Caro Mantegna, ho scritto una pagina di riflessioni su Carlos Gil Calderon. La puoi copiare, salvare ed eventualmente puoi pure mandargliela, magari tradotta in spagnolo con l'aiuto di Google. Se lo fai, dagli anche il mio IBAN, che ti invio in PM ![Wink ;) ;)](https://cdn.jsdelivr.net/joypixels/assets/8.0/png/unicode/64/1f609.png)
Allego qui sotto la foto di un quadro su tela - acrilici e altro - di cm 145x105
Carlos Gil Calderon artista cubano di Santiago
Un classico dilemma della pittura consiste nello scegliere tra esprimere solo un mondo interiore o far rivivere il mondo esteriore entro l’opera. Lo si può vedere nell’opposizione tra Espressionismo e Impressionismo.
In Carlos Gil Calderon il dilemma viene superato e risolto attraverso la mediazione di un mondo ricco di segni simbolici, alcuni riportati dalla tradizione, altri modificati, o totalmente reinventati.
Allora anche la Santeria cubana può semplicemente essere una delle tante incarnazioni di qualcosa “dall’alto”, nell’unire la vita materiale con quella spirituale.
Nemmeno si può dire del suo lavoro che si tratti di una “scrittura” per simboli, cosa che chiederebbe una scelta di tipo razionale povera di emotività. Sono opere in certo senso astratte, ma piene di riferimenti a gesti, segnali e anche, certamente, simboli, i quali ci riportano a qualcosa di terrestre e conservano una energia antica, profonda e pienamente controllata.
In quest’ottica egli sceglie colori e pigmenti non “preziosi”: terre, neri, bianchi, qualche rosso. Lo scopo è di non disperdere in scelte estetiche premature ( e sostanzialmente estranee) questa energia creatrice primordiale.
Il senso maggiormente chiamato in causa è, attenzione!, quello del tatto, che nell’uomo risulta come il più primitivo, anzi, quello che sta alla base di tutti gli altri. Ed ecco che superfici nere e lucide si alternano a brani di tele in rilievo, a zone opache, a raggruppamenti di materia. In tal modo il simbolo prende una dimensione terrena e la sua storia diviene la metamorfosi di una farfalla che abbandona la vecchia crisalide per una vita nuova.
Un pittore di cultura europea, giunto a questo punto, si bloccherebbe, disperdendosi in una dimensione estetizzante. I giochi della materia risulterebbero non più ciò che sono, cioè un mezzo, ma un semplice scopo. Ciò non accade in Carlos Gil Calderon appunto perché essi rimangono strumenti, utilizzati per giungere al suo personale scopo, che ora mi arrischierò a precisare.
Poiché il sicuro gesto non richiama precedenti culture o correnti del Ventesimo Secolo, ma le supera di slancio, non si può né si deve parlare di pittura ingenua, o naϊve. Siamo anzi al suo opposto. Calderon parte da pochi elementi semplici di base per non tornare poi mai indietro. Io penso che il suo maggiore scopo sia svelare la magia del mondo (visto come materia+energia+sentimento+ragione) attraverso un vocabolario antico, che però viene fatto rinascere con chiarezza e fiducia nel futuro. Il mondo così si rivela come spirito, e lo spirito come mondo.
È una pittura che mi interessa assai: d’abitudine lascio agire in me l’opera cui mi trovo di fronte, ed ora i suoi lavori mi hanno comunicato sincerità e maturità di ricerca, capacità di rischiare, padronanza dei mezzi e nessun cedimento ad eventuali richieste di piacevolezza, né peraltro alcun compiacimento verso le semplificazioni della durezza.