Leggevo giorni fa un articolo di Riolfi sul sole, e parlava dell’aumento dei tassi di interessi americani; citava di 2800 miliardi di titoli di stato in scadenza nel 2018, di un inizio di demagrimento del bilancio della fed di non meno di 1200 miliardi e della politica espansiva di spesa pubblica di trump che potrebbe portare ad altri 1500 miliardi di debito solo nel 2018. Titoli che dovrebbero essere piazzati sul mercato ad investitori istituzionali o privati, che non si accontenterebbero sicuramente dei tassi fed. In sostanza il problema secondo lui non è legato tanto alla fed stessa se aumenterà quest’anno di 2 o 3 o 4 volte i tassi, quanto all’inizio di una nuova politica monetaria, priva per la prima volta di stimoli dalle banche centrali, con tassi che potrebbero aumentare rapidamente nei prossimi 12, 18 mesi, dove la domanda e l’offerta, per la prima volta da anni, determinerebbero il costo del finanziamento. I primi segnali si hanno già con disinvestimenti importanti in etf YH o in altri comparti a tassi alti, ma soprattutto invitava a monitorare il mercato azionario che per anni ha sempre beneficiato del travaso dall’obbligazionario all’azionario, ma che potrebbe invertire. Naturalmente questa è una sua opinione, condivisibile o meno, ma mi ha fatto riflettere.