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FINANZA E MERCATI
14 Settembre 2018
Il Sole 24 Ore Astaldi, JP Morgan vicina all’addio: senza aumento in bilico tutto il piano
Compromesso il progetto di rafforzamento patrimoniale da 2 miliardi di euro
Non si sono concretizzate le condizioni per dar seguito all’iniezione di liquidità
Il piano di Astaldi, che puntava a un rafforzamento patrimoniale da 2 miliardi di euro, varato dal consiglio di amministrazione a maggio scorso è sempre più in bilico. Può infatti venire a mancare il presupposto chiave per dar seguito al complessivo progetto di rilancio: l’aumento di capitale da 300 milioni. Allo stato, secondo quanto si apprende da fonti finanziarie, non si sono ancora concretizzate le condizioni per dare il via all’iniezione di liquidità. E i tempi perché i vincoli si realizzino risultano essere ormai troppo stretti. Con il rischio che JP Morgan, sole global coordinator dell’aumento di capitale, si sfili dalla partita. E questo potrebbe avvenire a stretto giro, complice l’accordo firmato tra la società e la banca la primavera scorsa. In quella sede Astaldi e JP Morgan avevano subordinato la garanzia dell’istituto al verificarsi di alcune condizioni e queste, era l’impegno, si dovevano materializzare entro la fine di settembre. Mancano dunque poco più di due settimane perché di fatto, come recita l’intesa, la compagnia raggiunga «talune milestone nel programma di cessione di asset nel settore delle concessioni, secondo termini che siano ritenuti soddisfacenti». Il riferimento, ovviamente, è alla valorizzazione del terzo Ponte sul Bosforo. Vendita che, in sostanza, è un imperativo categorico poiché senza, come un effetto domino, crolla tutto il piano di risanamento. C’è già un compratore, un gruppo cinese, e c’è già una trattativa in corso, ma è sui tempi che la partita è disallineata, a tutto svantaggio di Astaldi. Dopo la tempesta valutaria e politica scoppiata in Turchia ai primi di agosto, i cinesi chiedono maggiore flessibilità per chiudere l’affare. L’azienda italiana però ha poco spazio di manovra: rimangono 14 giorni per chiudere e approvare la semestrale, già posticipata due volte. Ora la nuova data è il 28 settembre e non sono ammesse ulteriori proroghe. Se non si sblocca la situazione in Turchia, dove peraltro le condizioni stanno peggiorando dopo che il presidente Erdogan ha obbligato le società straniere a contabilizzare le attività in lire turche, fine settembre potrebbe essere uno snodo cruciale per il futuro della società. E il ricorso all’articolo 182 bis, piuttosto che all’articolo 67 della legge fallimentare, potrebbe diventare realtà.
In ragione di tutto ciò, appare evidente che i capisaldi del vecchio progetto di rafforzamento siano ormai quasi del tutto superati dagli eventi, a partire dal ruolo centrale di JP Morgan la quale, però, contattata ha risposto con un «no comment». Va detto, tra l’altro, che anche altre condizioni contenute nell’accordo risultano, al momento, disattese.
Comprensibile, dunque, l’allarme delle banche creditrici e l’attesa per un segnale concreto dalla compagnia. «Astaldi nel breve termine brucia cassa e fa un largo uso di Rcf (linee di credito revolving), e questo vuol dire che c’è un problema di liquidità immediato», ha osservato un gestore di hedge fund londinese che detiene debito del gruppo. Il mercato sconta queste incertezze: il bond da 750 milioni in scadenza nel 2020 prezza a 44, un livello preoccupante.
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