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Valter : Born in 1965
Autore : Marco Casario
SOTTOTERRA SI GIOCA LA PROSSIMA CRISI ENERGETICA EUROPEA
Tra Amburgo e Francoforte c’è un piccolo villaggio da cartolina. Mucche al pascolo, silenzio ovattato, atmosfera bucolica. Si chiama Rehden e nessuno direbbe che, proprio sotto quei campi, si sta giocando una delle partite più importanti della prossima crisi energetica europea.
A duemila metri di profondità, c’è il più grande deposito di gas naturale della Germania. Uno spazio enorme, capace di immagazzinare abbastanza metano per riscaldare due milioni di case per un anno intero. Il problema è che oggi è quasi vuoto. Per riempirlo servono circa due miliardi di euro.
Un tempo il rifornimento di gas in primavera era un processo noioso e prevedibile. La domanda calava, i prezzi scendevano, le aziende ne approfittavano per fare scorta e rivenderlo in inverno a un prezzo più alto. Funzionava tutto in automatico, ognuno faceva la sua parte e ci guadagnava qualcosa. Oggi però quel meccanismo si è inceppato. Riempire i depositi è diventato un rompicapo. Non si sa quando farlo e soprattutto chi deve pagare il conto. Il risultato è una gigantesca partita dove si fronteggiano trader, governi, aziende pubbliche, Bruxelles e pure Vladimir Putin.
I prezzi del gas, che di solito in primavera sono più bassi rispetto a quelli invernali, quest’anno sono praticamente allo stesso livello. In alcuni momenti comprare gas adesso costa addirittura più che acquistarlo in pieno inverno. E così, quel margine che rendeva conveniente fare scorte è svanito. Nessuno ha voglia di rischiare di comprare gas a caro prezzo per poi ritrovarsi a venderlo sottocosto. Il gioco non vale la candela.
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Per ora è andata bene anche grazie al fatto che la Cina sta comprando poco. Ma i numeri restano bassi. A fine inverno, i depositi europei erano pieni solo per un terzo della loro capacità, ben al di sotto della media degli ultimi anni. Rehden? Praticamente a secco. Solo nel 2021-22 era andata peggio, quando il sito era ancora in mano a Gazprom. Oggi è gestito dallo Stato tedesco, ma il problema resta.
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L’Unione Europea impone agli Stati membri di riempire i depositi fino al 90% entro novembre. Molti paesi protestano: troppo costoso, troppo difficile. A metà aprile si discuterà se abbassare l’obiettivo, magari all’85%. Se Bruxelles abbassa l’obiettivo di riempimento, il mercato potrebbe aggiustarsi più in fretta.
Dall’altra parte del tavolo ci sono aziende energetiche, trader e hedge fund. Tutti puntano sul fatto che i governi si spaventeranno. Se i depositi non si riempiono abbastanza entro maggio, scatterà l’allarme: rischio blackout, caro bollette, inflazione. A quel punto, i soldi pubblici entreranno in gioco. La Germania ci ha pensato. Ha valutato un intervento diretto nel mercato del gas. Ma per ora ha deciso di aspettare, così come gli altri paesi.
E poi c’è la “variabile Putin”. Se dovesse arrivare un accordo tra Stati Uniti e Russia sull’Ucraina, una parte del gas russo potrebbe tornare in Europa, riaprendo i rubinetti e cambiando le carte in tavola. Ma è fantapolitica, almeno per ora.