Pare che l’indignazione riguardo la soppressione dei diritti, il calpestamento delle libertà individuali e collettive sia questione di pochi.
L’ossessivo senso claustrofobico calato nelle nostre esistenze viene di fatto accettato come normalità.
Il diritto alla salute, al lavoro, ad esprimere una propria opinione, a disporre del proprio corpo, alla dignità di uomo, eccetera, e alle libertà che l’esecuzione piena, fattiva di questi diritti comportano, sono ridotte a cose nel mondo delle cose: fungibili, destinate all’obsolescenza.
La maggioranza, la massa a-storica, impegnata nell’attuale evento distraente, non si sente parte offesa.
Günther Anders affermava che la libertà è la possibilità di percepire la mancanza di libertà.
Come dargli torto?