arrestato Assange: agli USA non piaccioni i giornalisti liberi


JULIAN ASSANGE RISCHIA 175 ANNI DI CARCERE, PER ECCESSO DI VERITÀ IN UN MONDO DI BUGIARDI #Byoblu24

Rinchiuso in un carcere londinese di massima sicurezza da oltre un anno e mezzo, Julian Assange potrebbe essere estradato negli Stati Uniti con la pesante accusa di cospirazione e spionaggio. Il Tribunale di Londra, dove oggi riprende il processo, deciderà se consegnarlo a Washington dove rischia una condanna fino a 175 anni di prigione. Lo speciale di Byoblu24: JULIAN ASSANGE RISCHIA 175 ANNI DI CARCERE, PER ECCESSO DI VERITÀ IN UN MONDO DI BUGIARDI #Byoblu24

JULIAN ASSANGE RISCHIA 175 ANNI DI CARCERE, PER ECCESSO DI VERITÀ IN UN MONDO DI BUGIARDI #Byoblu24
Il tribunale deciderà se estradare il fondatore di Wikileaks negli Stati Uniti. Washington preme e accusa l’attivista australiano di cospirazione e sp...
 
Chi c’è dietro la giudice che processa Assange
di Manlio Dinucci
RETE VOLTAIRE | ROMA (ITALIA) | 15 SETTEMBRE 2020

 
Assange ha solo denunciato crimini di guerra e non ha rivelato nessun segreto di stato
ma ha smascherato Obama premio nobel della pace
 
ADESSO JULIAN ASSANGE VA LIBERATO


Il 2021 inizia con un’inaspettata e bellissima notizia: Julian Assange non sarà estradato negli Stati Uniti, dove avrebbe rischiato, in caso di condanna, fino a 175 anni di carcere.
Alla base della decisione del Tribunale penale di Londra vi sarebbero le precarie condizioni di salute fisica e mentale del giornalista australiano ritenuto a rischio di suicidio, come ha confermato Craig Murray, ex diplomatico inglese e attivista per i diritti umani che sin da subito si è speso pubblicamente in difesa di Julian Assange.

Noi di Byoblu e Davvero Tv siamo stati l’unica emittente televisiva italiana ad aver atteso in diretta da Londra lo storico verdetto.

Assange è rinchiuso dall’aprile 2019 nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, noto come la Guantanamo inglese.
Alla luce della decisione del tribunale londinese, Assange non può più restare nell’istituto penitenziario di Belmarsh e deve essere liberato. La difesa del fondatore di Wikileaks ha comunicato che chiederà la libertà su cauzione.
Gli Stati Uniti avevano già annunciato che in caso di rifiuto dell’estradizione avrebbero fatto ricorso e la conferma è arrivata da parte dell’ambasciata statunitense a Londra. Quattordici giorni è il termine ultimo fissato per fare appello.
Il governo USA accusa Assange di aver violato l’Espionage act per aver pubblicato nel 2010 documenti diplomatici e militari riservati.

La giornata, in attesa della comunicazione del verdetto, non era iniziata nel migliore dei modi. Berenice Galli, la nostra corrispondente a Londra, aveva dato la notizia che John Shipton, il padre di Julian Assange, non era presente dinanzi alla sede del tribunale penale di Londra. Shipton, contattato telefonicamente dalla nostra corrispondente, aveva rivelato di essere impegnato in un incontro riservato con Joe Biden, il candidato democratico che potrebbe essere nominato il prossimo 6 gennaio presidente degli Stati Uniti dal Congresso americano, salvo sorprese delle ultime ore.
L’assenza del padre di Assange a Londra aveva fatto temere il peggio, cioè una sentenza di estradizione ormai già scritta. Poco dopo è arrivata la meravigliosa notizia che il giornalista australiano non dovrà andare negli Stati Uniti, dove sarebbe stato sottoposto al carcere duro e all’isolamento, rischiosissimi per la sua salute.

Un centinaio di attivisti circa, presenti fuori la sede del tribunale londinese, hanno accolto con urla di gioia la decisione di rifiuto dell’estradizione e subito dopo hanno gridato “Free Julian Assange“.

La domanda da porsi è: sarebbe convenuta agli Stati Uniti l’estradizione del fondatore di Wikileaks?
Molto probabilmente no, l’estradizione avrebbe potuto rivelarsi un boomerang per l’establishment americano, perché dinanzi ad una corte federale statunitense la difesa di Assange avrebbe potuto portare le prove documentali dei crimini internazionali commessi in Iraq, Afghanistan e Syria, oltre alle e-mail inviate o ricevute dalla candidata alla presidenza nel 2016 Hillary Clinton dal suo server di posta personale mentre era Segretario di Stato, motivo di forte imbarazzo per la Clinton e l’intero deep state americano.
 

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☀ A cura di Margherita Furlan
☀ Con la collaborazione di Jeff Hoffman, Luca Rampazzo, Gianmarco Maotini, Fabio Belli, Gionata Chatillard
☀ Editing di Gennaro Gargiulo e Mattia Di Nunzio
 
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TG tedesco su Julian Assange

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