COMUNQUE... ANCHE iO AVREI SEGUITO CIECAMENTE UN UOMO CAPACE DI TRASFORMARE

ISIS TOYOTA gli Stati Uniti hanno chiesto a Toyota i motivi per cui i terroristi del sedicente califfato islamico guidino spesso i pick-up e i truck realizzati dalla casa giapponese. Il colosso automobilistico ha rimarcato di non poter tracciare l’eventuale vendita illegale dei suoi modelli. :lol::lol::lol:
 
ISIS TOYOTA gli Stati Uniti hanno chiesto a Toyota i motivi per cui i terroristi del sedicente califfato islamico guidino spesso i pick-up e i truck realizzati dalla casa giapponese. Il colosso automobilistico ha rimarcato di non poter tracciare l’eventuale vendita illegale dei suoi modelli. :lol::lol::lol:

Se erano della volksvgen a quest ora erano tutti asmatici :D
 
L’avvicinamento all’Islam di Buttafuoco, o sedicente conversione che dir si voglia, ci lascia perplessi.

Non tanto perché non lo si immagina a pregare cinque volte al giorno, andare il venerdì in Moschea ai Parioli, digiunare nel tempo del ramadan, rinunciare alle bevande alcoliche e al prosciutto iberico.

Quanto perché sembra essere, nel leggere il suo libro “il feroce saracino” edito da Bompiani, più che altro un vezzo intellettuale.
Più volte interpellato sul suo personale percorso interiore e sollecitato a chiarire pubblicamente se si tratta di una conversione Pietrangelo Buttafuoco ha voluto sottolineare di non essersi convertito a niente ma di essere rimasto nella “Tradizione”.


Le radici del nostro paese possono essere al massimo romane e greche, pagane se si vuole, ma non certo possiamo rifarci a tutte le tradizioni lasciate nei secoli dai vari conquistatori che si sono succeduti.

Anche la stessa Sicilia, che si vorrebbe come esempio della dominazione islamica, ha invece ancora intatta tutta la bellezza che fu della Magna Grecia.

Davvero possiamo pensare che una religione nata seicento anni dopo Cristo possa costituire la tradizione italica?

E gli ottocento martiri di Otranto, recentemente santificati dalla Chiesa, uccisi dai turchi per non aver rinnegato la fede Cristiana? Dove li mettiamo?


Non c’è stato alcun cambiamento di atteggiamento da parte degli italiani nei confronti dell’Islam, atteggiamento che nei secoli è stato sempre timoroso.

Non è stata la minaccia terroristica degli estremisti islamici, come sostiene invece Buttafuoco, ad aver reso gli italiani sempre più diffidenti verso la religione musulmana.



A sostegno della sua tesi Buttafuoco fa un excursus sul Turco Napoletano di Totò, sulla canzone ‘O Sarracino di Renato Carosone e quant’altro.

Ma questi esempi non possono bastare a fare dell’Islam la nostra tradizione così come non può bastare l’esempio di Palermo, città che nel passato di dominazione araba si dice avesse più di trecento moschee.

La popolazione era prigioniera degli invasori saraceni; da tutta la Sicilia, come raccontano studi approfonditi, gli abitanti venivano trasferiti a Palermo per essere inviati in Africa come schiavi.


Ma allora i bizantini, e i normanni? E tutti i biondi con occhi celesti del sud Italia? Dovremmo forse spostare le nostre tradizioni nei balli celtici?
 
La notizia, ormai, è stata assimilata da tutti.
Quello che sul web è già chiamato il “dieselgate” è entrato nell’immaginario collettivo creando diverse fazioni opposte di “opinionisti” da tastiera: i “ben gli sta ai crucchi” e i “tu guarda, gli USA attaccano la Germania per…” con in mezzo gli “antitaliani” che sentenziano che “se è successo a VolksWagen figurati a Fiat”, eccetera.
Cosa sia successo veramente, però, è passato un po’ in secondo piano, anche per la sintesi imposta dagli spazi nei notiziari, e il clamore suscitato dalla vicenda unito al nome, prestigioso, coinvolto ha contribuito ad annebbiare i fatti a fronte di interpretazioni quasi mitopoietiche.
Sarebbe bene, innanzitutto, sottolineare che si sta parlando di automobili alimentate a gasolio, spinte da quei motori common rail che hanno fatto la fortuna di questa categoria di autovetture negli ultimi vent’anni.
La tecnologia utilizzata è tutta di origine italiana, dei laboratori Fiat, per intenderci, che idearono e svilupparono il sistema di propulsione per, poi, cedere il brevetto per l’industrializzazione a Bosch che lo distribuì a tutti i maggiori produttori di motori al mondo.
 
Fu così che, subito dopo il JTD Fiat, montato inizialmente sull’Alfa Romeo 156, arrivò il TDI VW.
La storia riferibile allo scandalo che si sta osservando in questi giorni, però, non dipende dalla base tecnologica dei motori e, soprattutto, non è cosa nuova ma risale a diverso tempo fa.

Fin dal 2009 Volkswagen pare abbia inserito un particolare codice, nelle centraline dei suoi veicoli, per rilevare la sequenza dei movimenti di pedali e sterzo solitamente effettuati da chi realizza i test per le emissioni. Qualora il software rilevasse la sequenza prevista, il sistema ridurrebbe le prestazioni del motore e altri parametri per fare risultare le emissioni in linea con i dettati di legge, rendendo un risultato difforme da quello che, effettivamente, si otterrebbe con una prova su strada
In questo modo i controlli sono stati elusi per anni, permettendo notevoli risparmi nello sviluppo di sistemi meno inquinanti e consentendo, perciò, maggiori margini di guadagno su ogni nuovo modello.

Tutto questo è durato finché una serie di test, effettuati da un gruppo indipendente, l’International Council on Clean Transportation, unitamente ai ricercatori della West Virginia University con lo scopo dichiarato di raccogliere dati per spingere i legislatori europei a emulare i severi standard americani sulle emissioni di monossido di azoto, ha permesso di scoprire che il modello esaminato, una VW Jetta, emetteva quantità di ossidi di azoto 35 volte superiori ai limiti di legge, ben di più di quanto rilevato in laboratorio.
 
35 volte sti cazzi :bow: mica sono dilettanti
Fu così che, subito dopo il JTD Fiat, montato inizialmente sull’Alfa Romeo 156, arrivò il TDI VW.
La storia riferibile allo scandalo che si sta osservando in questi giorni, però, non dipende dalla base tecnologica dei motori e, soprattutto, non è cosa nuova ma risale a diverso tempo fa.

Fin dal 2009 Volkswagen pare abbia inserito un particolare codice, nelle centraline dei suoi veicoli, per rilevare la sequenza dei movimenti di pedali e sterzo solitamente effettuati da chi realizza i test per le emissioni. Qualora il software rilevasse la sequenza prevista, il sistema ridurrebbe le prestazioni del motore e altri parametri per fare risultare le emissioni in linea con i dettati di legge, rendendo un risultato difforme da quello che, effettivamente, si otterrebbe con una prova su strada
In questo modo i controlli sono stati elusi per anni, permettendo notevoli risparmi nello sviluppo di sistemi meno inquinanti e consentendo, perciò, maggiori margini di guadagno su ogni nuovo modello.

Tutto questo è durato finché una serie di test, effettuati da un gruppo indipendente, l’International Council on Clean Transportation, unitamente ai ricercatori della West Virginia University con lo scopo dichiarato di raccogliere dati per spingere i legislatori europei a emulare i severi standard americani sulle emissioni di monossido di azoto, ha permesso di scoprire che il modello esaminato, una VW Jetta, emetteva quantità di ossidi di azoto 35 volte superiori ai limiti di legge, ben di più di quanto rilevato in laboratorio.
 
Nel maggio dello scorso anno, lo United States Environmental Protection Agency (EPA, da noi, sic, divenuta celebre con il film dei Simpson) informò Volkswagen del problema e impose di indagare sul caso e di risolverlo.

Nonostante la Casa tedesca avesse indicato la ricezione della segnalazione e la successiva risoluzione del problema; nuovi test condotti su diversi modelli di successo sul mercato USA e venduti nello scorso quinquennio hanno condotto ai medesimi risultati delle prove precedenti.
Inizialmente l’Azienda attribuì i problemi a degli inconvenienti tecnici ma, in seguito, ammise che alcuni sistemi di bordo falsavano i test sulle emissioni nocive.

Venerdì 18 settembre scorso, quindi, l’EPA ha formalizzato le sue accuse nei confronti di Volkswagen, accusando la casa di Wolfsburg di montare sui suoi modelli più venduti un software in grado di contraffare i test per mascherare emissioni tra le 10 e le 40 volte superiori rispetto ai limiti imposti.

Questo è quanto è successo finora e nulla più.

Si tratta, evidentemente, di una frode industriale per aggirare leggi che imporrebbero costi di produzione molto più elevati rispetto a quanto effettivamente sostenuto finora e l’obbiettivo finale potrebbe essere solo quello di massimizzare il MOL aziendale e di lì ottenere un vantaggio sia per le casse di VolksWagen sia per gli shareholders, non c’è alcun complotto in merito da parte della Germania, che pur possedendo circa il 20% del pacchetto azionario tramite il Land della Bassa Sassonia, rappresenta un socio di minoranza dell’Azienda, stabilmente in mano alla famiglia Porsche-Piëch.
Un peccato per chi già pensasse a tentativi egemonici di un ventilato IV Reich.

Un dispiacere similare coglierà gli strenui difensori del mondo teutonico, poiché il caso è stato scoperto quasi per caso, come indicato poc’anzi e già segnalato per tempo all’Azienda per porre rimedio a un eventuale problema tecnico, cosa che non era in effetti.
In più nel corso degli anni sono stati sanzionati diversi gruppi dai Bureau a stelle e strisce, cosa che esclude un’eventuale mossa per ricattare lo stato tedesco per un qualsivoglia motivo.
 
-nel 2008 Ford dovette richiamare 12 milioni di autoveicoli per un problema di surriscaldamento dell’interruttore;
-nel 2012 Toyota fu obbligata a richiamare 10 milioni di autoveicoli perché il tappetino delle auto bloccava l’acceleratore (!);
-nel 2014 General Motors, per problemi al sistema di accensione, fu costretta a richiamare oltre 7 milioni di veicoli
-nel 2014 a Hyundai e Kia fu somministrata una sanzione di 750 milioni per aver dichiarato dati fasulli sui consumi dei loro prodotti.
Questi sono i casi più recenti e coinvolgono due case americane, una giapponese e due sudcoreane, chi potrebbe sospettare un complotto anti tedesco, quindi?
Domanda retorica, basta fare un giro sul web per trovarne a iosa in compagnia dell’altra fazione già indicata qualche riga fa. Siamo in Italia, infatti, e insieme agli CT del dopo partita abbiamo anche i politici da bar ma questa è una storia già narrata.


Un ultima precisazione, però, andrebbe fatta su questo caso.
 
In alcuni commenti, anche autorevoli, che circolano sulla vicenda si vuole indicare VW come una vittima di regolamentazioni assurde e dell’azione fin troppo invasiva dello stato in campo economico industriale.

È vero che la normativa sulle emissioni inquinante sia piuttosto penalizzante per i produttori, sia in USA sia in Europa, come è vero che, probabilmente, si è giunti al limite tecnologico che impedirà ulteriori miglioramenti nell’emissione dei gas di scarico da un motore a combustione ma è anche altrettanto vero che in un mercato concorrenziale, esistendo delle regole valide su tutti i competitor, queste vadano rispettate e bisogna che siano fatte rispettare, punendo i trasgressori.

Se VW avesse imbrogliato, così come se qualsiasi altra Casa produttrice l’avesse imitata, deve essere sanzionata e duramente.
Se, invece, i trasgressori fossero tutti i competitor allora sarebbe la norma ad essere errata, perché, probabilmente, imporrebbe degli standard impossibili, e dovrebbe essere cambiata ma non pare sia questo il caso.
 

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