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Beppe Grillo, l’impeachment a Napolitano è finzione. Conversazione segreta shock con i 5 Stelle
Il Fatto Quotidiano riporta una conversazione segreta tra Grillo e i suoi parlamentari. Sul piatto, la questione immigrazione, lo scontro con Napolitano, le strategie politiche.
“I deputati sono spiazzati. Lo guardano in piedi con le mani sudate per cercare di dire ad alta voce i malumori covati per giorni. Ma Grillo è comprensivo e i dissidenti non osano parlare. Qualcuno trova il coraggio di chiedere più chiarimenti”. Con queste parole il Fatto Quotidiano illustra il clima che si è respirato ieri in un aula del Senato, durante una riunione tra i parlamentari e Beppe Grillo.Riunione segreta, ma fino a un certo punto visto che uno dei giornalisti di Padellaro e Travaglio è riuscito a carpire la conversazione e riportarla sul giornale.
L’immagine del guru di Genova che emerge non è delle migliori. Grillo spiega il senso di alcune mosse ma i parlamentari rimangono di stucco. La maggior parte delle cose che il comico dice o fa ha un solo scopo: la conquista del consenso. Sicché la richiesta di impeachment a Napolitano diventa “una finzione” e la piattaforma online uno strumento sondaggistico per seguire l’onda del malcontento popolare. Rimane però un particolare da capire e che nell’articolo non viene minimamente accennato: come ha fatto il giornalista ad ascoltare la conversazione? Una domanda che può potenzialmente mettere in dubbio la veridicità del testo.
Le confessioni di Grillo
Il discorso di Grillo ai suoi fa paradossalmente emerge un’immagine di sé e del Movimento incredibilmente simile a quella propagandata da Pd e Pdl. Secondo i partiti, il comico genovese è un populista che si occupa solo di parlare alla pancia della gente e mette in secondo piano il bene collettivo. Una tesi, questa, che sembra corroborata dallo stesso Grillo, che ai suoi parlamentari rivela: “Noi parliamo alla pancia della gente. Siamo populisti veri. Non dobbiamo mica vergognarci. Quelli che ci giudicano hanno bisogno di situazioni chiare”.
Non solo, il leader genovese è accusato di essere più politico dei politici, di prodigarsi in tatticismi e trucchetti di varia natura. Magari è falso, ma lo stesso Grillo confessa: “Prendete l’impeachment di Napolitano. Molti di voi forse non sono d’accordo, lo capisco. Ma è una finzione politica. E basta. Non possiamo dire che ha tradito la Costituzione. Però diamo una direttiva precisa contro una persona che non rappresenta più la totalità degli italiani. Noi siamo la pancia della gente”.
Il “regime” accusa Grillo di essere violento? Lui lo dichiara apertamente ai suoi, e ne spiega anche il motivo: “Abbiamo raddrizzato la situazione, siamo stati violenti per far capire alla gente”.
Il rapporto con i parlamentari
Un’altra accusa che i partiti tradizionali muovono all’universo grillino è la presunta obbligatorietà di rendere conto al “capo” di quello che si fa e che si dice. Un’accusa, questa, infondata visto che Grillo si lamenta proprio del contrario. Lo fa in riferimento alla questione dell’emendamento sul reato di clandestinità: “Questa cosa non deve più accadere. C’è stato un errore di comunicazione. È brutto. Perché l’emendamento è stato un mese lì e non ne sapevamo nulla. Avreste dovuto avvisare” anche se poi ammette “Non devo decidere io”.
A questo punto la strategia politica, stando alle evidenze raccolte dal Fatto, è chiara: dire alla gente quello che vuole sentirsi dire e raccogliere consensi. Sicché anche la piattaforma online per la partecipazione diretta non serve a inserire il cittadino nel meccanismo legislativa (almeno non solo a quello), ma solo per vedere “l’andazzo” della rete, come si fa con i sondaggi, e agire di conseguenza. “Per questo abbiamo presentato l’applicazione per la partecipazione diretta. Così quando c’è qualche proposta che non avevamo nel programma, la mettiamo online e vediamo l’andazzo”.
Alcuni parlamentari non la prendono bene; Stefano Vignaroli rileva: “Prima non era così. Andavamo sul palco e ci dicevi di parlare delle cose che ci appassionano”. Ma la paura di Grillo è una: essere considerato di sinistra: “Se andiamo a sinistra siamo rovinati”. Qualcuno, riporta sempre il fatto, si chiede: “Non è che per non finire nell’ala di sinistra scivoliamo a destra?”
di Giuseppe Briganti