È l'incoerenza interna del programma del FMI: Pil nominale che cresce più del deprezzamento del peso (soprattutto grazie all’inflazione) facendo calare lo stock di debito mentre – presupposto alquanto problematico – gli interessi reali sul debito rimangono negativi. Ulteriore conseguenza di questo apprezzamento del cambio reale è il peggioramento delle partite correnti, per evitare il quale sarebbe necessario un maggiore deprezzamento del cambio nominale, che però implicherebbe un aumento dello stock di debito (in $), ecc. ecc.
La soluzione ideale per il FMI immagino sarebbe poter tagliare di più la spesa pubblica ma questo comporterebbe una recessione feroce con conseguente indebolimento o caduta del governo e prevedibili spinte populiste. Grande assente in tutto il ragionamento è il ruolo del conto capitali (o conto finanziario, come lo chiamano adesso) nelle dinamiche del cambio e delle partite correnti (e quindi dell’inflazione).
La cosa preoccupante è che pur con tutto l’impegno del governo a seguire le indicazioni del programma, l’economia recede, la disoccupazione cresce, l’inflazione galoppa e il FMI stesso nelle proiezioni prevede ancora inflazione, deprezzamento del peso, e aumento della porzione di debito federale detenuta dalle istituzioni pubbliche (soprattutto BCRA), cioè monetizzazione del debito (nell’articolo si parla di repressione finanziaria). In sostanza, il Fondo stesso prevede il fallimento del proprio programma. Questa dissonanza mi pare piuttosto significativa, ma dovrei leggere meglio l’ultimo rapporto sullo SBA, che comunque nella DSA decreta “Argentina’s debt is sustainable, but not with a high probability”, formulazione che suona sinistramente simile a quella di sette anni fa sul debito greco.
Delle tre opzioni la ristrutturazione ordinata (e tempestiva) sarebbe la migliore, anche per gli obbligazionisti.