ecco fatto
i grillini ora scopriranno chi sono i SOCI azionisti di Atlantia che è ben non fare arrabbiare pena il deserto nelle aste dei BTP
Hanno attaccato i Benetton i meno pericolosi e i più disposti all'accordo... ma sono i fondi pensionistici stranieri che hanno in mano le redini
Autostrade, i soci di Atlantia vogliono uscire guadagnandoci. E propongono di vendere al miglior offerente: “Cdp? Partecipi alla gara”
Il gruppo di cui i Benetton hanno il 30%, e che a sua volta controlla Aspi, fa sapere che ci sono "concrete difficoltà nel proseguimento positivo delle trattative" con Cassa depositi e prestiti. Dunque, per "dare corso a quanto delineato nella lettera del 14 luglio 2020 con spirito di buona fede", mette sul piatto una soluzione alternativa: il prezzo lo faccia il mercato
di F. Q. | 4 AGOSTO 2020
Per uscire dall’azionariato di
Autostrade per l’Italia,
Benetton e soci vogliono
guadagnarci il più possibile. Dunque non hanno intenzione di vendere a
Cassa depositi e prestiti –
come previsto dall’accordo firmato il 14 luglio con il governo – a un
prezzo più basso rispetto a quello che potrebbero spuntare sul mercato. Si spiega così quella che il consiglio di amministrazione di
Atlantia definisce “
soluzione alternativa” individuata “con spirito di buona fede”. La proposta del gruppo di cui i Benetton hanno il 30%, e che a sua volta
controlla Aspi, suona così: il nostro 88% lo metteremo sul mercato attraverso una
gara internazionale. Cdp (la società controllata dal Tesoro che gestisce il risparmio postale degli italiani)
partecipi pure, eventualmente insieme ad altri investitori di suo gradimento. Ma le azioni andranno
a chi offre di più.
Ci sono “concrete
difficoltà nel proseguimento positivo delle
trattative” con
Cdp, si legge nella nota diffusa dopo il cda, che ufficializza come la partita non sia affatto vicina alla chiusura come affermato nel pomeriggio dalla ministra delle Infrastrutture
Paola De Micheli (secondo cui “la parte relativa al
passaggio di proprietà sta andando avanti
molto rapidamente sulla base di una serie di parametri di mercato”). Difficoltà “non solo per concordare la definizione di meccanismi volti alla
determinazione di un valore di mercato di Autostrade per l’Italia, ma anche per effetto di
richieste avanzate da parte di Cdp su
ulteriori impegni al di fuori di quanto rappresentato nella lettera del 14 luglio 2020″. La Cassa chiede la
manleva, ovvero che ogni responsabilità per eventuali nuovi problemi sulla rete resti in capo ai vecchi soci.
“Soluzioni alternative con spirito di buona fede” – Così il cda, “restando ferma la volontà della Società di
dare corso a quanto delineato nella lettera del 14 luglio 2020” che prevedeva un
immediato passaggio del controllo a un soggetto a partecipazione statale, ha ritenuto di “dover individuare – con
spirito di buona fede – anche
soluzioni alternative idonee comunque a giungere ad una separazione tra la Società ed Autostrade per l’Italia, che diano
certezza al mercato, sia in termini di
tempi che di
trasparenza, nonché della irrinunciabile
tutela dei diritti di tutti gli investitori e stakeholders coinvolti“. Ovvero i Benetton, che hanno il
30% di Atlantia attraverso Edizione, ma anche
i fondi azionisti, che non ne vogliono sapere di uscire senza una buona plusvalenza.
L’accordo di luglio: passaggio di mano immediato. Senza plusvalenza – L’accordo raggiunto con il governo il 14 luglio prevedeva che un
33% di Autostrade – sull
‘88% in mano ad Atlantia – passasse subito a Cdp con un
aumento di capitale riservato, ad un prezzo da concordare presumibilmente
in base al margine di quest’anno. Dunque ridotto dal
calo del traffico autostradale causa
Covid. Circa
6 miliardi stando alle ultime stime: un valore vicino a quello per il quale Aspi è iscritta nel bilancio di Atlantia. Di conseguenza per i soci
non ci sarebbe stata plusvalenza. Un altro
22% sarebbe stato ceduto ad altri azionisti graditi alla Cassa, forse il
fondo F2i o altri
investitori istituzionali. A quel punto ai Benetton sarebbe rimasta una quota del 10% circa. Poi la creazione di un nuovo veicolo societario e la quotazione. La settimana scorsa, poi, la Cassa
ha proposto di entrare nel capitale della nuova Autostrade solo quando la società sarà
scorporata da Atlantia e
quotata in
Borsa, in modo che l’ingresso sia
contestuale all’Ipo e quindi il
prezzo delle azioni lo faccia il
mercato.
Il cambio di rotta – Ma ora il cda cambia radicalmente rotta. Ed estrae dal cilindro due operazioni che “potranno essere condotte da Atlantia in parallelo, fino ad un certo punto”. Da un lato la
vendita tramite un processo competitivo internazionale gestito da advisor indipendenti dell’intera
quota dell’88% detenuta in Autostrade, “al quale
potrà partecipare Cdp congiuntamente ad altri investitori istituzionali di suo gradimento”. Dall’altro la
scissione parziale e proporzionale di una quota fino all’88% di Autostrade per l’Italia mediante creazione di un veicolo beneficiario da
quotare in borsa, creando quindi una public company contendibile. È già prevista, annuncia il gruppo, una riunione straordinaria del Consiglio di Amministrazione per il 3 settembre per esaminare e approvare il progetto di scissione “nell
’irrinunciabile esigenza di tutela di tutti gli stakeholders“.
L’hedge fund: “Sosteniamo in pieno le soluzioni di Atlantia” – L’hedge fund
Tci, che nei giorni scorsi aveva annunciato anche un
ricorso alla Commissione europea perché secondo il suo fondatore Christopher Hahn “quello che il governo sta facendo è illegale e avrà un
effetto agghiacciante sugli investimenti internazionali in Italia”, applaude: “Sosteniamo in pieno le soluzioni di Atlantia, vogliamo una vendita diretta della quota dell’88% di Atlantia in Aspi attraverso un processo trasparente o uno scorporo di Aspi a un prezzo equo di mercato”. Ma ancora non molla e chiede alla Ue di “intervenire per proteggere gli azionisti di minoranza di Atlantia e il gruppo”. Anche la
Fondazione Crt, che detiene circa il 4,6% di Atlantia si dichiara “favorevole alle soluzioni di Atlantia, verso una vendita diretta della quota dell’88% di Atlantia in Aspi attraverso un processo trasparente o uno scorporo di Aspi a un prezzo equo di mercato”. Lo affermano fonti della stessa Fondazione Crt. (ANSA).