CDS e Ratings (Moody's, S&P's, Fitch) CDS, Ratings e variaz.di rating+indici mercato import. es: BDI: Baltic Dry Index etc (3 lettori)

il Baltic Dry Index è ancora un anticipatore dei corsi azionari mondiali?

  • Votes: 1 33,3%
  • Sì ma sembra aver dilatato lo sfasamento

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  • No ma vediamo se i corsi si decidono a seguirlo

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  • No, ormai si è scollegato

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mago gambamerlo

Xx Phuket xX
Mi semra un ragionamento logico e oltre ad evidenziare quale sia il migliore rapporto rischio / rendimento ti fa' capire dove le assicurazioni sono interessate a fare il loro biz.( Mi sembra che non ti incoraggiano ad assicurare il Venezuela .... ad es. )

Il presupposto dal quale parte il mio ragionamento è che le stesse informazioni,
rischio default + rischio liquidità + altri rischi (paese, fiscalità, ecc...),
siano contenuti sia nel Cds che nel rendimento di un titolo.
Cioè più rende un titolo e più rischi insiti contiene.

Allora supponiamo che voglia investire 10000euro e che voglia coprirmi dal rischio default..
Mi propongo di scegliere tra questi 3 titoli:
XS0211229637 BRASILE 2015 7,375% prezzo116,1
3,79% lordo 3,32% netto

XS0214851874 VENEZUELA 2015 7% prezzo 85,05
10,92% lordo 9,55% netto

DE0001135267 Rep. federale Germania 2015 3,75% prezzo 106,44
2,36% lordo 2,07 netto


Se all’acquisto di uno qualsiasi di questi tre titoli
accoppio l’acquisto del relativo CDS ottengo lo stesso risultato per tutti e tre:
la garanzia di riavere la somma che ho investito,
o a scadenza se tutto va bene o nel corso della vita del titolo se avviene il default.
Quindi scegliere tra uno, l’altro o l’altro ancora dovrebbe essere indifferente
e teoricamente il rendimento che ricavo dovrebbe essere identico (o perlomeno simile) per tutti e tre gli emittenti.


Se compro il titolo Brasile (cds 124) il mio rendimento sarà:332 (rend.netto) meno 124 (cds) = 2,55%
Se compro il titolo Venezuela (cds 898) il mio rendimento sarà 955-898=0,57%
Se compro il Bund (cds 31) il mio rendimento sarà 207-31=1,76%

La prima domanda che pongo è:
è corretto questo modo di ragionare? A me parrebbe di si.
La seconda domanda è:
dati i risultati sopra calcolati e non volendosi coprire dal rischio default

posso concludere che il miglior rapporto rischio/rendimento me lo da il Brasile, seguito dal Bund e poi dal Venezuela?
Oppure devo concludere, tenendo il rendimento del Bund come riferimento,
che il cds del Brasile è sottovalutato e quello del Venezuela è sopravalutato?
Oppure ancora nessuna delle due?
[FONT=&quot]Tks a coloro che vorranno dire la loro a riguardo :)[/FONT]
 
Ultima modifica:

lorenzo63

Age quod Agis
Il presupposto dal quale parte il mio ragionamento è che le stesse informazioni,
rischio default + rischio liquidità + altri rischi (paese, fiscalità, ecc...),
siano contenuti sia nel Cds che nel rendimento di un titolo.
Cioè più rende un titolo e più rischi insiti contiene.
Allora supponiamo che voglia investire 10000euro e che voglia coprirmi dal rischio default..
Mi propongo di scegliere tra questi 3 titoli:
XS0211229637 BRASILE 2015 7,375% prezzo116,1
3,79% lordo 3,32% netto
XS0214851874 VENEZUELA 2015 7% prezzo 85,05
10,92% lordo 9,55% netto
DE0001135267 Rep. federale Germania 2015 3,75% prezzo 106,44
2,36% lordo 2,07 netto

Se all’acquisto di uno qualsiasi di questi tre titoli
accoppio l’acquisto del relativo CDS ottengo lo stesso risultato per tutti e tre:
la garanzia di riavere la somma che ho investito,
o a scadenza se tutto va bene o nel corso della vita del titolo se avviene il default.
Quindi scegliere tra uno, l’altro o l’altro ancora dovrebbe essere indifferente
e teoricamente il rendimento che ricavo dovrebbe essere identico (o perlomeno simile) per tutti e tre gli emittenti.

Se compro il titolo Brasile (cds 124) il mio rendimento sarà:332 (rend.netto) meno 124 (cds) = 2,55%
Se compro il titolo Venezuela (cds 898) il mio rendimento sarà 955-898=0,57%
Se compro il Bund (cds 31) il mio rendimento sarà 207-31=1,76%

La prima domanda che pongo è:
è corretto questo modo di ragionare? A me parrebbe di si.
La seconda domanda è:
dati i risultati sopra calcolati e non volendosi coprire dal rischio default
posso concludere che il miglior rapporto rischio/rendimento me lo da il Brasile, seguito dal Bund e poi dal Venezuela?
Oppure devo concludere, tenendo il rendimento del Bund come riferimento,
che il cds del Brasile è sottovalutato e quello del Venezuela è sopravalutato?
Oppure ancora nessuna delle due?
[FONT=&quot]Tks a coloro che vorranno dire la loro a riguardo :)[/FONT]

Ciao Giontra:

Ho trovato in rete tempo addietro questo file che si occupa del pricing dei cds: tiene conto dei recovery rate, della % di sopravvivenza (e questo potrenne essere utile mettendola in relazione con i rating...)
Comunque in linea di massima, empiricamente, non mi sembra scorretto il tuo ragionamento...

(all' interno troverai anche cdo etc...)


Vedi l'allegato cds pricing.xls

:)
 

Giontra

Forumer storico
Ciao Lorenzo
Tks per il file.
Me lo studierò ma ti confesso che per me è materia un po ostica.
Comunque, dando per scontato che il cds sia un valore sostanzialmente esatto,
relativamente all'ipotesi fatta sopra mi viene da fare un'altra considerazione
rispetto al bond Venezuela per esempio:
il bond rende troppo poco rispetto al rischio che contiene.:)
 

lorenzo63

Age quod Agis
Ciao Lorenzo
Tks per il file.
Me lo studierò ma ti confesso che per me è materia un po ostica.
Comunque, dando per scontato che il cds sia un valore sostanzialmente esatto,
relativamente all'ipotesi fatta sopra mi viene da fare un'altra considerazione
rispetto al bond Venezuela per esempio:
il bond rende troppo poco rispetto al rischio che contiene.:)

Mettendola in una boutade: se si considera poi il loro capo di governo (Chavez...) rendono nulla...:D
 

Giontra

Forumer storico
Sharma, presidente di S&P's
«Sui rating la libertà di scelta»


di Vittorio Da Rold
23 gennaio 2010
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«Basta rating obbligatori. Siamo convinti che qualsiasi imposizione legislativa interferisca con il libero mercato. Gli emittenti devono avere libertà di scelta sul ricorso al rating e non si devono porre vincoli agli investitori: se un fondo pensione vuole comprare titoli senza rating deve poterlo fare liberamente. Non si tratta solo di tutelare il libero mercato, ma anche di evitare che gli investitori continuino ad affidarsi ai voti sul merito di credito in modo del tutto sproporzionato. Il rating è solo uno dei tanti parametri su cui basare le scelte».

Deven Sharma, 53 anni, indiano d'origine e americano d'adozione, è il presidente di Standard & Poor's: è stato scelto nell'agosto del 2007, quando la crisi dei mutui subprime aveva appena cominciato a farsi sentire sui mercati. Un mandato che appariva tranquillo si è così trasformato in una «missione critica»: restituire al colosso dei rating la credibilità compromessa dal crollo repentino di titoli sui cui le agenzie di rating, S&P compresa, avevano posto invece il sigillo della piena affidabilità. «Abbiamo sottovalutato - ammette Sharma - la velocità con cui i prezzi immobiliari sono crollati negli Usa: è stata molto più alta di quanto avessimo previsto».
In questa intervista esclusiva rilasciata al Sole 24 ore durante il suo viaggio in Italia, il manager del colosso mondiale dei rating lancia una sfida ai regulator: «questo è il momento per correggere un sistema che ha prodotto distorsioni nell'uso dei rating».
«Noi di Standard & Poor's, ma anche Moody's è d'accordo, siamo per l'eliminazione del requisito obbligatorio dei rating emessi da agenzie riconosciute, anche se ciò significa perdere business. Il voto di affidabilità è importante, ma non è tutto: il mercato deve tenerne conto al pari di altri fattori. Se un investitore vuole affidarsi ai nostri rating, deve poterlo fare liberamente e sulla base della nostra capacità ed esperienza nell'analisi».
«Abbiamo sempre misurato il nostro successo in base al valore che portiamo agli investitori. Offriamo i nostri rating come analisi fondamentale del rischio di credito, non come una raccomandazione di investimento». «Se i nostri rating sono rilevanti, la gente li userà. In caso contrario, gli investitori non dovranno essere costretti a usarli». Insomma, niente regolamentazioni e imposizioni dall'alto: il big Government è già troppo grande.

Qualcuno potrebbe pensare che se il rating non è obbligatorio, si riduce anche il rischio di cause per risarcimento danni se un titolo ad alto rating crolla improvvisamente... «No - risponde Sharma - è esattamente il contrario. L'obbligatorietà farebbe pensare a un valore diverso da quello che viene offerto oggi, cioè un benchmark di rischio di credito».
«Noi preferiamo rimuovere l'obbligatorietà del rating come requisito regolamentare perchè incoraggia un'eccessiva dipendenza. Il rating deve competere sulla base della sua qualità. Inoltre, non siamo d'accordo con la proposta di riforma in discussione al Congresso americano relativa alla responsabilità patrimoniale delle agenzie di rating perchè ci porrebbe su un piano diverso dagli altri operatori di mercato, tra cui broker e società di revisione. Tuttavia riteniamo che la supervisione dell'attività di rating, come quella recentemente introdotta in Europa, sia positiva per ripristinare la fiducia nei mercati e nei rating».
Certo, le esperienze passate hanno cambiato le prospettive. S&P's ha imparato dagli errori e fatto revisioni significative sul l'approccio al rating. Revisioni che includono modifiche alle metodologie e ai criteri per tener meglio conto di eventuali periodi di grave stress economico. Insomma le valutazioni ora dovrebbero essere più stabili, trasparenti e comparabili rispetto al passato. «I nostri criteri per il voto di un rating tripla A (la denominazione più alta) comprenderà l'esame di ciò che potrebbe accadere se il paese deve affrontare uno scenario economico alla pari della Grande Depressione. Nel caso di una cartolarizzazione di mutui commerciali lo scenario previsto per una tripla A dovrebbe sopportare una caduta dei prezzi pari a circa il 45% prima che il titolo vada in default. Gli affinamenti creeranno rating migliori». Anche sui conflitti di interesse, Sharma ha agito radicalmente: «gli analisti dell'agenzia - spiega - sono separati dal resto del businness. C'è una Muraglia cinese: nemmeno io vengo messo a conoscenza delle azioni decise dagli analisti»..

Poi si passa ai possibili rischi per la crescita. Le minacce sono l'inflazione, il peso del debito pubblico, gli squilibri globali e il fatto che l'appetito per il rischio continui ad essere ricompensato adeguatamente.
Ci sono dei paesi come la Cina che stanno crescendo troppo in fretta con qualche rischio di surriscaldamento e a questo proposito Sharma consiglia di leggere l'ultimo libro di Kenneth Rogoff sulle crisi e le bolle finanziarie, «molto istruttivo». Quanto agli altri protagonisti segnala l'India («che oggi sta continuando a crescere ma deve afrontare delle sfide significative nella politica fiscale e deve investire di più in infrastrutture», il Brasile, («ricco di materie prime e molto dinamico»), il Perù e il Cile. «In realtà non c'è più un'area omogea di sviluppo ma paesi singoli, una selezioni di paesi più dinamici degli altri», spiega il presidente del l'agenzia che suggerisce di osservare come i tassi di investimento dei paesi emergenti è doppio di quelli ricchi.
In questo caos di norme il Global standard potrebbe essere una soluzione? «Per ora è solo un'aspirazione sostenuta dall'Fmi», taglia corto con un sorriso educato che mette la parola fine sul tema. Tutta un'altra storia invece per quanto riguarda il bilancio del Financial Stability Board, presieduto da Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia. «Mario Draghi è una delle persone più esperte che io abbia incontrato, uno dei migliori banchieri. Ha una visione eccellente, sia teorica che pratica, dei problemi finanziari globali. Il lavoro che sta svolgendo nel Financial Stability Board è veramente ottimo e gli faccio i migliori auguri», afferma d'impeto, senza però voler entrare nel merito delle imminenti scelte europee per la guida della Bce. «Dico solo che Draghi sarebbe una figura all'altezza».
Sharma non è nemmeno preoccupato da Basilea 3 che tanti malumori sta creando per gli oneri supplementari che comparta. «Sono regole che tendono a rendere più comparabili i dati di rischio e quindi li condivido pienamente», spiega tranquillo. E con questa ventata di ottimismo conclude l'intervista.

VIDEO / Intervista al presidente di Standard & Poor's (in inglese)
 

lorenzo63

Age quod Agis
Il passaggio, che ha determinato la cosa:

"Inoltre, non siamo d'accordo con la proposta di riforma in discussione al Congresso americano relativa alla responsabilità patrimoniale delle agenzie di rating perchè ci porrebbe su un piano diverso dagli altri operatori di mercato, tra cui broker e società di revisione" ....
 

volpotten

Bond trader
Se compro il titolo Brasile (cds 124) il mio rendimento sarà:332 (rend.netto) meno 124 (cds) = 2,55%
Se compro il titolo Venezuela (cds 898) il mio rendimento sarà 955-898=0,57%
Se compro il Bund (cds 31) il mio rendimento sarà 207-31=1,76%

La prima domanda che pongo è:
è corretto questo modo di ragionare? A me parrebbe di si.
La seconda domanda è:
dati i risultati sopra calcolati e non volendosi coprire dal rischio default
posso concludere che il miglior rapporto rischio/rendimento me lo da il Brasile, seguito dal Bund e poi dal Venezuela?
Oppure devo concludere, tenendo il rendimento del Bund come riferimento,
che il cds del Brasile è sottovalutato e quello del Venezuela è sopravalutato?
Oppure ancora nessuna delle due?
[FONT=&quot]Tks a coloro che vorranno dire la loro a riguardo :)[/FONT]

Il mio ragionamento al riguardo è il seguente:

Il CDS è una valutazione sintetica della default probability di quello specifico emittente. In condizioni di normalità, il CDS dovrebbe essere equivalente allo swap spread rispetto al risk-free di una qualsiasi emissione obbligazionaria dello stesso emittente.

Dal momento che gli asset swap spread invece variano anche in misura a volte significativa, io utilizzo il dato del CDS per vedere se una certa emissione premia o meno il rischio che corro acquistandola. Ovviamente tanto più lo swap spread di un'obbligazione sarà maggiore dell'equivalente CDS tanto più quella specifica emissione sarà interessante (in termini relativi rispetto ad altre)
 

bulogna

Forumer storico
Interessante vedere che i cds spesso sono diversi dalle valutazioni e sensazioni che si hanno.
Per fare due esempi: i cds di grecia e dubai sono abbastanza vicini. Personalmente trovo invece molto meno rischiosa la grecia per tanti motivi che non elenco. I cds di ing sono più bassi di axa: in un notissimo 3d invece si dà per scontato che axa sia molto meglio di ing (anche se parliamo di obbligazioni un po particolari).

Morale della favola: grazie lorenzo63 per il lavoro molto interessante che fai.
 

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