Gli affitti dei
palazzi della Camera, i cosiddetti
palazzi Marini di proprietà del costruttore
Sergio Scarpellini tramite la società
Milano ’90 non cessano di essere al centro delle
cronache e delle
polemiche, sempre ovviamente per gli affitti milionari che venivano sborsati per
garantire ai parlamentari gli uffici e lo stipendio ai
quattrocento dipendenti che lavorano nei palazzi suddetti, grazie al contratto di servizio con il
Parlamento italiano.
GLI AFFITTI DEI PALAZZI DELLA CAMERA
Sergio Rizzo sul Corriere della Sera oggi
torna sulla questione dei quattro palazzi Marini; all’inizio dell’anno la Camera dei Deputati ha rescisso il contratto di
locazione, resitituendo a Scarpellini i palazzi
Marini 2 e 4 e iniziando le procedure di dismissione anche dello stabile
Marini 3. Il Marini 1 è già stato restituito nel 2012.
Adesso c’è una lettera firmata Roberto Reggi, direttore dell’Agenzia del Demanio, che su quella vicenda apre un nuovo scenario. C’è scritto che per uno di quei quattro immobili, classificato convenzionalmente come Marini 3, il canone giusto è di 2 milioni 720 mila euro: 313 euro annui al metro quadrato, che dovrebbero scendere addirittura a 266 conla riduzione prevista dalla legge. Meno della metà, ossia, rispetto ai 647 euro pagati finora. Ma anche dei 618 euro proposti da Milano ‘90 giusto qualche giorno fa, nel tentativo di salvare almeno una parte di quella clamorosa rendita apparentemente franata con la decisione della Camera di rescindere i contratti
La domanda che pone Sergio Rizzo è, potremmo dire,
retroattiva.
Per tutto questo tempo, considerando che i contratti risalgono alla fine degli anni Novanta, quanti denari in più abbiamo sborsato rispetto a ciò che avremmo dovuto pagare? (…) Ma poi: come vennero fissati i canoni originari? Esistono forse precedenti pareri di congruità? Dopo la lettera del Demanio, sarebbe opportuno renderli pubblici. O no?