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giovedì 24 settembre 2015

TTIP, DIESEL E STRUTTURA OLIGOPOLISTICA NEI MERCATI GLOBALIZZATI



lezione-8-6-728.jpg

Sulle "esternalità" derivanti dalla inefficienza del mercato...


1. Un breve "memento" argomentato sulla questione "emissioni" delle auto diesel e lo scoppio, in USA, della questione VW.
Lo spunto, (non sorprendentemente), ce lo fornisce questo commento di Arturo:
"Stavo leggendo un articolo su NachDenkSeiten sulla truffa della VW: a quanto pare si tratterebbe solo della punta di un iceberg di pratiche diffuse in tutto il settore automobilistico (c'è perfino il link a un articolo di una specie di 4 Ruote tedesco che aveva già segnalato truffe simili da parte della BMW). Le conseguenze sono potenzialmente devastanti.
L'autore osserva però che le più severe norme americane sulle emissioni sparirebbero da un giorno all'altro solo che...si firmasse il TTIP! E qui, come diceva il tale, la domanda sorge spontanea
..."
Da cui la risposta:
"Non posso che dire LOL!
E ti pare che dovendosi mettere sul tavolo del negoziato una miriade di standards ambientali, primi il fracking (per dire) e gli OGM, ci mettiamo a sottilizzare sulle colpe del principale alleato - e unico con prospettive di sopravvivere- della grande "sorpresina" TTIP?
"


2. Per rammentare alcune essenziali informazioni di contesto andiamo un attimo a ritroso.
http://orizzonte48.blogspot.it/2015/08/ma-dove-si-va-puntando-sulla-domanda.htmlQuesto è lo sfondo globalizzato dei (macro)trattati liberoscambisti "atlantico" e "pacifico" (in senso geografico, attenzione):


"Oggi si stanno lamentando della crisi dei BRICS che porrebbe in pericolo il meraviglioso mondo della crescita "tumultuosa e maravigliosa" ottenibile, a quanto pare solo con la "globalizzazione".
Almeno così leggiamo: naturalmente, riponendosi somma fiducia nel paradigma liberoscambista - (liberalizzazione dei capitali, accordi tariffari e sulle barriere non tariffarie, adozione del complementare modello "universale" di banca e, naturalmente, banche centrali indipendenti dai governi eletti, si spera, democraticamente)-, si auspica che nei BRICS si facciano più "riforme". E cioè si apra ulteriormente al commercio estero (leggi importazioni in cambio di materie prime), favorendo gli investimenti esteri (leggi mercato del lavoro totalmente liberalizzato e precarizzato e privatizzazioni delle industrie e assets pubblici degli stessi BRICS).

E tutto questo, appunto, affinchè riprenda...la crescita, nei paesi emergenti come anche, appunto, grazie alle esportazioni, nei paesi dell'eurozona e in quelli esportatori di capitali a vario titolo: gli USA, infatti, fanno un gioco a sè, pur essendo importatori di ultima istanza per tutto il mondo.




Che, però, ora, vorrebbero legare a sè, e più esattamente al dollaro, attraverso i trattati "ultraoceanici" - TPP e TTIP+ TISA-, che servono essenzialmente a creare una dipendenza finanziaria delle intere aree coinvolte dal dollaro e dalla invasione a tappeto dei grandi istituti finanziari USA sui settori da liberalizzare, lasciando la specializzazione manifatturiera di Giappone e Germania in posizione di preminenza, mentre tutto il resto dei paesi coinvolti sarebbero grosso modo colonizzati, finanziariamente e industrialmente."



3. Questo poi è lo sfondo del mercato oligopolistico che tende a prevalere, nel caso di liberalizzazione della circolazione dei capitali- sistemativa delocalizzazione produttiva- creazione dimercato globale, con un ovvio rafforzamento dei suoi meccanismi tipici e praticamente inevitabili:

"Hermann Levy, uno storico economico tedesco ha evidenziato come, nell'industria moderna, si sia passati da una fase in cui sono prevalse piccole formazioni monopolistiche, ad uno stadio concorrenziale, ad una fase in cui si è affermata la concentrazione industriale e in cui sono prevalsi grandi formazioni produttive con situazioni di monopolio/oligopolio. Queste formazioni monopolistiche al di là dei casi in cui si sono formate per effetto di specifiche politiche statali, soprattutto negli ultimi anni si sono formate ad opera di potenti coalizioni d'interessi economici privati (non è un caso che si siano formati anche in paesi molto diversi tra loro e perfino in paesi che avevano antiche tradizioni liberistiche, a dimostrazione che non si tratta di trasformazioni accidentali, bensì, di un processo).

Levy ha spiegato le ragioni per cui si è arrivati a tali concentrazioni (progresso tecnologico, incremento dei mezzi di trasporto, aumento del volume di capitale minimo necessario per avviare la produzione ecc) ed ha chiarito che quando in molte industrie la concentrazione tecnica e quella economica sono divenute molto elevate, sono sorte le premesse per la concentrazione finanziaria, non solo fra imprese dello stesso ramo, ma anche fra imprese di rami diversi, con collegamenti che necessariamente comportano un coordinamento nella politica dei prezzi e degli investimenti delle diverse imprese.

E’ importante anche evidenziare che quando la concentrazione, in un determinato ramo produttivo, ha raggiunto un livello molto elevato, importa poco stabilire se essa sia andata aumentando o diminuendo: se le imprese grandissime, da quattro che erano in un certo momento, diventano tre, ovvero cinque, la situazione e la forma del mercato in sostanza non mutano: in esso praticamente si e raggiunto il limite della concentrazione.

L'oligopolio, dunque, non appare come un caso teorico particolare, ma come la forma di mercato più frequente, se pure variamente configurata, nella moderna realtà economica.

In particolare è l’oligopolio concentrato a rappresentare la nuova forma di mercato e sebbene questo si presenta soprattutto nell'industria manifatturiera, nei paesi evoluti, nel periodo più recente, si è verificato pure nel commercio-distribuzione di prodotti di largo consumo (grazie anche allo sviluppo dei mezzi di pubblicità).

L’Oligopolio, quindi, vede la presenza di un numero assai limitato di imprese, ciascuna delle quali controlla una quantità considerevole di produzione, di vendita di consumo di un bene (imprese petrolifere, automobilistiche, aeronautiche, assicurative, telefoniche, informatiche).

La concentrazione su pochi soggetti porta a un significativo potere di mercato con ampia capacità di determinazione o influenza sul prezzo, spesso espresso dall’impresa considerata leader; il contesto economico può essere considerato calmierabile solo parzialmente in virtù della possibile concorrenza da parte di altre imprese già presenti o comunque desiderose di entrare nel lucroso mercato. Ma la strategia seguita da queste imprese per controllare la concorrenza (o mantenerla all’interno della cerchia degli oligopolisti presenti e non accrescerne il numero) è quella di concordare tra gli interessati, in modo collusivo, un prezzo superiore a quello marginale in danno del consumatore.
L’oligopolio tende quindi a trasformarsi in una forma di "cartello", che equivale, negli effetti economici, alla più insidiosa forma di monopolio: quello ragginto attraverso intese occultate ai consumatori."



4. Lo schema generale della struttura di mercato liberoscambista globalizzata, dunque, si può riassumere nella formula "COLLUSIONE IMPLICITA", che tende ad assumere le forme più svariate di connessione tra operatori "dominanti" onde trasmettersi reciprocamente informazioni su processi di produzione e innovazioni-caratteristiche dei prodotti (vedremo "non differenzianti").
Ad esempio; bollettini di associazione di categoria, spesso formalmente nazionali, ma riprodotti omogeneamente a livello internazionale, con illustrazione di "tendenze" commerciali, produttive e tecnologiche, apparentemente rivolte al pubblico ma "decodificabili" dagli interessati, ovvero, simultaneamente, circolazione dei top-executives e managers tra i vertici di imprese in apparente concorrenza tra loro. (Questo fenomeno "strutturale", lo abbiamo visto sintetizzato così nell'immagine di apertura di questo post).






5. Capite bene che è improbabile che una strategia di riduzione dei costi - estranei rispetto alla fase di differenziazione estrinseca del prodotto-, sia adottata unilateralmente da una sola impresa global-oligopolistica e mantenuta come vantaggio concorrenziale per un tempo indefinito e, per di più, senza reazioni di "allineamento" da parte degli altri operatori.
Naturalmente, la differenziazione di prodotto finale (nel caso l'auto) è un fatto essenziale, ma rimane compatibile con l'allineamento di costi e tecnologie riguardanti le caratteristiche e i processi produttivi non differenzianti, proprio perchè, spesso, rispondenti a quel criterio di omogeneizzazione derivante dagli standards normativi (tipici quelli "ambientali").
Cioè la instabilità delle "collusioni", che pure si registra in forme "cicliche"di accentuata concorrenzialità, tende a essere mitigata proprio sul terreno condiviso del nemico "comune", cioè la regolazione pubblicistica di un'autorità che tenda a conformare la produzione per ridurne le c.d. "esternalità" in danno della comunità sociale (dei cittadini, prima ancora che degli utenti, com'è evidente nel caso considerato).


Questo, spero ora sia più chiaro, spiega il contenuto dell'articolo citato nel commento di Arturo come pure la miglior comprensibilità della faccenda nel contesto delle strategie che spingono verso la conclusione del TTIP.
Non dimentichiamo che esso muove, dichiaratamente, dall'esigenza di abbattimento delle "barriere non tariffarie", come principale materia di agevolazione del "libero scambio", sicchè deve necessariamente risultare conveniente proprio nella forma dell'allineamento degli standards normativi, specialmente quelli in materia di concomitanti "interessi pubblici" che questi standards, teoricamente, dovrebbero considerare (ambientali, appunto, relativi alla salute pubblica o alla pubblica sicurezza, di tutela del lavoro, ecc.).
L'allineamento tra gli ordinamenti coinvolti, per risultare "agevolativo" tenderà naturalmente a convergere sullo standard meno "elevato", cioè più favorevole all'abbassamento dei costi, comunque considerati, della "impresa globale".
D'altra parte la concorrenza tra "sistemi", nel senso della efficienza supply side è già intrinsecamente la filosofia che ispira il trattato di Maastricht e che spiega slogan come "limitare il perimetro dello Stato", "deregulation" e "fortemente competitivo" ...
 
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giovedì 24 settembre 2015

TTIP, DIESEL E STRUTTURA OLIGOPOLISTICA NEI MERCATI GLOBALIZZATI



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Sulle "esternalità" derivanti dalla inefficienza del mercato...


1. Un breve "memento" argomentato sulla questione "emissioni" delle auto diesel e lo scoppio, in USA, della questione VW.
Lo spunto, (non sorprendentemente), ce lo fornisce questo commento di Arturo:
"Stavo leggendo un articolo su NachDenkSeiten sulla truffa della VW: a quanto pare si tratterebbe solo della punta di un iceberg di pratiche diffuse in tutto il settore automobilistico (c'è perfino il link a un articolo di una specie di 4 Ruote tedesco che aveva già segnalato truffe simili da parte della BMW). Le conseguenze sono potenzialmente devastanti.
L'autore osserva però che le più severe norme americane sulle emissioni sparirebbero da un giorno all'altro solo che...si firmasse il TTIP! E qui, come diceva il tale, la domanda sorge spontanea
..."
Da cui la risposta:
"Non posso che dire LOL!
E ti pare che dovendosi mettere sul tavolo del negoziato una miriade di standards ambientali, primi il fracking (per dire) e gli OGM, ci mettiamo a sottilizzare sulle colpe del principale alleato - e unico con prospettive di sopravvivere- della grande "sorpresina" TTIP?
"


2. Per rammentare alcune essenziali informazioni di contesto andiamo un attimo a ritroso.
http://orizzonte48.blogspot.it/2015/08/ma-dove-si-va-puntando-sulla-domanda.htmlQuesto è lo sfondo globalizzato dei (macro)trattati liberoscambisti "atlantico" e "pacifico" (in senso geografico, attenzione):


"Oggi si stanno lamentando della crisi dei BRICS che porrebbe in pericolo il meraviglioso mondo della crescita "tumultuosa e maravigliosa" ottenibile, a quanto pare solo con la "globalizzazione".
Almeno così leggiamo: naturalmente, riponendosi somma fiducia nel paradigma liberoscambista - (liberalizzazione dei capitali, accordi tariffari e sulle barriere non tariffarie, adozione del complementare modello "universale" di banca e, naturalmente, banche centrali indipendenti dai governi eletti, si spera, democraticamente)-, si auspica che nei BRICS si facciano più "riforme". E cioè si apra ulteriormente al commercio estero (leggi importazioni in cambio di materie prime), favorendo gli investimenti esteri (leggi mercato del lavoro totalmente liberalizzato e precarizzato e privatizzazioni delle industrie e assets pubblici degli stessi BRICS).

E tutto questo, appunto, affinchè riprenda...la crescita, nei paesi emergenti come anche, appunto, grazie alle esportazioni, nei paesi dell'eurozona e in quelli esportatori di capitali a vario titolo: gli USA, infatti, fanno un gioco a sè, pur essendo importatori di ultima istanza per tutto il mondo.




Che, però, ora, vorrebbero legare a sè, e più esattamente al dollaro, attraverso i trattati "ultraoceanici" - TPP e TTIP+ TISA-, che servono essenzialmente a creare una dipendenza finanziaria delle intere aree coinvolte dal dollaro e dalla invasione a tappeto dei grandi istituti finanziari USA sui settori da liberalizzare, lasciando la specializzazione manifatturiera di Giappone e Germania in posizione di preminenza, mentre tutto il resto dei paesi coinvolti sarebbero grosso modo colonizzati, finanziariamente e industrialmente."



3. Questo poi è lo sfondo del mercato oligopolistico che tende a prevalere, nel caso di liberalizzazione della circolazione dei capitali- sistemativa delocalizzazione produttiva- creazione dimercato globale, con un ovvio rafforzamento dei suoi meccanismi tipici e praticamente inevitabili:

"Hermann Levy, uno storico economico tedesco ha evidenziato come, nell'industria moderna, si sia passati da una fase in cui sono prevalse piccole formazioni monopolistiche, ad uno stadio concorrenziale, ad una fase in cui si è affermata la concentrazione industriale e in cui sono prevalsi grandi formazioni produttive con situazioni di monopolio/oligopolio. Queste formazioni monopolistiche al di là dei casi in cui si sono formate per effetto di specifiche politiche statali, soprattutto negli ultimi anni si sono formate ad opera di potenti coalizioni d'interessi economici privati (non è un caso che si siano formati anche in paesi molto diversi tra loro e perfino in paesi che avevano antiche tradizioni liberistiche, a dimostrazione che non si tratta di trasformazioni accidentali, bensì, di un processo).

Levy ha spiegato le ragioni per cui si è arrivati a tali concentrazioni (progresso tecnologico, incremento dei mezzi di trasporto, aumento del volume di capitale minimo necessario per avviare la produzione ecc) ed ha chiarito che quando in molte industrie la concentrazione tecnica e quella economica sono divenute molto elevate, sono sorte le premesse per la concentrazione finanziaria, non solo fra imprese dello stesso ramo, ma anche fra imprese di rami diversi, con collegamenti che necessariamente comportano un coordinamento nella politica dei prezzi e degli investimenti delle diverse imprese.

E’ importante anche evidenziare che quando la concentrazione, in un determinato ramo produttivo, ha raggiunto un livello molto elevato, importa poco stabilire se essa sia andata aumentando o diminuendo: se le imprese grandissime, da quattro che erano in un certo momento, diventano tre, ovvero cinque, la situazione e la forma del mercato in sostanza non mutano: in esso praticamente si e raggiunto il limite della concentrazione.

L'oligopolio, dunque, non appare come un caso teorico particolare, ma come la forma di mercato più frequente, se pure variamente configurata, nella moderna realtà economica.

In particolare è l’oligopolio concentrato a rappresentare la nuova forma di mercato e sebbene questo si presenta soprattutto nell'industria manifatturiera, nei paesi evoluti, nel periodo più recente, si è verificato pure nel commercio-distribuzione di prodotti di largo consumo (grazie anche allo sviluppo dei mezzi di pubblicità).

L’Oligopolio, quindi, vede la presenza di un numero assai limitato di imprese, ciascuna delle quali controlla una quantità considerevole di produzione, di vendita di consumo di un bene (imprese petrolifere, automobilistiche, aeronautiche, assicurative, telefoniche, informatiche).

La concentrazione su pochi soggetti porta a un significativo potere di mercato con ampia capacità di determinazione o influenza sul prezzo, spesso espresso dall’impresa considerata leader; il contesto economico può essere considerato calmierabile solo parzialmente in virtù della possibile concorrenza da parte di altre imprese già presenti o comunque desiderose di entrare nel lucroso mercato. Ma la strategia seguita da queste imprese per controllare la concorrenza (o mantenerla all’interno della cerchia degli oligopolisti presenti e non accrescerne il numero) è quella di concordare tra gli interessati, in modo collusivo, un prezzo superiore a quello marginale in danno del consumatore.
L’oligopolio tende quindi a trasformarsi in una forma di "cartello", che equivale, negli effetti economici, alla più insidiosa forma di monopolio: quello ragginto attraverso intese occultate ai consumatori."



4. Lo schema generale della struttura di mercato liberoscambista globalizzata, dunque, si può riassumere nella formula "COLLUSIONE IMPLICITA", che tende ad assumere le forme più svariate di connessione tra operatori "dominanti" onde trasmettersi reciprocamente informazioni su processi di produzione e innovazioni-caratteristiche dei prodotti (vedremo "non differenzianti").
Ad esempio; bollettini di associazione di categoria, spesso formalmente nazionali, ma riprodotti omogeneamente a livello internazionale, con illustrazione di "tendenze" commerciali, produttive e tecnologiche, apparentemente rivolte al pubblico ma "decodificabili" dagli interessati, ovvero, simultaneamente, circolazione dei top-executives e managers tra i vertici di imprese in apparente concorrenza tra loro. (Questo fenomeno "strutturale", lo abbiamo visto sintetizzato così nell'immagine di apertura di questo post).






5. Capite bene che è improbabile che una strategia di riduzione dei costi - estranei rispetto alla fase di differenziazione estrinseca del prodotto-, sia adottata unilateralmente da una sola impresa global-oligopolistica e mantenuta come vantaggio concorrenziale per un tempo indefinito e, per di più, senza reazioni di "allineamento" da parte degli altri operatori.
Naturalmente, la differenziazione di prodotto finale (nel caso l'auto) è un fatto essenziale, ma rimane compatibile con l'allineamento di costi e tecnologie riguardanti le caratteristiche e i processi produttivi non differenzianti, proprio perchè, spesso, rispondenti a quel criterio di omogeneizzazione derivante dagli standards normativi (tipici quelli "ambientali").
Cioè la instabilità delle "collusioni", che pure si registra in forme "cicliche"di accentuata concorrenzialità, tende a essere mitigata proprio sul terreno condiviso del nemico "comune", cioè la regolazione pubblicistica di un'autorità che tenda a conformare la produzione per ridurne le c.d. "esternalità" in danno della comunità sociale (dei cittadini, prima ancora che degli utenti, com'è evidente nel caso considerato).


Questo, spero ora sia più chiaro, spiega il contenuto dell'articolo citato nel commento di Arturo come pure la miglior comprensibilità della faccenda nel contesto delle strategie che spingono verso la conclusione del TTIP.
Non dimentichiamo che esso muove, dichiaratamente, dall'esigenza di abbattimento delle "barriere non tariffarie", come principale materia di agevolazione del "libero scambio", sicchè deve necessariamente risultare conveniente proprio nella forma dell'allineamento degli standards normativi, specialmente quelli in materia di concomitanti "interessi pubblici" che questi standards, teoricamente, dovrebbero considerare (ambientali, appunto, relativi alla salute pubblica o alla pubblica sicurezza, di tutela del lavoro, ecc.).
L'allineamento tra gli ordinamenti coinvolti, per risultare "agevolativo" tenderà naturalmente a convergere sullo standard meno "elevato", cioè più favorevole all'abbassamento dei costi, comunque considerati, della "impresa globale".
D'altra parte la concorrenza tra "sistemi", nel senso della efficienza supply side è già intrinsecamente la filosofia che ispira il trattato di Maastricht e che spiega slogan come "limitare il perimetro dello Stato", "deregulation" e "fortemente competitivo" ...
 
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germania settembre 24, 2015 posted by Mitt Dolcino
Gli scandali VW (e dell’import del gas russo) ci dicono che il supporto americano per una Germania egemone in EU sta finendo? Sarebbe un bene, anche per Washington

Chi segue i miei interventi sa che ho sempre ritenuto molto strano il silenzio-assenso d’oltreoceano alle recenti intemperanze tedesche in Europa, finalizzate dal 2010 in avanti ad emanciparsi dai poteri storici consolidatisi a valle della vittoria nella WWII. Allo scrivente è stato sempre chiarissimo l’intento di Berlino di avvicinarsi alla Russia di Putin, al grande statista ex sovietico dei giorni nostri che ha saputo riportare il benessere nella Grande Madre dopo circa 100 anni di privazioni. È chiaro, la Russia è un grande paese, ricchissimo, con cui per altro è possibile convivere – come ha dimostrato G. W. Bush -. Bisogna dunque comprendere che imporre ad un paese cuscinetto come l’Ucraina di schierare a termine armi nucleari della NATO può essere foriero di reazioni veementi da parte di un paese confinante piatto come una tavola da biliardo dal mar nero fino a San Pietroburgo, non meno di quanto fece Washington nella crisi dei missili di Cuba durante la presidenza Kennedy.


Questo per dire che il problema non è necessariamente la Russia in quanto tale ma la Germania, o meglio una alleanza in pectore Mosca-Berlino indirizzata se non fortemente voluta e forgiata dall’Europa tedesca, ossia il caso attuale. Oggi, negli scorsi anni, complice un’amministrazione americana pasticciona e per nulla pragmatica, i teutonici hanno fatto leva su Washington per riprendersi il ruolo che ritengono competa loro in Europa. Da tale concessione derivano i comportamenti assolutamente minatori nei confronti dei paesi europerifeci, in primis l’Italia quale soggetto ricco, sia di aziende che di risparmi, oltre ad essere il maggior competitor manifatturiero della Germania e miglior alleato storico degli USA tra i non anglosassoni ed avere sul suo suolo il maggior numero di basi USA fuori dai confini americani (…).

Il gioco è molto grande: oggi la Germania in ambito NATO ha spacciato la propria posizione di preminenza in EU – che sfocia spesso in atteggiamenti neocoloniali con i periferici – in un contesto di limitazione germanica dell’espansionismo russo un EU. Solo a parole però, la realtà è che Berlino, con un inaspettato e forse indiretto avallo obamiano, si è presa tutto dall’Europa dell’euro post crisi del 2008 pur senza esimersi dall’attingere dall’amicizia storica tra Merkel e Putin guarda caso proprio per iniziare a costruire quella comunanza di interessi economici (chiamasi anche blocco o sfera di influenza in divenire, vedasi oltre) su base industriale tra il ricco orso russo e la tecnologica germanica tanto declamata delle elites industriali tedesche. Ovvero puntando a diventare essa stessa un competitor globale degli States.
Da dottrina (delle sfere di influenza) tale epilogo è inaccettabile per la diplomazia USA, un altro disastro addivenire della corrente amministrazione democratica.
All’uopo basti ricordare, come bene ha descritto Limes (30.2.2014, “Russia o Europa? Rivoluzioni, oligarchi e il futuro dell’Ucraina”), che fu proprio la Germania a bloccare l’annessione nella NATO dell’Ucraina nel 2008/09, cosa fatta ai tempi pre-Obama grazie all’impegno dell’amministrazione repubblicana uscente.
Oggi vediamo lo scandalo mediatico della VW, uno sputtanamento globale e soprattutto la distruzione del mito – che di reale ha poco o nulla, soprattutto nelle faccende importanti – della correttezza tedesca. VW truffava deliberatamente ed il governo tedesco sapeva*, che dire di più? Date un’occhiata alle tangenti pagate da Siemens nel mondo secondo il NYT e poi fate un reset delle vostre convinzioni sui teutonici:


E non è finita, una rediviva Hillary Clinton ha chiesto giustizia e “conseguenze”**, non si può mescolare profitto e salute ha affermato. Alla buon ora, dove era l’ex segretario di stato quando si trattava di evitare la gogna mediatica ad un primo ministro democraticamente eletto di un paese EU superalleato americano nel 2011? Oggi sarebbe tanto utile alla causa ed invece….
Chiaramente lo scandalo VW – la tempistica e le modalità ce lo dicono – è destinato a durare ed allargarsi probabilmente con strascichi giudiziari un po’ in tutto il mondo. Tecnicamente se la frode sarà provata come ripetuta e costante, magari con [probabili] comportamenti simili da parte di altri costruttori tedeschi, porterà danni enormi non solo di reputazione ma anche economici al sistema Germania. Una sorta di opportuno freno ad una espansione economico-industriale sotto molti versi imbarazzante (si ricordi che, al pari dei deficit eccessivi, esiste un preciso limite ai surplus di bilancio nelle regole EU ma nessuno ha mai chiesto [alla Germania] di rispettarlo, ndr).
Vedremo come la giustizia europea nei vari stati si comporterà, se la difesa a tutti i costi degli interessi tedeschi prevarrà allora significherà che la Germania starà reagendo e quindi ci saranno anche contromosse contro chi, inopinatamente, ha fatto esplodere anche e soprattutto a livello mediatico lo scandalo durante (la tempistica) il salone dell’auto di Francoforte – Bruxelles si è sempre guardata bene dall’indagare in EU sugli stessi fatti contestati a VW in USA -.

Si noti bene: la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato certamente l’accordo economico tra Russia e Germania sul raddoppio dell’infrastruttura gas nel mar Baltico [con immissione di metano direttamente nell’infrastruttura tedesca] firmato un mese fa, accordo molto denso di significati e di implicazioni economico-industriali fino a dipingerlo come il primo passo per un’integrazione con la Russia (l’intero sistema economico tedesco, che ha avuto il coordinamento del deal facendo intervenire anche i dovuti partners europei, è stato coinvolto anche con scambi di assets, ndr – vedasi grafico, fonte Limes; della serie, la Germania fa affari con Mosca mentre gli USA non solo restano a bocca asciutta ma spendono anche [molti] soldi in Ucraina, incredibile!). Una vera sfida allo status quo Americano.
Prepariamoci, la fine della Germania quale dominus europeo con la moneta unica è prossima. A fronte di quanto sopra esposto, possiamo concludere che le condizioni al contorno sono cambiate. E non appare casuale che il nostro Governo inizi – sebbene sommessamente – ad alzare un po’ la voce contro i troppo rigidi parametri di austerità imposti dalla Germania all’Europa non germanofona.
Ci saranno delle vittime.
Mitt Dolcino
 
INCREDIBILE!L’avvelenamento dei nostri cieli tramite le scie chimiche è previsto dalla legge

Posted on luglio 21, 2014 by jedasupport
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32
http://www.investireoggi.it//it.pin...amite+le+scie+chimiche+è+previsto+dalla+legge

foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)
INCREDIBILE!l’avvelenamento dei nostri cieli tramite le scie chimiche E’PREVISTO DALLA NOSTRA LEGGE: legge 5 gennaio 1994, N° 36 firmata da Scalfaro!Eccola
Basta scandagliare la legislazione tricolore per imbattersi in amare sorprese. Come ad esempio la legge 5 gennaio 1994, numero 36, che porta la firma di Scalfaro, Ciampi e Conso. Per la cronaca: Ciampi è quel personaggio che ha favorito illegalmente la svendita agli stranieri dell’Italia. E il sistema di potere l’ha premiato piazzandolo infine al quirinale. Infatti, questa normativa statuisce addirittura la liceità degli interventi sui fenomeni atmosferici, in spregio delle convenzioni internazionali che vietano le manipolazioni degli equilibri naturali. E’ una norma di una gravità criminale. Ecco cosa recita l’articolo 2 (Usi delle acque):

«1. L’uso dell’acqua per il consumo umano e’ prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo. Gli altri usi sono ammessi quando la risorsa e’ sufficiente e a condizione che non ledano la qualita’ dell’acqua per il consumo umano.
2. Con decreto emanato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e’ adottato il regolamento per la disciplina delle modificazioni artificiali della fase atmosferica del ciclo naturale dell’acqua» (potete verificarlo voi stessi QUI e cliccate sul numero 2 a sinistra per andare all’articolo interessato) .
OVVIAMENTE DI QUESO NESSUN ITALIANO NE E’A CONOSCENZA,SONO ANNI CHE FANNO LEGGI A NOSTRA INSAPUTA,PERCHE’ I MEDIA TG E GIORNALI (assoldati dai partiti) FANNO TRAPELARE SOLO CIO’ CHE POSSIAMO SAPERE…
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In Italia le prime sperimentazioni sul clima sono state realizzate segretamente dalla Nasa nei primi anni ’60, proprio in Sardegna con il bario.
In altri termini, l’avvelenamento è legalizzato dallo Stato tricolore. Tali disposizioni anticipano l’accordo tra Italia e Stati Uniti d’America risalente al 2002, siglato da Berlusconi & Bush. E’ un’intesa che, con l’alibi di studiare i cosiddetti cambiamenti climatici, di fatto autorizza operazioni volte ad incidere sui cicli naturali, alterando e degradando l’atmosfera a danno della salute e della vita. Così come aveva teorizzato lo scienziato Teller in Italia nel 1997.

Tratto da : http://sulatestagiannilannes.blogspot.
 
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germania settembre 27, 2015 posted by Mitt Dolcino
Pre-Controeditoriale: se dopo il caso VW dicessimo che i tedeschi sono antropologicamente scorretti (come loro pensano di noi) faremmo un grave errore?

Eh si, il caso Dieselgate VW rappresenta la caduta di un mito popolare. O meglio, di un mito virtual-popolare: la correttezza tedesca storicamente sta solo nell’immaginario collettivo e mediatico, almeno in relazione alle cose importanti, un vero abbaglio. A scanso di equivoci prendo a prestito una delle fonti più filotedesche presenti in Italia:
Per comprendere la situazione bisogna calarsi nella mentalità protestante della Germania, una mentalità fatta di ferree convinzioni fino a giungere all’eccesso di posizioni estreme. Da loro tutto deve funzionare, tutto deve essere ordinato, esiste un patto sociale, “il sistema si fa carico di noi a condizione che noi ci comportiamo in modo opportuno, che ci impegniamo” e le elites assecondano il progetto (…). Ecco, questo può essere uno schema semplicistico del pensiero weberiano de L’Etica Protestante e lo Spirito del Capitalismo.- Il problema si innesca quando lo spirito capitalistico, in cui l’etica protestante oggi è simbioticamente affogata, salta: le banche, la finanza stanno facendo le peggio cose, infrangono leggi fino al furto bello e buono anche se sotto forma di bancarotta. Come si può pretendere che l’uomo della strada e le aziende sistemiche che si servono del capitalismo si comportino in modo differente?

Nella linearità della logica teutonica certamemte – e lo dico con rispetto – nasce la necessità di un correttivo al modello basato sul capitale, svolta a cui la Germania purtroppo non è pronta: le sue elites immensamente ricche – abbiamo dimostrato in precedenti interventi come i top wealthy tedeschi siano assieme agli svedesi addirittura più ricchi di quelli USA* – non lo possono permettere anche e soprattutto in forza della necessità di mantenere la propria ricchezza. E questo pur anche a malincuore, sono certo che sanno di essere essi stessi corrotti nell’intimo della loro possidenza materiale. In ogni caso tutti stanno percependo che oggi qualcosa non va, che la direzione è sbagliata, che prima o poi si arriverà al redde rationem che per la Germania significa sempre che la massa della popolazione non risponda più ai riferimenti tradizionali, tutte le volte che questo è successo i tedeschi sono arrivati alle estreme conseguenze di azioni miserabili. Ed anche ad una propria distruzione fisica e morale. Secondo lo scrivente è questo il contesto della nascita di Alternative fuer Deutschland, da ricondurre precisamente a tale schema, non è un caso che esista un movimento/partito dell’alta intellighenzia tedesca votato (apparente in modo ingiustificato, visto che dall’euro la Germania trae enormi vantaggi) all’abbandono della moneta unica.
Infatti l’euro sta “ri-addestrando” i tedeschi all’innata arte della sopraffazione dei vicini, mestiere che abbiamo provato sulla nostra pelle dai lanzichenecchi in poi. E dunque passiamo ai nostri giorni, magari con un transito per il disastro dell’iperinflazione che determinò la nascita del senso di odio e di rivincita contro i supposti nemici della Germania, odio che si estrinsecò all’interno del loro sistema natale contro i ricchi del tempo, gli ebrei, che guarda caso seppero trarre profitto dalla crisi di Weimar, a carro l’odio per gli stranieri… Non bisogna mai dimenticare che la ricchezza giudea in Germania durante l’Olocausto andava al popolo, era a vantaggio del popolo che era compartecipe della spoliazione, lo spirito nazionalsocialista era anche questo, approfittare dei beni altrui meglio se (l’altrui) era straniero; e facendo comunque arricchire le elites asservite al progetto ma sempre con l’obbligo di garantire benessere alla cittadinanza. Ecco, questo è il quadretto storico della Germania, questo è il sistema tedesco basato su un innato senso dello Stato che li porta ad essere corretti (per forza) soprattutto tra di loro, tra i sodali al progetto prettamente nazionale.
****​
Il vero punto è la contrapposizione tra loro, suppostamente evoluti, ed i popoli antropologicamente inferiori dal punto di vista etico, finalizzazione di un concetto filosofico la cui radice è probabilmente riconducibile a Kant (nel titolo è stato semplificato).
Oggi vediamo lo scandalo Dieselgate di VW, un’autentica truffa di dimensioni ciclopiche se è vero che gli USA – certamente per il tramite di spionaggio industriale di ultimissima generazione, tipo spiare le telefonate ed anche le conversazioni utilizzando i microfoni di smartphone o di TV intelligenti – hanno provato che 11 milioni di auto sono state equipaggiate con un software che voleva deliberatamente frodare le leggi mondiali sull’inquinamento, pur dovendoci tutti noi sorbire il governo tedesco affermare ad ogni piè sospinto che è favorevole a Kyoto, alla riduzione degli inquinanti fino a chiudere tutte le centrali nucleari in Germania ecc. ecc. Siamo alla propaganda goebelsiana rivista e corretta. E senza dimenticare che VW è in gran parte statale, essendo sostanzialmente partecipata dai laender.
E se qualcuno avesse qualche dubbio sul fatto che il sistema tedesco è stato (anche) costruito per frodare soprattutto all’estero si rilegga il mio intervento di qualche tempo fa**, le leggi tedesche permettevano le tangenti (di fatto solo all’estero) se ricordo bene fino al 2004 potendole addirittura mettere a bilancio (!), infatti la più grande “stecca” dopo Enimont fu pagata da Siemens di Von Pierer a ENEL, senza per altro nessuna ripercussione in Germania se non le dimissioni dello storico AD del gruppo tedesco (in Italia invece i manager di ENEL conobbero la galera). O E.ON, unico caso a mia conoscenza nella storia dell’antitrust europea ad aver visto rotti i sigilli messi delle autorità di Bruxelles durante una ispezione per provare un’infrazione poi pagata a suon di milioni (che magari dovevano essere miliardi, chissà).
In particolare, Siemens è un caso veramente incredibile: azienda sistemica che ha pagato tangenti a mezzo mondo, ad esempio in Grecia per le Olimpiadi agli stessi politici poi messi alla gogna per eccesso di deficit ellenico***** [e nel mentre vediamo sempre la solita Germania predicare la correttezza nei conti …], vedasi illustrazione del NYT:
Eppure il mito tedesco della correttezza è sopravvissuto fino ad oggi grazie al basso profilo sulla stampa. La differenza, direi anche la chiave di volta, è stata oggi la rilevanza mediatica dell’infrazione di VW data dagli States, della scorrettezza globale ripetuta e soprattutto fortemente voluta dal sistema Germania (anche BMW sembra coinvolta nello scandalo): gli USA hanno deciso deliberatamente di far scoppiare OGGI la “bomba” VW! Ossia, oltre al danno economico al sistema tedesco – l’auto è centrale nell’economia teutonica, produce i grandi e veri utili [mentre a noi frau Merkel ci spiega che dovremmo concentrarci sugli agriturismi, quindi diventando servi per i ricchi tedeschi che vengono nel Belpaese a svernare, ndr] – c’è adesso anche l’enorme danno di reputazione. E secondo Die Welt addirittura il governo tedesco sapeva!***
Or dunque, da oggi in avanti come faremo a fidarci dei tedeschi anche e soprattutto nelle more del rispetto dei rigidi parametri europei di deficit statale imposti da Berlino? Sarà veramente così utile per i paesi in crisi fare quello che la Germania dice o ci farà solo morire di austerità con misure utili solo a consolidare il loro benessere – ed il potere – in Europa?
Da oggi in avanti la Germania e la sua popolazione non saranno più riconosciti come soggetti corretti, almeno come li abbiamo conosciuti in passato: finalmente appaiono come sono sempre stati, compresi tra gli antropologicamente umani che approfittano degli altri, forse anche più della media in termini storici. E questo perché gli USA han voluto scoperchiare la pentola. Finalmente dico io, anche perché la differenza tra italiani tedeschi la si vede soprattutto nella dimensione delle truffe, tante piccole cose per i latini, poche enormi e sistematiche truffe per i germanici.
In tutto questo non va nemmeno dimenticato come l’eccesso di formalismo sulla propria correttezza li possa aver portati a forzare tragicamente l’apparenza, ad esempio durante l’Olocausto: agli ebrei olandesi venivano comprate le aziende dalle truppe di invasioni germaniche pagandole sulla base di un valore ridotto – ci sta – e con un piccolo pagamento immediato magari in valuta locale o in carta straccia chiamata Reichskreditkassenscheine, il resto da saldare dopo qualche anno. E’ emerso successivamente che dietro questo sistematico approccio esisteva una strategia, ossia quella di liquidare il problema giudaico prima che i pagamenti a saldo fossero effettuati. O altri esempi tanto chiarificanti quanto poco edificanti…

****​
Forse da qui in avanti l’opinione pubblica europea e globale sarà pronta a non accettare più – supinamente – ogni diktat tedesco in forza del retropensiero che comunque i tedeschi sono per definizione da seguire e rispettare: se noi italiani impareremo la lezione avremo qualche speranza di salvarci dal giogo (in veste EU) che questo normalmente scorretto paese del nord molto acutamente – per salvarsi lui stesso dalla crisi – ci ha imposto negli ultimi 5 anni.
Alla faccia di Kant, che distintamente saluto.
Mitt Dolcino
 
Orizzonte48


Le Istituzioni riflettono la società o esse "conformano" la società e ne inducono la struttura? In democrazia, la risposta dovrebbe essere la prima. Ma c’è sempre l'ombra della seconda...il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione. Ultimamente, poi, la seconda si profila piuttosto...ingombrante, nella sintesi "lo vuole l'Europa". Ma non solo. Per capire il fenomeno, useremo la analisi economica del diritto.
























































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lunedì 28 settembre 2015

FELTRI E LA "GRECIZZAZIONE" ITALIANA: TRATTASI DI ORDOLIBERISMO (e anche Kalergy-co)




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1. Vittorio Feltri è considerato (da molti) un acuto commentatore. Tuttavia, rimane un pochino legato ai vecchi schemi, anche quando intenderebbe interpretarne il superamento. Constata che "destra e sinistra" si sono, rispettivamente, "sbriciolate", e poi ci definisce la situazione coi seguenti canoni:
"Cos' è la destra, cos' è la sinistra? Un gran casino. Nel quale non è facile orientarsi.
La politica di Renzi è ambigua, ondivaga, il presidente del Consiglio un giorno attacca i sindacati, e piace alla destra, che vede in lui un Berluschino affidabile, giovane e battagliero. Il dì appresso egli si lancia nel buonismo più dolciastro e predica la necessità di soccorrere i migranti a costo di trascurare i poveri italiani morti di fame, e in tal modo irrita milioni di cittadini ex berlusconiani che si erano illusi fosse l' uomo della provvidenza.".
Anzi, da questo quadro trae poi la conseguenza:
"Ciò che manca all' Italia non lo possono recuperare né i progressisti né i conservatori: scarseggiano le risorse e la volontà di trovarle. Il Paese ufficiale tira a campare. Accetta i precetti europei, accetta l' euro, accetta di essere stata mutilata della propria sovranità. Sta agganciata al carro di Bruxelles e non ha il coraggio di distaccarsene. Non è capace di reagire, ha paura di essere autonoma nel mondo globalizzato. Lentamente si sta grecizzando."


2. Allora, poichè ci pare che qualchecosa gli sfugga, chiariamo che tutto quello che denunzia è l'applicazione del paradigma internazionalista dell'ordoliberismo, cioè della specifica forma di neo-liberismo "globalizzato", prescelta dall'Europa e che parte dallo SME e dall'Atto Unico, finendo a Maastricht e Lisbona (e al fiscal compact), passando per il divorzio tesoro-Bankitalia.
Evento, quest'ultimo che dà origine alla lamentata "scarsità di risorse", una volta che il "balance of payment constraint" venga per bene incastonato, in una Nazione caratterizzata da un vivace manifatturiero ad alto e medio valore aggiunto, mediante vincoli monetari. Che infatti Feltri menziona (nel caso l'euro), ma non riuscendo, ci pare, a coglierne il legame con le lamentele sul costo del lavoro, l'austerità, la disoccupazione e, per di più, l'immigrazione no-limits.


3. Insomma, se c'è di mezzo l'ordoliberismo dei trattati europei, lo capiamo, la questione semplice non è: e questo col contributo decisivo di 30 anni di slogan mediatici contro il comunismo della Costituzione italiana, che avrebbe consegnato il paese ai "sindacati"; cosa che poi, si dovrebbe pensare, avrebbe prodotto il calo dei redditi e delle retribuzioni italiane, unito ad un livello di precarizzazione e di disoccupazione senza precedenti nella storia della Repubblica...Mannaggia ma 'sti sindacati, col loro strapotere, a cosa servono? O no?
Insomma 'sti sindacati che dominano in lungo e in largo e non fanno altro che chiedere assunzioni di gente improduttiva, impedire i licenziamenti dei fannulloni e rivendicare assurdi aumenti salariali, da quando siamo nell'euro, avrebbero veramente esercitato un grande strapotere. Infatti...(notare che, a parità di potere d'acquisto,nel 2001 stavamo sopra: tutta colpa dei sindacati?):


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4. E mica solo "i sindacati" hanno fatto peggiorare le cose con la Germania:


1.32.png



Sempre i sindacati hanno fatto calare la produzione industriale e quindi scatenato la disoccupazione...dando un magnifico esempio di "strapotere"?


14.png



5. A proposito di "mancanza di risorse", vediamo l'effetto del divorzio sul debito pubblico e sui conseguenti bisogni di copertura dell'onere degli interessi, abbondantemente superiori al deficit publbico italiano (annualmente e..notoriamente):


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l’Italia ha pagato 3.100 miliardi di interessi in 3 decenni (198% del PIL)



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6. Ma una cosa, sindacati e loro "strapotere-che-ha rovinato-l'Italia" a parte, vorremmo precisare.
Il "buonismo dolciastro" sugli immigrati non è affatto di sinistra: o meglio, lo è a livello "cosmetico" seguendo una tattica culturale che è tipica dell'€-ordoliberismo. Se in proposito avesse dei dubbi, potrebbe leggersi questi post (anche se dubitiamo che mai lo farà):
1) V€RSO LA SCHIAVITU': DALL'ORDOLIBERISMO AL LAVORO MERCE;

2) 1978 E 1992. PARTE II (1992: tra favolosi anni '80 e Maastricht)- Con precisazione aggiuntiva;



e anche leggersi questo simpatico articolo su come si "regolano", nello schierarsi pro-immigrazione, i governi Merkel e compagni non-di-sinistra (i sindacati in Germania hanno interessanti storie ma non c'entrano...Per dire: "Hartz ammette di avere corrotto i sindacalisti Vw ed evita 10 anni di carcere").

"Internet. Louez vos manifestants !"


7. Ma, già che ci stiamo, in tema di immigrati, ricordiamo che il "mercato del lavoro-merce" (termine utilizzato anche da Popper per contraddistinguere il capitalismo sfrenato che pareva sorpassato prima dell'avvento della magia €uropea), funziona tanto meglio quanto è più vasto "l'esercito industriale di riserva dei disoccupati", e Kalergy, uno dei più celebrati fondatori dell'Europa federalista, - un tipo tutt'altro che "comunista"-, lo sapeva benissimo, auspicandone una versione in "meticciato" (di schiavi, stile antico Egitto, distruggendo le identità nazionali europee, cosa che si realizza con la famosa "cessione di sovranità"...).
Se (mai) questo fosse chiarito, ecco come funziona la sostanza della cosmesi buonista, cioè la strategia internazionalista-ordoliberista, che, lo ripetiamo, è la restaurazione del liberismo tout-court, solo fatta, opportunamente mediante un ordinamento sovranazionale:


"...l'idea (originata da Nazioni Unite sempre più al servizio del governo mondiale ad impostazione liberista-hayekian-kalergico) della "migrazione di ricambio", - idea che sostanzialmente sta al fondo dell'€uro-tecno-cosmetismo-, presuppone un sistema socio-politico che crei e protragga la crisi demografica "autoctona" (cioè un grave fenomeno di denatalità e conseguente "invecchiamento" della popolazione, delle cui cause non si parla mai...senza enorme ipocrisia cosmetica).
E, quindi, presuppone l'avvenuto consolidamento del sistema di "costituzione materiale" neo-liberista globalizzato, che sancisca, (ordoliberisticamente in UEM):

a) la "durezza del vivere", (del cittadino, da privare delle sue parassitarie "sicurezze") come nuovo principio eticamente sano, da imporre extra e contra Constitutionem ai propri cittadini; non a caso tale durezza è implicitamente esaltata, come grund norm del nuovo "ordo", dalla corrente culturale €uropeista che discende da Ventotene.


Quindi smantellamento progressivo, e intensificabile, dello Stato sociale, mediante tetti al deficit e politiche monetarie deflazioniste, e, inevitabilmente, svuotamento del diritto al lavoro e all'abitazione, nonchè alla piena assistenza sanitaria pubblica, sanciti dalla Costituzione: artt.1, 4 32, e 47 Cost., elementi che non possono non essere alla base di una ben prevedibile crisi demografica, determinata dall'obiettivo scoraggiamento della natalità (che, infatti, inizia a manifestarsi proprio con l'affermarsi del vincolo esterno, all'inizio degli anni '80);












grafico-censimenti-popolazione-italia.png


DA NOTARE COME L'INCREMENTO "RELATIVO" DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE, cioè NON DEI NATI DI CITTADINANZA ORIGINARIA ITALIANA, SI COLLOCHI IN PIENO IN TEMPI DI EURO, CIOE' DI VINCOLO ESTERNO €UROPEO INTENSIFICATO, E QUINDI DI ACCELERAZIONE DELLA DE-SOVRANIZZAZIONE DEMOCRATICA ITALIANA.



b) il senso di colpa per la non accettazione di quel grado di "durezza del vivere", mediante la comparazione ("tu sei un privilegiato, pensa a chi sta peggio di te") dello status di cittadino con la condizione dei migranti(cittadino, naturalmente, anche reso colpevole dell'invecchiamento e della crisi di denatalità, sulle cui cause ci si guarda bene dal fare la connessione con la spinta ideologica sovranazionale alla "migrazione di ricambio");
c) la tenaglia, creata da contraddittori principi dei trattati applicativi UE, tra i fenomeni a) (durezza del vivere) e b) (senso di colpa "comparativo").


Questa tenaglia mira a rendere accettabile e anzi moralmente dovuto sia l'inasprimento stabile della situazione occupazionale (disoccupazione strutturale "di equilibrio", al 10,5 assunta in UEM, per l'Italia, come pieno impiego) sia la deprivazione di risorse pubbliche (tagli continui alle pensioni, alla sanità e agli enti locali, riducendo il territorio ad una condizione di degrado infrastrutturale para-bellico, oltre alla privatizzazione).
La "tenaglia" consolida e ci rende assuefatti allo stato di necessità dell'austerità fiscale (passata dall'originario tetto insostenibile al deficit al distruttivo pareggio di bilancio "strutturale").




8. Dunque, ha ragione Feltri sì: ci stiamo "grecizzando" - nel senso che non siamo più in grado di capire le cause e le forze in gioco contro di noi e ci aggrappiamo ai nostri torturatori!-, ma "qualcosa di sinistra" (se assunta, come gli stessi "strapotenti" sindacati, come tutela dei lavoratori) non c'entra nulla.
A questo punto, dovrebbe essere chiaro.
Una cosa è la tattica cosmetica=apparente (ai cui fini la vulgata mediatica è essenziale), altra cosa è la spietata realizzazione di un disegno di restaurazione del liberismo che nulla ha a che vedere con la, ancorchè pallida, permanenza di una "sinistra". E non da oggi (v. post linkati sopra).


Pubblicato da Quarantotto a 19:14 Nessun commento:
 
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Le Istituzioni riflettono la società o esse "conformano" la società e ne inducono la struttura? In democrazia, la risposta dovrebbe essere la prima. Ma c’è sempre l'ombra della seconda...il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione. Ultimamente, poi, la seconda si profila piuttosto...ingombrante, nella sintesi "lo vuole l'Europa". Ma non solo. Per capire il fenomeno, useremo la analisi economica del diritto.
























































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FELTRI E LA "GRECIZZAZIONE" ITALIANA: TRATTASI DI ORDOLIBERISMO (e anche Kalergy-co)




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1. Vittorio Feltri è considerato (da molti) un acuto commentatore. Tuttavia, rimane un pochino legato ai vecchi schemi, anche quando intenderebbe interpretarne il superamento. Constata che "destra e sinistra" si sono, rispettivamente, "sbriciolate", e poi ci definisce la situazione coi seguenti canoni:
"Cos' è la destra, cos' è la sinistra? Un gran casino. Nel quale non è facile orientarsi.
La politica di Renzi è ambigua, ondivaga, il presidente del Consiglio un giorno attacca i sindacati, e piace alla destra, che vede in lui un Berluschino affidabile, giovane e battagliero. Il dì appresso egli si lancia nel buonismo più dolciastro e predica la necessità di soccorrere i migranti a costo di trascurare i poveri italiani morti di fame, e in tal modo irrita milioni di cittadini ex berlusconiani che si erano illusi fosse l' uomo della provvidenza.".
Anzi, da questo quadro trae poi la conseguenza:
"Ciò che manca all' Italia non lo possono recuperare né i progressisti né i conservatori: scarseggiano le risorse e la volontà di trovarle. Il Paese ufficiale tira a campare. Accetta i precetti europei, accetta l' euro, accetta di essere stata mutilata della propria sovranità. Sta agganciata al carro di Bruxelles e non ha il coraggio di distaccarsene. Non è capace di reagire, ha paura di essere autonoma nel mondo globalizzato. Lentamente si sta grecizzando."


2. Allora, poichè ci pare che qualchecosa gli sfugga, chiariamo che tutto quello che denunzia è l'applicazione del paradigma internazionalista dell'ordoliberismo, cioè della specifica forma di neo-liberismo "globalizzato", prescelta dall'Europa e che parte dallo SME e dall'Atto Unico, finendo a Maastricht e Lisbona (e al fiscal compact), passando per il divorzio tesoro-Bankitalia.
Evento, quest'ultimo che dà origine alla lamentata "scarsità di risorse", una volta che il "balance of payment constraint" venga per bene incastonato, in una Nazione caratterizzata da un vivace manifatturiero ad alto e medio valore aggiunto, mediante vincoli monetari. Che infatti Feltri menziona (nel caso l'euro), ma non riuscendo, ci pare, a coglierne il legame con le lamentele sul costo del lavoro, l'austerità, la disoccupazione e, per di più, l'immigrazione no-limits.


3. Insomma, se c'è di mezzo l'ordoliberismo dei trattati europei, lo capiamo, la questione semplice non è: e questo col contributo decisivo di 30 anni di slogan mediatici contro il comunismo della Costituzione italiana, che avrebbe consegnato il paese ai "sindacati"; cosa che poi, si dovrebbe pensare, avrebbe prodotto il calo dei redditi e delle retribuzioni italiane, unito ad un livello di precarizzazione e di disoccupazione senza precedenti nella storia della Repubblica...Mannaggia ma 'sti sindacati, col loro strapotere, a cosa servono? O no?
Insomma 'sti sindacati che dominano in lungo e in largo e non fanno altro che chiedere assunzioni di gente improduttiva, impedire i licenziamenti dei fannulloni e rivendicare assurdi aumenti salariali, da quando siamo nell'euro, avrebbero veramente esercitato un grande strapotere. Infatti...(notare che, a parità di potere d'acquisto,nel 2001 stavamo sopra: tutta colpa dei sindacati?):


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4. E mica solo "i sindacati" hanno fatto peggiorare le cose con la Germania:


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Sempre i sindacati hanno fatto calare la produzione industriale e quindi scatenato la disoccupazione...dando un magnifico esempio di "strapotere"?


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5. A proposito di "mancanza di risorse", vediamo l'effetto del divorzio sul debito pubblico e sui conseguenti bisogni di copertura dell'onere degli interessi, abbondantemente superiori al deficit publbico italiano (annualmente e..notoriamente):


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l’Italia ha pagato 3.100 miliardi di interessi in 3 decenni (198% del PIL)



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6. Ma una cosa, sindacati e loro "strapotere-che-ha rovinato-l'Italia" a parte, vorremmo precisare.
Il "buonismo dolciastro" sugli immigrati non è affatto di sinistra: o meglio, lo è a livello "cosmetico" seguendo una tattica culturale che è tipica dell'€-ordoliberismo. Se in proposito avesse dei dubbi, potrebbe leggersi questi post (anche se dubitiamo che mai lo farà):
1) V€RSO LA SCHIAVITU': DALL'ORDOLIBERISMO AL LAVORO MERCE;

2) 1978 E 1992. PARTE II (1992: tra favolosi anni '80 e Maastricht)- Con precisazione aggiuntiva;



e anche leggersi questo simpatico articolo su come si "regolano", nello schierarsi pro-immigrazione, i governi Merkel e compagni non-di-sinistra (i sindacati in Germania hanno interessanti storie ma non c'entrano...Per dire: "Hartz ammette di avere corrotto i sindacalisti Vw ed evita 10 anni di carcere").

"Internet. Louez vos manifestants !"


7. Ma, già che ci stiamo, in tema di immigrati, ricordiamo che il "mercato del lavoro-merce" (termine utilizzato anche da Popper per contraddistinguere il capitalismo sfrenato che pareva sorpassato prima dell'avvento della magia €uropea), funziona tanto meglio quanto è più vasto "l'esercito industriale di riserva dei disoccupati", e Kalergy, uno dei più celebrati fondatori dell'Europa federalista, - un tipo tutt'altro che "comunista"-, lo sapeva benissimo, auspicandone una versione in "meticciato" (di schiavi, stile antico Egitto, distruggendo le identità nazionali europee, cosa che si realizza con la famosa "cessione di sovranità"...).
Se (mai) questo fosse chiarito, ecco come funziona la sostanza della cosmesi buonista, cioè la strategia internazionalista-ordoliberista, che, lo ripetiamo, è la restaurazione del liberismo tout-court, solo fatta, opportunamente mediante un ordinamento sovranazionale:


"...l'idea (originata da Nazioni Unite sempre più al servizio del governo mondiale ad impostazione liberista-hayekian-kalergico) della "migrazione di ricambio", - idea che sostanzialmente sta al fondo dell'€uro-tecno-cosmetismo-, presuppone un sistema socio-politico che crei e protragga la crisi demografica "autoctona" (cioè un grave fenomeno di denatalità e conseguente "invecchiamento" della popolazione, delle cui cause non si parla mai...senza enorme ipocrisia cosmetica).
E, quindi, presuppone l'avvenuto consolidamento del sistema di "costituzione materiale" neo-liberista globalizzato, che sancisca, (ordoliberisticamente in UEM):

a) la "durezza del vivere", (del cittadino, da privare delle sue parassitarie "sicurezze") come nuovo principio eticamente sano, da imporre extra e contra Constitutionem ai propri cittadini; non a caso tale durezza è implicitamente esaltata, come grund norm del nuovo "ordo", dalla corrente culturale €uropeista che discende da Ventotene.


Quindi smantellamento progressivo, e intensificabile, dello Stato sociale, mediante tetti al deficit e politiche monetarie deflazioniste, e, inevitabilmente, svuotamento del diritto al lavoro e all'abitazione, nonchè alla piena assistenza sanitaria pubblica, sanciti dalla Costituzione: artt.1, 4 32, e 47 Cost., elementi che non possono non essere alla base di una ben prevedibile crisi demografica, determinata dall'obiettivo scoraggiamento della natalità (che, infatti, inizia a manifestarsi proprio con l'affermarsi del vincolo esterno, all'inizio degli anni '80);












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DA NOTARE COME L'INCREMENTO "RELATIVO" DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE, cioè NON DEI NATI DI CITTADINANZA ORIGINARIA ITALIANA, SI COLLOCHI IN PIENO IN TEMPI DI EURO, CIOE' DI VINCOLO ESTERNO €UROPEO INTENSIFICATO, E QUINDI DI ACCELERAZIONE DELLA DE-SOVRANIZZAZIONE DEMOCRATICA ITALIANA.



b) il senso di colpa per la non accettazione di quel grado di "durezza del vivere", mediante la comparazione ("tu sei un privilegiato, pensa a chi sta peggio di te") dello status di cittadino con la condizione dei migranti(cittadino, naturalmente, anche reso colpevole dell'invecchiamento e della crisi di denatalità, sulle cui cause ci si guarda bene dal fare la connessione con la spinta ideologica sovranazionale alla "migrazione di ricambio");
c) la tenaglia, creata da contraddittori principi dei trattati applicativi UE, tra i fenomeni a) (durezza del vivere) e b) (senso di colpa "comparativo").


Questa tenaglia mira a rendere accettabile e anzi moralmente dovuto sia l'inasprimento stabile della situazione occupazionale (disoccupazione strutturale "di equilibrio", al 10,5 assunta in UEM, per l'Italia, come pieno impiego) sia la deprivazione di risorse pubbliche (tagli continui alle pensioni, alla sanità e agli enti locali, riducendo il territorio ad una condizione di degrado infrastrutturale para-bellico, oltre alla privatizzazione).
La "tenaglia" consolida e ci rende assuefatti allo stato di necessità dell'austerità fiscale (passata dall'originario tetto insostenibile al deficit al distruttivo pareggio di bilancio "strutturale").




8. Dunque, ha ragione Feltri sì: ci stiamo "grecizzando" - nel senso che non siamo più in grado di capire le cause e le forze in gioco contro di noi e ci aggrappiamo ai nostri torturatori!-, ma "qualcosa di sinistra" (se assunta, come gli stessi "strapotenti" sindacati, come tutela dei lavoratori) non c'entra nulla.
A questo punto, dovrebbe essere chiaro.
Una cosa è la tattica cosmetica=apparente (ai cui fini la vulgata mediatica è essenziale), altra cosa è la spietata realizzazione di un disegno di restaurazione del liberismo che nulla ha a che vedere con la, ancorchè pallida, permanenza di una "sinistra". E non da oggi (v. post linkati sopra).


Pubblicato da Quarantotto a 19:14 Nessun commento:
 
L'OUPUT GAP "SPECIALE" ITALIANO: MA IN QUALE COSTITUZIONE SI SOSTIENE DI CREDERE?






1. Da "The walking debt" traiamo questo interessante grafico:


bollettino-economico-bce-settembre-2015-stime-delloutput-gap-nellez.jpg

Per commentarlo, ci limitiamo a rammentare che l'output gap è il minor reddito che consegue a una situazione (nel periodo di riferimento) di mancato pieno impiego dei fattori della produzione.


2. Nel grafico sopra riportato c'è tutta la storia delle politiche €uropee nella loro (intenzionale) "inevitabilità".
Prima della crisi del 2008, il credito allegro dei paesi del "Nord" europa, esportatori con vantaggio di cambio (che prima non avevano), crea un'illusione di piena crescita: all'arrivo della crisi finanziaria si vede la fragilità del modello di crescita all'interno dell'UEM (cioè ottenuto mediante indebitamento dei paesi "periferici", con effetti negativi sulle loro partite correnti estere); una conseguente minor crescita (da rientro verso i creditori) che si aggrava con l'introduzione dell'austerità; poi, fa registrare un piccolo miglioramento "medio" (nell'area) per effetto della "distruzione della domanda interna", che limita le importazioni; quindi la situazione della crescita "ripeggiora" una volta che l'austerità porta ai suoi effetti strutturali permanenti di deindustrializzazione e disoccupazione; infine, assistiamo a un piccolo recupero che altro non è che l'allentamento dell'austerità, cioè l'attenuazione (non omogenea) dei limiti al deficit spending nei vari pesi debitori UEM, tranne, appunto, che in Italia.

3. L'output gap, infatti, è il figlio prediletto della correzione, spostata sul solo mercato del lavoro, - e quindi innescata da un innalzamento strumentale della disoccupazione (che, per chi volesse capirlo, significa chiusura e minor impiego di impianti produttivi)-, che si impone in UEM non perchè la crisi è arrivata da "oltreoceano", ma perchè l'euro funziona così.
Esso, cioè genera, di per sè, degli squilibri commerciali, che non sono correggibili mediante trasferimenti finanziari pubblici, come se si fosse in un unico Stato federale e per di più democratico (cioè che garantisce livelli omogenei di diritti e prestazioni essenziali in tutta l'area interessata).
I trasferimenti, infatti, sono vietati dai trattati e, fin dall'inizio della loro applicazione, gli scontati squilibri commerciali tra Stati aderenti all'UEM vanno compensati (o avrebbero dovuto essere compensati) mediante la deflazione salariale interna (cioè il solito meccanismo: aumento la disoccupazione e, irresistibilmente, gli occupati, o aspiranti tali, accettano compensi inferiori, anche nominalmente e in modo costante e crescente).


4. La situazione italiana è poi andata peggio (in termini di output gap), proprio perchè si trattava (un tempo) di un paese sia tradizionalmente orientato all'export manifatturiero, sia portatore di una divergente inflazione STRUTTURALE, (di certo non patologica, come ci vorrebbero far credere) conseguente al suo modello costituzionale, di democrazia - più- avanzata, e alla sua conformazione geografica e demografica.
Quanto peggio, in stretta conseguenza del record (mondiale) di saldo primario registrato in Italia, lo possiamo vedere qui sotto:




Output-gap.png


5. Su come questa storia si sia riversata, tramite le politiche €uropee, sulla struttura economica italiana, lo possiamo vedere, ancor prima della introduzione "ufficiale" dell'euro, negli effetti di Maastricht nel costringerci al mitico avanzo primario di bilancio pubblico (si tratta di risparmio, pubblico, per definizione non convertito in investimenti, e quindi in crescita del PIL, destinato a ripagare creditori finanziari, privati, essenzialmente esteri):


Avanzo-primario-e-tasso-di-risparmio1.jpg



Ora, a voler essere seriamente preoccupati, considerando che il "problemino" deriva dal paradigma liberoscambista e valutario (cambio fisso in area valutaria intenzionalmente non solidale, con pesanti limitazioni del bilancio fiscale fino al pareggio di bilancio), è mai possibile pensare che il reddito di cittadinanza sia una soluzione?
Finchè, evidentemente, si deve ripagare, attingendo sui mercati, l'onere del debito pubblico in pareggio di bilancio, infatti, finanziare questa "cura degli effetti" non lascia scampo a sanità pubblica, copertura pensionistica (dignitosa) e al risparmio delle famiglie (che è poi la possibilità di avere un'abitazione per chiunque).


La risposta, dunque, può essere positiva solo a condizione di considerare irrinunciabile l'euro e il pareggio di bilancio come drives alla crescita export-led, e , quindi, considerando altrettanto irrinunciabile la conseguente de-industrializzazione e alta disoccupazione in Italia. E non lo dico io: lo dimostra Dani Rodrik.


6. Insomma, a quanto pare c'è sempre qualcuno che vuole arrendersi alla CONDIZIONALITA':


"Se dunque la "condizionalità", stile FMI, è ovviamente orientata a imporre un certo sistema di leggi e regole in campo economico e sociale che risulti conforme a tali interessi prevalenti, originariamente NEI CONFRONTI DEI PAESI DEL C.D. TERZO MONDO, o comunque "in via di sviluppo", il suo irrompere in Europa è dovuto essenzialmente all'adozione del trattato UE-UEM, in particolare della modalità, non certo indispensabile e coessenziale, della moneta internazionalizzata priva di un governo e di una fiscalità federali.

Questo tipo di moneta, come teorizzato da Hayek e dagli ordoliberisti della scuola di Friburgo fin dagli anni '40 (almeno), crea quello stato di necessità, per il paese debitore, cui lo Stato medesimo non può porre alcun rimedio, essendo privato della sovranità monetaria e del riequilibrio normalmente raggiungibile con la flessibilità del cambio. A dimostrazione inoppugnabile di ciò, gli Stati che pure aderenti all'UE siano fuori dall'UEM, non risultano coinvolti in questo meccanismo di stato di necessità e condizionalità programmatico e, infatti, possono crescere..."
diversaal di là di quelli prigionieri dell'eurozona.

B2vKHhSIQAARzow.jpg:large

7. Insomma, parlare di "reddito di cittadinanza" quando, e fino a che, si sia assoggettati alla condizionalità sovranazionale, - che vieta politiche di piena occupazione e anzi impone di strutturare il suo contrario cioè la "piena occupazione" neo-classica, liberista, dei trattati europei,- è una resa che può essere coerente solo con il pieno sostegno a questo stesso sistema sovranazionale.
Se così non fosse, si considererebbe assolutamente prioritario il ripristino della legalità costituzionale, tralasciando di cercare soluzioni sui soli effetti e vantaggiose solo per pochi e, anche per i "pochi", per un breve periodo.
Si agirebbe, cioè, sulle cause, combattendo per la democrazia economica prescritta, come obbligo per le istituzioni, da parte della Costituzione.


8. Ma questo presupporrebbe di aver compreso cosa comporti veramente la legalità costituzionale e, dopo attento e lungo (ma essenziale) studio, implicherebbe di avere in essa quella fede "illuminata" dal "raggio di fede" di cui parla Merighi nell'Assemplea Costituente:
"Ci lasci, onorevole Nitti, e con lei tutti quelli che non credono, ci lasci illuminare questa Costituzione con un raggio di fede; che non sarà una gran fede nelle nostre modeste possibilità scientifiche, ma sarà però, ed è, una grande fede nella nostra missione di medici e di organizzatori socialisti" (Applausi)."


Pubblicato da Quarantotto a 15:19 4 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest






 
L'OUPUT GAP "SPECIALE" ITALIANO: MA IN QUALE COSTITUZIONE SI SOSTIENE DI CREDERE?






1. Da "The walking debt" traiamo questo interessante grafico:


bollettino-economico-bce-settembre-2015-stime-delloutput-gap-nellez.jpg

Per commentarlo, ci limitiamo a rammentare che l'output gap è il minor reddito che consegue a una situazione (nel periodo di riferimento) di mancato pieno impiego dei fattori della produzione.


2. Nel grafico sopra riportato c'è tutta la storia delle politiche €uropee nella loro (intenzionale) "inevitabilità".
Prima della crisi del 2008, il credito allegro dei paesi del "Nord" europa, esportatori con vantaggio di cambio (che prima non avevano), crea un'illusione di piena crescita: all'arrivo della crisi finanziaria si vede la fragilità del modello di crescita all'interno dell'UEM (cioè ottenuto mediante indebitamento dei paesi "periferici", con effetti negativi sulle loro partite correnti estere); una conseguente minor crescita (da rientro verso i creditori) che si aggrava con l'introduzione dell'austerità; poi, fa registrare un piccolo miglioramento "medio" (nell'area) per effetto della "distruzione della domanda interna", che limita le importazioni; quindi la situazione della crescita "ripeggiora" una volta che l'austerità porta ai suoi effetti strutturali permanenti di deindustrializzazione e disoccupazione; infine, assistiamo a un piccolo recupero che altro non è che l'allentamento dell'austerità, cioè l'attenuazione (non omogenea) dei limiti al deficit spending nei vari pesi debitori UEM, tranne, appunto, che in Italia.

3. L'output gap, infatti, è il figlio prediletto della correzione, spostata sul solo mercato del lavoro, - e quindi innescata da un innalzamento strumentale della disoccupazione (che, per chi volesse capirlo, significa chiusura e minor impiego di impianti produttivi)-, che si impone in UEM non perchè la crisi è arrivata da "oltreoceano", ma perchè l'euro funziona così.
Esso, cioè genera, di per sè, degli squilibri commerciali, che non sono correggibili mediante trasferimenti finanziari pubblici, come se si fosse in un unico Stato federale e per di più democratico (cioè che garantisce livelli omogenei di diritti e prestazioni essenziali in tutta l'area interessata).
I trasferimenti, infatti, sono vietati dai trattati e, fin dall'inizio della loro applicazione, gli scontati squilibri commerciali tra Stati aderenti all'UEM vanno compensati (o avrebbero dovuto essere compensati) mediante la deflazione salariale interna (cioè il solito meccanismo: aumento la disoccupazione e, irresistibilmente, gli occupati, o aspiranti tali, accettano compensi inferiori, anche nominalmente e in modo costante e crescente).


4. La situazione italiana è poi andata peggio (in termini di output gap), proprio perchè si trattava (un tempo) di un paese sia tradizionalmente orientato all'export manifatturiero, sia portatore di una divergente inflazione STRUTTURALE, (di certo non patologica, come ci vorrebbero far credere) conseguente al suo modello costituzionale, di democrazia - più- avanzata, e alla sua conformazione geografica e demografica.
Quanto peggio, in stretta conseguenza del record (mondiale) di saldo primario registrato in Italia, lo possiamo vedere qui sotto:




Output-gap.png


5. Su come questa storia si sia riversata, tramite le politiche €uropee, sulla struttura economica italiana, lo possiamo vedere, ancor prima della introduzione "ufficiale" dell'euro, negli effetti di Maastricht nel costringerci al mitico avanzo primario di bilancio pubblico (si tratta di risparmio, pubblico, per definizione non convertito in investimenti, e quindi in crescita del PIL, destinato a ripagare creditori finanziari, privati, essenzialmente esteri):


Avanzo-primario-e-tasso-di-risparmio1.jpg



Ora, a voler essere seriamente preoccupati, considerando che il "problemino" deriva dal paradigma liberoscambista e valutario (cambio fisso in area valutaria intenzionalmente non solidale, con pesanti limitazioni del bilancio fiscale fino al pareggio di bilancio), è mai possibile pensare che il reddito di cittadinanza sia una soluzione?
Finchè, evidentemente, si deve ripagare, attingendo sui mercati, l'onere del debito pubblico in pareggio di bilancio, infatti, finanziare questa "cura degli effetti" non lascia scampo a sanità pubblica, copertura pensionistica (dignitosa) e al risparmio delle famiglie (che è poi la possibilità di avere un'abitazione per chiunque).


La risposta, dunque, può essere positiva solo a condizione di considerare irrinunciabile l'euro e il pareggio di bilancio come drives alla crescita export-led, e , quindi, considerando altrettanto irrinunciabile la conseguente de-industrializzazione e alta disoccupazione in Italia. E non lo dico io: lo dimostra Dani Rodrik.


6. Insomma, a quanto pare c'è sempre qualcuno che vuole arrendersi alla CONDIZIONALITA':


"Se dunque la "condizionalità", stile FMI, è ovviamente orientata a imporre un certo sistema di leggi e regole in campo economico e sociale che risulti conforme a tali interessi prevalenti, originariamente NEI CONFRONTI DEI PAESI DEL C.D. TERZO MONDO, o comunque "in via di sviluppo", il suo irrompere in Europa è dovuto essenzialmente all'adozione del trattato UE-UEM, in particolare della modalità, non certo indispensabile e coessenziale, della moneta internazionalizzata priva di un governo e di una fiscalità federali.

Questo tipo di moneta, come teorizzato da Hayek e dagli ordoliberisti della scuola di Friburgo fin dagli anni '40 (almeno), crea quello stato di necessità, per il paese debitore, cui lo Stato medesimo non può porre alcun rimedio, essendo privato della sovranità monetaria e del riequilibrio normalmente raggiungibile con la flessibilità del cambio. A dimostrazione inoppugnabile di ciò, gli Stati che pure aderenti all'UE siano fuori dall'UEM, non risultano coinvolti in questo meccanismo di stato di necessità e condizionalità programmatico e, infatti, possono crescere..."
diversaal di là di quelli prigionieri dell'eurozona.

B2vKHhSIQAARzow.jpg:large

7. Insomma, parlare di "reddito di cittadinanza" quando, e fino a che, si sia assoggettati alla condizionalità sovranazionale, - che vieta politiche di piena occupazione e anzi impone di strutturare il suo contrario cioè la "piena occupazione" neo-classica, liberista, dei trattati europei,- è una resa che può essere coerente solo con il pieno sostegno a questo stesso sistema sovranazionale.
Se così non fosse, si considererebbe assolutamente prioritario il ripristino della legalità costituzionale, tralasciando di cercare soluzioni sui soli effetti e vantaggiose solo per pochi e, anche per i "pochi", per un breve periodo.
Si agirebbe, cioè, sulle cause, combattendo per la democrazia economica prescritta, come obbligo per le istituzioni, da parte della Costituzione.


8. Ma questo presupporrebbe di aver compreso cosa comporti veramente la legalità costituzionale e, dopo attento e lungo (ma essenziale) studio, implicherebbe di avere in essa quella fede "illuminata" dal "raggio di fede" di cui parla Merighi nell'Assemplea Costituente:
"Ci lasci, onorevole Nitti, e con lei tutti quelli che non credono, ci lasci illuminare questa Costituzione con un raggio di fede; che non sarà una gran fede nelle nostre modeste possibilità scientifiche, ma sarà però, ed è, una grande fede nella nostra missione di medici e di organizzatori socialisti" (Applausi)."


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