Claire
ἰοίην
Capitolo primo, in ritardo e fuori posto.
Miss Rondinella era, oltre che graziosa, un po’ matta (sarebbe più giusto dire pazzerella). Anche se andava ancora alla scuola per uccellini – dove il Pappagallo dava lezioni di religione – ed era così giovane che i suoi rispettabili genitori non le permettevano di uscire sola la sera, insieme ai suoi corteggiatori si dava grandi arie di indipendenza e si vantava di avere ottimi rapporti con tutti gli abitanti del parco. Era amica dei fiori e degli alberi, delle oche e delle galline, dei cani e dei sassi, dei colombi e del lago. Parlava con tutti, con aria di sufficienza, e non si rendeva conto di suscitare molte passioni.
Perfino il Reverendo Pappagallo, che sbandierava ai quattro venti la sua virtù e che tutti consideravano un mezzo prete per via del periodo passato in seminario, durante le lezioni le faceva gli occhi dolci.
Nonostante tutti questi omaggi, però, nella vita di Miss Rondinella c’era un’ombra: il Gatto Tigrato. O meglio, il fatto di non essere mai riuscita a parlare con lui. Quel tipo superbo e silenzioso, che si credeva chissà chi, le faceva venire il nervoso. Aveva preso l’abitudine di spiarlo mentre dormiva o prendeva il sole sul prato. Nascosta sul ramo di un albero, passava ore ad osservarlo e fantasticava sui motivi per cui il bruttone non se la faceva con nessuno. Ascoltava gli altri che parlavano male di lui, ma poi guardava il suo naso rosa, i suoi lunghi baffi e – non si sa perché – dubitava dei loro racconti. Le rondinelle sono così, non c’è niente da fare. Se cominciano ad avere dei dubbi, è impossibile far loro capire le verità più semplici, certe e provate. Sono cocciute, danno retta solo al loro cuore.
Il Gatto Tigrato, dunque, era l’ombra nella vita chiara e serena di Miss Rondinella. A volte, mentre cantava una delle belle canzoni imparate dall’Usignolo, lei si fermava perché vedeva (o indovinava) il gran corpo del Gatto che passava, diretto al suo angolo preferito. Allora si levava in aria, seguendolo lentamente, e un pomeriggio si era divertita a lanciargli dei pezzetti di legno sul dorso. Il Gatto dormiva e lei se ne stava nascosta tra le foglie degli alberi, ridendo ogni volta che un pezzetto di legno centrava la schiena del pigrone, che apriva un occhio e si guardava attorno. Subito, però, lo richiudeva, pensando che doveva trattarsi di qualche scherzo del vento. Ormai da molto tempo il Gatto Tigrato sapeva che non serve a nulla correre dietro al vento e prenderlo a zampate. La cosa migliore è lasciare che si stanchi dei suoi scherzi. Quel giorno, però, la cosa continuava e lui decise di andarsene. Anche Miss Rondinella se ne andò, felice di aver giocato uno scherzo al Gatto Tigrato.
Fu quello il giorno in cui ebbe il famoso colloquio con la Mucca Mocha. La Mucca Mocha era una delle personalità più importanti del parco. Godeva di un prestigio quasi uguale a quello della Vecchia Civetta. Era tranquilla, addirittura solenne, molto cauta, carica di titoli nobiliari e discendente di un toro argentino di nome Rachel Pucio. Però aveva anche un carattere vendicativo e un umore instabile. Tenerissima con quelli che amava – era molto amica, ad esempio, della coppia di oche – brusca e violenta con chi non le piaceva, come la Mosca Cavallina, i cani e soprattutto il Gatto Tigrato.
Il Gatto Tigrato non le piaceva perché, essendo lei un personaggio altamente rispettabile e d sangue aristocratico, un una certa occasione ormai piuttosto lontana si era ritenuta gravemente offesa dal misero felino. Bisogna dire, infatti, che nonostante la sua circospezione la Mucca Mocha amava, qualche volta, fare dell’ironia. E così una volta, incontrando il Gatto Tigrato nel recinto degli animali (sicuramente ci era andato con la speranza di rubare un po’ di latte), gli aveva detto, un po’ per scherzo, un po’ per disprezzo:
“Così piccolino e già con i baffi!”
E il Gatto, con imperdonabile mancanza di rispetto, ebbe il coraggio di risponderle:
“Così cicciona, eppure senza reggipetto!”
La Mucca Mocha stava per assestargli un calcio, ma il Gatto era già lontano e rideva tra sé con la sua risatina malvagia. Il parco intero fu dell’opinione che la Mucca Mocha era stata terribilmente insultata e quella sera stessa molte famiglie andarono a farle visita per dimostrarle la loro solidarietà, visto che lei piangeva ininterrottamente, affranta. Primo fra tutti arrivò il Reverendo Pappagallo, che si ubriacò e divertì gli altri visitatori raccontando le barzellette imparate nella cucina del seminario. Anche la Mucca Mocha smise di piangere e iniziò a ridere, ma poi pianse di nuovo, stavolta per il troppo ridere.
Quando la Rondinella le raccontò in che modo aveva passato il pomeriggio, la Mucca Mocha si dispiacque che lei avesse tirato in testa al Gatto solo qualche pezzetto di legno, invece che sassi grandi così: almeno l’avrebbe fatta finita una volta per tutte. Ma quando la piccola Miss, inorridita per l’idea sanguinaria, le confessò di aver gettato i legnetti solo per poter attaccare bottone col Gatto, toccò alla Mucca inorridire:
“Parlare col Gatto? Davvero ci tieni, pazza che sei? Dio mio, non fare la stupida!”
Poi continuò:
“Allora non sai che quello è un gatto, un gatto cattivo, e che una rondinella rischia di compromettere l’onore della famiglia, se per caso ha a che fare con lui o se soltanto lo saluta? E che i gatti sono i peggiori nemici delle rondini, tanto è vero che molte delle tue parenti sono morte tra le unghie di gatti come quello, tigrati o non tigrati?”
E via con la predica. Come poteva pensare, rondinella pazza, di andare contro una tradizione antica e di disobbedire a regole consacrate dal tempo, facendo un simile sgarbo agi amici e dando un tale dispiacere ai suoi genitori?
“Ma non mi ha fatto niente…”
“E’ un gatto, e per di più tigrato!”
“E anche se è un gatto per di più tigrato? Ha un cuore come noi…”
“Cuore?” si indignò la Mucca Mocha, che come possiamo vedere si arrabbiava facilmente. “Chi te lo ha detto, che ha un cuore? Chi?”
“Io veramente pensavo…”
“L’hai visto, il suo cuore? Avanti, dillo!”
“Vederlo, non l’ho visto.”
“E allora?”
Andò avanti per un pezzo. Raccontò quel che lui le aveva fatto e, ricordando l’insulto, sparse qualche lacrimuccia. Poi altri consigli, altre raccomandazioni: i consigli erano la sua specialità. Infine due o tre regole di buona creanza, piene di moralità un po’ rancida. Le spiegò come deve comportarsi una giovane rondine in età da marito, cosa può fare e cosa non può fare. Prima di tutto, non deve parlare con i gatti e specialmente col Gatto Tigrato.
Miss Rondinella ascoltò attentamente, perché era bene educata, e si fece triste. Non avrebbe dovuto parlare col Gatto, era stata una cattiva idea. La ragione stava certamente dalla parte della Mucca: lei aveva esperienza e una voce così nobile e calda! Solo che la Rondinella, cocciuta, non riusciva a capire perché fosse un peccato così grave parlare col Gatto. Comunque giurò alla Mucca che non avrebbe mai più lasciato cadere pezzetti di legno sul dorso giallo e nero del Gatto Tigrato, e che non le sarebbe più venuto in mente di parlare con lui.
Ma giuramento di rondinella non vale granché, e non bisogna credergli troppo. Figurarsi, poi, il giuramento di una rondinella giovane, con la testa calda e l’anima avventurosa. Sono sicuro che mentre giurava sapeva già che non avrebbe mantenuto il giuramento. Continuò a spiare il Gatto. Non gli tirò mai più pezzetti di legno, ma non per via del giuramento: solo per paura che lui se ne andasse, convinto che il vento gli stesse facendo uno scherzo. E così era andata a spiarlo tutti i giorni, finché, il giorno in cui arrivò la primavera…
Qui finisce il primo capitolo. Ora torniamo alla storia, proprio nel punto in cui l’abbiamo lasciata.
Miss Rondinella era, oltre che graziosa, un po’ matta (sarebbe più giusto dire pazzerella). Anche se andava ancora alla scuola per uccellini – dove il Pappagallo dava lezioni di religione – ed era così giovane che i suoi rispettabili genitori non le permettevano di uscire sola la sera, insieme ai suoi corteggiatori si dava grandi arie di indipendenza e si vantava di avere ottimi rapporti con tutti gli abitanti del parco. Era amica dei fiori e degli alberi, delle oche e delle galline, dei cani e dei sassi, dei colombi e del lago. Parlava con tutti, con aria di sufficienza, e non si rendeva conto di suscitare molte passioni.
Perfino il Reverendo Pappagallo, che sbandierava ai quattro venti la sua virtù e che tutti consideravano un mezzo prete per via del periodo passato in seminario, durante le lezioni le faceva gli occhi dolci.
Nonostante tutti questi omaggi, però, nella vita di Miss Rondinella c’era un’ombra: il Gatto Tigrato. O meglio, il fatto di non essere mai riuscita a parlare con lui. Quel tipo superbo e silenzioso, che si credeva chissà chi, le faceva venire il nervoso. Aveva preso l’abitudine di spiarlo mentre dormiva o prendeva il sole sul prato. Nascosta sul ramo di un albero, passava ore ad osservarlo e fantasticava sui motivi per cui il bruttone non se la faceva con nessuno. Ascoltava gli altri che parlavano male di lui, ma poi guardava il suo naso rosa, i suoi lunghi baffi e – non si sa perché – dubitava dei loro racconti. Le rondinelle sono così, non c’è niente da fare. Se cominciano ad avere dei dubbi, è impossibile far loro capire le verità più semplici, certe e provate. Sono cocciute, danno retta solo al loro cuore.
Il Gatto Tigrato, dunque, era l’ombra nella vita chiara e serena di Miss Rondinella. A volte, mentre cantava una delle belle canzoni imparate dall’Usignolo, lei si fermava perché vedeva (o indovinava) il gran corpo del Gatto che passava, diretto al suo angolo preferito. Allora si levava in aria, seguendolo lentamente, e un pomeriggio si era divertita a lanciargli dei pezzetti di legno sul dorso. Il Gatto dormiva e lei se ne stava nascosta tra le foglie degli alberi, ridendo ogni volta che un pezzetto di legno centrava la schiena del pigrone, che apriva un occhio e si guardava attorno. Subito, però, lo richiudeva, pensando che doveva trattarsi di qualche scherzo del vento. Ormai da molto tempo il Gatto Tigrato sapeva che non serve a nulla correre dietro al vento e prenderlo a zampate. La cosa migliore è lasciare che si stanchi dei suoi scherzi. Quel giorno, però, la cosa continuava e lui decise di andarsene. Anche Miss Rondinella se ne andò, felice di aver giocato uno scherzo al Gatto Tigrato.
Fu quello il giorno in cui ebbe il famoso colloquio con la Mucca Mocha. La Mucca Mocha era una delle personalità più importanti del parco. Godeva di un prestigio quasi uguale a quello della Vecchia Civetta. Era tranquilla, addirittura solenne, molto cauta, carica di titoli nobiliari e discendente di un toro argentino di nome Rachel Pucio. Però aveva anche un carattere vendicativo e un umore instabile. Tenerissima con quelli che amava – era molto amica, ad esempio, della coppia di oche – brusca e violenta con chi non le piaceva, come la Mosca Cavallina, i cani e soprattutto il Gatto Tigrato.
Il Gatto Tigrato non le piaceva perché, essendo lei un personaggio altamente rispettabile e d sangue aristocratico, un una certa occasione ormai piuttosto lontana si era ritenuta gravemente offesa dal misero felino. Bisogna dire, infatti, che nonostante la sua circospezione la Mucca Mocha amava, qualche volta, fare dell’ironia. E così una volta, incontrando il Gatto Tigrato nel recinto degli animali (sicuramente ci era andato con la speranza di rubare un po’ di latte), gli aveva detto, un po’ per scherzo, un po’ per disprezzo:
“Così piccolino e già con i baffi!”
E il Gatto, con imperdonabile mancanza di rispetto, ebbe il coraggio di risponderle:
“Così cicciona, eppure senza reggipetto!”
La Mucca Mocha stava per assestargli un calcio, ma il Gatto era già lontano e rideva tra sé con la sua risatina malvagia. Il parco intero fu dell’opinione che la Mucca Mocha era stata terribilmente insultata e quella sera stessa molte famiglie andarono a farle visita per dimostrarle la loro solidarietà, visto che lei piangeva ininterrottamente, affranta. Primo fra tutti arrivò il Reverendo Pappagallo, che si ubriacò e divertì gli altri visitatori raccontando le barzellette imparate nella cucina del seminario. Anche la Mucca Mocha smise di piangere e iniziò a ridere, ma poi pianse di nuovo, stavolta per il troppo ridere.
Quando la Rondinella le raccontò in che modo aveva passato il pomeriggio, la Mucca Mocha si dispiacque che lei avesse tirato in testa al Gatto solo qualche pezzetto di legno, invece che sassi grandi così: almeno l’avrebbe fatta finita una volta per tutte. Ma quando la piccola Miss, inorridita per l’idea sanguinaria, le confessò di aver gettato i legnetti solo per poter attaccare bottone col Gatto, toccò alla Mucca inorridire:
“Parlare col Gatto? Davvero ci tieni, pazza che sei? Dio mio, non fare la stupida!”
Poi continuò:
“Allora non sai che quello è un gatto, un gatto cattivo, e che una rondinella rischia di compromettere l’onore della famiglia, se per caso ha a che fare con lui o se soltanto lo saluta? E che i gatti sono i peggiori nemici delle rondini, tanto è vero che molte delle tue parenti sono morte tra le unghie di gatti come quello, tigrati o non tigrati?”
E via con la predica. Come poteva pensare, rondinella pazza, di andare contro una tradizione antica e di disobbedire a regole consacrate dal tempo, facendo un simile sgarbo agi amici e dando un tale dispiacere ai suoi genitori?
“Ma non mi ha fatto niente…”
“E’ un gatto, e per di più tigrato!”
“E anche se è un gatto per di più tigrato? Ha un cuore come noi…”
“Cuore?” si indignò la Mucca Mocha, che come possiamo vedere si arrabbiava facilmente. “Chi te lo ha detto, che ha un cuore? Chi?”
“Io veramente pensavo…”
“L’hai visto, il suo cuore? Avanti, dillo!”
“Vederlo, non l’ho visto.”
“E allora?”
Andò avanti per un pezzo. Raccontò quel che lui le aveva fatto e, ricordando l’insulto, sparse qualche lacrimuccia. Poi altri consigli, altre raccomandazioni: i consigli erano la sua specialità. Infine due o tre regole di buona creanza, piene di moralità un po’ rancida. Le spiegò come deve comportarsi una giovane rondine in età da marito, cosa può fare e cosa non può fare. Prima di tutto, non deve parlare con i gatti e specialmente col Gatto Tigrato.
Miss Rondinella ascoltò attentamente, perché era bene educata, e si fece triste. Non avrebbe dovuto parlare col Gatto, era stata una cattiva idea. La ragione stava certamente dalla parte della Mucca: lei aveva esperienza e una voce così nobile e calda! Solo che la Rondinella, cocciuta, non riusciva a capire perché fosse un peccato così grave parlare col Gatto. Comunque giurò alla Mucca che non avrebbe mai più lasciato cadere pezzetti di legno sul dorso giallo e nero del Gatto Tigrato, e che non le sarebbe più venuto in mente di parlare con lui.
Ma giuramento di rondinella non vale granché, e non bisogna credergli troppo. Figurarsi, poi, il giuramento di una rondinella giovane, con la testa calda e l’anima avventurosa. Sono sicuro che mentre giurava sapeva già che non avrebbe mantenuto il giuramento. Continuò a spiare il Gatto. Non gli tirò mai più pezzetti di legno, ma non per via del giuramento: solo per paura che lui se ne andasse, convinto che il vento gli stesse facendo uno scherzo. E così era andata a spiarlo tutti i giorni, finché, il giorno in cui arrivò la primavera…
Qui finisce il primo capitolo. Ora torniamo alla storia, proprio nel punto in cui l’abbiamo lasciata.