Certificati di investimento - Cap. 4

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ecco!! proprio quello di cui parlavo ieri, ti becchi un sottostante che fa -20% in un paio di ctf e tutto il guadagno teorico (bid/ask) di altri ctf viene mangiato e l'indice di riferimento del certificatone che viene valorizzato sul bid/ask si deprime o al massimo rimane stabile.
Quanto incide Varta sul certificatone? E´ fra i worst?
 
Anche questo è molto aleatorio, cosa significa il "vale 80"?

Anche le banche valorizzano in modo completamente diverso.
Binck ad esempio valorizzava sul valore dell'ultimo scambio intrady oppure del mid price in mancanza del primo.
Banca Sella valorizza sul valore del bid (ed ogni tanto mi prende un coccolone per un titolo, solo perchè magari il MM si è assentato).

Inoltre, ipotizziamo di calcolare sul BID o sul mid price, ma se poi il certificato è in bid only con il MM a 80 sotto un'offerta retail da pochi pezzi a 90? Possiamo dire che vale 90 visto che in caso di vendita ricaveremmo 80 virgola qualcosa?

Tutte queste considerazioni, per le azioni magari potrebbero essere quasi influenti, ma per i certificati lo sono ed anche molto. Mi verrebbe quasi da dire che l'unico prezzo reale al quale si può valorizzare un certificato è quello a cui viene venduto, ed infatti per il mio calcolo personale vado a segnare solo i flussi cedolari e le vendite, 01/01-31/12.
Mh no mi spiace, ma valorizzare solo vendite e cedole è semplicistico e si presta ad "abbellimenti" dei risultati.
Seguendo questo ragionamento, se ho un pf da 100.000 euro di cui 30.000 li investo sul titolo x acquistandolo a 1000. Passano 3 mesi e il titolo quota 400, invece che 12.000 però nella mia contabilità lo valorizzo 30.000, permetti ma è una cosa che non si può fare. Sul come valorizzare ognuno può fare quello che preferisce (io tendo a usare il prezzo in bid se le quantità sono comparabili a quelle che detengo io), puoi usare il prezzo medio degli scambi, o il primo bid come fa cedlab.
La valorizzazione al costo storico la fanno solo le gestioni separate, ma direi che non è il nostro caso
 
Come ho scritto già, il problema dell'approvvigionamento di materie prime e semilavorati in particolare dalla Cina è un enorme problema che sembra molto sottovalutato e non visto da noi che viviamo di micro economia del nostro quartiere, ristoranti, negozi di vicinato, e passeggiate affollate.
Dalla Cina far arrivare un carico che prima ci metteva una settimana ora, forse ci vogliono due/tre mesi con costi, se va bene, decuplicati. Non ci sono aerei cargo, non ci sono container, i porti/dogana della Cina sono praticamente bloccati e le fabbriche producono e lavorano al 30/40% delle loro possibilità.
Ci sono grossi problemi anche con l'approvvigionamento delle materie prime alimentari.
Negli USA e in Canada il raccolto del grano di quest'anno è stato molto scarso a causa della siccità. Questo problema si somma ai noti problemi logistici e si somma al repentino aumento dei consumi per l'uscita dalla pandemia, non bilanciato all'aumento delle materie prodotte (visto anche che in alcuni Paesi ci sono ancora restrizioni e la forza lavoro non è al 100%). Tutto ciò sommato all'aumento dei costi di produzione (fertilizzanti, gasolio ecc...)
Se da noi questo comporterà un aumento dei prezzi di pane, pasta ecc... (speriamo!) gestibile, non credo che sarà lo stesso in paesi più poveri!
 
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