Il confronto con Pellegrini è assai sensato, pensa che gli ho fatto conoscere l'opera dell'artista italiano tramite internet.
La differenza tra le due culture era minore un tempo, oggi è estremizzata, anche per la relativa ignoranza culturale in cui vive Cuba.
Perciò, un'opera di ripensamento culturale su dati "medievali" e psicanalitici come quella di Pellegrini ha certamente per un cubano un significato ben diverso, mancandogli tutta una serie di informazioni.
Specularmente, però, anche la comprensione del simbolismo della Santeria può essere difficile per l'osservatore europeo, essendo legata ad antiche storie e formule di origine africana totalmente estranee a chi non ne abbia vissuto almeno un lembo.
Per dire: il rituale dei bembè (cerimonia/festa) prevede l'ammazzamento di un capretto spargendo ovunque il suo sangue, e balli e bevute sino a stordimento.
Peraltro, va detto che le discoteche di là copiano esattamente quelle di qua.
L'approccio di Pellegrini è ben più calmo, in quanto si permette di riflettere sul passato (e su antichi testi) filtrati attraverso una sensibilità che conosce i meandri della psicanalisi.
Per Calderon invece non esistono immagini passate di riferimento che non siano i simboli stessi della Santeria. Ma di libri, fogli ecc non ne ho mai visti laggiù e dubito esistano: la Santeria è tradizione popolare, un po' come un dialetto, mentre i riferimenti di Pellegrini sono ad una vera e propria lingua figurativa. Come il dialetto vive nel presente, così la lingua vive nella sua storia.
Curiosamente, i due fiumi convergono nell'utilizzo di un numero ridotto di colori. Probabilmente ciò dipende dalla presenza di simbologie di per sé significanti.
Le terre di Carlos saranno pure legate al costo eccessivo, per lui, dei colori più vivi, ma anche in fogli dove si esprime con poco pigmento le cromie sono comunque limitate, dunque sarebbe errato trarre deduzioni affrettate.
In comune i due hanno il riferirsi direttamente alla vita dei simboli senza troppi orpelli estetistici, ed è la loro forza. Peraltro, la psicologia conosce il fatto che le opere più apprezzate dal pubblico sono quelle composte con i soli bianco-rosso-nero.
Parlando con Calderon si sente il desiderio di conoscere e capire un po' tutta l'arte passata, e anche quella presente, in qualche modo come un giovane introdotto a castello che rimanga meravigliato, ma anche curioso, di fronte a tanta abbondanza. La differenza di formazione fa dunque sì che Pellegrini lavori su di un terreno sopra il quale si è formato, anche scolasticamente, mentre Calderon vive, talora ingenuamente, la scoperta di un nuovo continente - che poi in realtà è proprio ... quello vecchio, e comunque intanto rielabora quello del suo popolo anch'esso antico, pur se scarso di reperti figurativi.
In altri termini: Pellegrini lavora sui meandri di un'identità comunque posseduta, anche culturalmente, mentre Calderon, che di identità personale ne ha certo, va alla ricerca di una identità culturale che esca, se possibile, dalle opere paludate e celebrative del suo regime.