"ANDRA' TUTTO BENE" E' GIA' STATO DETTO?

Il 14 marzo scadrà il termine per la presentazione degli emendamenti
al recepimento completo della famigerata direttiva Bolkenstein,
quella che dovrebbe portare al “mercato unico” dei servizi,
nello special modo delle concessioni balneari.

La Commissione, con questa direttiva, vorrebbe che le concessioni fossero messe sul cosiddetto “Libero mercato”,
cioè cedute al miglior offerente, senza tener conto che, alle spalle di queste concessioni,
ci sono spesso investimenti di generazioni per creare aziende e strutture.


Una scelta che fa contenta Bruxelles

ma distrugge decine di migliaia di aziende famigliari italiane, locali anzi,

che dall’oggi al domani potrebbero essere sostituite da qualche multinazionale

che si compra, e chiude le nostre spiagge.



Spagna e Portogallo hanno aggirato la normativa prolungando per molti anni le concessioni.

Da noi no,

Draghi vuole tutti fuori,

con una durezza tale che una parte dei balneari si è arresa e si accontenterà di un rimborso.

Una parte vuole andare avanti fino alla fine.


Ricordiamo che una legge del 2018 prevedeva l’estensione sino al 2033 delle concessioni in molti comuni,
ma altri invece insistono per metterli all’asta, con l’appoggio della Commissione
che ha perfino iniziato una procedura di infrazione contro l’Italia, la seconda sulla materia: le nostre spiagge fanno proprio gola.


Ora pare che il governo Draghi voglia imporre la fiducia,
irritando anche di più quelle parti politiche che vogliono la tutela di queste categorie,
togliendo la possibilità di discutere emendamenti pericolosi,
che potrebbero mandare sotto il governo?

Questa mossa sarebbe dirompente per una maggioranza già fratturata,
in un momento durissimo e incerto per la nostra economia
e, tra l’altro, ormai a pochi mesi dalle elezioni.


Una vera e propria provocazione che potrebbe trasformarsi in un enorme boomerang.


Del resto non può esserci sempre un “Lupi” a salvare un Draghi..
 
I colloqui sul ritorno degli Stati Uniti e dell’Iran sull’accordo nucleare del 2015
che consentirebbe alla Repubblica islamica di esportare legittimamente il proprio petrolio
sono stati sospesi “a causa di fattori esterni“, ha affermato venerdì un alto funzionario dell’UE.


La sospensione dei colloqui arriva in un momento in cui il mercato petrolifero ha un disperato bisogno di più petrolio,
compresi i barili iraniani, dopo che l’invasione russa dell’Ucraina ha agitato i mercati,
rendendo gran parte del petrolio russo ora invendibile in Europa a causa di commercianti e acquirenti “auto- sanzione”.


La guerra russa in Ucraina ha anche complicato i colloqui nella fase finale sul rilancio dell’accordo nucleare,
considerando l’elevata tensione tra Russia e Stati Uniti e i suoi alleati europei,
che fanno tutti parte di quei colloqui, sebbene gli Stati Uniti non parlino direttamente all’Iran.


È necessaria una pausa nei “ViennaTalks”, a causa di fattori esterni.
Un testo finale è essenzialmente pronto e sul tavolo.
Come coordinatore, continuerò, con il mio team,
a essere in contatto con tutti i partecipanti al JCPOA
e gli Stati Uniti per superare la situazione attuale e per chiudere l’accordo
“,

ha twittato venerdì Josep Borrell, Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza.


Secondo quanto riferito,
un accordo sull’Iran era “imminente” la scorsa settimana,
ma ora è confuso con la guerra russa in Ucraina.

Nell’ambito dei negoziati per il ripristino dell’accordo del 2015,
Mosca avrebbe chiesto all’ultimo minuto che le sanzioni contro la Russia
per la sua guerra in Ucraina non ostacolino il suo commercio con l’Iran.


A partire da giovedì, sia gli Stati Uniti che l’Iran hanno segnalato che c’erano ancora questioni difficili da risolvere.

Ali Shamkhani, segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale iraniano, ha twittato giovedì:

L’approccio degli Stati Uniti alle richieste di principio dell’Iran,
insieme alle sue offerte irragionevoli e alle pressioni ingiustificate
per raggiungere un accordo frettolosamente,
mostra che gli Stati Uniti non sono interessati a un accordo forte che soddisfi entrambe le parti.
In assenza di una decisione politica degli Stati Uniti, i colloqui diventano più complicati dal ora.



Appare ovvio che la fretta americana l’abbia fatta passare a Teheran che, a questo punto,
ha l’interesse a massimizzare i propri profitti diplomatici e commerciali dalla situazione che difficilmente si ripeterà in futuro.



In assenza di un rapido accordo iraniano,
il mercato petrolifero potrebbe vedere un ampio disavanzo
e un aumento dei prezzi del petrolio volatili a breve termine
a causa delle lotte della Russia per vendere il proprio petrolio.
 
Come si suol dire “Piove sempre sul bagnato”.

Vi è stato un attacco a una raffineria saudita a Riyadh con un drone.

L’attacco ha provocato per fortuna solo un piccolo incendio,
ha affermato il ministero dell’Energia saudita, citato da Reuters.

Ufficialmente la parte attaccante non è stata nominata dai sauditi che sono riusciti a mantenere attivo l’impianto

“Le operazioni della raffineria e le forniture di petrolio e suoi derivati non sono state interessate”, si legge nella nota.

“Questi ripetuti atti di sabotaggio e terrorismo su installazioni vitali e strutture civili…
non prendono di mira solo il Regno, ma mirano a minare la sicurezza e la stabilità delle forniture energetiche globali”,
ha affermato anche il ministero dell’Energia.


Un rapporto separato dell’agenzia di stampa saudita ha parlato di un attacco dei ribelli Houthi dallo Yemen
a “civili e oggetti civili nella città di Jazan, un centro dell’industria petrolifera saudita.

Reuters ha notato nel suo rapporto che gli Houthi non avevano annunciato alcun attacco contro l’Arabia Saudita negli ultimi giorni.


Gli impianti petroliferi sauditi sono un obiettivo prioritario per gli Houthi,
che l’Arabia Saudita sta cercando di estromettere dallo Yemen
dopo aver rimosso il governo del paese affiliato all’Arabia Saudita nel 2014
e da allora hanno assunto il potere nella maggior parte dello Yemen.

La guerra yemenita, che ha portato alla peggiore crisi umanitaria dei tempi moderni,

è ampiamente vista come una guerra per procura tra i rivali regionali Arabia Saudita e Iran,

che si combattono sulla pelle degli yemeniti.




Mentre le forze saudite intercettano la maggior parte dei droni e dei missili
lanciati dagli Houthi verso obiettivi nel Regno, alcuni riescono a passare.

Il più notevole finora è stato un attacco che ha avuto luogo due anni fa
e ha portato offline il 5% della fornitura giornaliera globale di petrolio
quando i missili hanno colpito un giacimento di petrolio e un impianto di lavorazione.


Gli Houthi si sono presi la responsabilità degli attacchi.


Ovviamente anche questi fatti aumentano la tensione sui mercati petroliferi.
 
Russia-Ucraina: chi è rimasto indietro

Negoziato,

divisione dell’Occidente

ed Unione europea.
 
Sergey Lavrov, il ministro degli esteri russo
rispondendo a un giornalista dopo lo sterile incontro diplomatico in Turchia
con il suo omologo ucraino ha affermato:

“Non abbiamo intenzione di attaccare altri paesi. Non abbiamo nemmeno attaccato l’Ucraina”.


In 1984 Orwell ci ha spiegato perfettamente come il potere per preservarsi deve deformare la realtà.

E la prima arma che il potere utilizza per farlo è quella semantica.

“La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”.

La guerra è sempre anche una lotta di propaganda.

Le parole e le narrazioni sono sempre state utilizzate per giustificare, convincere, disorientare.


Ma il dispotismo al contrario della democrazia
non ha bisogno dello sforzo della verosimiglianza
per costruire consenso attorno alle proprie politiche.

Zelensky con la sua resistenza ci vuole portare alla guerra atomica.

Il comico si arrenda a Putin, non faccia il folle.

Trasformi la sua nazione o quello che Putin gli lascerà dopo le annessioni in un cuscinetto neutrale.

Ci faccia da airbag.

E lo faccia in fretta, che fra poco è tempo di mietere.

Altrimenti come produrremo la nostra pasta ?
 
Rivolto ai fanatici del covid.

Che vantaggio si ha a sierarsi in questo momento dell'anno ?
Ad inizio Primavera e poi Estate ?
Sierata inutile, perchè fra 6 mesi il siero ha perso di validità.

Ma il tuo organismo è stato sottoposto ad uno stress.

Forse, ad ottobre lo dovrai fare, se vuoi che serva a qualcosa


Si muore di più a causa dell’influenza che del Covid.

A dirlo, si badi bene, non è un pericoloso “no vax”,
etichetta che certa stampa appiccica a chiunque osi contestare il governo,
bensì l’autorevole Financial Times,
che ha raccolto le analisi e i pareri di diversi esperti.

Secondo il quotidiano britannico,
l’inversione di tendenza degli ultimi mesi è stata possibile
grazie all’alto livello di immunizzazione raggiunto dalla popolazione,
tra vaccinati e guariti,
ed alla minor pericolosità dell’ultima variante del virus, la cosiddetta Omicron.


Non resta che chiedersi, allora:

perché secondo Draghi e i suoi ministri siamo ancora in piena emergenza?



Il Financial Times ha sottolineato il coraggio delle scelte di Boris Johnson,
decisamente agli antipodi rispetto ai nostri governanti:
già a gennaio, nel Regno Unito erano infatti scomparse quasi tutte le restrizioni,
avviando definitivamente la fase in cui la popolazione aveva iniziato a convivere con il virus,
senza più vivere nel terrore.

Una politica figlia di dati inequivocabili, che da tempo permettono di guardare al futuro con ottimismo.


In Inghilterra, il tasso di mortalità per infezione da Covid
“è sceso di oltre dieci volte: a gennaio 2021 era superiore all’1% e sei mesi dopo era già calato allo 0,1”.


Si può dunque dire che la variante Omicron sia come l’influenza?

Sul tema, gli esperti si sono mostrati divisi.


Eppure i numeri sottolineano come anche tra gli ultraottantenni il virus sia oggi meno pericoloso di un male di stagione.

Secondo il professor Peter Openshaw, docente di Medicina sperimentale all’Imperial College di Londra,
la scelta del governo di trattare il Covid come un’influenza è stata sì “rischiosa, ma ha funzionato:
più di due pazienti inglesi su cinque vengono ricoverati per altre patologie, e solo dopo si scopre la loro positività”.

Il Regno Unito ha reagito di conseguenza,
consentendo ai cittadini di tornare a vivere la loro vita di sempre, senza obblighi e divieti
.


Scelte opposte a quelle del governo di Mario Draghi,

che continua a insistere sul vaccinano obbligatorio

e su un Green pass onnipresente:


la sensazione è che alcuni nostri politici, sotto sotto, facciano il tifo per un’emergenza a tempo indeterminato, possibilmente eterna.
 
uno, due, tre, quattro, cento ne fa e cento ne pensa.


Nel silenzio generale della maggior parte degli organi di informazione,
da tempo ormai totalmente asserviti al governo,
l’Italia si prepara a subire l’ennesima svendita.


Con la firma, inconfondibile, di Mario Draghi,

l’uomo che dal panfilo Britannia inaugurò la folle stagione delle privatizzazioni

e che ora si prepara a una vera e propria impresa:

regalare una delle poche cose buone ancora presenti nell’orbita Rai.


Nello specifico Rai Way, società che detiene il controllo e la gestione delle torri di trasmissione del servizio pubblico.


Centinaia di postazioni realizzate e migliorati negli anni.

E che, come spiegato dall’Huffington Post,

il governo si prepara a svendere,

ancora una volta lasciando il Parlamento all’oscuro delle proprie attenzione,

a conferma di quanto parole come “chiarezza” e “trasparenza”

siano ormai totalmente estranee al vocabolario di Draghi e dei suoi ministri.



Rai Way è al momento una società per azioni la cui maggioranza per legge
deve rimanere in mano alla Rai Spa, in quanto di interesse nazionale.

Proprio su quest’ultimo passaggio il governo si prepara a intervenire, stravolgendolo.


Stando a una bozza dell’ultimo Dpcm pubblicata da Repubblica, infatti,
il governo Draghi autorizzerà a breve la Rai a scendere al di sotto del 51% nell’assetto proprietario di Rai Way.

Gli analisti delle principali banche, da Intesa San Paolo ad Akros,
hanno già fatto previsioni su una prossima fusione tra la società delle torri televisive ed Ei Towers,
dando vita a un gruppo a vocazione continentale.

Non mancano alternative, che portano però in maniera ancora più rapida fuori dai confini nazionali.


A far storcere ulteriormente il naso, per non dire di peggio,
è poi la motivazione con cui il governo sta tentando di spiegare le sue scelte.


Nel testo del decreto si parla, infatti, di “contributo al contrasto al cambiamento climatico”

e “rafforzamento dei piani di sviluppo e sostenibilità della Rai”.


Come se vendere le torri ai privati contribuisse a salvaguardare l’ambiente

o servisse, di colpo, a coprire il buco di bilancio.


Al di là delle reali intenzioni, un’operazione che conferma ancora una volta la vocazione di Draghi:

svendere il patrimonio pubblico italiano, privando il Paese di asset strategici fondamentali.
 
L'ultimo bilancio Rai aveva chiuso con una posizione finanziaria negativa (indebitamento) di -523,5 milioni.

Il budget approvato, secondo quanto scrive il Sole 24 ore,

prevede un indebitamento a -625 milioni di euro,

una enormità nonostante il pareggio di bilancio.



Nel nome della trasparenza richiesta a un amministratore pubblico,
i tre consiglieri che hanno bocciato il budget avrebbero il dovere di spiegare al Parlamento
e all'opinione pubblica perché hanno votato no.


Ma è soprattutto il Governo

che oggi stesso dovrebbe chiarire in quali reali condizioni siano i conti della Rai:


5 mesi fa Fuortes, subito dopo la sua nomina,

si è presentato in Vigilanza denunciando il buco da 300 milioni,


oggi scopriamo che l’indebitamento cresce di altri 200 milioni.
 
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