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Bp colpita e affondata
Sotto accusa: «non ha pulito le sue pipelines per anni, deplorevole negligenza»
Stefano Raiola
La chiusura del giacimento petrolifero di Prudhoe Bay in Alaska, di proprietà della British Petrolium, annunciata domenica scorsa, ha spinto nuovamente il prezzo del petrolio su livelli record: la quotazione di un barile di Brent a Londra ha toccato, infatti, i 78,65 dollari nella giornata di ieri per poi attestarsi sui 78,04 dollari. La corsa del greggio verso l'alto aveva registrato un rallentamento durante le prime ore del giorno, dovuto alle vendite che quasi sempre seguono il superamento di un massimo, ma le notizie poco incoraggianti provenienti dall'Alaska hanno fatto lievitare di nuovo il prezzo.
L'impianto di Prudhoe Bay, secondo le previsioni più ottimistiche, rimarrà fuori uso almeno fino a gennaio. Sarebbero all'incirca 3 le miglia della struttura, che garantiva una produzione di circa 400 mila barili al giorno (l'8% del totale Usa), che dovranno essere integralmente sostituite. A parte la falla che l'ha resa inutilizzabile la pipeline è «interessata da gravi fenomeni di corrosione», come ha rilevato l'ispezione del dipartimento dei trasporti. Le responsabilità dell'accaduto sono attribuite interamente alla società britannica, la cui reputazione non è mai stata così in basso. «La deplorevole negligenza della BP, che non ha effettuato le opportune verifiche a tempo debito, è stata la causa della chiusura dell'impianto petrolifero di Prudhoe Bay». Questo il commento secco del democratico John Dingell, membro della commissione energia della camera dei rappresentanti Usa, che ha accusato inoltre la BP di aver trascurato per anni la manutenzione dei suoi oleodotti che normalmente «vengono puliti a intervalli di poche settimane». Dingell ha poi fatto appello alla compagnia perché faccia tutto il necessario per risolvere il problema in fretta «affinché i consumatori americani non paghino per il lassismo della BP». Non è la prima volta infatti che la compagnia inglese si trova coinvolta «spiacevoli» incidenti.
A marzo scorso una perdita in un oleodotto, sempre collegato all'impianto di Prudhoe Bay, ha riversato circa 270 mila galloni, insozzando di olio la tundra dello stato dell'Alaska. Mentre un'esplosione avvenuta in una raffineria in Texas, aveva provocato la morte di 15 lavoratori nel marzo del 2005. Le autorità federali, chiamate ad accertare le cause dell'incidente mortale, avevano poi rilevato la violazione di ben 300 norme di sicurezza da parte della compagnia. La BP cede oggi l'1,5% sui listini di Londra, un costo trascurabile se confrontato ai danni incalcolabili che ha arrecato all'ambiente (e che non sono iscritti in bilancio). Tuttavia il ribasso è stato sufficiente perché la compagnia anglo-olandese Royal Duch Shell la superasse per capitalizzazione di mercato. Sui mercati finanziari, infatti, la BP vale ora 232 miliardi di dollari, contro i 237 della Shell. Nel frattempo l'amministrazione Bush corre ai ripari e cerca alternative per reperire il combustibile fornito da quello che era il più grande giacimento petrolifero degli Stati uniti. Il portavoce della casa bianca, Tony Snow, ha assicurato che l'Arabia Saudita e il Messico si sono impegnati ad intervenire a fronte di carenze nelle forniture dovute all'interruzione della produzione in Alaska. Nessun ricorso quindi alle scorte strategiche, almeno per il momento. La soluzione di importare petrolio dal Messico e dall'Arabia Saudita sembra decisamente più costosa del ricorso alla «riserva di emergenza»; ma è anche possibile che il livello delle riserve non sia tale da poter garantire l'ammontare di combustibile necessario. Se questo sarà confermato dai dati che saranno diffusi nel pomeriggio, c'è da aspettarsi nuovi record per la giornata di ogg i
Sotto accusa: «non ha pulito le sue pipelines per anni, deplorevole negligenza»
Stefano Raiola
La chiusura del giacimento petrolifero di Prudhoe Bay in Alaska, di proprietà della British Petrolium, annunciata domenica scorsa, ha spinto nuovamente il prezzo del petrolio su livelli record: la quotazione di un barile di Brent a Londra ha toccato, infatti, i 78,65 dollari nella giornata di ieri per poi attestarsi sui 78,04 dollari. La corsa del greggio verso l'alto aveva registrato un rallentamento durante le prime ore del giorno, dovuto alle vendite che quasi sempre seguono il superamento di un massimo, ma le notizie poco incoraggianti provenienti dall'Alaska hanno fatto lievitare di nuovo il prezzo.
L'impianto di Prudhoe Bay, secondo le previsioni più ottimistiche, rimarrà fuori uso almeno fino a gennaio. Sarebbero all'incirca 3 le miglia della struttura, che garantiva una produzione di circa 400 mila barili al giorno (l'8% del totale Usa), che dovranno essere integralmente sostituite. A parte la falla che l'ha resa inutilizzabile la pipeline è «interessata da gravi fenomeni di corrosione», come ha rilevato l'ispezione del dipartimento dei trasporti. Le responsabilità dell'accaduto sono attribuite interamente alla società britannica, la cui reputazione non è mai stata così in basso. «La deplorevole negligenza della BP, che non ha effettuato le opportune verifiche a tempo debito, è stata la causa della chiusura dell'impianto petrolifero di Prudhoe Bay». Questo il commento secco del democratico John Dingell, membro della commissione energia della camera dei rappresentanti Usa, che ha accusato inoltre la BP di aver trascurato per anni la manutenzione dei suoi oleodotti che normalmente «vengono puliti a intervalli di poche settimane». Dingell ha poi fatto appello alla compagnia perché faccia tutto il necessario per risolvere il problema in fretta «affinché i consumatori americani non paghino per il lassismo della BP». Non è la prima volta infatti che la compagnia inglese si trova coinvolta «spiacevoli» incidenti.
A marzo scorso una perdita in un oleodotto, sempre collegato all'impianto di Prudhoe Bay, ha riversato circa 270 mila galloni, insozzando di olio la tundra dello stato dell'Alaska. Mentre un'esplosione avvenuta in una raffineria in Texas, aveva provocato la morte di 15 lavoratori nel marzo del 2005. Le autorità federali, chiamate ad accertare le cause dell'incidente mortale, avevano poi rilevato la violazione di ben 300 norme di sicurezza da parte della compagnia. La BP cede oggi l'1,5% sui listini di Londra, un costo trascurabile se confrontato ai danni incalcolabili che ha arrecato all'ambiente (e che non sono iscritti in bilancio). Tuttavia il ribasso è stato sufficiente perché la compagnia anglo-olandese Royal Duch Shell la superasse per capitalizzazione di mercato. Sui mercati finanziari, infatti, la BP vale ora 232 miliardi di dollari, contro i 237 della Shell. Nel frattempo l'amministrazione Bush corre ai ripari e cerca alternative per reperire il combustibile fornito da quello che era il più grande giacimento petrolifero degli Stati uniti. Il portavoce della casa bianca, Tony Snow, ha assicurato che l'Arabia Saudita e il Messico si sono impegnati ad intervenire a fronte di carenze nelle forniture dovute all'interruzione della produzione in Alaska. Nessun ricorso quindi alle scorte strategiche, almeno per il momento. La soluzione di importare petrolio dal Messico e dall'Arabia Saudita sembra decisamente più costosa del ricorso alla «riserva di emergenza»; ma è anche possibile che il livello delle riserve non sia tale da poter garantire l'ammontare di combustibile necessario. Se questo sarà confermato dai dati che saranno diffusi nel pomeriggio, c'è da aspettarsi nuovi record per la giornata di ogg i