentire un volume di spesa per investimenti e in conto capitale della p.a. equivalenti ai livelli pre-Maastricht, per ottenere un IMMEDIATO rilancio della domanda interna e dell'occupazione VERA.

Ma questo lo si può fare solo uscendo dal vincolo monetario (cioè con la flessibilità del cambio e non affidando ai mercati la collocazione del debito pubblico): CERTO NON SABOTANDO QUESTO PERCORSO RAZIONALE E COSTITUZIONALMENTE CONFORME, e quindi arretrando esattamente sul terreno dove ci spinge l'€uropa ordoliberista.

E' una QUESTIONE DI COMPRENSIONE DELLE PRIORITA' ma per capirlo occorre informarsi e non "bersi" gli slogan preconfezionati ad arte e diffusi dalle oligarchie.
Anche se si crede, magari in buona fede, di fare qualcosa contrario alle loro mire.
Che sono molto ben camuffate in base ad una programmazione che dura da decenni e che trova tattiche sempre nuove per realizzarsi...Se lo si vuol capire




Pubblicato da Quarantotto a 14:48 12 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest









venerdì 5 giugno 2015
 
La nostra ignoranza è la LORO forza. ha aggiunto una nuova foto all'album: DI TUTTO UN PO'.


Ieri alle 8.16 · https://www.facebook.com/LaNostraIgnoranzaELaLoroForza/posts/965831100107089:0#




LA GUERRA MONDIALE DEL MAR CINESE DEL SUD
Mentre la guerra fredda 2.0 tra USA e Russia è ben lontana dall’essere sventata, l’ultima cosa di cui il mondo ha bisogno è di una reincarnazione del falco Bushista Donald “a conoscenza del non sapere” Rumsfeld.
Al suo posto il – prevedibile – “a conoscenza del non sapere” che abbiamo in cambio è il boss del Pentagono Ash Carter.
Il neocon Ash ha messo in scena un bello spettacolo alla Convention Shangri-La lo scorso weekend a Singapore.
Pechino è impegnata in lavori di bonifica in nove isole artificiali nel Mar Cinese del Sud, sette negli atolli delle isole Spratly e due nell’arcipelago delle Paracel. Ash ha virtualmente ordinato a Pechino di “fermare immediatamente” la sua espansione, accusandolo di aver agito “sopra le righe” rispetto alle norme internazionali e ha messo il cappello alla pantomima volando sopra lo Stretto di Malacca al largo di Singapore su un elicottero Osprey V-22.
Washington non smette mai di ricordare al mondo che la “libertà di navigazione” nello Stretto di Malacca – attraverso il quale la Cina importa tantissima energia – è garantita dalla marina USA.
Dopo lo Shangri-La, il presidente USA Barack Obama stesso sentiva il bisogno di intervenire, dicendo che la Cina dovrebbe rispettare la legge e smettere di “sgomitare”, anche se ha ammesso che “alcune delle loro rivendicazioni potrebbero essere legittime”. Quindi? Quando sei una “potenza pacifica”, hai il diritto di mettere il becco su... praticamente tutto.
Guardando la situazione nel suo complesso, il primo ministro di Singapore Lee Hsien Loong per lo meno ha tentato di fare la faccia coraggiosa, insistendo che l’oceano Pacifico è “abbastanza grande” per ospitare sia Washington sia Pechino.
Per cui di nuovo ci troviamo di fronte a due km quadrati di scogli, micro-isole ed atolli, attorniati da 150.000 km quadrati di acque torbide e un migliaio di km al largo del confine marittimo orientale cinese.
Pechino rivendica “assoluta” sovranità su almeno l’80% del Mare Cinese del Sud. Non si tratta solo di circa 5 trilioni di dollari di giacimenti inesplorati di gas e greggio, si parla di uno snodo navale intasatissimo in cui le economie di Europa, Medio Oriente, Cina, Giappone, Corea del Sud e di molte nazione dell’ASEAN scambiano merci ed energia.
La risposta del ministro degli esteri cinese ad Ash Carter è stata piuttosto dettagliata. Il punto focale: il codice di condotta nel Mare Cinese del Sud dovrebbe essere – e in effetti sarà – negoziato tra Cina e l’ASEAN. Lo sanno tutti nel Sudest Asiatico.
Ecco il punto: dal punto di vista di Pechino, nulla di ciò ha assolutamente a che fare con gli USA.
Ditelo ai neocon del varietà di Ash. La loro paura non celata è che l’ “aggressione cinese” stia trasformando quelle acque nel Mare Nostrum della Repubblica Popolare Cinese. Fin dalla fine della seconda guerra mondiale e la capitolazione giapponese, il “potere pacifico” si è autoinvestito del mantello di Signore del Pacifico – dall’Asia alla California. È facile vedere che questa storia non andrà a finire bene – visto il nuovo comportamento deciso della Cina che pare diretto verso l’affermazione della fine dell’egemone.
Cosa farà Ash? Se le sue parole con cui ha sostenuto che gli USA vogliono rimanere la “principale potenza militare nell’Asia orientale per le prossime decadi” dovrà inviare una flotta che blocchi una considerevole striscia dei confini marittimi orientali cinesi. Diamo il benvenuto alla bomba ad orologeria geopolitica del Mar Cinese del Sud.
Fare reclamo
Se nel Mare Cinese del Sud abbiamo opposti alla Cina Vietnam, Malesia, Brunei e Taiwan, nel Mar Cinese Orientale alla Cina si oppongono Giappone, Taiwan e Corea del Sud; la Cina è stata inamovibile sul fatto che non verrà istituita una Air Defence Identification Zone (ADIZ) nel Mar Cinese del Sud per ora – dato che le condizioni non sono “appropriate”. Ci ricordiamo tutti quando l’ADIZ fu dichiarata nel Mar Cinese Orientale nel 2013. Il Pentagono aveva sguinzagliato una coppia di B-52 a farsi un giretto. La tensione era, ed è tutt’ora – abbastanza – morbida. Per ora.
L’idea che la Cina sia un dragone cattivo in procinto di fagocitare tutti i piccoli di quelle acque è una bufala. Molto prima che il comandante della Flotta Pacifica, l’ammiraglio Harry Harris, ringhiasse che “una Grande Muraglia di sabbia” stava venendo costruita nel Mar Cinese del Sud, gli altri protagonisti nella regione non se ne stavano di certo inermi a guardare.
Infatti, per lungo tempo la Cina – a fianco del Brunei – non aveva piste di atterraggio nel Mar Cinese del Sud. Le Filippine ne hanno, nelle Isole Thitu. Il Vietnam ne ha, in aggiunta ad un eliporto, a Truong Sa. La Malesia ne ha , a Swallow Reef – e ci stanno un bel po’ di aerei. Taiwan ha un aeroporto militare a Taiping.
Pechino potrebbe sicuramente utilizzare le isole artificiali per schierare infrastrutture aeronavali. Ma non solo la Cina sta facendo opere di bonifica. Anche il Vietnam lo sta facendo in due atolli nelle isole Spratlys.
Washington da parte sua ha avuto accesso ad otto basi filippine – tra cui la base navale Carlito Cunanan, nel cuore dell’azione nel Mar Cinese del Sud. Manila, come anello debole nella regione, punta ad una strategia su due fronti: Supporto Illimitato da Washington e piena internazionalizzazione del Mare Cinese del Sud.
Taiwan è stato impegnato ad investire in una caravella autoprodotta dotata di missili ed invisibile ai radar; a basso costo di manutenzione, ultramobile e pesantemente armata.
Nel frattempo il comandante della Settima Flotta statunitense, il Vice Ammiraglio Robert Thomas, è piuttosto entusiasta circa i Giapponesi che esercitano il proverbiale “ruolo più attivo” non solo nel Mar Cinese Orientale ma anche negli oceani Pacifico ed Indiano.
Non è strano che Washington permetta la rimilitarizzazione del Giappone. È ora di stare ad osservare i mari cinesi. Ovvero controllarli per un qualsiasi casus belli tra l’egemone in declino e la potenza riemergente che non mantiene più un “basso profilo”.
Qualcuno ha voglia di guerra fredda in salsa di soia? [1]
Il palcoscenico è pronto per una partita con un piatto pesantissimo. Per Pechino, l’espansione tra le Spratlys e le Paracel significa fare breccia attraverso i limiti geografici del Sudest Asiatico come anticipazione dell’intenzione di proiettare il proprio potere oltre l’oceano Indiano per tutto il Sudest Asiatico.
Per Washington, tutto ruota attorno al disturbare le vie marittime della seta – che è la rotta per la quale Pechino importa, attraverso lo Stretto di Malacca e il Mar Cinese del Sud – non meno dell’82% del petrolio e del 30% del gas naturale.
Aspettiamoci innumerevoli luoghi comuni sul dovere di Washington di proteggere la “libertà di navigazione” e condanne senza fine dell’ “aggressione cinese” – contornata dall’espansione delle nuove vie della seta, dalla Nuova Banca per lo Sviluppo creata dai BRICS e la Asian Infrastructure Investment Bank guidata dalla Cina che vanta gli altri membri dei BRIC, oltre alla Germania ed altre nazioni Europee, nel Consiglio di Amministrazione: tutti vettori di una strategia multipla che sta minando l’egemonia del dollaro USA.
Gli albori dell’amministrazione Obama, quando Kissinger e il dottor Zbig. “Grande scacchiera” Brzezinsky suggerivano una sorta di “relazione speciale” tra USA e Cina – una sorta di G-2 trasversale de facto controllato dall’egemone eccezionale – se ne sono andati. Non c’è da stupirsi che Pechino fosse sospettosa. Ora l’amministrazione Obama non può che tornare in modalità default – ovvero quella del contenimento. Ash Carter ha solo fatto un passo in avanti in quella direzione.
Mentre la guerra fredda 2.0 è tutt’altro che scongiurata, ora abbiamo anche il fattore della guerra fredda alla salsa di soia – o la guerra fredda wonton. Sarà meglio che i neocon statunitensi stiano attenti a non fare indigestione di gamberi tigre.
Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a [email protected].
Fonte: http://www.informationclearinghouse.info
Link: http://www.informationclearinghouse.info/article42041.htm
TRAMITE: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php…






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L'URGENTE RILANCIO DELL'OCCUPAZIONE? COL SALE IN ZUCCA (no "permeismo" allowed)




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Avvertenza: commenti che affermino, o dimostrino per il loro contenuto, di non aver neppure letto con attenzione il post e i links che esso contiene, non verranno pubblicati.
Per i luoghi comuni e l'incompetenza "permeista" non c'è più tempo da perdere.



1. Repetita iuvant: secondo Eurostat, l'Istat dell'Unione europea, l'Italia ha una delle più basse spese pubbliche pro-capite in €uropa.


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2. Infatti, ciò è confermato dai dati sul numero dei pubblici impiegati.
E si tratta di quelli del 2011, a cui sono seguiti ulteriori accorpamenti di strutture e blocchi del turn over, sul fronte organizzativo pubblico (molti credono che la spending review non sia in corso, solo perchè il livore accecante non consente neppure la memoria a breve sulle leggi sfornate a getto continuo).
In questo numero dobbiamo pure conteggiare un precariato - nei settori dell'istruzione e della sanità, ma non solo-, che è un record UE e che ci pone in infrazione rispetto alle direttive europee sulla preferenza per il contratto a tempo indeterminato.


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3. Questo il dettaglio OCSE sui numeri del 2011 (ripetiamo ulteriormente ristretti dalle manovre degli anni successivi):


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Dall'esame dei dati OCSE 2011, quindi dalla fonte sopra linkata, prendiamo queste osservazioni:
"Contrariamente a quanto ritiene gran parte dell’opinione pubblica, i dipendenti pubblici in Italia non sono troppi: sono troppo pochi. Nel 2011 (dati OECD) in Italia c’erano 3.435.000 dipendenti pubblici (di cui 320.000 precari, tra collaboratori e partite IVA), contro i 6.217.000 della Francia e i 5.785.000 del Regno Unito, paesi con una popolazione molto simile a quella dell’Italia e un pil non troppo superiore. Anche in Spagna e negli Stati Uniti i dipendenti pubblici pro capite sono più numerosi che in Italia (rispettivamente 65.6 e 71.1 per mille abitanti, contro i 56.9 dell'Italia). Solo il dato tedesco è apparentemente simile a quello italiano (54.7 per mille abitanti), ma esso è influenzato verso il basso dal regime privatistico del personale sanitario.
Se consideriamo il solo personale amministrativo, per avere in Italia lo stesso numero di dipendenti pubblici pro capite che c’è in Germania bisognerebbe ricorrere a 417.000 nuove assunzioni, a fronte di uno stock attuale di 1.337.000: un incremento del 31%.E per avere lo stesso numero di impiegati amministrativi pro capite degli USA bisognerebbe assumerne addirittura 1.310.000."

Non è il caso di ricordare in questa sede i divari di disoccupazione giovanile tra l’Italia e quelli di quasi tutti gli altri paesi europei, né che la quota di giovani laureati in Italia è la più bassa nell’Unione europea. Negli altri paesi il settore pubblico rappresenta una quota cospicua della domanda di laureati, sia grazie alle sue dimensioni, sia all’elevata scolarità della forza lavoro che vi è impiegata. Al contrario, in Italia, al sotto-dimensionamento della pubblica amministrazione si accompagna un livello di scolarità del personale particolarmente basso: solo il 26% degli addetti (dati ARAN 2012) è in possesso di laurea vecchio ordinamento o magistrale, cui si deve aggiungere un 4% con la laurea triennale, a fronte, per esempio, di una percentuale del 54% in Gran Bretagna. dove i civil servants laureati sono oltre 3.000.000 (i pubblici dipendenti laureati italiani sono soltanto 1.000.000). Se si volesse adeguare il settore pubblico agli standard europei si riassorbirebbe completamente la disoccupazione dei laureati, rendendo altresì urgenti politiche educative di tipo espansivo...

...E' indubitabile che a) l’impiego pubblico è sottodimensionato, b) esiste un'alta disoccupazione di giovani con elevato titolo di studio, c) il livello della domanda interna è insufficiente, con conseguente grave crisi dei settori produttivi. Questa nostra proposta si propone di affrontare in modo coerente i tre problemi mediante un aumento consistente del numero di dipendenti pubblici. Le proposte che avanziamo circa il finanziamento, le modalità e la gestione dell’iniziativa – dei quali siamo peraltro convinti – sono opinabili e probabilmente esistono soluzioni diverse. Ma le difficoltà su questo piano non possono in alcun modo esimere il potere politico dalla necessità di affrontare i problemi che abbiamo citato in un modo, ripetiamo, coerente".


4. Secondo lo stesso studio fare assunzioni per 800.000-1.000.000 di unità costerebbe circa 15/20 miliardi: cioè da poco meno a poco più di un punto di PIL.
Questa semplice manovra, il cui finanziamento costerebbe meno di qualsiasi estensione seria del reddito di cittadinanza, riassorbirebbe completamente la disoccupazione dei laureati, rendendo automaticamente più dimensionata ed appetibile la domanda degli stessi laureati, e di personale qualificato, da parte del settore privato, punto non trascurabile quando si parla delle (presunte) esigenze di provvedere con urgenza, cui corrisponderebbe il reddito di cittadinanza
E l'effetto di rilancio della domanda (la disoccupazione calerebbe di circa il 27%, tornando...ad una cifra) porterebbe effetti occupazionali a cascata su tutti gli altri settori e tipologie di occupazione: ovviamente se ci calcola correttamente il moltiplicatore della spesa pubblica e non si sottraggono risorse utili mediante...il reddito di cittadinanza, deflattivo e esattamente contrario a questo processo.


5. Per chi abbia sale in zucca, è evidente che bisogna sforare il deficit strutturale imposto dall'€uropa (ma neanche di tanto,come insegnano Francia-Spagna purchè se magna, considerato l'effetto di aumento delle entrate del moltiplicatore fiscale).
O meglio, è evidente che il problema è lo stare in UEM, nulla più.
Il rilancio occupazionale pubblico, secondo l'assegnazione di compiti e funzioni non pretestuose ma necessarie, anzi indispensabili, per aumentare la produttività del settore pubblico (rinvio ancora allo studio linkato e a questo post), portebbe ad un rilancio della domanda e dell'intera occupazione, dunque.
Cosa ovvia (per chi ha sale in zucca): non altrettanto ovvio è che ciò influirebbe negativamente, - ed all'interno dell'euro in modo accentuato-, sul saldo delle partite correnti: consumi, ma anche investimenti, aggiuntivi avverrebbero con un aumento delle importazioni (che si sottraggono al PIL).


6. Ma attualmente, avremmo un margine di circa 2 punti di PIL (di attivo CAB) per assorbire questo effetto e graduarlo in un tempo ragionevole: l'effetto sarebbe inoltre transitorio se il rilancio degli investimenti, che indubbiamente ne conseguirebbe, fosse:
a) guidato da politiche industriali pubbliche che sapessero individuare i settori trainanti della nostra offerta idonei a sostituire beni di consumo e strumentali attualmente importati;
b) accompagnato dal recupero della flessibilità del cambio unito alle politiche di cui al punto a).
Rinviamo in tal senso alle indicazioni del "Ci facciamo buttare fuori?" (nelle sue varie puntate).


7. Oltre all'invito a leggervi per intero lo studio sopra citato (eccetto per le fonti di finanziamento, che lo stesso studio ammette come materia opinabile), vi fornisco di un altro elemento di comprensione che non dovrebbe essere ignorato:
"La PA arretra nei settori del Welfare. Diminuisce l’occupazione dipendente in settori di attività tradizionalmente pubblici e aumenta al contempo il numero degli addetti nelle imprese e nelle istituzioni non profit. Dall’indagine emerge quindi l’effetto “sostituzione” tra un settore e l’altro in termini di occupazione e unità economiche. Se, da una parte, rispetto al 2001 diminuisce l'occupazione dipendente nell’istruzione e nella sanità e assistenza sociale pubblica (rispettivamente –10,3 per cento e -8,6 per cento), dall'altra aumenta contestualmente nelle stesse attività economiche il numero degli addetti nel non profit (+78mila nell'istruzione, +123mila nella sanità e assistenza sociale) e nelle imprese (rispettivamente +13mila e +148mila). Una conferma del progressivo ampliamento dei servizi di mercato chiaramente misurato dal Censimento."


8. In altri termini, l'allargamento del settore dei servizi privati, che è quello maggiormente incentivato dalle politiche attuali, com'è del tutto evidente dai recenti dati Istat, e che è anche quello a più agevole precarizzazione e deflazione salariale, corrisponde proprio alla privatizzazione delle funzioni e dei servizi pubblici di più stretto interesse generale, e dunque alla diminuzione del numero dei pubblici impiegati.
E' il compito pubblico che diviene mercato privato del lavoro-merce. E porta dritti al reddito di cittadinanza.
Ma che volete che sia? L'importante è combattere sprechi e corruzzzzzzzzzzzzzzione abolendo lo Stato cattivo.
Rammentandosi che oltre ai delocalizzatori anche i colonizzatori, che ormai sono in procinto di controllare coi loro IDE l'intera offerta italiana (senza che abbiano dovuto aspettare altre "riforme" deflattive e la fine della "corruzione"),hanno interesse alla permanenza nell'euro e al reddito di cittadinanza: l'ulteriore deflazione salariale è condizione di favore per ESSI e di ulteriore rilancio delle acquisizioni.
Questo bisogna capirlo, ma non verrà capito...avanti così.
Senza chiedersi PERCHE' ESISTE QUESTA PERCEZIONE MEDIATICA DELLA CORRUZIONE. Ma non bisogna chiederselo mai e poi mai. Intesi?


Pubblicato da Quarantotto a 12:40 14 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest









giugno 2015

E TRE (4, 5, 6
 

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