Articolo di Elia Mercanzin sul suo blog:
www.eliamercanzin.com/chi-ha-voluto-euro-ha-voluto-anche-il-m5s/
04/06/2015
Chi ha creato l’€uro ha creato anche il Movimento 5 Stelle
Il movimento 5 stelle è uno strumento di gatekeeping, creato per consegnare milioni di voti e migliaia di attivisti all’irrilevanza sostanziale sulle questioni “chiave”che affliggono il paese.
Avendo la possibilità di ottenere Profitto e Vantaggi da una qualsiasi situazione non dedichereste la massima attenzione alla sua pianificazione e a predisporre adeguate contromisure in caso di problemi?
Cerchereste di controllare tutto ciò che è possibile controllare, di piegare la realtà al massimo per raggiungere i vostri obiettivi.
Che si tratti di approntare un investimento, di mettere in piedi un’attività professionale, di organizzare un week-end a Londra o un appuntamento con la ragazza dei vostri sogni.
Io lo farei. Anche voi. Siate Sinceri.
Quindi se noi, gente normale, dedichiamo la massima attenzione possibile alle nostre piccole faccende, per quale strana ragione chi può controllare ricchezze finanziarie immense, chi ha i mezzi per condizionare la vita di intere nazioni, invece, dovrebbe comportarsi come un improvvisatore?
A mio parere il Movimento 5 Stelle è uno dei progetti di
Gatekeeping più riusciti e sofisticati nella storia delle democrazie (o presunte tali) occidentali.
Generalizzando possiamo considerare gatekeepers tutti coloro che, pur parlando ad un pubblico ampio attraverso i media, si astengono dal dire alcune verità importanti. Si tratta, in parole semplici, di agire in modo tale da far rispettare i limiti informativi imposti dal sistema. Il gatekeeper dunque è colui che subisce pressioni e condizionamenti che lo inducono a comportarsi in un certo modo, facendo prevalere logiche diverse rispetto alla vera informazione.
Oppure colui che sceglie di sostenere il sistema evitando di parlare di alcune verità che potrebbero demolirlo.*
Il termine “Gatekeeper” non si adatta perfettamente ad un movimento politico tuttavia è entrato nel gergo comune anche associato a fenomeni del genere e la sua la definizione, in ogni caso, rende in maniera sufficientemente chiara il concetto. Per sviluppare la mia opinione in merito ho bisogno di disegnare un contesto più ampio quindi è richiesta un po’ di pazienza (se non ne siete dotati bene, arrivederci! Significa che questo mio modo di procedere funziona ottimamente da filtro di qualità del lettore).
Consiglio caldamente la lettura di questo mio post prima di proseguire: fornisce un quadro di riferimento concettuale indispensabile per collocare correttamente le riflessioni che seguono.
Per trovare una soluzione bisogna prima capire qual’è la causa del problema.
L’Unione Europea in generale e l’Unione Economica e Monetaria in particolare, per chiunque osservi la realtà con un minimo di obiettività è una creazione che sta portando il continente verso lidi opposti a quelli dichiarati nei trattati. Non c’è traccia di prosperità condivisa, ne di solidarietà. Non mi dilungo in considerazioni lapalissiane su questi aspetti che sono sotto agli occhi di tutti. La cosiddetta Eurozona è immersa in una situazione sociale drammatica (mai registrata in tempo di pace) che ha come causa fondante l’architettura economica e politica determinata dai trattati europei che ha generato le condizioni macroeconomiche tali da consentire alla crisi di assumere proporzioni devastanti e, cosa ancor più grave, impedendo oggi, per sua stessa natura, che siano messe in pratica azioni correttive che nel resto del mondo, al contrario, vengono comunemente adottate.
La moneta unica non è l’unico problema ma se non lo si risolve, risolvere gli altri non ha alcun senso. E’ una semplice, banale, questione di priorità.
Non risolvere le distorsioni e gli squilibri macro-economici, concentrandosi sulle questioni relative all’etica politica, alla buona amministrazione, all’onestà (temi ovviamente sacrosanti ma non “vitali”) equivale a
preoccuparsi di lavare i piatti (anche qui cosa buona e giusta)
mentre la casa è avvolta da un incendio ed è a rischio la vita degli abitanti.
Buon senso dice che la prima cosa da farsi è tentare di domare l’incendio o chiamare i vigili del fuoco mettendosi in salvo, corretto? I piatti che puzzano sono sgradevoli ma morire soffocati o carbonizzati è peggio.
Arrivare a comprendere la natura VERA del problema Euro equivale a svelare l’essenza stessa della realtà in cui ci dibattiamo. Cambia tutto. Tutte le altre questioni che oggi sembrano la causa di tutti i mali, fonte di preoccupazione e indignazione, scivolerebbero indietro nella scala dell’urgenza.
Ecco, oggi in Italia c’è qualcuno che vuol farci preoccupare dei piatti sporchi. Nel migliore dei casi ci dice che ci sono effettivamente delle fiamme ma che possiamo tranquillamente continuare a pulire le posate, poi al fuoco ci penseremo.
Qualcuno afferma che la crisi in cui mezza Europa si sta dibattendo è frutto di incidenti di percorso, di fenomeni di difficile gestione a cui si sta ponendo rimedio magari commettendo errori in buona fede, di prezzi da pagare per ottenere grandi benefici in un futuro, etc.
Tuttavia con piglio molto pragmatico non si può non giungere a una amara considerazione: l’esperimento della moneta unica è un fallimento.
Attenzione però: è un fallimento se rapportato agli obiettivi dichiarati, quelli che l’opinione pubblica più o meno conosce e il buon senso vorrebbe. Se invece proviamo a rapportare lo stato delle cose ad obiettivi diversi,
l’esperimento è stato un grande successo, con margini notevoli di miglioramento, ma di sicuro un successo.
Da ogni situazione c’è qualcuno che trae giovamento e qualcuno che ne trae meno, per qualcun altro la situazione si rivela una tragedia.
Dipende dal punto di osservazione, nella vita tutto è relativo.
Nella fattispecie ci sono diversi soggetti che da questo fallimento stanno traendo grande giovamento (un indizio: il sistema bancario-finanziario? Il modello di sviluppo export-oriented della Germania? I delocalizzatori italiani? Una classe politica, accademica e giornalistica servile?).
Anche qui non mi dilungo.
Teniamolo come dato assodato e proseguiamo.
L’UE / UEM, va da sè, è stata progettata con decenni di anticipo: non serve ripescare la storia personale (ufficiale e/o
ufficiosa) dei padri fondatori o ripercorrere il tragitto di queste istituzioni per intuire che organizzazioni così complesse, che coinvolgono quattro delle maggiori economie del mondo, non si improvvisano, ne si disegnano in un paio di anni (come molti affermano sia avvenuto per la moneta unica, figlia, secondo questi, della caduta del muro di Berlino: una narrazione abbastanza ridicola). Nello specifico, il trattato di Maastricht è stato firmato certamente nel 1992 cioè (solo) poco più di due anni dopo il crollo simbolico del comunismo.
Ma non fu affatto un fulmine a ciel sereno e chi lo pensa è un grande ingenuo.
L’unione monetaria è sempre stata in agenda dei “padri fondatori”, evidenziata come obiettivo chiave che avrebbe consentito di accelerare verso l’unione politica, a tappe forzate.
Tutta questa premessa per dire cosa?
Per dire che la situazione in cui siamo immersi a livello di istituzioni e meccanismi politico-economici è stata ampiamente pianificata, certamente non nei minimi dettagli ma sicuramente nella sua architettura di base e nelle sue regole di funzionamento.
Nulla è casuale.
Architettura di base e regole che si sapeva (almeno dagli anni 60) avrebbero creato squilibri, distorsioni, asimmetrie soprattutto in coincidenza con shock esterni; l’UEM è una avventura senza precedenti storici (“una moneta senza stato”) che la letteratura economica
neutrale più volte sconsigliò di intraprendere proprio per la sua struttura intrinsecamente fallace. Allora, se le cose stanno così, perchè si è proceduto con la sua creazione, implementazione e mantenimento nonostante si fosse a conoscenza di tutto ciò a monte e nonostante le evidenze empiriche degli ultimi anni di crisi?
La risposta è molto semplice, quasi banale: perchè per “qualcuno”…
…gli effetti che riscontriamo corrispondono esattamente a ciò che si desiderava ottenere.
L’alternativa è pensare che per decenni statisti, economisti, funzionari siano stati preda di una follia endemica, di una ipnosi collettiva con tendenze masochiste al limite del criminale e che quindi, oggi, siamo nella mani di volenterosi incompetenti che stanno tentando di rimediare a danni fatti dai loro predecessori. Se pensate questo chiudete questa pagina con serenità e buona fortuna.
Bene, a questo punto abbiamo messo a fuoco che: – UE / UEM sono il frutto di decenni di pianificazione. – con estrema chiarezza tutto era destinato a ottenere risultati contrari a quelli ufficialmente dichiarati.
Ergo, la situazione di crisi, le tensioni sociali, l’austerità, la disoccupazione
sono fenomeni ampiamente previsti.
…quindi è assai ragionevole ritenere che coloro hanno pianificato il tutto abbiano previsto e predisposto opportuni accorgimenti per “gestire” gli effetti collaterali legati al progetto.
Quali effetti collaterali? Appunto,
le tensioni sociali, il dissenso, l’opposizione all’interno della società.
Come si fa a gestire questi fenomeni “sgraditi”?
Ci sono sostanzialmente due modi:
– la repressione
Oppure
– la prevenzione e il controllo attraverso la manipolazione
La repressione, soprattutto quando diventa armata, è uno strumento rapido, relativamente costoso che si utilizza, però, quando la tensione ha già superato i limiti di guardia.
Quando la gente arriva in piazza determinata a tutto significa che ha poco da perdere e diventa estremamente pericolosa per il sistema.
Manganellare o arrestare persone è efficace ma serve a contenere nell’immediato, la tensione resta, la società diventa una pentola a pressione e, prima o poi, esplode.
Senza contare che chi vuole reprimere in questo modo si elegge senza equivoci possibili a nemico pubblico n°1.
Questo tipo di strumento poteva funzionare (per un po’ almeno) fino agli anni 70: Argentina e Cile hanno dimostrato che alla lunga è una strategia che non paga.
Figuriamoci se oggi a Roma o Milano comparissero carri armati o squadroni di militari per le strade: il “cattivo” sarebbe smascherato immediatamente.
Siamo una società cresciuta bene o male a pane e democrazia: chi comanda, se veste la divisa militare, viene associato immediatamente al “cattivo”.
Questo è ovviamente funzionale a inserire nella testa delle persone una visione semplificata della realtà, quasi cinematografica: il nemico, il cattivo si riconosce facilmente, è brutto e aggressivo, è normalmente un militare e dichiara apertamente il suo odio per quello che noi siamo.
È Saddam Hussein, Gheddafi, Mussolini, Hitler.
Questo è un altro aspetto che sconsiglia la repressione militare come strumento.
La strategia del controllo attraverso la manipolazione richiede uno sforzo sicuramente maggiore, neppure paragonabile: una accurata pianificazione e attuazione di una molteplicità di attività servendosi di una molteplicità di soggetti e organizzazioni con la relativa molteplicità di strumenti.
Senza dimenticare un costante monitoraggio delle dinamiche sociali, esplicite e implicite, per intervenire tempestivamente se necessario.
Questa strategia porta risultati solo a medio-lungo termine ma questi sono incredibilmente migliori rispetto a quelli prodotti dalla repressione, all’uso della forza.
Elemento fondamentale è il controllo dell’opinione pubblica e degli ambiti in cui si forma (o non forma).
Per essere più precisi è bene parlare di
controllo della consapevolezza pubblica.
La manipolazione della consapevolezza pubblica è un’opera gigantesca che richiede anni di lavoro ma rappresenta, per chi ha tempo e mezzi adatti, semplicemente ciò che è, uno strumento appunto.
(Il tempo e i mezzi sono elementi relativi… tutto è relativo nella vita, lo ricordo, dipende dal punto di osservazione con cui si guarda alla realtà).
Possiamo dire che l’obiettivo di creare una società in gran parte “addomesticata” è stato raggiunto in maniera egregia, basta guardarsi attorno.
Tuttavia,
il potere, il sistema è a sua volta consapevole dell’esistenza di una percentuale di individui che, per varie ragioni, vengono colpite con minore efficacia da questo condizionamento costante.
Questa eterogenea fascia di persone, per quanto minoritaria nel contesto della società, rappresenta una grave minaccia perché il dissenso che loro incarnano non è quello che va in piazza rabbioso bensì è una forma di pensiero indipendente e di autonomia informativa, un dissenso “ragionato” e quindi devastante, incontrollabile per quanto spesso confuso e contraddittorio.
La più grande minaccia per qualsiasi tipo di potere è ovviamente l’individuo che pensa con la propria testa.
Tuttavia, quest’ultimo per sua natura tende a isolarsi, non necessita di aggregazione, diffida dei gruppi e quindi, numericamente e strategicamente, è praticamente innocuo.
Invece gli individui (numericamente ben più consistenti) che, in buona fede, tendono a seguire un “buon pastore” non controllato dal potere stesso, rappresentano il nemico mortale per chi aspira a controllare il gioco: se ben guidati potenzialmente possono far saltare il banco.
Insomma, va rafforzato l’isolamento dei primi mentre i secondi vanno indirizzati verso pascoli lussureggianti ma ben recintati, sotto l’occhio affettuoso di
un falso “buon pastore”.
Come si può rendere inoffensiva questa pericolosa minoranza?
Offrendo a queste persone dei recinti in cui auto-rinchiudersi.
Il presupposto chiave dietro a questa soluzione si basa sulla conoscenza approfondita della natura umana: tutti, anche ovviamente la minoranza di cui stiamo parlando, hanno bisogni, hanno un ego da soddisfare più o meno preponderante. Abbiamo soprattutto paure, di varia natura e dimensione, ma tutti ne possediamo e ne siamo, chi più, chi meno, condizionati. Il potere utilizza queste caratteristiche per costruire i recinti di cui sopra.
Che tipo di recinto è necessario?
Il linea generale è necessario attivare o infiltrare organizzazioni pre-esistenti in modo da attrarre queste persone offrendo loro
apparenti risposte definitive, attività coerenti con le loro convinzioni ma del tutto innocue e, di conseguenza, un ambiente
apparentemente strutturato che soddisfi il loro
bisogno di sentirsi utili,
di sentirsi diversi, di far parte di un gruppo di eletti rispetto alla massa “addomesticata”,
senza dare loro la possibilità di diventare realmente pericolosi perché affidati, appunto, ad un “falso” buon pastore.
Il punto cruciale è riempire queste “scatole sociali” (nella realtà fisica e/o nel web) con contenuti “a pelle” sacrosanti, ineccepibili ma sostanzialmente non cruciali, inserendole in confezioni apparentemente alternative, fuori dal sistema o, meglio ancora, anti-sistema.
Si tratta quindi, in parole povere, di attirare queste persone verso riserve, verso acquari confortevoli mascherati da mare tropicale. Brutalmente, si tratta di costruire DISTRAZIONI raffinate.
Siamo arrivati al punto: questo appena descritto è
GATEKEEPING nella declinazione che mi interessa illustrare in questo post.
All’interno di queste riserve controllate le persone si danno un gran da fare, si impegnano, stringono rapporti e non si sentono SOLE, pianificano, si sentono NEL POSTO GIUSTO e questa sensazione soddisfa uno dei loro bisogni fondamentali, quello di AVERE UN SENSO come essere vivente e allo stesso tempo placa le loro PAURE in quanto hanno la verosimile convinzione di star operando per UN MONDO MIGLIORE, di essere DIVERSI, appunto, dalla massa.
Chi confeziona le scatole, il guardiano del recinto o dell’acquario, deve semplicemente vigilare al fine di mantenere la copertura e al contempo, di tenere costantemente impegnati gli individui all’interno, alimentandone PAURE e BISOGNI, miscelando sapientemente l’introduzione di VERITA’, MEZZE VERITA’, IMPRECISIONI e MENZOGNE in base all’evoluzione degli eventi. Verità piccole e innocue assieme a mezze verità servono a far sembrare corrette le imprecisioni e invisibili le OMISSIONI.
Le OMISSIONI informative sono allo stesso tempo punto di forza e tallone di Achille del sistema in quanto ciò che occultano, se in possesso di questa minoranza di persone, significherebbe la fine del sistema stesso.
Il Movimento 5 Stelle è un’organizzazione del genere sopra descritto fondata, quindi, sull’utilizzo sapiente di verità, mezze verità, imprecisioni e, soprattuto, sull’omissione.
M5S ovvero occuparsi di tutto tranne di ciò che è di vitale importanza.
Un movimento per controllare e de-potenziare il dissenso
A differenza del precedente, cronologicamente più vicino, caso di “Gatekeeping” politico-sociale italiano cioè La Lega Nord negli anni 90 del secolo scorso, il progetto di contenimento, de-potenziamento e deviazione del dissenso messo in atto attraverso la creazione del M5S è decisamente più articolato e strutturato.
Analizziamolo alla luce delle considerazioni fin qui esposte.
La creazione dell’acquario confortevole
Il movimento si è coagulato attorno alla figura di Beppe Grillo che nel corso della sua carriera si è costruito una solida reputazione di artista “scomodo”, anti-sistema.
Attività sicuramente meritoria perché ha acceso i riflettori su questioni indubbiamente rilevanti
attirando l’interesse soprattutto di una particolare fetta di pubblico, quella dotata di una naturale sensibilità per quegli argomenti (vedi sopra…).
Il varo del suo personale blog ha attivato la creazione di una community virtuale sempre più rilevante in termini numerici consentendo di porre le basi di un consenso condiviso su tematiche di forte presa, ribadisco, su quella porzione di target che ha nella media le caratteristiche di curiosità, impegno, sensibilità potenzialmente pericolose per il sistema.
Con l’andar del tempo il Blog è diventato un megafono di critica politica e di tematiche ecologiche, arrivando a costituire un polo di riferimento di pensiero critico alternativo.
Un pensiero critico, tuttavia, nella sostanza
superficiale, dedicato alla fustigazione di una classe politica già di per sé indifendibile e alla promozione di filosofie vagamente
descresciste.
Insomma, Beppe Grillo ed il suo blog con il deteriorarsi della situazione politica e in concomitanza dello scoppio della crisi economica si sono trasformati nell’unica vera
alternativa mainstream prima a livello informativo e successivamente, dopo la costituzione del movimento, a livello politico, per una determinata tipologia di pubblico.
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