...che notte quel giorno !

Fernando'S

Forumer storico
questo articolo lo avevo stampato nel 2001 , fa sempre bene rileggerlo :

IL CROLLO DI WALL STREET
24-(29) OTTOBRE 1929
LA GRANDE DEPRESSIONE

(L' Italia non ne soffrì, la depressione era congenita e costante)

Grigio e rosa

5 SETTEMBRE 1929 - L'economista Roger Babson parlando a Wall Street lanciò un allarme: "Presto o tardi il crack arriverà. E quando arriverà sarà tremendo. Gli stabilimenti saranno chiusi, gli operai licenziati, il circolo vizioso diventerà inarrestabile."
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15 OTTOBRE 1929 - L'economista Irvin Fischer della Università di Harward, si ribellò a questa cassandra: "Io invece prevedo che il mercato azionario sarà, entro pochi mesi, molto più alto di quanto non sia ora". Charles Mitchell, presidente della National City Bank, ma anche direttore della Federal Reserve Bank di New York, confermò "La situazione industriale negli Stati Uniti é assolutamente solida, nulla può fermare il movimento positivo del mercato"
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21 OTTOBRE - Si avvertono segni di nervosismo in Borsa. Si sono trattate 6 milioni di azioni e il continuo ribasso dei corsi inizia ad allarmare alcuni risparmiatori. Torna a parlare Fischer "E' un bene!...il mercato finalmente si è scrollato di dosso la frangia lunatica degli speculatori".
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Il Presidente Hoover subito dopo rassicurò che "le attività economiche fondamentali del paese, ossia la produzione e la distribuzione delle merci, sono su basi solide e prospere". Ma non parlò di Borsa; si disse su pressioni esercitate sulla Casa Bianca da influenti banchieri.
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Altrettanto va scrivendo il New York Times, che invece nelle settimane precedenti aveva ospitato articoli pessimistici come il primo citato sopra. Infatti il primo giorno del crollo rincuora i risparmiatori e gli operatori in Borsa, affermando "Il mondo finanziario americano si sente sicuro nella consapevolezza che le più potenti banche del paese sono pronte a intervenire per impedire il panico".
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Questi i pessimismi di qualche cassandra, seguiti però dall'ottimismo di autorevoli personaggi, alla vigilia del giorno che Galbraith definì "il più devastante nella storia di tutti i mercati".

Da tempo c'era l'età dell'oro. Le cifre parlavano chiaro: fra il 1925 e il 1929, le industrie americane erano aumentate da 183.900 a 206.700. L'indice della produzione era passato, dal 1921 al giugno del 1929, da 67 a 126. La sola Detroit nell'anno precedente il crack aveva sfornato quasi 5,4 milioni di automobili. Erano nate le prime industrie di elettrodomestici, che con lavatrici, frigoriferi, radio ecc. avevano portato la produttività industriale nel corso del decennio al 43%, ma con i salari che erano saliti solo del 20%. Quindi la differenza fra la crescita della produttività e i salari, andava a impinguare i profitti delle aziende di ogni settore e ovviamente a far salire in una forma anomala le proprie azioni in Borsa. La febbre frenetica di questi titoli poi sfuggì ad ogni controllo. La crescita convulsa, la politica del denaro facile, la febbre del profitto, contagiò un po' tutti, e l'aggiottaggio dei titoli dei re-agenti della Borsa per farli salire (operando solo con il margin, cioè bastava anticipare il 10%) diventò quasi uno sport per loro. Ma lo squilibrio fra la produzione e il consumo, oltre l'insufficienza di mezzi di pagamento (il margin) non poteva durare all'infinito. Prima o dopo qualcuno doveva pur tappare i buchi, che normalmente chiudeva da una parte aprendone altri da un'altra parte, sempre più numerosi.

Il valore reale delle aziende non corrispondeva più al valore dei "pezzi di carta" che giravano in Borsa, fra l'altro comprate allo scoperto. Di reale c'era solo una cosa, un colossale castello di carta.
La grande azienda capitalizzata 1000 in realtà possedeva materialmente 100, produceva ma aveva già da tempo i magazzini pieni di merce invenduta; ma almeno questa pur esisteva, aveva muri, macchinari, merci; mentre alcune indagando si scopriva che aveva un basso in periferia, con dentro una macchina da scrivere, un po' di carte sul tavolo e sull'insegna c'era scritto XY Company. Export Import con mezzo mondo. Tanti specchietti per allodole.

"...il mondo imprenditoriale americano aveva accolto negli anni venti un gran numero di procacciatori di affari, truffatori, impostori e venditori di fumo; e a tali deficienze degli uomini si aggiungeva la fragilità delle holding; bastava che gli utili di un'azienda diminuissero che subito crollava l'intero edificio (quello che poi accadde). Altro sintomo, una non buona ripartizione del reddito, concentrato in un piccolo numero di persone: un terzo dell'intero reddito andava soltanto a un 5% della popolazione, e tale concentrazione faceva sì che l'economia dipendesse dalle loro decisioni" (Galbraith, Il grande crollo) (e come vedremo proprio questo accadde il 29 ottobre).

Questa anomala situazione era iniziata nel secondo semestre del 1924. L'indice era a 134, a fine anno era salito a 181. A fine 1927 salì a 245. Nel 1928 con questi risultati iniziò la vera e propria orgia speculativa "una fuga di massa nella fantasia" la chiamò Galbraith. Ci fu un'altro incredibile balzo e a fine agosto del 1929 l'indice toccò i 449 punti. Cioè il raddoppio in poco più di un anno, mentre i consumi diminuivano per gli stipendi troppo bassi, cosi chè alcune industrie avevano un surplus di produzione, i magazzini pieni di invenduto.
Questo in generale, eppure alcune grandi aziende nello stesso periodo di un anno, fecero dei clamorosi exploit. Il titolo Radio (che non aveva mai pagato un dividendo) passò da 85 a 420 dollari, il 500%. I magazzini Ward da 117 a 440. Il New York Times aumentò di 86 punti.

"Nel 1923 le azioni negoziate furono 237 milioni; nel 1924, 280 milioni; nel 1925, 452 milioni; nel 1926, 449 milioni; nel 1927, 577 milioni; nel 1928, 920 milioni, e quasi altrettante nei sei mesi del fatidico 1929, cioè 827 milioni.
I prestiti agli agenti di cambio (bisognosi di somme per le liquidazioni quotidiane) da 3219 milioni del 1926, nei sei mesi del 1929 erano saliti a 8500 milioni (Corriere della Sera, del 31 ottobre 1929).

Da tempo i ranghi dei milionari si infittivano di giorno in giorno, e lo stile di vita dei nuovi ricchi diventava sempre più stravagante. Per alcuni i soldi erano come quelli del monopoli, per altri giocare in Borsa era come giocare a dadi. Un giovane avvocato racconta " non avevo nemmeno un soldo, mi feci prestare qualche somma dagli amici, ed ero pronto a far l'affare utilizzando il margin, ossia quel sistema che permetteva di pagare soltanto il 10% del valore delle azioni acquistate. Dopo pochi mesi giravo con in tasca un milione di dollari in contanti, sempre pronto a fare altri affari, o a comprarmi una macchina solo perchè alla sera finito il lavoro avevo perso il vaporetto per andare a casa".
Lui era avvocato, ma la stessa cosa fece il lift dell'ascensore della Borsa. Lo racconta un agente di cambio -Stokes- ". "Non volle stare a guardare; iniziò a comprarmi qualche azione di Radio al mattino a 100 dollari e verso mezzogiorno le vendeva a 130. Così un giorno dopo l'altro, aumentando sempre di più il pacchetto, in pochi mesi era diventato milionario".
Poi c'era in "parco buoi" dei piccoli investitori (pensionati, casalinghe, studenti, apprendisti finanzieri, gente di ogni ceto sociale) che passavano la giornata in Borsa a seguire l'andamento dei titoli, come faceva il lift. A metà ottobre almeno un milione e mezzo di americani possedeva un suo consistente giardinetto e altri 20 milioni di americani qualche pacchetto di azioni in mano lo aveva.

Il 22 Ottobre, martedì, a inizio seduta quella "frangia scrollata di dosso" del giorno prima, aveva già allarmato alcuni speculatori che iniziarono a vendere. Intervenne allora il Mitchel citato già sopra (della Federal Reserve), che con un gruppo di banchieri decise di intervenire per frenare il ribasso acquistando alcuni corposi pacchetti per sostenere i corsi. L'allarme a fine seduta sembrava cessato.
Ma la mattina dopo, il 23 ottobre mercoledì, i primi a vendere furono alcuni operatori; quelli che operavano con i margin. Per non correre ulteriori rischi, cercavano di affrettarsi a incassare, correvano a vendere a rotta di collo per colmare l'enorme differenza che si andava creando di ora in ora fra il valore delle azioni comprate allo scoperto nei giorni precedenti (ancora da saldare) e la quotazione sempre più bassa del titolo che la telescrivente senza pietà registrava. A fine seduta qualcuno già ci aveva rimesso le penne, e nemmeno un miracolo sarebbe riuscito a tappare tutti i buchi di quel grande colabrodo che loro stessi con tanta disinvoltura avevano creato. Ma fuori pochi ancora sapevano del dramma che stava per compiersi. Ma la notizia iniziò a diffondersi, molti non dormirono la notte, la passarono a fare concitate telefonate (New York nel 1929 contava già 1.702.889 telefoni (6 volte l'intera Italia).

24 Ottobre - IL GIOVEDI NERO - Prima dell'apertura, ora molti sapevano, la notizia si era diffusa per tutta New York. Al mattino davanti alla Borsa si era radunata un gran rumorosa folla. Vera o falsa qualcuno sparse la voce che nella notte si erano già suicidati undici noti speculatori. Inizia il panico, la ressa, il timore di restare con le mosche in mano, inizia la psicosi della rovina.

"A metà mattinata c'era già il caos, dopo aver segnato un punto del non ritorno, si tocca il punto di collasso. Nell'aula della Borsa gli agenti cadevano in deliquio; altri uscivano dal palazzo urlando come presi da pazzia, mentre fuori, in Wall Street, la folla dei piccoli speculatori faceva ressa piangendo e gridando ad ogni notizia che segnava il polverizzarsi di patrimoni.
Il panico dei finanzieri era diventato isterismo e cupe tragedie spirituali seguivano alle tragedie materiali" (Ib.CorSera)

Il vocio di migliaia di persone davanti alla borsa era ormai diventato un chiasso assordante. Ma ad un tratto scese un gran silenzio dall'alto, un silenzio di tomba, tutti a guardare in su. Dal tetto di un palazzo di fronte di dieci piani, si sporgeva un uomo; un'altro suicidio? un'altra tragedia? un altro agente rovinato? Attimi di gelo nelle vene. Ma era semplicemente un carpentiere che si era affacciato per curiosità nel sentire tanto baccano. La psicosi del dramma aveva fatto il resto.

Ma il brutto doveva ancora accadere. Il giovedì era stato nero (ed è questo passato alla storia), ma è la giornata del martedì del 29 ottobre che fu infausto, e a distanza di anni economisti premi Nobel come Paul Samuelson preferiscono datare il collasso della Borsa in questo giorno, e non il 24.
Ma anche se gli economisti tra di loro non sono d'accordo sul cavillo cronologico, sono tutti d'accordo nel sostenere che dal 24 al 29 il più grave disastro finanziario della storia si poteva evitare. Economisti e politici approfondendo gli studi, additano i grandi cinici banchieri corresponsabili, se non proprio i colpevoli, del crack, e questo per la politica del credito facile da essi perseguita nei confronti della speculazione (8,5 miliardi di dollari prestati agli speculatori, ricavandoci ovviamente sempre congrui interessi; che sembravano da usurai, ma dagli speculatori accettati con imperturbabilità visto che compravano i titoli e pagavano con il margin solo il 10% ma che poi vendevano dopo poche ore al 100 per cento, per ricomprare con questi altri dieci stock di azioni sempre al 10%). Le voci più assurde e improbabili su certe company da tempo in crisi o addirittura fantasma, trovavano credito nei "polli" da spennare.

Ma dopo la mattinata nera del 24, i grandi banchieri cominciarono ad avere paura, i crediti rischiavano di essere inesigibili. Decisero così di intervenire. Negli uffici della Morgan Company, al numero 25 di Wall Street, alle 12 in punto, si riunirono i luminari del mondo bancario. La stampa era tutta in attesa fuori; poi il comunicato diffuso da Lamon, assicurava che i banchieri avevano deciso di intervenire per riequilibrare il mercato "il cui ribasso -disse- è solo dovuto a condizioni tecniche".... "è solo un vuoto d'aria che ha incontrato il mercato".
Ma nessuno comunica con quanto capitale i banchieri sarebbero intervenuti per salvare i corsi. Ci sono solo voci contrastanti, chi parla di 20-30 milioni di dollari, chi di 240 milioni.
Tuttavia la fiducia ricompare quando teatralmente (come messaggero del salvataggio) il remisier della banca Morgan, Whitney (che tutti in borsa conoscono) entra spavaldo nel salone delle contrattazioni, e inizia a piazzare ordini di acquisto nelle varie coirbelles. Contrariamente al regolamento degli operatori, platealmente fa ad ogni acquisto una sceneggiata, indicando senza riserbo i titoli e la quantità, in modo che tutti sentono e vedono.
Comunque la messinscena funzionò. Uscito Whitney, continuarono i suoi tori, i rialzisti, che calmarono le acque per qualche ora, ma alla chiusura del pomeriggio e anche il giorno dopo (venerdì 25) i salvataggi furono pochi e qualche milione di azioni trovarono altri "vuoti d'aria". Il sabato 26 mattina (allora si apriva il sabato, ma fino a mezzogiorno) la situazione era altrettanto inquieta anche se il N.Y.Times, ribaltando il punto di vista dei giorni precedenti, scriveva quanto abbiamo citato all'inizio ("le ns. potenti banche sono pronte, ed impediranno il panico"). A mezzogiorno la chiusura fu sotto l'insegna di una grande incertezza. Molti si chiesero se era stato obiettivo e sincero il N.Y. Times.

28 OTTOBRE Lunedì - Alla riapertura della Borsa proprio il N.Y. Times perde 49 punti. Sembrò una beffa, aveva parlato bene dei salvatori e intanto questi lo lasciavano affogare in un mare di svendite, e non era il solo, infatti su tutto il salone era ripiombata la tempesta. C'erano Agenti che mettevano in vendita stock di 10-50.000 azioni al colpo. "Volarono" via 9.250.000 azioni.
Si riunirono nuovamente i "salvatori", ma l'esito dell'incontro fu disastroso. Per la Borsa, ma non per i grandi Banchieri.
Il comunicato diffuso affermava che "non era loro compito sostenere i livelli dei prezzi" che "potevano contribuire a rendere ordinato lo svolgimento del mercato", e "assicurare che l'offerta trovi una controparte a un qualsiasi livello di prezzo". Liquidarono così la loro posizione.
Cioè rinunciava il consorzio a svolgere il compito che pochi giorni prima si era impegnato ad assolvere: di sostenere la quota azionaria. E si offriva -quando lo riteneva opportuno- di acquistare per quattro soldi i pacchi di titoli che più nessuno comprava ma che tutti vendevano, e sempre più a meno.
Avevano così deciso i banchieri di non far salire le azioni, ma semmai -aspettando come corvi- di giocare al ribasso. Loro erano i primi a sapere che tutta la borsa era un pallone gonfiato, anche perchè l'aria l'avevano fornita loro.

29 OTTOBRE GIOVEDI NERO - I banchieri avevano fatto i conti bene. Infatti alla riapertura le quotazioni iniziarono a scendere senza sosta, alcuni titoli non valevano più nemmeno il costo della carta con la quale erano stati stampati.
"Al mattino erano state buttate sul mercato 3.260.000 azioni, alle ore 12 il numero era di 8 milioni, alle ore 13,30 era salito a 12.600.000, all'ora di chiusura venne stabilito il nuovo primato degli scambi: 16.380.000 azioni, che si assommavano a quelle del giovedì (15.000.000) e con quelle di venerdì e sabato, toccavano l'impressionante totale di 48.617.700 azioni". (CorSera)
I colpi più duri li subirono i fondi di investimento; all'epoca chiamati Investment trust. Ma dietro a loro migliaia di istituti di credito che di fondi ne videro molti, ma quelli del barile ormai tutto raschiato, cioè vuoto.
-Una curiosità, il Mitchel citato già sopra (della Federal Reserve, ed anche presidente della National City Bank) il "grande ottimista" quello che diceva "che nulla poteva fermare il mercato positivo" ci rimise fino all'ultimo centesimo; andò in rovina.

Il consorzio di "salvataggio" scatenò così la "tempesta" del naufragio collettivo. Il giorno più devastante nella storia del mercato azionario di New York . Segnò l'inizio della "grande depressione". Gli Stati Uniti piombarono di colpo in una crisi senza precedenti. Alcuni giornalisti, economisti, storici, cavillarono per anni (e cavillano ancora oggi) per dire che l'origine non fu solo borsistica, ma che la recessione era già in atto, mentre altri indicano gli speculatori avventurieri la vera causa.
Nella prima ipotesi: allora perchè altri autorevoli economisti e perfino il Presidente, scrivevano pochi giorni prima le frasi con cui abbiamo aperto questa pagina? E la stampa le diffondeva. Non si erano accorti di nulla?

Nella seconda ipotesi: non c'erano solo gli avventurieri negli speculatori, ma grandi organizzazioni distributive, catene di grandi magazzini, strutture regionali di servizi pubblici, come acqua, gas, elettricità, trasporti, grandi e serissime banche, che pur già prosperando nel benessere, non contente, vollero entrare anche nella bassa speculazione. Anche qui nessuno si era accorto di nulla?

A parte i risparmiatori (queste cifre sono controverse, vanno da 5 milioni a 20 milioni di malcapitati); iniziò la reazione a catena dei fallimenti di Società finanziaria, Istituti di credito, Investment trust, aziende commerciali e industriali, piccoli e grandi commercianti, una strage che continuò per diversi anni. Milioni di persone non coinvolte pensarono che erano "cose da ricchi", non potevano certo supporre che le loro vite sarebbero state influenzate. Si sbagliavano, e di molto. Nel giro di qualche mese coinvolse tutti i settori, con riduzioni di posti di lavoro, di prezzi, chiusure improvvisa di banche, di fabbriche, di negozi, di servizi essenziali. E con la Borsa che continuò a fare altri tonfi, il 6 novembre con 37 punti, e l'11-12-13 novembre con altri 50 punti.

Nell'autunno del 1930 ci fu una vera e propria epidemia di fallimenti. A novembre fallirono 256 banche con depositi per 180 milioni di dollari; il mese dopo altre 352 prestigiosi istituti di credito con 370 milioni di depositi, poi fallì la più grande, la Bank of United State di N.Y, con più di 200 milioni di dollari di risparmi "volati via". Poi una nuova ondata di fallimenti nella successiva primavera, quando si incrociarono con la crisi americana le crisi di altri paesi europei per l'effetto del crollo, ma anche per egoismi atavici locali (vedi Francia e Inghilterra. Quest'ultima inizialmente si fregò le mani dalla contentezza, poi spregiudicatamente causò un'altro disastro; ma nel '38 )vedi più avanti) i dolori cominciarono anche in Gran Bretagna, anche se stava rifornendo di armi Hitler).

Ci sarà poi l'avvento alla Casa Bianca di Roosevelt, con il suo New Deal (pacchetto di leggi sociali ed economiche) che riuscì (ma sono controversi i giudizi) ad arrestare la grande depressione a partire dal 1934. L"assistenzialismo" fece anche miracoli, ma non sapremo mai quanto incise veramente nella ripresa dell'economia americana e quanto poteva ancora durare, perchè intervennero altre situazioni favorevoli. Come l'intervento degli Usa alla seconda guerra mondiale. Nel 1939, pur vivendo la popolazione statunitense un effettivo benessere, già superiore ad ogni altro paese, l'economia americana non si sarebbe veramente ripresa se non durante e dopo la seconda guerra mondiale. (vedi l'economia di guerra 1939-1945)
 
gio ha scritto:
Ciao
Ma l'hai scritto ru su qualche giornale oppure e' un copia incolla?
è un copia/incolla
...non ricordo da dove
è sempre istruttivo rileggerlo, soprattutto per quanto riguarda la parte antecedente al crollo
 
come mai l'hai scritto?
Pensi ad una piccola speculazione al ribasso nei prossimi giorni?
Oppure la rialzo?
 
pensavo che la lezione è :" per risollevare una recessione niente è meglio di una guerra!!"

gli americani penso che l abbiano capito; se ci fosse un rallentamento del ciclo subito in iran, anche se blair potrebbe bruciarli sul tempo!!! :D :D
:ciao:
 
Speriamo che cosi' non sia...
Una guerra non puo' che creare ulteriori odi e divisioni tra i vari popoli coinvolti.
 
Troppo tardi, non credo che gli americani siano più in grado di fare una guerra.
La recessione già iniziata.

I viennesi si accorsero, esterefatti, del crollo dell'impero austro-ungarico... il giorno dopo. Leggere "La cripta dei Cappuccini" di Roth.
 
se succedesse ancora metterebbero dei blocchi alle contrattazioni e la discesa sarà più graduale ma in ugual modo abbondante in + giorni.

il pomeriggio,mattina a New York,delle torri gemelle
bloccarono le contrattazioni per 2 gg e l'europa scendeva,poi il terzo giorno ws scendeva e l'europa saliva ...ma durò poco!
 

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