News, Dati, Eventi finanziari amico caro, te lo dico da amico, fatti li.... qui e' tutta malvivenza

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ESISTE UN PUNTO DI ROTTURA DELLA CONVENIENZA USA ALLA RISTRUTTURAZIONE SOCIALE IN U€?



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[I][FONT="georgia" ]Nota introduttiva: mi scuso se, ad alcuni, questo post potrà apparire "lungo". Ma la sua lunghezza è dovuta all'[B]intreccio di eventi di eccezionale rilevanza[/B], [B]che vedono l'Italia al centro della perturbazione[/B] gravissima che sta colpendo l'economia e la situazione geo-politica mondiale.[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]In altri termini, per quanto al sistema mediatico ed [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2014/12/corollari-del-test-di-orwell-gli.html"]"espertologico"[/URL] italiano non piaccia dover ammettere che il nostro problema non è "fare le riforme" - e liberalizzare e privatizzare e tagliare la spesa pubblica-, tutte queste belle cose non servirebbero, ora, altro che ad accelerare e a peggiorare la congiuntura italiana, con la novità che, venendo questo nodo al pettine, l'Italia può essere l'epicentro di un terremoto finanziario mondiale: epocale.[/FONT][/I]
[FONT="georgia" ]Ed è veramente irresponsabile insistere a guardare il dito invece della luna, in una situazione del genere.[/FONT][/I]
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[FONT="georgia" ]1. Star dietro alle recenti [URL="http://www.huffingtonpost.it/2016/02/15/mario-draghi-europei_n_9238380.html?utm_hp_ref=italy"]dichiarazioni di Draghi [/URL]con l'ansia di scovarvi qualcosa di nuovo è cosa veramente vana. I "mercati" ne hanno disperato bisogno, ma il "principio di realtà" non ne viene minimamente scosso.[/FONT]
[FONT="georgia" ]In fondo, [B]le uniche dichiarazioni essenziali sono quelle relative al mancato sostegno, di qualunque tipo, alla sospensione, invocata dall'Italia, delle regole del c.d. bail-in e quelle di negatoria di una trattativa sottotraccia per l'acquisto da parte della BCE di titoli strutturati rappresentativi delle sofferenze bancarie italiane[/B].[/FONT]
[FONT="georgia" ]Per il resto Draghi [B]ribadisce che l'austerità fiscale è l'unica via[/B], poichè implica di necessità che il rilancio degli investimenti pubblici si faccia tagliando la spesa pubblica, e quello degli investimenti privati mediante gli sgravi fiscali che, anch'essi, si finanziano tagliando la spesa pubblica (in pareggio di bilancio, ovviamente: per lui). [/FONT]
[FONT="georgia" ]Questo è quanto implicitamente affermato da Draghi, [B]sul presupposto che il cammino verso il pareggio di bilancio [/B]([URL="http://www.corriere.it/economia/16_febbraio_15/draghi-la-ripresa-moderata-marzo-pronti-fare-piu-aac80d94-d3ee-11e5-ad4b-f58d2f08a6c7.shtml"]"il rispetto del patto"[/URL]), ad ogni costo rispetto alla crescita e alla tenuta del mercato del lavoro, sia elemento irrinunciabile delle politiche economico-fiscali €uropee, sulle quali Draghi ragiona come postulato di fondo, naturalmente senza far cenno al fatto che il fiscal compact, finora, lo applica soltanto l'Italia. Che viene pure fatta oggetto di reprimende perchè non lo fa abbastanza.[/FONT]


[FONT="georgia" ]2. L'unica nota positiva pro-Italia è quella della [B]perplessità sulla [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/02/titoli-pubblici-come-risk-weighted.html"]perdita del carattere risk-free dei titoli sovrani[/URL][/B]; Draghi si trincera, dietro la consueta tesi che ciò debba dipendere da una decisione simultanea di tutte le principali autorità monetaria mondiali, e quindi rinvia alla "applicabilità" di una regolazione Basilea-4 (cioè all'imposizione alle banche di un ulteriore cuscino di capitale posto a riserva, includendo il rischio dei titoli sovrani da esse detenuti, prospettiva sulla quale le banche protestano dal...2011).[/FONT]
[FONT="georgia" ]Alla fine dei conti,[B] la parziale rassicurazione di Draghi risulta una mera interpretazione di regole ancora da definire[/B] e che, però, sono più che mai, in sede €uropea, [B][URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/01/basta-un-invito-non-esagerare-quando-ti.html"]soggette all'arrembante arbitrio dei rapporti di forza imposti dai tedeschi[/URL].[/B] [/FONT]
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[FONT="georgia" ]3. Invece, siccome la realtà è che, in un modo o nell'altro, l'Unione bancaria ha come finalità quella di concentrare il sistema bancario europeo in funzione del rischio che si impone ai risparmiatori, [B]e i tedeschi[/B] su questo obiettivo, grazie anche[URL="http://www.soldionline.it/notizie/economia-politica/tesoro-europeo-mf"] all'alleanza "servente" con i francesi,[/URL] sono lanciati ad asfaltare il sistema creditizio italiano, diviene incauto e imprevidente pensare che, all'interno delle dinamiche dell'eurozona e dato il funzionamento "col pilota automatico" delle sue istituzioni, si possa fare qualcosa per evitare questo risultato disastroso.[/FONT]
[FONT="georgia" ]Alberto ci segnala, con colorito ma giustificato sdegno, ciò che penserebbe un governante razionale, se fosse nei panni italiani, secondo la valutazione di un prestigioso economista tedesco, appartenente ai 5 saggi che consigliano la Merkel ([URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/01/lerf-ci-attende-alla-fine-del-qe-e-se.html"]quelli che hanno inventato l'ERF per capirci[/URL]):[/FONT]
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[FONT="georgia" ]4. Vi riporto la [B]traduzione[/B] del passaggio fondamentale di quanto [B]"avverte" Bofinger:[/B][/FONT]
[FONT="georgia" ]"[I]Un nuovo piano tedesco per imporre "haircuts" ai detentori di debito sovrano dell'eurozona rischia di innescare una inarrestabile crisi di tali bonds e potrebbe costringere l'Italia e la Spagna a ripristinare le proprie monete...[/I][/FONT]
[I][FONT="georgia" ]"[B]Si tratta del modo più veloce di por fine all'eurozona[/B]" ha detto il prof.Peter Bofinger, uno dei "cinque saggi" del [URL="http://www.sachverstaendigenrat-wirtschaft.de/index.html?&L=1"]German Council of Economic Advisers[/URL]. [/FONT]

[FONT="georgia" ][I]"Un attacco speculativo arriverebbe molto rapidamente. Se fossi un politico italiano e doverssi fronteggiare un tale rischio di insolvenza, [B]vorrei tornare alla mia valuta nazionale il più presto possibile, perchè questo sarebbe l'unico modo di evitare la bancarotta"[/B] ha dichiarato al Telegraph (articolo a firma dell'ottimo Evans Pritchard)[/I]."[/FONT]

[FONT="georgia" ]Ci conforta (a livello puramente teorico e morale, dato l'atteggiamento ufficiale delle autorità italiane), che Bofinger dica esattamente quanto avevamo prospettato, negli stessi termini, [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2015/12/la-grande-tranvata-la-vera-europa-dei.html"]nei post delle ultime settimane[/URL]:[/FONT]
[FONT="georgia" ]"Certo, [B]se gli italiani[/B], invece di aggirarsi sulle spoglie del latte versato in Etruria, [B]non fossero distratti dal treno che sta arrivando sullo stesso binario a velocità accelerata[/B] (dalle stesse pensate dei nostri "responsabili"), forse [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2015/01/pmi-sveglia-non-e-uno-stato-vampiro-e.html"]si sveglierebbero dal torpore €uropeista[/URL] (e autorazzista).[/FONT] [FONT="georgia" ]In un disperato istinto di sopravvivenza, probabilmente farebbero capire ai propri governanti (ove mai debbano eleggerli), e finché sono in tempo, di non essere d'accordo.[/FONT]
[FONT="georgia" ][B]Ma non c'è modo che si sveglino, con questa grancassa mediatica[/B], a disposizione dei creditori e rentiers esteri...[/FONT]
[FONT="georgia" ]E[B] dunque non c'è modo che la nostra classe politica si ponga lontanamente il problema di quanto sia urgente, dal 1° gennaio 2016, più che mai, uscire dall'eurofollia: [/B]ormai non più depressiva, ma giunta sulle soglie di un'[B]incalcolabile e irreversibile distruzione della società italiana."[/B][/FONT]

[FONT="georgia" ]5. Ma [B]la soluzione finale, mirata essenzialmente all'Italia, escogitata dai tedeschi, ha il difetto[/B], che forse può spiegare l'atteggiamento perplesso di Draghi sopra segnalato, [B]di inserirsi in una situazione mondiale esplosiva[/B], che renderebbe alquanto [I]indelicato [/I]far precipitare un corso degli eventi, sui mercati finanziari, in cui, a rigor di logica (ma non di rapporti di forza costituzionalmente illegittimi che governano l'UEM), [B]i tedeschi sono "gli ultimi che possono parlare"[/B].[/FONT]
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[FONT="georgia" ]Vi riporto al riguardo alcuni passaggi della interessante informativa settimanale [B]EIR-Strategic Alert[/B], che mostra il punto di vista di una frangia che, per quanto "dissidente" e anti-Wall Street, è pur sempre di fonte USA e non priva di capacità riassuntiva dello scenario attuale:[/FONT]
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[/FONT] [FONT="courier new" ][URL="https://www.blogger.com/null"]Si moltiplicano gli avvertimenti sul crac finanziario del sistema transatlantico [/URL][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Per le banche e i mercati azionari in Europa, Stati Uniti e Giappone, la seconda settimana di febbraio si è dimostrata la peggiore del 2016. Il collasso è in via di accelerazione, nonostante i tentativi disperati delle banche centrali di metterlo sotto controllo. Le promesse rassicuranti, il Quantitative Easing, gli interessi zero, nessuno di questi strumenti ha funzionato, e la pila di debito senza valore continua a crescere e crescere (vedi sotto). [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Anche se questo non sorprende i lettori della nostra newsletter, in quanto lo avevamo previsto, ha dato la sveglia ad alcuni cosiddetti esperti, che avevano continuato a dormire mentre veniva alimentata la bolla speculativa. Particolarmente netti i moniti provenienti da Londra la settimana scorsa: [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]* [B]Il [I]Financial Times[/I][/B], "autorevole" portavoce della City di Londra, ha scelto un titolo significativo per l'articolo dell'8 febbraio a firma Dave Shellock, "I timori sulla crescita fermano gli indici azionari europei e di Wall Street". L'autore parla "delle [B]nuvole scure sulla crescita globale che si diffondono in tutti i mercati globali." [/B][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]* Allister Heath, vicedirettore del [I]Daily Telegraph[/I], ha scritto sull'edizione dell'11 febbraio: "[B]Il mondo non può permettersi un altro crac finanziario. Esso potrebbe distruggere il capitalismo così come lo conosciamo.[/B]" Heath aggiunge che "nessuna nazione sviluppata potrebbe tollerare oggi un'altra crisi bancaria ed un'altra vera e propria recessione con sanguinose conseguenze". Un nuovo salvataggio, teme, potrebbe scatenare una "reazione a catena incontrollata e da cataclisma" nella popolazione, conducendo ad una "Guerra contro la City". [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]* Il redattore economico del [I]Guardian[/I], Larry Elliott, [B]esamina la caduta libera dei titoli bancari nelle ultime settimane, notando che la fiducia nella capacità delle banche centrali di affrontare la crisi sta svanendo. A questo proposito cita Steen Jakobsen, economista capo di Saxo Bank, che dichiara: "Questa settimana resterà nella storia finanziaria come la settimana in cui morì la pianificazione delle banche centrali - la versione del 2016 del crollo del muro di Berlino."[/B][/FONT]
[FONT="courier new" ] [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Nel frattempo, l'8 febbraio, nell'ennesimo tentativo trasparente di placare i mercati, i capi delle banche centrali francese e tedesca - [B]François Villeroy de Galhau della Banca di Francia e Jens Weidmann della Bundesbank [/B]- hanno pubblicato un appello congiunto per la creazione di un Ministero delle Finanze dell'Eurozona, quale "soluzione più diretta per ripristinare la fiducia nell'area dell'Euro". La loro proposta per una "ampia condivisione della sovranità e dei poteri a livello europeo" [B]in realtà consoliderebbe soltanto la dittatura delle banche in Europa, e la politica monetarista che ha provocato la crisi attuale[/B]. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]La disperazione dei mercati e di coloro che prendono le decisioni è giustificata, come abbiamo scritto più volte. All'interno dell'"economia da bisca" attuale non c'è alcuna soluzione alla crisi; bisogna chiudere la bisca. In modo simile all'approccio preso con successo dal Presidente americano Franklin Delano Roosevelt durante la crisi del 1933, Stati Uniti ed Europa devono introdurre un sistema bancario a due binari (con la legge Glass-Steagall), cancellare il debito tossico, creare commissioni che indaghino sui crimini dei banchieri, come fece la Commissione Pecora allora, e dar vita ad un sistema creditizio nazionale per finanziare gli investimenti nell'economia reale. [/FONT]
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[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ][URL="https://www.blogger.com/null"]Crollo delle quotazioni bancarie: la crisi è sistemica [/URL][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Ieri erano le banche italiane, oggi la[B] Deutsche Bank e il Credit Suisse, domani Société Générale e poi le banche americane:[/B] il quadro d'insieme dei titoli bancari in caduta fino al 30-40% dall'inizio dell'anno esclude ogni spiegazione isolata e punta alla natura sistemica della crisi, simile a quella del 2007-2008 ma di dimensioni superiori. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Come abbiamo indicato con largo anticipo oltre un anno fa, [B]l'elemento scatenante della crisi è stato lo scoppio della bolla delle commodity e del petrolio,[/B] che svolge lo [B]stesso ruolo che svolse la crisi dei subprime nel primo crac globale.[/B] [/FONT]
[FONT="courier new" ][B]La maggior parte delle banche colpite dalle vendite è fortemente esposta al settore dell'energia e delle commodity[/B]. [B]La direttiva sul bail-in ha aggravato la fuga degli investitori.[/B][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Si prenda Deutsche Bank, il cui titolo è crollato del 40% dall'inizio dell'anno. L'11 febbraio, un'azione DeBa valeva 14 euro, portando il capitale a circa 20 miliardi. Questo fa un indice di leva finanziaria inferiore al 2% su un bilancio di 1,7 mila miliardi. In cima a tutto c'è una montagna di derivati, per un valore nozionale che supera i 54 mila miliardi! [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Il Credit Suisse, i cui titoli sono crollati del 43% da gennaio, ha ora un capitale di 21,7 miliardi a fronte di un bilancio di 836 miliardi, che fa una leva finanziaria di poco superiore al 2,5%. Ma anche per il Credit Suisse l'aspetto più preoccupante sono i 45 mila miliardi di scommesse derivate. Questo significa che se vanno male scommesse per la metà di un millesimo di quel valore nozionale, l'intero capitale della megabanca svizzera viene spazzato via. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ][B]Sia DeBa che CS hanno una vasta esposizione nel settore dei titoli energetici ad alto rischio[/B]. Lo stesso vale per [B]Société Générale[/B], la banca francese che ha perso il 14% in un solo giorno la scorsa settimana, e il 36% da gennaio. Mentre DeBa non fornisce dati precisi, è noto che l'esposizione di SocGen è di circa 24 miliardi e quella di CS di circa 8,3 miliardi. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Sull'altra sponda dell'Atlantico, [B]la Markit calcola che il 26% di tutti i titoli ad "alto rendimento" in mano alle banche USA è ora classificato come debito "distressed" e cioè a più alto rischio finanziario[/B], con una rendita di dieci punti superiore a quella dei titoli del Tesoro USA. Su un totale di circa duemila miliardi di dollari, [B]si tratta di circa 500 miliardi, che si aggiunge all'11% di sofferenze (circa 225 miliardi di dollari).[/B] La quota "distressed" era al 7% solo un anno fa. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Una fonte giapponese con grande esperienza nel campo ha osservato che con regole normali, tutto il debito ad alto rendimento sarebbe classificato a "rischio" o ad "alto rischio", costringendo le banche ad accantonare riserve fino a circa il 50% o addirittura il 75% del totale dei titoli detenuti. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="georgia" ][FONT="courier new" ]Le grandi banche di Wall Street hanno dai 15 ai 20 miliardi di dollari di titoli ad alto rendimento, ad eccezione di Citibank, che ne ha per circa 50 miliardi. Ma gli accantonamenti ammontano a qualche centinaia di milioni, che coprirebbero tra il 5 e il 7% quando già l'11% è in sofferenza[/FONT]. [/FONT]


[FONT="georgia" ]6. La stessa fonte si sofferma sul cruciale [B]versante italiano di questa congiuntura,[/B] descritto con una certa oggettiva vena cronacistica che, tuttavia, evidenzia un percorso in necessaria accelerazione (nonostante il nostro sistema mediatico [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/02/ogni-singolo-elemento-dellagenda.html"]stia cercando di "sopire e troncare"[/URL]):[/FONT]


[FONT="courier new" ][URL="https://www.blogger.com/null"]La partita Roma-Bruxelles si scalda [/URL][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Lo scontro tra l'Italia e l'UE sulle banche si fa incandescente e potrebbe giungere al punto di far crollare l'intero castello di carta, come ha osservato Seremy Warner sul Telegraph del 13 febbraio. La situazione in cui l'UE non permette all'Italia di usare soldi pubblici per salvare le banche, ma non offre altri mezzi, significa che [B]si vuole usare l'Italia come cavia per collaudare le regole del bail-in[/B]. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Ciò è inaccettabile, e le istituzioni e lo stesso Parlamento hanno tracciato una linea rossa. [B]La sola minaccia del bail-in sta già causando una fuga dei depositi[/B]. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Il 15 febbraio la Camera ha iniziato la discussione di diverse mozioni per sospendere, rinviare o modificare le regole del bail-in. Mentre il dibattito e il voto sono stati aggiornati al giorno successivo, è prevedibile che passi [B]la mozione "soft" del Partito Democratico, che chiede un anticipo della revisione delle regole, come previsto dalla legge stessa, rispetto alla mozione più radicale di M5S che chiede una sospensione/cancellazione delle regole perché incostituzionali[/B]. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]La mozione del PD è stata scritta dal capogruppo in Commissione Finanze Michele Pelillo, che è molto vicino a Renzi, e sembra che sia stata concordata con il ministro dell'Economia Padoan. Coincide con la posizione del governatore di Bankitalia Ignazio Visco e dallo stesso Padoan al Senato la settimana scorsa. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ][B]Ma anche la revisione anticipata è una richiesta inaccettabile per Bruxelles[/B] se è vero, come ha scritto l'Huffington Post, che il capo dell'Eurogruppo [B]Jerome Dijsselbloem [/B]avrebbe reagito dicendo che "un ritorno al passato sarebbe la cosa peggiore". E [B]Mario Draghi[/B], più controllato, ha dichiarato in Commissione Affari Monetari del Parlamento Europeo, in contemporanea alla discussione in aula a Montecitorio, che sarà "difficile" rivedere le regole appena approvate. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [COLOR=#1800A9][FONT="courier new" ]
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[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ][U][B][URL="https://www.blogger.com/null"]Padoan: la separazione bancaria è giusta. ma non si può fare [/URL][/B][/U][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Sorprendendo molti, il ministro dell'Economia Gian Carlo Padoan ha dichiarato al Senato il 4 febbraio che il governo Italiano sarebbe a favore della separazione bancaria, ma purtroppo non lo sono gli altri nell'UE, per cui non si fará. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Padoan ha risposto alla senatrice Laura Bottici (M5S) durante il [I]question time[/I]. La Bottici aveva chiesto "se il Governo non ritenga fondamentale procedere, nel più breve tempo possibile, verso una separazione netta tra banche d'affari e banche commerciali." [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Bottici ha spiegato che "Questa separazione, infatti, consentirebbe di prevenire il rischio di contagio sistemico che la crisi delle banche interconnesse porta con sé, anche prendendo atto delle evidenze che mostrano come non sempre le banche di maggiori dimensioni si siano dimostrate più efficienti ma, anzi, un eccessivo livello dimensionale abbia finito con il gravare gli istituti di credito di ulteriori oneri, anziché abbatterne il rischio. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]"La separazione delle attività bancarie consentirebbe di salvaguardare meglio i risparmi dei cittadini anche perché eliminerebbe i conflitti d'interesse interni agli istituti di credito che svolgono sia attività di raccolta del risparmio che attività d'investimento e permetterebbe, inoltre, di incoraggiare l'allocazione delle risorse nei confronti dell'economia reale, a discapito delle attività speculative che hanno contribuito all'ipertrofia dei mercati finanziari". [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ][B]Padoan ha risposto che "in ambito europeo si sta anche discutendo, come è stato sollevato da un onorevole interrogante, della separazione tra banche d'affari e banche commerciali, che, com'è noto, è stata, per esempio in alcune varianti, introdotta in altri Paesi fuori dalla zona euro. Devo però dire che una soluzione a breve appare problematica e questo perché ciascuno Stato membro propende per la difesa delle specificità nazionali, che sono spesso difficili da conciliare. [/B][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ][B]"In questo quadro l'Italia è favorevole alla distinzione dei ruoli nel settore, ma è anche caratterizzata, rispetto ad altri Paesi, da una pressione inferiore perché le nostre banche non hanno una componente rilevante di attività di investimento e anche per questo motivo presentano un rischio inferiore rispetto ad altri Paesi". [/B][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="georgia" ][FONT="courier new" ]In altre parole, Padoan dice che il governo italiano sarebbe favorevole a un regime di separazione bancaria, ma che la riforma non passerebbe a livello europeo. Poiché [B]la differenza tra separazione e non separazione è la differenza tra sopravvivenza e suicidio,[/B] le implicazioni della dichiarazione del ministro dell'Economia indicano un chiaro corso d'azione: [B]uscire dall'Eurozona[/B].[/FONT]"[/FONT]




[FONT="georgia" ]7. Ora, questo report dell'EIR forse pecca di ingenuità nella valutazione politica: [B]sono gli USA, come al solito, i più interessati al mantenimento ad ogni costo dell'eurozona[/B], per ragioni che abbiamo più volte indicato: l[URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2014/03/il-rabbioso-tramonto-delleuro-il-ttip-e.html"]a ristrutturazione dell'assetto sociale[/URL] implicata dalla moneta unica e dalle sue regolazioni a cascata, sono esattamente il quadro programmatico che giustifica, agli occhi del partner transatlantico, l'esistenza stessa del federalismo e di tutta la costruzione europea.[/FONT]
[FONT="georgia" ][B]C'è però, anche per gli USA[/B] - intesi come sistema governato da un establishment finanziario, [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/01/anti-populist-or-antipopulace-wolf-of.html"]peraltro posto in contestazione dallo stesso elettorato americano[/URL]-, un punto di rottura oltre il quale i rischi sistemici evidenti superano i vantaggi dell'€urofollia lasciata al controllo del folle laboratorio ordoliberista tedesco? [/FONT]
[FONT="georgia" ][FONT="georgia" ]Possono gli stessi USA, a questo livello di degenerazione dell'aggressività anticooperativa innescatasi all'interno dell'eurozona, [B]limitarsi a puntare sull'influenza mitigatrice di Draghi?[/B][/FONT] [/FONT]


[FONT="georgia" ]6. Ci accorgiamo che questa eventualità, che prefigura un nuovo 25 luglio, [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2015/02/il-discorso-2-il-percorso-di-un.html"]l'avevamo prospettata circa un anno fa, all'indomani dell'elezione del presidente della Repubblica, in commento al suo discorso di esordio[/URL]:[/FONT]
[FONT="georgia" ][FONT="georgia" ]"[/FONT][/FONT]Traspare l'inconsapevolezza, o l'attuale "[B]incomprensione[/B]" della reale dimensione del "[I][B]livello europeo[/B][/I]": questo è la causa principale ([URL="http://www.cnbc.com/id/102367704"]come ancora ieri ha riaffermato Stiglitz[/URL]) della crisi che attanaglia la sopravvivenza del "patto sociale" e del "riconoscimento a tutti i cittadini dei diritti fondamentali e della pari dignità sociale".
Che tale livello europeo non possa mai, - se non a condizioni ormai divenute utopistiche e da sempre estranee al brutale scenario che sta letteralmente infiammando l'intera Europa -, costituire una "soluzione", per "articolare una robusta iniziativa di crescita", può essere compreso solo comprendendo una scomoda verità: cioè i radicali meccanismi che proprio l'Europa ha intenzionalmente innescato per impedire l'adempimento dell'obbligo de "la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l'eguaglianza".


...Colmare questo "gap" cognitivo è un compito arduo per un giurista, essendo d'ostacolo il filtro della vulgata "economicistica", - di valore esclusivamente ideologico e antitetico al paradigma della Costituzione-, che è ormai recepita dalle deboli vestigia del costituzionalismo italiano.


Ma se ci si trova nella posizione di "arbitrare" una partita dalla quale dipende la salvezza del Paese, e della stessa possibilità di mantenere in futuro l'esistenza stessa dei diritti fondamentali costituzionali, questo gap va assolutamente colmato.
Il momento è così grave che, per la democrazia costituzionale, non ci sarà una seconda possibilità.
Per l'Italia, come comunità sociale di esseri umani che possano condurre un'esistenza "libera e dignitosa", non ci sarà una seconda possibilità.
E la difficoltà del compito che attende il Presidente della Repubblica risiede integralmente nel saper rinunciare a questa conciliazione di opposti". Cioè all'ossimoro che attanaglia l'Italia da 30 anni e che assume le vesti, ormai tragiche, per i suoi costi sociali ed economici, del vincolo esterno.




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Pubblicato da [URL="https://www.blogger.com/profile/06816556453620678760"]Quarantotto [/URL]a 13:33 Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest






1 commento:

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Alfonso Liguori16
 
ESISTE UN PUNTO DI ROTTURA DELLA CONVENIENZA USA ALLA RISTRUTTURAZIONE SOCIALE IN U€?



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[I][FONT="georgia" ]Nota introduttiva: mi scuso se, ad alcuni, questo post potrà apparire "lungo". Ma la sua lunghezza è dovuta all'[B]intreccio di eventi di eccezionale rilevanza[/B], [B]che vedono l'Italia al centro della perturbazione[/B] gravissima che sta colpendo l'economia e la situazione geo-politica mondiale.[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]In altri termini, per quanto al sistema mediatico ed [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2014/12/corollari-del-test-di-orwell-gli.html"]"espertologico"[/URL] italiano non piaccia dover ammettere che il nostro problema non è "fare le riforme" - e liberalizzare e privatizzare e tagliare la spesa pubblica-, tutte queste belle cose non servirebbero, ora, altro che ad accelerare e a peggiorare la congiuntura italiana, con la novità che, venendo questo nodo al pettine, l'Italia può essere l'epicentro di un terremoto finanziario mondiale: epocale.[/FONT][/I]
[FONT="georgia" ]Ed è veramente irresponsabile insistere a guardare il dito invece della luna, in una situazione del genere.[/FONT][/I]
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[FONT="georgia" ]1. Star dietro alle recenti [URL="http://www.huffingtonpost.it/2016/02/15/mario-draghi-europei_n_9238380.html?utm_hp_ref=italy"]dichiarazioni di Draghi [/URL]con l'ansia di scovarvi qualcosa di nuovo è cosa veramente vana. I "mercati" ne hanno disperato bisogno, ma il "principio di realtà" non ne viene minimamente scosso.[/FONT]
[FONT="georgia" ]In fondo, [B]le uniche dichiarazioni essenziali sono quelle relative al mancato sostegno, di qualunque tipo, alla sospensione, invocata dall'Italia, delle regole del c.d. bail-in e quelle di negatoria di una trattativa sottotraccia per l'acquisto da parte della BCE di titoli strutturati rappresentativi delle sofferenze bancarie italiane[/B].[/FONT]
[FONT="georgia" ]Per il resto Draghi [B]ribadisce che l'austerità fiscale è l'unica via[/B], poichè implica di necessità che il rilancio degli investimenti pubblici si faccia tagliando la spesa pubblica, e quello degli investimenti privati mediante gli sgravi fiscali che, anch'essi, si finanziano tagliando la spesa pubblica (in pareggio di bilancio, ovviamente: per lui). [/FONT]
[FONT="georgia" ]Questo è quanto implicitamente affermato da Draghi, [B]sul presupposto che il cammino verso il pareggio di bilancio [/B]([URL="http://www.corriere.it/economia/16_febbraio_15/draghi-la-ripresa-moderata-marzo-pronti-fare-piu-aac80d94-d3ee-11e5-ad4b-f58d2f08a6c7.shtml"]"il rispetto del patto"[/URL]), ad ogni costo rispetto alla crescita e alla tenuta del mercato del lavoro, sia elemento irrinunciabile delle politiche economico-fiscali €uropee, sulle quali Draghi ragiona come postulato di fondo, naturalmente senza far cenno al fatto che il fiscal compact, finora, lo applica soltanto l'Italia. Che viene pure fatta oggetto di reprimende perchè non lo fa abbastanza.[/FONT]


[FONT="georgia" ]2. L'unica nota positiva pro-Italia è quella della [B]perplessità sulla [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/02/titoli-pubblici-come-risk-weighted.html"]perdita del carattere risk-free dei titoli sovrani[/URL][/B]; Draghi si trincera, dietro la consueta tesi che ciò debba dipendere da una decisione simultanea di tutte le principali autorità monetaria mondiali, e quindi rinvia alla "applicabilità" di una regolazione Basilea-4 (cioè all'imposizione alle banche di un ulteriore cuscino di capitale posto a riserva, includendo il rischio dei titoli sovrani da esse detenuti, prospettiva sulla quale le banche protestano dal...2011).[/FONT]
[FONT="georgia" ]Alla fine dei conti,[B] la parziale rassicurazione di Draghi risulta una mera interpretazione di regole ancora da definire[/B] e che, però, sono più che mai, in sede €uropea, [B][URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/01/basta-un-invito-non-esagerare-quando-ti.html"]soggette all'arrembante arbitrio dei rapporti di forza imposti dai tedeschi[/URL].[/B] [/FONT]
[FONT="georgia" ]
[/FONT]
[FONT="georgia" ]3. Invece, siccome la realtà è che, in un modo o nell'altro, l'Unione bancaria ha come finalità quella di concentrare il sistema bancario europeo in funzione del rischio che si impone ai risparmiatori, [B]e i tedeschi[/B] su questo obiettivo, grazie anche[URL="http://www.soldionline.it/notizie/economia-politica/tesoro-europeo-mf"] all'alleanza "servente" con i francesi,[/URL] sono lanciati ad asfaltare il sistema creditizio italiano, diviene incauto e imprevidente pensare che, all'interno delle dinamiche dell'eurozona e dato il funzionamento "col pilota automatico" delle sue istituzioni, si possa fare qualcosa per evitare questo risultato disastroso.[/FONT]
[FONT="georgia" ]Alberto ci segnala, con colorito ma giustificato sdegno, ciò che penserebbe un governante razionale, se fosse nei panni italiani, secondo la valutazione di un prestigioso economista tedesco, appartenente ai 5 saggi che consigliano la Merkel ([URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/01/lerf-ci-attende-alla-fine-del-qe-e-se.html"]quelli che hanno inventato l'ERF per capirci[/URL]):[/FONT]
[FONT="georgia" ][/FONT]
[FONT="georgia" ]
[/FONT]


[FONT="georgia" ]4. Vi riporto la [B]traduzione[/B] del passaggio fondamentale di quanto [B]"avverte" Bofinger:[/B][/FONT]
[FONT="georgia" ]"[I]Un nuovo piano tedesco per imporre "haircuts" ai detentori di debito sovrano dell'eurozona rischia di innescare una inarrestabile crisi di tali bonds e potrebbe costringere l'Italia e la Spagna a ripristinare le proprie monete...[/I][/FONT]
[I][FONT="georgia" ]"[B]Si tratta del modo più veloce di por fine all'eurozona[/B]" ha detto il prof.Peter Bofinger, uno dei "cinque saggi" del [URL="http://www.sachverstaendigenrat-wirtschaft.de/index.html?&L=1"]German Council of Economic Advisers[/URL]. [/FONT]

[FONT="georgia" ][I]"Un attacco speculativo arriverebbe molto rapidamente. Se fossi un politico italiano e doverssi fronteggiare un tale rischio di insolvenza, [B]vorrei tornare alla mia valuta nazionale il più presto possibile, perchè questo sarebbe l'unico modo di evitare la bancarotta"[/B] ha dichiarato al Telegraph (articolo a firma dell'ottimo Evans Pritchard)[/I]."[/FONT]

[FONT="georgia" ]Ci conforta (a livello puramente teorico e morale, dato l'atteggiamento ufficiale delle autorità italiane), che Bofinger dica esattamente quanto avevamo prospettato, negli stessi termini, [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2015/12/la-grande-tranvata-la-vera-europa-dei.html"]nei post delle ultime settimane[/URL]:[/FONT]
[FONT="georgia" ]"Certo, [B]se gli italiani[/B], invece di aggirarsi sulle spoglie del latte versato in Etruria, [B]non fossero distratti dal treno che sta arrivando sullo stesso binario a velocità accelerata[/B] (dalle stesse pensate dei nostri "responsabili"), forse [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2015/01/pmi-sveglia-non-e-uno-stato-vampiro-e.html"]si sveglierebbero dal torpore €uropeista[/URL] (e autorazzista).[/FONT] [FONT="georgia" ]In un disperato istinto di sopravvivenza, probabilmente farebbero capire ai propri governanti (ove mai debbano eleggerli), e finché sono in tempo, di non essere d'accordo.[/FONT]
[FONT="georgia" ][B]Ma non c'è modo che si sveglino, con questa grancassa mediatica[/B], a disposizione dei creditori e rentiers esteri...[/FONT]
[FONT="georgia" ]E[B] dunque non c'è modo che la nostra classe politica si ponga lontanamente il problema di quanto sia urgente, dal 1° gennaio 2016, più che mai, uscire dall'eurofollia: [/B]ormai non più depressiva, ma giunta sulle soglie di un'[B]incalcolabile e irreversibile distruzione della società italiana."[/B][/FONT]

[FONT="georgia" ]5. Ma [B]la soluzione finale, mirata essenzialmente all'Italia, escogitata dai tedeschi, ha il difetto[/B], che forse può spiegare l'atteggiamento perplesso di Draghi sopra segnalato, [B]di inserirsi in una situazione mondiale esplosiva[/B], che renderebbe alquanto [I]indelicato [/I]far precipitare un corso degli eventi, sui mercati finanziari, in cui, a rigor di logica (ma non di rapporti di forza costituzionalmente illegittimi che governano l'UEM), [B]i tedeschi sono "gli ultimi che possono parlare"[/B].[/FONT]
[FONT="georgia" ][/FONT]
[FONT="georgia" ]Vi riporto al riguardo alcuni passaggi della interessante informativa settimanale [B]EIR-Strategic Alert[/B], che mostra il punto di vista di una frangia che, per quanto "dissidente" e anti-Wall Street, è pur sempre di fonte USA e non priva di capacità riassuntiva dello scenario attuale:[/FONT]
[FONT="georgia" ]
[/FONT] [FONT="courier new" ][URL="https://www.blogger.com/null"]Si moltiplicano gli avvertimenti sul crac finanziario del sistema transatlantico [/URL][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Per le banche e i mercati azionari in Europa, Stati Uniti e Giappone, la seconda settimana di febbraio si è dimostrata la peggiore del 2016. Il collasso è in via di accelerazione, nonostante i tentativi disperati delle banche centrali di metterlo sotto controllo. Le promesse rassicuranti, il Quantitative Easing, gli interessi zero, nessuno di questi strumenti ha funzionato, e la pila di debito senza valore continua a crescere e crescere (vedi sotto). [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Anche se questo non sorprende i lettori della nostra newsletter, in quanto lo avevamo previsto, ha dato la sveglia ad alcuni cosiddetti esperti, che avevano continuato a dormire mentre veniva alimentata la bolla speculativa. Particolarmente netti i moniti provenienti da Londra la settimana scorsa: [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]* [B]Il [I]Financial Times[/I][/B], "autorevole" portavoce della City di Londra, ha scelto un titolo significativo per l'articolo dell'8 febbraio a firma Dave Shellock, "I timori sulla crescita fermano gli indici azionari europei e di Wall Street". L'autore parla "delle [B]nuvole scure sulla crescita globale che si diffondono in tutti i mercati globali." [/B][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]* Allister Heath, vicedirettore del [I]Daily Telegraph[/I], ha scritto sull'edizione dell'11 febbraio: "[B]Il mondo non può permettersi un altro crac finanziario. Esso potrebbe distruggere il capitalismo così come lo conosciamo.[/B]" Heath aggiunge che "nessuna nazione sviluppata potrebbe tollerare oggi un'altra crisi bancaria ed un'altra vera e propria recessione con sanguinose conseguenze". Un nuovo salvataggio, teme, potrebbe scatenare una "reazione a catena incontrollata e da cataclisma" nella popolazione, conducendo ad una "Guerra contro la City". [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]* Il redattore economico del [I]Guardian[/I], Larry Elliott, [B]esamina la caduta libera dei titoli bancari nelle ultime settimane, notando che la fiducia nella capacità delle banche centrali di affrontare la crisi sta svanendo. A questo proposito cita Steen Jakobsen, economista capo di Saxo Bank, che dichiara: "Questa settimana resterà nella storia finanziaria come la settimana in cui morì la pianificazione delle banche centrali - la versione del 2016 del crollo del muro di Berlino."[/B][/FONT]
[FONT="courier new" ] [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Nel frattempo, l'8 febbraio, nell'ennesimo tentativo trasparente di placare i mercati, i capi delle banche centrali francese e tedesca - [B]François Villeroy de Galhau della Banca di Francia e Jens Weidmann della Bundesbank [/B]- hanno pubblicato un appello congiunto per la creazione di un Ministero delle Finanze dell'Eurozona, quale "soluzione più diretta per ripristinare la fiducia nell'area dell'Euro". La loro proposta per una "ampia condivisione della sovranità e dei poteri a livello europeo" [B]in realtà consoliderebbe soltanto la dittatura delle banche in Europa, e la politica monetarista che ha provocato la crisi attuale[/B]. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]La disperazione dei mercati e di coloro che prendono le decisioni è giustificata, come abbiamo scritto più volte. All'interno dell'"economia da bisca" attuale non c'è alcuna soluzione alla crisi; bisogna chiudere la bisca. In modo simile all'approccio preso con successo dal Presidente americano Franklin Delano Roosevelt durante la crisi del 1933, Stati Uniti ed Europa devono introdurre un sistema bancario a due binari (con la legge Glass-Steagall), cancellare il debito tossico, creare commissioni che indaghino sui crimini dei banchieri, come fece la Commissione Pecora allora, e dar vita ad un sistema creditizio nazionale per finanziare gli investimenti nell'economia reale. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [COLOR=#1800A9]

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[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ][URL="https://www.blogger.com/null"]Crollo delle quotazioni bancarie: la crisi è sistemica [/URL][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Ieri erano le banche italiane, oggi la[B] Deutsche Bank e il Credit Suisse, domani Société Générale e poi le banche americane:[/B] il quadro d'insieme dei titoli bancari in caduta fino al 30-40% dall'inizio dell'anno esclude ogni spiegazione isolata e punta alla natura sistemica della crisi, simile a quella del 2007-2008 ma di dimensioni superiori. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Come abbiamo indicato con largo anticipo oltre un anno fa, [B]l'elemento scatenante della crisi è stato lo scoppio della bolla delle commodity e del petrolio,[/B] che svolge lo [B]stesso ruolo che svolse la crisi dei subprime nel primo crac globale.[/B] [/FONT]
[FONT="courier new" ][B]La maggior parte delle banche colpite dalle vendite è fortemente esposta al settore dell'energia e delle commodity[/B]. [B]La direttiva sul bail-in ha aggravato la fuga degli investitori.[/B][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Si prenda Deutsche Bank, il cui titolo è crollato del 40% dall'inizio dell'anno. L'11 febbraio, un'azione DeBa valeva 14 euro, portando il capitale a circa 20 miliardi. Questo fa un indice di leva finanziaria inferiore al 2% su un bilancio di 1,7 mila miliardi. In cima a tutto c'è una montagna di derivati, per un valore nozionale che supera i 54 mila miliardi! [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Il Credit Suisse, i cui titoli sono crollati del 43% da gennaio, ha ora un capitale di 21,7 miliardi a fronte di un bilancio di 836 miliardi, che fa una leva finanziaria di poco superiore al 2,5%. Ma anche per il Credit Suisse l'aspetto più preoccupante sono i 45 mila miliardi di scommesse derivate. Questo significa che se vanno male scommesse per la metà di un millesimo di quel valore nozionale, l'intero capitale della megabanca svizzera viene spazzato via. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ][B]Sia DeBa che CS hanno una vasta esposizione nel settore dei titoli energetici ad alto rischio[/B]. Lo stesso vale per [B]Société Générale[/B], la banca francese che ha perso il 14% in un solo giorno la scorsa settimana, e il 36% da gennaio. Mentre DeBa non fornisce dati precisi, è noto che l'esposizione di SocGen è di circa 24 miliardi e quella di CS di circa 8,3 miliardi. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Sull'altra sponda dell'Atlantico, [B]la Markit calcola che il 26% di tutti i titoli ad "alto rendimento" in mano alle banche USA è ora classificato come debito "distressed" e cioè a più alto rischio finanziario[/B], con una rendita di dieci punti superiore a quella dei titoli del Tesoro USA. Su un totale di circa duemila miliardi di dollari, [B]si tratta di circa 500 miliardi, che si aggiunge all'11% di sofferenze (circa 225 miliardi di dollari).[/B] La quota "distressed" era al 7% solo un anno fa. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Una fonte giapponese con grande esperienza nel campo ha osservato che con regole normali, tutto il debito ad alto rendimento sarebbe classificato a "rischio" o ad "alto rischio", costringendo le banche ad accantonare riserve fino a circa il 50% o addirittura il 75% del totale dei titoli detenuti. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="georgia" ][FONT="courier new" ]Le grandi banche di Wall Street hanno dai 15 ai 20 miliardi di dollari di titoli ad alto rendimento, ad eccezione di Citibank, che ne ha per circa 50 miliardi. Ma gli accantonamenti ammontano a qualche centinaia di milioni, che coprirebbero tra il 5 e il 7% quando già l'11% è in sofferenza[/FONT]. [/FONT]


[FONT="georgia" ]6. La stessa fonte si sofferma sul cruciale [B]versante italiano di questa congiuntura,[/B] descritto con una certa oggettiva vena cronacistica che, tuttavia, evidenzia un percorso in necessaria accelerazione (nonostante il nostro sistema mediatico [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/02/ogni-singolo-elemento-dellagenda.html"]stia cercando di "sopire e troncare"[/URL]):[/FONT]


[FONT="courier new" ][URL="https://www.blogger.com/null"]La partita Roma-Bruxelles si scalda [/URL][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Lo scontro tra l'Italia e l'UE sulle banche si fa incandescente e potrebbe giungere al punto di far crollare l'intero castello di carta, come ha osservato Seremy Warner sul Telegraph del 13 febbraio. La situazione in cui l'UE non permette all'Italia di usare soldi pubblici per salvare le banche, ma non offre altri mezzi, significa che [B]si vuole usare l'Italia come cavia per collaudare le regole del bail-in[/B]. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Ciò è inaccettabile, e le istituzioni e lo stesso Parlamento hanno tracciato una linea rossa. [B]La sola minaccia del bail-in sta già causando una fuga dei depositi[/B]. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Il 15 febbraio la Camera ha iniziato la discussione di diverse mozioni per sospendere, rinviare o modificare le regole del bail-in. Mentre il dibattito e il voto sono stati aggiornati al giorno successivo, è prevedibile che passi [B]la mozione "soft" del Partito Democratico, che chiede un anticipo della revisione delle regole, come previsto dalla legge stessa, rispetto alla mozione più radicale di M5S che chiede una sospensione/cancellazione delle regole perché incostituzionali[/B]. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]La mozione del PD è stata scritta dal capogruppo in Commissione Finanze Michele Pelillo, che è molto vicino a Renzi, e sembra che sia stata concordata con il ministro dell'Economia Padoan. Coincide con la posizione del governatore di Bankitalia Ignazio Visco e dallo stesso Padoan al Senato la settimana scorsa. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ][B]Ma anche la revisione anticipata è una richiesta inaccettabile per Bruxelles[/B] se è vero, come ha scritto l'Huffington Post, che il capo dell'Eurogruppo [B]Jerome Dijsselbloem [/B]avrebbe reagito dicendo che "un ritorno al passato sarebbe la cosa peggiore". E [B]Mario Draghi[/B], più controllato, ha dichiarato in Commissione Affari Monetari del Parlamento Europeo, in contemporanea alla discussione in aula a Montecitorio, che sarà "difficile" rivedere le regole appena approvate. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [COLOR=#1800A9][FONT="courier new" ]
[/FONT][/COLOR]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ][U][B][URL="https://www.blogger.com/null"]Padoan: la separazione bancaria è giusta. ma non si può fare [/URL][/B][/U][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Sorprendendo molti, il ministro dell'Economia Gian Carlo Padoan ha dichiarato al Senato il 4 febbraio che il governo Italiano sarebbe a favore della separazione bancaria, ma purtroppo non lo sono gli altri nell'UE, per cui non si fará. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Padoan ha risposto alla senatrice Laura Bottici (M5S) durante il [I]question time[/I]. La Bottici aveva chiesto "se il Governo non ritenga fondamentale procedere, nel più breve tempo possibile, verso una separazione netta tra banche d'affari e banche commerciali." [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]Bottici ha spiegato che "Questa separazione, infatti, consentirebbe di prevenire il rischio di contagio sistemico che la crisi delle banche interconnesse porta con sé, anche prendendo atto delle evidenze che mostrano come non sempre le banche di maggiori dimensioni si siano dimostrate più efficienti ma, anzi, un eccessivo livello dimensionale abbia finito con il gravare gli istituti di credito di ulteriori oneri, anziché abbatterne il rischio. [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ]"La separazione delle attività bancarie consentirebbe di salvaguardare meglio i risparmi dei cittadini anche perché eliminerebbe i conflitti d'interesse interni agli istituti di credito che svolgono sia attività di raccolta del risparmio che attività d'investimento e permetterebbe, inoltre, di incoraggiare l'allocazione delle risorse nei confronti dell'economia reale, a discapito delle attività speculative che hanno contribuito all'ipertrofia dei mercati finanziari". [/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ][B]Padoan ha risposto che "in ambito europeo si sta anche discutendo, come è stato sollevato da un onorevole interrogante, della separazione tra banche d'affari e banche commerciali, che, com'è noto, è stata, per esempio in alcune varianti, introdotta in altri Paesi fuori dalla zona euro. Devo però dire che una soluzione a breve appare problematica e questo perché ciascuno Stato membro propende per la difesa delle specificità nazionali, che sono spesso difficili da conciliare. [/B][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="courier new" ][B]"In questo quadro l'Italia è favorevole alla distinzione dei ruoli nel settore, ma è anche caratterizzata, rispetto ad altri Paesi, da una pressione inferiore perché le nostre banche non hanno una componente rilevante di attività di investimento e anche per questo motivo presentano un rischio inferiore rispetto ad altri Paesi". [/B][/FONT]
[FONT="courier new" ][/FONT] [FONT="georgia" ][FONT="courier new" ]In altre parole, Padoan dice che il governo italiano sarebbe favorevole a un regime di separazione bancaria, ma che la riforma non passerebbe a livello europeo. Poiché [B]la differenza tra separazione e non separazione è la differenza tra sopravvivenza e suicidio,[/B] le implicazioni della dichiarazione del ministro dell'Economia indicano un chiaro corso d'azione: [B]uscire dall'Eurozona[/B].[/FONT]"[/FONT]




[FONT="georgia" ]7. Ora, questo report dell'EIR forse pecca di ingenuità nella valutazione politica: [B]sono gli USA, come al solito, i più interessati al mantenimento ad ogni costo dell'eurozona[/B], per ragioni che abbiamo più volte indicato: l[URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2014/03/il-rabbioso-tramonto-delleuro-il-ttip-e.html"]a ristrutturazione dell'assetto sociale[/URL] implicata dalla moneta unica e dalle sue regolazioni a cascata, sono esattamente il quadro programmatico che giustifica, agli occhi del partner transatlantico, l'esistenza stessa del federalismo e di tutta la costruzione europea.[/FONT]
[FONT="georgia" ][B]C'è però, anche per gli USA[/B] - intesi come sistema governato da un establishment finanziario, [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/01/anti-populist-or-antipopulace-wolf-of.html"]peraltro posto in contestazione dallo stesso elettorato americano[/URL]-, un punto di rottura oltre il quale i rischi sistemici evidenti superano i vantaggi dell'€urofollia lasciata al controllo del folle laboratorio ordoliberista tedesco? [/FONT]
[FONT="georgia" ][FONT="georgia" ]Possono gli stessi USA, a questo livello di degenerazione dell'aggressività anticooperativa innescatasi all'interno dell'eurozona, [B]limitarsi a puntare sull'influenza mitigatrice di Draghi?[/B][/FONT] [/FONT]


[FONT="georgia" ]6. Ci accorgiamo che questa eventualità, che prefigura un nuovo 25 luglio, [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2015/02/il-discorso-2-il-percorso-di-un.html"]l'avevamo prospettata circa un anno fa, all'indomani dell'elezione del presidente della Repubblica, in commento al suo discorso di esordio[/URL]:[/FONT]
[FONT="georgia" ][FONT="georgia" ]"[/FONT][/FONT]Traspare l'inconsapevolezza, o l'attuale "[B]incomprensione[/B]" della reale dimensione del "[I][B]livello europeo[/B][/I]": questo è la causa principale ([URL="http://www.cnbc.com/id/102367704"]come ancora ieri ha riaffermato Stiglitz[/URL]) della crisi che attanaglia la sopravvivenza del "patto sociale" e del "riconoscimento a tutti i cittadini dei diritti fondamentali e della pari dignità sociale".
Che tale livello europeo non possa mai, - se non a condizioni ormai divenute utopistiche e da sempre estranee al brutale scenario che sta letteralmente infiammando l'intera Europa -, costituire una "soluzione", per "articolare una robusta iniziativa di crescita", può essere compreso solo comprendendo una scomoda verità: cioè i radicali meccanismi che proprio l'Europa ha intenzionalmente innescato per impedire l'adempimento dell'obbligo de "la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l'eguaglianza".


...Colmare questo "gap" cognitivo è un compito arduo per un giurista, essendo d'ostacolo il filtro della vulgata "economicistica", - di valore esclusivamente ideologico e antitetico al paradigma della Costituzione-, che è ormai recepita dalle deboli vestigia del costituzionalismo italiano.


Ma se ci si trova nella posizione di "arbitrare" una partita dalla quale dipende la salvezza del Paese, e della stessa possibilità di mantenere in futuro l'esistenza stessa dei diritti fondamentali costituzionali, questo gap va assolutamente colmato.
Il momento è così grave che, per la democrazia costituzionale, non ci sarà una seconda possibilità.
Per l'Italia, come comunità sociale di esseri umani che possano condurre un'esistenza "libera e dignitosa", non ci sarà una seconda possibilità.
E la difficoltà del compito che attende il Presidente della Repubblica risiede integralmente nel saper rinunciare a questa conciliazione di opposti". Cioè all'ossimoro che attanaglia l'Italia da 30 anni e che assume le vesti, ormai tragiche, per i suoi costi sociali ed economici, del vincolo esterno.




[FONT="georgia" ]
[/FONT]


Pubblicato da [URL="https://www.blogger.com/profile/06816556453620678760"]Quarantotto [/URL]a 13:33 Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest






1 commento:

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Alfonso Liguori16
 
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giovedì 18 febbraio 2016

BREXIT-DELIRIUM. IL FANTASMA MOLTO VIVO DELLA COOPERAZIONE ECONOMICA EXTRA-UE (L'Islanda e la Svizzera guerrafondaie?)




grecia-sciopero-generale.jpg


THUMB-europa.jpg



[FONT="georgia" ]1. La storia della Brexit deve dare molto fastidio. [/FONT]
[FONT="georgia" ]Abbiamo visto come i principali [I]infastiditi [/I]siano gli USA che, nel manifestare la propria contrarietà, devono ammettere che il Regno Unito dentro l'UE s[URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/02/brexit-la-reliquia-degli-anni-70-tra.html"]erve a guidarla meglio (cioè "ancora" meglio), verso i propri interessi.[/URL][/FONT]
[FONT="georgia" ]
[/FONT]
[FONT="georgia" ]Non risulta perciò sorprendente che si animi, [B]nel sistema mediatico europeista "a prescindere" (dai fatti e dai dati), un singolare quadro di deterrenza propagandistica anti-Brexit[/B]. [/FONT]
[FONT="georgia" ]Nella [B]consueta scissione tra [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2014/12/corollari-del-test-di-orwell-gli.html"]stime espertologiche[/URL][/B], alquanto "pop", e argomenti, molto più aderenti ai fatti dell'economia reale e della finanza pubblica, che animano l'effettivo dibattito nel Regno Unito, su "Affari &; Finanza" de La Repubblica, si ipotizza che l'uscita dall'UE dovrebbe "costare circa 11 miliardi in tariffe doganali e l'equivalente di una perdita di circa 176 sterline l'anno per ogni cittadino e di 426 sterline per ogni famiglia".[/FONT]
[FONT="georgia" ]Gli europeisti, che esistono anche in UK e che, secondo l'articolo, alla fine trovano i loro principali esponenti nei "mercati finanziari" e nella Bank of England - e già questo dovrebbe significare "qualcosa"- ammoniscono che "[I]l'uscita dall'Unione precipiterebbe questo paese in una condizione da Corea del Nord comunista, distruggendo il suo import-export[/I]".[/FONT]


[FONT="georgia" ]2. Non solo, ma trattandosi di preoccupazioni provenienti da ambienti molto finanziari (che più finanziari non si può), [B]il monito sulla "distruzione dell'import-export"[/B] si estende [I]curiosamente [/I]a un [B]aspetto [/B]che, forse anche per un lettore di Repubblica, dovrebbe risultare [B]alquanto "singolare"[/B], in quanto contraddittorio. [/FONT]
[FONT="georgia" ]Sentite un po': "[I]Un'analisi della banca di investimenti [B]Goldman Sachs[/B] (che è tra i finanziatori della campagna per il sì alla Ue, dunque non un commentatore neutrale) [B]avverte che il Brexit[/B] (Britain exit, cioè Britannia esce - sottinteso dall' Europa) [B]provocherebbe un ritorno della sterlina a livelli non più visti dal lontano 1985[/B][/I]".[/FONT]
[FONT="georgia" ]E dunque, mettendo insieme gli argomenti dell'articolo, siccome una banca d'affari USA come G&S dice che la sterlina si svaluterebbe, ne conseguirebbe una distruzione dell'import-export: ma come, [B]tutti e due insieme e a seguito di una svalutazione?[/B][/FONT]
[FONT="georgia" ]Ma non ci stanno ora dicendo che il QE di Draghi, svalutando l'euro rispetto al dollaro, sarebbe alla base della "lenta e moderata" ripresa dell'eurozona in quanto favorisce le esportazioni (extra-UEM)? [/FONT]
[FONT="georgia" ]Perchè dunque svalutare la sterlina dovrebbe distruggere l'export britannico?[/FONT]


[FONT="georgia" ]3. Si implica: perché quest'ultimo sarebbe assoggettato a [B]forti dazi come rappresaglia[/B], cioè come decisione politica, adottata, si deve supporre, compattamente dagli ex partners UE.[/FONT]
[FONT="georgia" ]Peccato che, su un primo piano giuridico ed economico, questa minaccia sia altamente irragionevole: attualmente, infatti, [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/02/brexit-la-reliquia-degli-anni-70-tra.html"]come abbiamo visto[/URL] (p.7), i britannici "sanno di essere il mercato di esportazione leader per l'Unione europea (cioè sono forti importatori dai partners UE)". [/FONT]
[FONT="georgia" ]Evidentemente non lo sanno, o non lo dicono, i giornalisti italiani[B].[/B][/FONT]
[FONT="georgia" ][B]L'importante è che lo sappia [URL="http://www.ons.gov.uk/ons/rel/itis/international-trade-in-services/2011/sty-international-trade-in-services.html"]l'Istat del Regno Unito[/URL]. [/B]La realtà infatti ci offre questo dato, laddove per ben oltre il 50%, il saldo passivo delle partite correnti britanniche è realizzato nei confronti dei paesi UE:[/FONT]


[FONT="georgia" ][/FONT]
[FONT="georgia" ][IMG]http://cdn.static-economist.com/sites/default/files/imagecache/original-size/images/print-edition/20150110_BRC644.png[/IMG][/FONT]
[FONT="georgia" ][/FONT]
[FONT="georgia" ]
[IMG]http://speri.dept.shef.ac.uk/wp-content/uploads/2015/02/graph_UK_current_account.jpg[/IMG][/FONT]
[FONT="georgia" ][B]E il peggioramento del saldo, in coincidenza con la svalutazione dell'euro e la rivalutazione corrispondente della sterlina, lo si può vedere nel 2015, proprio rispetto al mercato dei "beni" [/B](escludendo i servizi e i redditi da investimenti che sarebbero il settore più "forte" di saldo attivo UK):[/FONT]


[FONT="georgia" ][IMG]http://chart.finance.yahoo.com/z?s=EURGBP=X&t=5y&l=on&z=m&q=l[/IMG][/FONT]


[FONT="georgia" ][B][IMG]https://content.markitcdn.com/corporate/Company/Files/NewsCommentaryContentImage?cmsId=70e4d5c4c7c443899d1907030511ead7&version=1[/IMG] [/B][/FONT]


[FONT="georgia" ]4. Insomma, [B]il Regno Unito non si troverebbe svantaggiato da una svalutazione della sterlina[/B], considerata l'incidenza di questo fattore rispetto ai suoi principali partners UE, che sono essenzialmente degli esportatori in saldo attivo verso i britannici, secondo le ben note linee del mercantilismo nord-UE(M), e [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2015/09/le-braghe-di-corbyn-e-lue-litalietta.html"]considerato quanto sia un grosso e reale problema, per UK, l'accumulo di deficit delle partite correnti[/URL]:[/FONT]


[FONT="georgia" ][IMG]http://www.economicshelp.org/wp-content/uploads/blog-uploads/2012/11/oecd-changes-current-account-2008-12.png[/IMG] [/FONT]
[FONT="georgia" ]E con ciò cade la connessione dell'argomento "G&S", relativamente alla distruzione dell'import e, più che altro, dell'export; [B]argomento irreale (o, come spesso accade nel pensiero €uropeo, [I]surreale, o dadaista[/I]) basato sulla svalutazione della sterlina. [/B] [/FONT]
[FONT="georgia" ]Una svalutazione che certo non fa piacere ai rentiers finanziari globali, perchè una moneta forte non è abbastanza deflazionista: mentre una moneta più debole tende a essere, più o meno, re-flazionista, nella misura in cui le importazioni costano certamente di più, ma, per ciò stesso, vengono ad essere inibite dall'effetto di svalutazione monetaria, esattamente come questo favorisce le esportazioni del paese medesimo. [/FONT]


[FONT="georgia" ]5. Ma l'altro aspetto da considerare è [B]questa storia dei forti dazi che verrebbero imposti a merci e servizi UK[/B]. [/FONT]
[FONT="georgia" ]Sorge spontanea la domanda: perchè i paesi esportatori in attivo verso il Regno Unito dovrebbero autolimitarsi ulteriormente questo mercato di sbocco, in aggiunta all'effetto della svalutazione, solo per "punire" le sue esportazioni?[/FONT]
[FONT="georgia" ][B]Questo non ha nè senso economico, nè giuridico, in corrispondenza del quadro del diritto internazionale, nonché delle relazioni politico-commerciali intraeuropee, esterne all'UE, e neppure del quadro del diritto "europeo".[/B][/FONT]
[FONT="georgia" ][/FONT]
[FONT="georgia" ]In questo quadro, anzitutto[B], il referendum non implica, a norma dei trattati, l'effetto automatico della Brexit. [/B] [/FONT]
[FONT="georgia" ]Il suo esito sarebbe solo il [B]presupposto "interno" [/B]per avviare la procedura di[B] recesso di un paese membro prevista dall'art.50 del TUE.[/B][/FONT]
[FONT="georgia" ]Ma come abbiamo visto in lungo e in largo ne "[URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2015/11/orizzonte49-book-2-la-costituzione.html"]La Costituzione nella palude[/URL]", questa procedura, "serenamente" praticabile da uno Stato non aderente all'eurozona (perché non soggetto al ricatto della BCE sul modello "Grecia"...e, allo stato, anche "Italia"), pone capo a un trattato ulteriore e diverso che, a norma del paragrafo 2 dell'art.50, non regola solo le modalità concrete del recesso ma anche le "future relazioni con l'Unione".[/FONT]
[FONT="georgia" ]
[/FONT]
[FONT="georgia" ]6. E come mai potrebbero essere regolate queste relazioni? Ricorrendo, come implica l'articolo di Repubblica al trattamento di massima chiusura doganale e tariffaria, stile "Corea del Nord"?[/FONT]
[FONT="georgia" ]A prescindere dalla comune adesione dell'UE e del Regno Unito alla regolazione liberalizzatrice dei commerci del [B]WTO[/B], e per rimanere al quadro attuale dei trattati, [B]l'accordo in questione[/B] tra UE e UK, dovrebbe rimanere quantomeno [B]ancorato alla lunga tradizione della[/B] "[I][B]cooperazione economica, finanziaria e tecnica con i paesi terzi[/B][/I]", quale prevista dall'[B]art.212 del TFUE[/B]: [/FONT]
[FONT="georgia" ]"[I]...l'Unione conduce azioni di cooperazione economica, finanziaria e tecnica, comprese azioni di assistenza specialmente in campo finanziario, con i [B]paesi terzi diversi dai paesi in via di sviluppo[/B][/I]" (art. 212, par.1). [/FONT]
[FONT="georgia" ]Ed infatti "[I]Nell'ambito delle rispettive competenze, l'Unione e gli Stati membri collaborano con i paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali. Le modalità della cooperazione dell'Unione possono formare oggetto di accordi tra questa e i terzi interessati[/I]" (par.3).[/FONT]
[FONT="georgia" ]Nel caso specifico, [B]non semplicemente "[I]possono[/I]", ma "[I]devono[/I]" essere oggetto di accordo[/B], in virtù della vista previsione esplicita di accordo regolatore del recesso e delle "future relazioni" nell'ambito della procedura ex art.50 TUE.[/FONT]
[FONT="georgia" ]
[/FONT]
[FONT="georgia" ]7. D'altra parte, [B]non si vede perché, per tutti i motivi di convenienza economica sopra visti, i paesi "esportatori" UE debbano adottare verso il Regno Unito un atteggiamento più duro di quanto, nel quadro normativo dei trattati, abbiano finora riservata a paesi come, ad esempio, Norvegia e Svizzera[/B].[/FONT]
[FONT="georgia" ]Forse che tali paesi, - che a differenza di UK, sono tra l'altro tendenzialmente (in disparte la crisi dei prezzi petroliferi , per la Norvegia, e le rivalutazioni monetarie "obbligate" per la Svizzera) esportatori netti verso l'UE-, hanno visto il loro import-export (che non sono mai lo stesso fenomeno) "distrutto" ed il loro ruolo equiparato a quello della Corea del Nord?[/FONT]
[FONT="georgia" ]
[/FONT]
[FONT="georgia" ]8. Tutt'altro: in passato c'era stata - e in parte ancora opera-, [URL="https://it.wikipedia.org/wiki/Associazione_europea_di_libero_scambio"]l'Associazione europea di liberoscambio[/URL], (AELS, in Italia viene utilizzato l'acronimo EFTA dall'inglese European Free Trade Association): [/FONT]
[FONT="georgia" ]"...[I][B]fondata il 3 maggio [URL="https://it.wikipedia.org/wiki/1960"]1960[/URL] come alternativa per gli stati europei che non volevano, o non potevano ancora, entrare nella Comunità Economica Europea, ora Unione europea;[/B] la sua sede è a Ginevra, ma l'associazione ha uffici a Bruxelles e nel Lussemburgo.[/I][/FONT]
[FONT="georgia" ][I]La Convenzione di Stoccolma fu firmata il 4 gennaio [URL="https://it.wikipedia.org/wiki/1960"]1960[/URL] da sette stati: Austria, Danimarca, Norvegia, Portogallo, Svezia, Svizzera e Regno Unito. L'anno successivo, la Finlandia si associò all'AELS, diventandone un membro a tutti gli effetti nel 1986. Nel 1970 entrò a farne parte l'Islanda e nel 1991 fu il turno del Liechtenstein. [/I][/FONT]
[FONT="georgia" ][I]Già nel [URL="https://it.wikipedia.org/wiki/1972"]1972[/URL] Danimarca e Regno Unito decisero però di lasciare l'Associazione, preferendole la CEE; lo stesso fecero il Portogallo nel 1985 e l'Austria, la Finlandia e la Svezia nel 1995 (nel frattempo la CEE aveva preso il nome di UE - Unione europea). [/I][/FONT]
[FONT="georgia" ][I][B]Quindi l'AELS è attualmente costituita da quattro stati: Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera[/B]; ovviamente [B]nessuno di questi fa parte dell'UE[/B]. La Convenzione di Stoccolma fu successivamente sostituita dalla Convenzione di Vaduz.[/I]"[/FONT]


[FONT="georgia" ]9. Successivamente, [B]ai sensi dell'attuale art.217 del TFUE, questo accordo è stato esteso[/B], nel senso della maggior integrazione economica e commerciale, con un ulteriore trattato per creare lo "[B]Spazio Economico Europeo[/B]".[/FONT]
[FONT="georgia" ][URL="http://www.europarl.europa.eu/ftu/pdf/it/FTU_6.5.3.pdf"]Un po' di (significativa) storia di questo trattato ci riviene dalla fonte ufficiale dell'UE[/URL]:[/FONT]


[FONT="georgia" ]"[FONT="helvetica neue" ]Note sintetiche sull'Unione europea - 20161[/FONT][/FONT]
[FONT="helvetica neue" ]LO SPAZIO ECONOMICO EUROPEO (SEE), LA SVIZZERA E IL NORD.
Lo Spazio economico europeo (SEE) è stato istituito nel 1994 allo scopo di [B]estendere le disposizioni applicate dall'Unione europea al proprio mercato interno anche ai paesi dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA)[/B]. La legislazione dell'UE relativa al mercato interno diventa parte della legislazione dei paesi SEE una volta che questi ultimi accettano di recepirla. [/FONT]
[FONT="helvetica neue" ]L'attuazione e la concreta applicazione sono quindi assoggettate al controllo di appositi organismi EFTA e di un Comitato parlamentare misto.[/FONT]
[FONT="helvetica neue" ][B]L'UE è inoltre legata a due dei suoi partner SEE (la Norvegia e l'Islanda) da varie «politiche settentrionali»[/B] e forum incentrati sulle aree più settentrionali dell'Europa, in rapida evoluzione, e sulla regione artica nel suo insieme. [B]La Svizzera, pur non facendo parte del SEE, resta un membro dell'EFTA.[/B] [/FONT]
[FONT="helvetica neue" ]Gli oltre [U][B]120 trattati bilaterali settoriali[/B][/U] che legano il paese all'UE includono per lo più le stesse disposizioni adottate dagli altri paesi SEE nei settori della libera circolazione di persone, beni, servizi e capitali. Le relazioni bilaterali sono state, tuttavia, messe a dura prova a seguito dell'iniziativa anti-immigrazione lanciata nel febbraio 2014 e il cui esito ha messo in discussione i principidella libera circolazione e del mercato unico su cui si fondano tali relazioni.
BASE GIURIDICA
Per il SEE: [B]articolo 217[/B] del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (accordi diassociazione)
Per la Svizzera: accordo in materia di assicurazione del 1989, accordi bilaterali I del 1999, accordi bilaterali II del 2004
IL SEE[/FONT]
[FONT="helvetica neue" ]A.Obiettivi
[B]La finalità dello Spazio economico europeo (SEE) è estendere il mercato interno dell'UE ai paesi dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA) che non intendono aderire all'UE[/B] o che non l'hanno ancora fatto.
B.Contesto
Nel 1992 gli allora sette membri dell'EFTA negoziarono un accordo che consentiva loro dipartecipare all'ambizioso progetto del mercato interno della Comunità europea, avviato nel 1985 e completato alla fine del 1992. [/FONT]
[FONT="helvetica neue" ][B]L'accordo relativo allo Spazio economico europeo (SEE) fu sottoscritto il 2 maggio 1992 ed entrò in vigore il 1° gennaio 1994.[/B] [/FONT]
[FONT="helvetica neue" ]Il numero dei membri EFTA/SEE era però destinato a diminuire nel giro di breve tempo: la Svizzera scelse di non ratificare l'accordo a seguito dell'esito negativo di un referendum in materia, mentre l'Austria, la Finlandia e la Svezia aderirono all'Unione europea nel 1995. [U][B]Rimanevano così nel SEE solo l'Islanda, la Norvegia e il Liechtenstein[/B][/U] ([I]e tali sembrano senz'altro destinati a rimanere, mentre la Svizzera, ancora membro dell'EFTA, come vedremo, ha una storia di trattati sua "peculiare", ndr.).[/I][/FONT]
[FONT="helvetica neue" ][B]I dieci nuovi Stati membri che hanno aderito all'UE il 1° maggio 2004 sono diventati automaticamente anche membri del SEE,[/B] così come la Bulgaria e la Romania quando hanno aderito all'Unione nel 2007 e la Croazia nel 2013.
Nel [B]giugno 2009, anche l'Islanda[/B] si è candidata ad aderire all'UE come via d'uscita dalla crisi finanziaria globale del 2008. [B]Il Consiglio ha accettato la candidatura dell'Islanda il 17 giugno 2010[/B] e i negoziati sono iniziati nel giugno 2011. [/FONT]
[FONT="helvetica neue" ]Tuttavia, a seguito delle[B] elezioni parlamentari dell'aprile 2013, la nuova coalizione di centro-destra, [/B]formata dal Partito dell'indipendenza e dal Partito progressista,[B] ha interrotto i negoziati [/B]subito dopo il suo insediamento, rilasciando una dichiarazione nel maggio 2013 e [B]ritirando ufficialmente la domanda di adesione nel marzo 2015[/B]. Il governo ha sostenuto che la richiesta di adesione fosse stata solo una mossa da parte del precedente governo socialista, senza un ampio sostegno da parte della popolazione, e che gli [B]interessi islandesi fossero meglio salvaguardati restando aldi fuori dell'UE[/B]. Sebbene in quel momento il ritiro abbia scatenato grandi proteste — avendo evitato l'iter parlamentare e il referendum — il dibattito interno sulla questione sembra essersi affievolito e così sembra essere destinato a rimanere, se non per sempre, almeno fino alla fine dell'attuale mandato di governo.[/FONT]
[FONT="helvetica neue" ][/FONT]
[FONT="helvetica neue" ]C.Ambito di applicazione del SEE
[B]Il SEE trascende i tradizionali accordi di libero scambio (ALS)[/B] in quanto estende l'insieme dei diritti e degli obblighi legati al mercato interno dell'UE ai paesi EFTA (ad eccezione della Svizzera). [B]Il SEE include le quattro libertà del mercato interno[/B] (libera circolazione di [B]beni, persone, servizi e capitali[/B]) e le relative politiche (concorrenza, trasporti, energia nonché cooperazione economica e monetaria). [/FONT]
[FONT="helvetica neue" ]L'accordo include politiche orizzontali strettamente correlate alle quattro libertà: [B]le politiche sociali[/B] (inclusi la sanità e la sicurezza sul lavoro, il diritto del lavoro e la parità di trattamento tra uomini e donne), [B]le politiche in materia di protezione dei consumatori, ambiente, statistica e diritto societario[/B], nonché una serie di politiche di accompagnamento come quelle relative alla [B]ricerca e allo sviluppo tecnologico[/B], [COLOR=red][B]non sono basate sull'acquis dell'UE o su atti giuridicamente vincolanti, ma sono attuate mediante attività di cooperazione.[/B][/COLOR]
[/FONT]
[FONT="helvetica neue" ]D.I limiti del SEE
[B]L'accordo SEE non detta disposizioni vincolanti in tutti i settori del mercato interno o in riferimento ad altre politiche previste dai trattati dell'UE[/B]. Più specificamente, le sue disposizioni vincolanti [B]non riguardano[/B]:
— [B]la politica agricola comune[/B] e la politica comune della [B]pesca [/B](sebbene l'accordo contenga disposizioni in materia di scambi commerciali di prodotti agricoli e ittici);
— [B]l'unione doganale[/B];
— [B]la politica commerciale comune[/B];
— [B]la politica estera e di sicurezza comune[/B];
— [B]il settore della giustizia e degli affari interni[/B] (anche se tutti i paesi EFTA fanno parte dellospazio Schengen); oppure
— [B]l'unione economica e monetaria[/B] (UEM)."[/FONT]
[FONT="georgia" ]
[/FONT]
[FONT="georgia" ]10. [B]La Svizzera[/B], poi, invece di essere relegata allo status di "Corea del Nord", "stranamente", [B]ha svolto una vasta [URL="https://www.eda.admin.ch/dam/dea/it/documents/folien/Folien-Abkommen_it.pdf"]attività negoziale di integrazione[/URL] commerciale e tariffaria con l'UE[/B], inclusa l'adesione, da paese non UE, al trattato di Schengen (tra l'altro). Questo è un quadro riassuntivo i cui dettagli possono essere agevolmente verificati sulla fonte ufficiale del governo della Confederazione:[/FONT]
[FONT="georgia" ]"I principali accordi bilaterali Svizzera-UE[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]I primi Accordi
1972 [U][B]Libero scambio dei prodotti industriali[/B][/U]
Abolizione degli ostacoli sui prodotti industriali (dazi doganali, contingenti);
1989 [U][B]Assicurazioni[/B][/U]
Stessi diritti di stabilirsi per le compagnie di assicurazione (eccetto il settore dell’assicurazione vita);
1990 (integralmente riveduto nel 2009) [U][B]Facilitazione e sicurezza doganali[/B] [/U][/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]Regole sui controlli e sulle procedure doganali (regola delle 24 ore);
 Interesse: Accesso reciproco al mercato[/FONT][/I]


[FONT="georgia" ][I][U][B]Libero scambio[/B][/U]
Contenuto:
• L’accordo crea una zona di libero scambio tra la Svizzera e l’UE per prodotti esclusivamente industriali.
• [B]Vieta dazi doganali e misure di effetto equivalente per i prodotti industriali con origine nel territorio di entrambe le parti contraenti[/B] [B]nonché qualsiasi restrizione quantitativa all’importazione o all'esportazione[/B] (contingenti).
Portata dell’Accordo:
Importante per l'economia svizzera poiché nel 2014 [B]il 55 per cento delle esportazioni svizzere (circa 114 miliardi di franchi) erano dirette verso l'area UE e, viceversa, 73 per cento delle importazioni svizzere (circa 131 miliardi di franchi) provenivano dall'UE[/B].
Entrata in vigore: [B]1973[/B]."[/I][/FONT]


[FONT="georgia" ]11. Naturalmente, tutti questi principi economici e giuridici, e questi rilevantissimi precedenti negoziali che li concretizzano, [COLOR=red][B]valgono sia per la Gran Bretagna che, nelle medesime condizioni, per la stessa Italia[/B][/COLOR]. [/FONT]
[FONT="georgia" ][B]L'esempio svizzero smentisce, in base a un pronostico di ragionevolezza e di rispetto dei principi di diritto internazionale comuni alle Nazioni civili, che l'import e l'export siano [I]"vendicativamente"[/I] regolati in termini punitivi e non cooperativi al di fuori dell'appartenenza all'UE[/B] (e in occasione dell'accordo di recesso previsto dall'art.50 del trattato in caso di Brexit).[/FONT]
[FONT="georgia" ]
[/FONT]
[FONT="georgia" ]E notare che [B]questo alto grado di integrazione economica, obiettivamente cooperativo, [COLOR=red]non ha implicato alcuna questione relativa alla "cessione di sovranità" dei paesi cooperanti[/COLOR][/B][COLOR=red].[/COLOR] E anche soddisfatti, a quanto ci attestano i fatti storici, di queste reciproche relazioni.[/FONT]


[FONT="georgia" ]11.1. Di certo, [B]in questa leale e sovrana cooperazione tra Stati europei non-UE, [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2014/12/zagrelbesky-ventotene-e-la-dimenticanza.html"]non si è mai affacciata alcuna prospettiva di guerra tra le parti contraenti, come tendono ad accreditare gli "spaghetti-€uropeisti"[/URL][/B]. [/FONT]
[FONT="georgia" ]Avete mai sentito di nazionalismi aggressivi di Svizzera, Norvegia o...Islanda? Insomma, Westfalia e guerra coincidono solo nelle predicazioni tese a conservare un federalismo imperniato sull'asimmetrica dominanza tedesca.[/FONT]


[FONT="georgia" ]Rimane il fatto che, [B]la storia dei rapporti negoziali e commerciali tra paesi europei, anche successivamente alla venuta ad esistenza dell'UE, indica come la cooperazione economica, doganale, tariffaria e finanziaria sia un fenomeno del tutto naturale,[/B] come lo è sempre stato anche in passato e [B]senza passare necessariamente per l'imposizione di un federalismo[/B].[/FONT]
[FONT="georgia" ]Stati democratici e sovrani, vicini tra loro e forti di una tradizione di scambio economico e culturale che risale a molti secoli prima dell'UE, instaurano, appunto "naturalmente", rapporti di cooperazione economica: [B]molto più elastici, stabili e convenienti di quanto [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/01/lerf-ci-attende-alla-fine-del-qe-e-se.html"]si stiano rivelando[/URL] quelli fondati sui trattati europei[/B].[/FONT]
[FONT="georgia" ]Cioè, [B]proprio al di fuori dell'eurozona e dell'UE[/B], si è naturalmente instaurato un tipo di relazioni veramente cooperative, e [B]non mercantilistiche[/B] a favore dei paesi più forti, che impongono il contenuto dei trattati in chiave di integrazione "politica" e di "vincolo esterno": proprio perchè queste relazioni si svolgono nell'ambito di trattati a CONVENIENZA RECIPROCA ED EGALITARIA, [B]come prescrive l'art.11 della Costituzione.[/B] [/FONT]


Pubblicato da [URL="https://www.blogger.com/profile/06816556453620678760"]Quarantotto [/URL]a 07:44 9 commenti:
 
analisi e studi febbraio 18, 2016 posted by Giuseppe Palma
MENTRE I “GIORNALAI DI REGIME” CHIACCHIERANO SULLE UNIONI CIVILI, GOVERNO E PARLAMENTO SMANTELLANO LA COSTITUZIONE, TOLGONO LE PENSIONI DI REVERSIBILITA’ E TRADISCONO IL POPOLO ITALIANO! TUTTO NEL NOME DELL’€URO-DITTATURA (di Giuseppe PALMA)




Il mestiere del giornalista è un qualcosa di straordinariamente nobile. Peccato che in Italia vi siano più “giornalai” che giornalisti! Tutti asserviti al Governo, all’Europa e al crimine dell’€uro!
Nell’ultimo mese, sia in TV che sui quotidiani nazionali, non si parla altro che di “unioni civili” e di “step child adoption”, come se fossero una priorità per il Paese. Del resto, lì dove non è più possibile difendere i diritti sociali, si passa a difendere (si fa per dire!) i diritti civili. La sinistra italiana, quella che fino a qualche anno fa scendeva in piazza a difesa dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e della Costituzione, oggi che è al Governo e che detiene (illegittimamente!) la maggioranza parlamentare, ha cancellato sia l’art. 18 che la democrazia costituzionale insita nella Carta del 48′!
Mentre sui giornaloni nazionali e nei talk show si parla solo di cose futili, nessuno dedica il giusto spazio al fatto che dopo l’11 aprile la Camera dei deputati voterà in via definitiva lo stupro della nostra bellissima Costituzione! Al pari, nessun giornalista parla – o comunque approfondisce – della vergogna relativa alle intenzioni del Governo di voler adeguare le pensioni di reversibilità al reddito familiare (al cosiddetto modello ISEE), così come nessuno – fatta eccezione per qualche timido accenno – riferisce della svendita di una parte del nostro mare ai francesi!
Ma l’apoteosi del servilismo si raggiunge in merito alla situazione in cui versa la Grecia. Nessuno, ma proprio nessuno dei nostri strapagati giornalai, fa cenno che Atene è in fiamme a causa dei tiranni di Bruxelles, un gruppo di criminali a libro paga del capitale internazionale e delle lobby che – con la complicità del primo ministro greco – ha ridotto alla fame e alla disperazione un intero popolo!
Quando questa Unione Europea e questo €uro crolleranno (perchè crolleranno, sappiatelo!), mi auguro solo che il popolo nutri pietà e compassione sia nei confronti dei traditori della Costituzione, sia nei confronti dei giornalai di regime e della servile TV di Stato!
Viviamo soffocati sotto la tirannia di una Unione Europea neo-nazista che utilizza l’€uro quale infallibile strumento di morte! Il tutto con la servile complicità di Governo, Parlamento e giornali di regime… tutti al soldo del capitale internazionale! Non è un caso, infatti, che ad essere sacrificata è la nostra Costituzione, quindi i diritti fondamentali in essa scolpiti!
Ma il popolo, prima o poi, reagirà! Sappiatelo
 
COSA SUCCEDEREBBE SE UN BUCO NERO INGHIOTTISSE LA BCE? SABA, GALLONI E RINALDI RISPONDONO.





Marco Saba:
“Personalmente, guardandone il bilancio, ho sempre pensato che fosse la BCE ad essere un enorme buco nero. Infatti, dopo aver inghiottito tutto il signoraggio sulle banconote in euro create dal nulla, è passata ad inghiottirsi il signoraggio su migliaia di miliardi di euro di denaro elettronico creato dal nulla ed addirittura direttamente la ricchezza stessa degli stati europei, vedi il caso Grecia. Senza contare che la BCE, con le disgraziate politiche monetarie che stanno colpendo tutti paesi membri dell’Eurosistema, inghiottisce in sostanza il futuro dell’Unione Europea stessa, oltreché quello dell’euro come moneta unica. Concludendo, nel caso preso in esame, non mi stupirebbe se fosse la stessa BCE ad inghiottire il buco nero, anziché viceversa…”

Nino Galloni:

Il black hole investe la BCE. Risultato: la BCE fa il quantitative easing agli Stati che domandano moneta europea per investimenti pubblici in disavanzo nei limiti di un parametro agganciato e proporzionati alla disoccupazione di ciascun Paese. Oltre tale limite e fuori da tale limite la BCE autorizza o emette mezzi monetari in valuta nazionale non convertibili che gli Stati stessi riassorbiranno con la tassazione per eliminarli.


In questo modo si riducono le differenze sociali entro la regione europea, si affronta seriamente la disoccupazione, si crea una collaborazione tra Stati europei che elimina i vecchi trattati e la dannosa austerity.





Antonio M. Rinaldi:

Dopo aver stappato una cassa di spumante rigoroso italiano e accertatomi che tutti i personaggi che hanno orbitato intorno alla Banca Centrale Europea, sia a Francoforte che disseminati nel pianeta, siano anch’essi spariti nello stesso buco nero e visto che la stessa BCE non si è mai preoccupata di scrivere il suo testamento, farei queste semplici considerazioni:
Chi si farebbe carico delle passività della BCE? Ciascun paese membro in ragione della percentuale posseduta e in che valuta?
Il saldo Target 2 che fine farebbe visto la Germania è la più grande creditrice nei confronti della BCE con 592 Mld (sono 8 anni che non rispetta il limite del 6% previsto dai Trattati per i surplus delle partite correnti) e paesi come la Spagna e l’Italia i più grandi debitori rispettivamente per 254 e 249 Mld.?
Se non esistesse più la BCE i paesi dovrebbero immediatamente riesumare le rispettive Banche Centrali rimettendo le lancette al 31 dicembre 1998, attribuendogli tutti i poteri propri di una Banca Centrale, in primis quella di stampare moneta e determinando in modo autonomo il concambio con l’euro per la conversione di tutti gli attivi e passivi in essere.
Tutta la base monetaria emessa dalla BCE con quali criteri sarebbe riconvertita in valute nazionali? Praticamente gli euro che ci ritroveremmo in mano si dovranno pesare invece che contare in funzione del paese che li ha in carico identificandoli con la lettera che precede il numero di serie?
Sono personalmente convinto che più che inghiottire la BCE è molto più probabile che un buco nero farà sparire banche come la Deutsche Bank che si trascinerà immancabilmente dietro molti altri istituti agonizzanti infarciti di titoli tossici e derivati. Il “botto” sarebbe molto più forte e devastante per l’impatto sull’economia reale e per i risparmi dei cittadini europei e determinerebbe di fatto la “morte cerebrale” della BCE poichè rimarrebbe impotente a qualsiasi operazione di salvataggio possibile a meno di sostituirsi alla fabbrica della Scottex!#scomparsaBCEbcese fallisse la BCEhttp://scenarieconomici.it/tag/se-salta-la-bce/
 
Dieci anni dopo il divorzio del 1981 Andreatta confessa: fu congiura aperta per impedire al dissenso di organizzarsi.


Nel 1981 avvenne ciò che comunemente viene ricordato con il nome di “divorzio” tra il Ministero del Tesoro e la Banca d’Italia. Con un semplice scambio epistolare tra Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi fu conclusa un’epoca. La Banca d’Italia non aveva più l’obbligo di finanziare la nostra spesa pubblica sovrana, non era più tenuta ad acquistare i titoli di Stato che rimanevano invenduti alle aste. Il finanziamento del nostro debito da allora dipese esclusivamente dai mercati.
Circa gli effetti del divorzio sono i numeri a parlare, con un raddoppio del rapporto debito/pil in appena dieci anni:

Ma la verità la raccontò a tutti anche lo stesso Andreatta, sulle colonne di “Il Sole 24” già nel 1992, frase che ho riportato integralmente anche nel mio libro “Il tramonto della democrazia”:
Il divorzio non ebbe allora il consenso politico, ne’ lo avrebbe avuto negli anni seguenti; nato come “congiura aperta” tra il ministro e il governatore divenne, prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi, un fatto della vita che sarebbe stato troppo costoso – soprattutto sul mercato dei cambi – abolire per ritornare alle piu’ confortevoli abitudini del passato”. (clicca qui per l’articolo del quotidiano).
Tutto vero. Infatti oggi siamo letteralmente terrorizzati dal ritorno alle “più confortevoli” abitudini del passato. Ma quelle confortevoli abitudini altro non sono che la democrazia e la libertà, per il cui ripristino nessun prezzo può spaventare!
Avv. Marco Mori – blog scenari economici.it – autore del “Il tramonto della democrazia – analisi giuridica della genesi di una dittatura europea” acquistabile su www.ibs.it



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26 luglio 1991
l divorzio tra Tesoro e Bankitalia e la lite delle comari: uno scritto per il Sole del 26 luglio 1991
di Nino Andreatta


In questo testo, pubblicato il 26 luglio 1991dal Sole-24 Ore, Beniamino Andreatta analizzava, a distanza di dieci anni, la storica "separazione dei beni" tra Banca d'Italia e ministero del Tesoro avvenuta nel luglio del 1981. Nel finale dell'articolo, Andreatta rievocava anche la vicenda delle "comari", lo scontro con il ministro delle Finanze socialista Rino Formica che nel 1982 portò alla crisi del Governo Spadolini.

Con l' asta dei BoT del luglio 1981 iniziava, dieci anni fa, un nuovo regime di politica monetaria. Si inaugurava, infatti, il cosidetto "divorzio" fra Tesoro e Banca d' Italia: una "separazione dei beni" che esimeva la seconda dal garantire in asta il collocamento
integrale dei titoli offerti dal primo. Oggi la "separatezza" fra i poteri esecutivo, legislativo e monetario e' chiamata a test ancora piu' impegnativi, con gli impegni prossimi venturi in tema di unione monetaria e di vincoli al finanziamento e alla misura stessa del deficit di bilancio. Il Sole-24 Ore ha voluto ricordare, con gli scritti dei protagonisti e dei testimoni privilegiati del "divorzio" del 1981, uno spartiacque della politica economica degli anni 80. Con l' augurio che questo decennio veda
ulteriori progressi nella chiarezza dei ruoli e delle responsabilita'.
Ero al ministero del Tesoro da poco piu' di tre mesi, di cui due quasi integralmente occupati a rimettere in movimento il meccanismo delle nomine bancarie -nomine da ministro della Repubblica, senza condiscendenze alle pressioni dei partiti della maggioranza - quando dovetti valutare, con senso di urgenza, che la crisi del secondo
shock petrolifero imponeva di essere affrontata con decisioni politiche mai tentate prima di allora. La propensione al risparmio finanziario degli italiani si stava proprio in quei mesi abbassando paurosamente e il valore dei cespiti reali - case e azioni- aumentava a un tasso del cento per cento all' anno.
La soluzione classica sarebbe stata quella di una stretta del credito, accompagnata da una stretta fiscale, che, come nel 1975, avesse creato una recessione con una caduta di alcuni punti del prodotto interno lordo; ma l' esperienza stessa degli anni 70 indicava due ordini di difficolta' :
a) la Banca d' Italia aveva perduto il controllo dell' offerta di moneta, fino a quando essa non fosse stata liberata dall' obbligo di garantire il finanziamento del Tesoro;
b) il demenziale rafforzamento della scala mobile, prodotto dell' accordo tra Confindustria e sindacati confederali proprio nei primi mesi del 1975, aveva talmente irrigidito la struttura dei prezzi, che, in presenza di un raddoppio del prezzo dell' energia, anche una forte stretta da sola era impotente a impedire che un nuovo
equilibrio potesse essere raggiunto senza un' inflazione tale da riallineare prezzi e salari ai costi dell' energia.
L' imperativo era di cambiare il regime della politica economica e lo dovevo fare in una compagine ministeriale in cui non avevo alleati, ma colleghi ossessionati dall' ideologia della crescita a ogni costo, sostenuta da bassi tassi di interesse reali e da un cambio debole. La nostra stessa presenza nello Sme era allora messa in pericolo (c'è da ricordare che il partito socialista si era astenuto quando il Parlamento voto' nel 1978 sull' adesione all' accordo di cambio e che i ministri socialisti avevano di fatto un potere di veto sulla politica economica).
I miei consulenti legali mi diedero un parere favorevole sulla mia esclusiva competenza, come ministro del Tesoro, di ridefinire i termini delle disposizioni date alla Banca d' Italia circa le modalita' dei suoi interventi sul mercato e il 12 febbraio 1981 scrissi la lettera che avrebbe portato nel luglio dello stesso anno al "divorzio". Il termine intendeva sottolineare una discontinuita' , un mutamento appunto di regime della politica economica; un' analoga operazione che negli Stati Uniti pose termine nel 1951 alla politica di denaro facile, che aveva permesso il finanziamento della Seconda guerra mondiale, veniva ricordata come l' agreement tra Tesoro e Fed. Nei limiti stretti delle mie competenze era invece mia intenzione sottolineare la novita' , la rottura con il passato, quando poteva apparire "sedizioso" un comportamento della Banca che rifiutasse il finanziamento del fabbisogno pubblico per non creare base monetaria
in eccesso.
Il divorzio non ebbe allora il consenso politico, ne' lo avrebbe avuto negli anni seguenti; nato come "congiura aperta" tra il ministro e il governatore divenne, prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi, un fatto della vita che sarebbe stato troppo costoso - soprattutto sul mercato dei cambi - abolire per ritornare alle piu' confortevoli abitudini del passato.
Per rafforzare l' autonomia della Banca d' Italia altre due questioni
venivano affrontate in quella lettera:
1) costituzione di un consorzio di collocamento tra banche commerciali, nelle mie intenzioni destinato soprattutto per il debito pubblico a piu' lunga scadenza;
2) una nuova regolamentazione dello scoperto del conto corrente di Tesoreria.

I tempi non erano maturi per affrontare questi aspetti e la Banca d' Italia preferi' procedere solo sul nuovo regolamento della sua presenza nelle aste. Facendo queste proposte era mia intenzione drammatizzare la separazione tra Banca e Tesoro per operare una disinflazione meno cruenta in termini di perdita di occupazione e di
produzione, sostenuta dalla maggiore credibilita' dell' istituto di emissione una volta che esso fosse liberato dalla funzione di banchiere del Tesoro. Accarezzai anche l' ipotesi di un rebasement della lira che avrebbe potuto essere sostituita da uno scudo
italiano, con parita' uno a uno con l' Ecu, e con l' impegno unilaterale di mantenere nel tempo questa parita' e approfondii l' argomento in numerose conversazioni con Ortoli, allora vicepresidente della Commissione di Bruxelles. Il filo conduttore era lo stesso che ispiro' il divorzio, quello, cioe' , di facilitare la politica di stabilizzazione favorendo il formarsi di aspettative favorevoli da parte degli operatori che avrebbero agevolato la trasmissione sui prezzi della politica monetaria, minimizzando gli effetti negativi
sui volumi.
Senza presunzioni eccessive, questa lettera ha segnato davvero una svolta e il divorzio, assieme all' adesione allo Sme (di cui era un' inevitabile conseguenza), ha dominato la vita economica degli anni 80, permettendo un processo di disinflazione relativamente indolore, senza che i problemi della ristrutturazione industriale venissero
ulteriormente complicati da una pesante recessione da stabilizzazione.
Naturalmente la riduzione del signoraggio monetario e i tassi di interesse positivi in termini reali si tradussero rapidamente in un nuovo grave problema per la politica economica, aumentando il fabbisogno del Tesoro e l' escalation della crescita del debito rispetto al prodotto nazionale.
Da quel momento in avanti la vita dei ministri del Tesoro si era fatta piu' difficile e a ogni asta il loro operato era sottoposto al giudizio del mercato. Il bilancio di competenza del 1982 e' la dimostrazione di questa nuova situazione: riuscii in pratica ad azzerare i fondi globali, cosa che non era successa prima ne' successe dopo. Il saldo netto da finanziare del bilancio preventivo e il fabbisogno del consuntivo furono del 10% inferiore agli analoghi aggregati dell' anno precedente, anche se poi la Tesoreria, caricata nel recente passato, provoco' un volume eccezionalmente elevato di indebitamento.
Bisognava continuare a stringere le spese di competenza e nella preparazione del bilancio ' 83 si chiese al Parlamento una delega amplissima per affrontare con decreti delegati i nodi che il Parlamento stesso si dimostrava riluttante a sciogliere. Queste
deleghe furono nell' autunno rifiutate e, nel mezzo del turbamento che ne segui' sui mercati finanziari, il collega Formica propose di rimborsare una quota soltanto del debito del Tesoro con una specie di concordato extragiudiziale. Risposi a rime baciate per sdrammatizzare il panico che ne sarebbe potuto seguire; e subito fu l'affare delle
comari. Pochi mesi piu' tardi, in analoghe circostanze, Jacques Delors riusci' a sbarcare cinque ministri che avevano sostenuto - privatamente - la convenienza per la Francia di uscire dallo Sme. La stampa e i politici di casa nostra sembravano invece ignorare il baratro che avevamo sfiorato e ipocritamente si scandalizzarono per
la forma delle mie risposte. Il divorzio aveva fatto la sua prima vittima ed era il suo autore; ma aveva dimostrato di funzionare. Negli anni successivi non divenne certo popolare nei palazzi della politica, ma continuo' ad assicurare legami fra la politica italiana e quella dell' Europa.
 
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26 luglio 1991
l divorzio tra Tesoro e Bankitalia e la lite delle comari: uno scritto per il Sole del 26 luglio 1991
di Nino Andreatta


In questo testo, pubblicato il 26 luglio 1991dal Sole-24 Ore, Beniamino Andreatta analizzava, a distanza di dieci anni, la storica "separazione dei beni" tra Banca d'Italia e ministero del Tesoro avvenuta nel luglio del 1981. Nel finale dell'articolo, Andreatta rievocava anche la vicenda delle "comari", lo scontro con il ministro delle Finanze socialista Rino Formica che nel 1982 portò alla crisi del Governo Spadolini.

Con l' asta dei BoT del luglio 1981 iniziava, dieci anni fa, un nuovo regime di politica monetaria. Si inaugurava, infatti, il cosidetto "divorzio" fra Tesoro e Banca d' Italia: una "separazione dei beni" che esimeva la seconda dal garantire in asta il collocamento
integrale dei titoli offerti dal primo. Oggi la "separatezza" fra i poteri esecutivo, legislativo e monetario e' chiamata a test ancora piu' impegnativi, con gli impegni prossimi venturi in tema di unione monetaria e di vincoli al finanziamento e alla misura stessa del deficit di bilancio. Il Sole-24 Ore ha voluto ricordare, con gli scritti dei protagonisti e dei testimoni privilegiati del "divorzio" del 1981, uno spartiacque della politica economica degli anni 80. Con l' augurio che questo decennio veda
ulteriori progressi nella chiarezza dei ruoli e delle responsabilita'.
Ero al ministero del Tesoro da poco piu' di tre mesi, di cui due quasi integralmente occupati a rimettere in movimento il meccanismo delle nomine bancarie -nomine da ministro della Repubblica, senza condiscendenze alle pressioni dei partiti della maggioranza - quando dovetti valutare, con senso di urgenza, che la crisi del secondo
shock petrolifero imponeva di essere affrontata con decisioni politiche mai tentate prima di allora. La propensione al risparmio finanziario degli italiani si stava proprio in quei mesi abbassando paurosamente e il valore dei cespiti reali - case e azioni- aumentava a un tasso del cento per cento all' anno.
La soluzione classica sarebbe stata quella di una stretta del credito, accompagnata da una stretta fiscale, che, come nel 1975, avesse creato una recessione con una caduta di alcuni punti del prodotto interno lordo; ma l' esperienza stessa degli anni 70 indicava due ordini di difficolta' :
a) la Banca d' Italia aveva perduto il controllo dell' offerta di moneta, fino a quando essa non fosse stata liberata dall' obbligo di garantire il finanziamento del Tesoro;
b) il demenziale rafforzamento della scala mobile, prodotto dell' accordo tra Confindustria e sindacati confederali proprio nei primi mesi del 1975, aveva talmente irrigidito la struttura dei prezzi, che, in presenza di un raddoppio del prezzo dell' energia, anche una forte stretta da sola era impotente a impedire che un nuovo
equilibrio potesse essere raggiunto senza un' inflazione tale da riallineare prezzi e salari ai costi dell' energia.
L' imperativo era di cambiare il regime della politica economica e lo dovevo fare in una compagine ministeriale in cui non avevo alleati, ma colleghi ossessionati dall' ideologia della crescita a ogni costo, sostenuta da bassi tassi di interesse reali e da un cambio debole. La nostra stessa presenza nello Sme era allora messa in pericolo (c'è da ricordare che il partito socialista si era astenuto quando il Parlamento voto' nel 1978 sull' adesione all' accordo di cambio e che i ministri socialisti avevano di fatto un potere di veto sulla politica economica).
I miei consulenti legali mi diedero un parere favorevole sulla mia esclusiva competenza, come ministro del Tesoro, di ridefinire i termini delle disposizioni date alla Banca d' Italia circa le modalita' dei suoi interventi sul mercato e il 12 febbraio 1981 scrissi la lettera che avrebbe portato nel luglio dello stesso anno al "divorzio". Il termine intendeva sottolineare una discontinuita' , un mutamento appunto di regime della politica economica; un' analoga operazione che negli Stati Uniti pose termine nel 1951 alla politica di denaro facile, che aveva permesso il finanziamento della Seconda guerra mondiale, veniva ricordata come l' agreement tra Tesoro e Fed. Nei limiti stretti delle mie competenze era invece mia intenzione sottolineare la novita' , la rottura con il passato, quando poteva apparire "sedizioso" un comportamento della Banca che rifiutasse il finanziamento del fabbisogno pubblico per non creare base monetaria
in eccesso.
Il divorzio non ebbe allora il consenso politico, ne' lo avrebbe avuto negli anni seguenti; nato come "congiura aperta" tra il ministro e il governatore divenne, prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi, un fatto della vita che sarebbe stato troppo costoso - soprattutto sul mercato dei cambi - abolire per ritornare alle piu' confortevoli abitudini del passato.
Per rafforzare l' autonomia della Banca d' Italia altre due questioni
venivano affrontate in quella lettera:
1) costituzione di un consorzio di collocamento tra banche commerciali, nelle mie intenzioni destinato soprattutto per il debito pubblico a piu' lunga scadenza;
2) una nuova regolamentazione dello scoperto del conto corrente di Tesoreria.

I tempi non erano maturi per affrontare questi aspetti e la Banca d' Italia preferi' procedere solo sul nuovo regolamento della sua presenza nelle aste. Facendo queste proposte era mia intenzione drammatizzare la separazione tra Banca e Tesoro per operare una disinflazione meno cruenta in termini di perdita di occupazione e di
produzione, sostenuta dalla maggiore credibilita' dell' istituto di emissione una volta che esso fosse liberato dalla funzione di banchiere del Tesoro. Accarezzai anche l' ipotesi di un rebasement della lira che avrebbe potuto essere sostituita da uno scudo
italiano, con parita' uno a uno con l' Ecu, e con l' impegno unilaterale di mantenere nel tempo questa parita' e approfondii l' argomento in numerose conversazioni con Ortoli, allora vicepresidente della Commissione di Bruxelles. Il filo conduttore era lo stesso che ispiro' il divorzio, quello, cioe' , di facilitare la politica di stabilizzazione favorendo il formarsi di aspettative favorevoli da parte degli operatori che avrebbero agevolato la trasmissione sui prezzi della politica monetaria, minimizzando gli effetti negativi
sui volumi.
Senza presunzioni eccessive, questa lettera ha segnato davvero una svolta e il divorzio, assieme all' adesione allo Sme (di cui era un' inevitabile conseguenza), ha dominato la vita economica degli anni 80, permettendo un processo di disinflazione relativamente indolore, senza che i problemi della ristrutturazione industriale venissero
ulteriormente complicati da una pesante recessione da stabilizzazione.
Naturalmente la riduzione del signoraggio monetario e i tassi di interesse positivi in termini reali si tradussero rapidamente in un nuovo grave problema per la politica economica, aumentando il fabbisogno del Tesoro e l' escalation della crescita del debito rispetto al prodotto nazionale.
Da quel momento in avanti la vita dei ministri del Tesoro si era fatta piu' difficile e a ogni asta il loro operato era sottoposto al giudizio del mercato. Il bilancio di competenza del 1982 e' la dimostrazione di questa nuova situazione: riuscii in pratica ad azzerare i fondi globali, cosa che non era successa prima ne' successe dopo. Il saldo netto da finanziare del bilancio preventivo e il fabbisogno del consuntivo furono del 10% inferiore agli analoghi aggregati dell' anno precedente, anche se poi la Tesoreria, caricata nel recente passato, provoco' un volume eccezionalmente elevato di indebitamento.
Bisognava continuare a stringere le spese di competenza e nella preparazione del bilancio ' 83 si chiese al Parlamento una delega amplissima per affrontare con decreti delegati i nodi che il Parlamento stesso si dimostrava riluttante a sciogliere. Queste
deleghe furono nell' autunno rifiutate e, nel mezzo del turbamento che ne segui' sui mercati finanziari, il collega Formica propose di rimborsare una quota soltanto del debito del Tesoro con una specie di concordato extragiudiziale. Risposi a rime baciate per sdrammatizzare il panico che ne sarebbe potuto seguire; e subito fu l'affare delle
comari. Pochi mesi piu' tardi, in analoghe circostanze, Jacques Delors riusci' a sbarcare cinque ministri che avevano sostenuto - privatamente - la convenienza per la Francia di uscire dallo Sme. La stampa e i politici di casa nostra sembravano invece ignorare il baratro che avevamo sfiorato e ipocritamente si scandalizzarono per
la forma delle mie risposte. Il divorzio aveva fatto la sua prima vittima ed era il suo autore; ma aveva dimostrato di funzionare. Negli anni successivi non divenne certo popolare nei palazzi della politica, ma continuo' ad assicurare legami fra la politica italiana e quella dell' Europa.
 

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