Mentre la situazione cecena è da sempre la più complessa nel panorama russo,
esistono movimenti secessionisti nella maggior parte delle repubbliche, pur non essendo in genere molto forti. All’interno della Costituzione non è specificato se una Repubblica possa legalmente separarsi dalla Federazione.
Con l’annessione della Crimea nel 2014, Putin fece introdurre, attraverso la Duma, una legge per sanzionare chi chiedeva la separazione di qualsiasi parte del paese. Mentre le forze russe si muovono in Ucraina anche la situazione interna in alcune aree rimane da monitorare per Putin, nell’ottica della sua politica di centralizzazione del potere e per completare la sua visione ispirata alla Russia Imperiale degli zar.
Molto interessante la parte finale: passando con il mouse sulla cartina si ha il dettaglio delle etnie e delle minoranze e spesso delle maggioranze non russofone.
1)
La Federazione Russa ingloba al suo interno, tra le 85 entità federali in cui è suddivisa, 22 Repubbliche.
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Da quando è al potere il Presidente russo ha usato i conflitti per regolare le relazioni internazionali con i paesi confinanti e con l'Occidente
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2) Ebbe gioco facile a riaprire le ostilità anche per via degli
attentati esplosivi che colpirono tra il 4 e il 16 settembre diverse edifici residenziali a Mosca e nelle città meridionali di Buynaksk e Volgodonsk. I morti furono 307. Alcune evidenze suggerirono che a mettere le bombe sarebbe stato il servizio segreto federale, per incolpare gli insorti ceceni. Tra chi supportò questa versione dei fatti ci furono la giornalista
Anna Politkovskaya, uccisa a colpi di pistola nell’ascensore del suo condominio il 7 ottobre 2006, e l’ex agente segreto Alexander Litvinenko, morto per avvelenamento il 4 dicembre dello stesso anno.
3) Il
1 ottobre 1999 iniziò una
nuova offensiva di terra e di aria sulla Cecenia, e fu
feroce, brutale. I militari russi non si facevano scrupoli a colpire la popolazione civile. L’episodio più noto avvenne il 21 ottobre, quando un missile russo bersagliò il
mercato della capitale cecena Grozny: morirono 140 persone, tra cui donne e bambini, centinaia furono ferite. Otto giorni dopo un aereo russo
bombardò un convoglio di profughi, tra i 25 morti c’erano volontari della croce rossa e giornalisti. Emersero racconti di
stupri e violenze sulla popolazione civile, di stragi a sangue freddo.
4) Le polemiche sulle violazioni dei diritti umani in Cecenia andarono avanti per qualche tempo, ma
la Comunità internazionale non intraprese alcuna azione a riguardo. Non c’è da stupirsi. Il Caucaso non era infatti l’unico scenario bellico che vedeva impegnata la Russia: da un anno faceva parte, insieme ai paesi Nato, della
Kosovo Force (Kfor), l’operazione di peacekeeping nell’ultima delle guerre balcaniche iniziate quasi un decennio prima. I paesi atlantici, tuttavia, sostenevano le aspirazioni indipendentiste della popolazione di etnia albanese, mentre Mosca, nonostante la poca simpatia per l’allora presidente jugoslavo Milosevic, ha da sempre un forte legame con la Serbia, in virtù della comune fede ortodossa ma non solo.
Inimicarsi il Cremlino in quel momento avrebbe significato tornare a incendiare lo scacchiere balcanico, l’Occidente non poteva permetterselo. Insomma, Putin potè usare la partecipazione a una guerra che coinvolgeva la comunità internazionale per aver le
mani libere nel conflitto ai propri confini meridionali.
5) La
Georgia, che faceva parte della Comunità degli stati indipendenti, l’organizzazione internazionale che raggruppava buona parte delle ex repubbliche sovietiche, cercava da tempo di affrancarsi dall’influenza di Mosca, ma doveva fare i conti con le regioni russofile dell’
Abkhazia dell
’Ossezia del Sud, con cui vigeva un precario cessate il fuoco dopo tre anni di scontri terminati nel 1994 e che nel frattempo avevano raggiunto un’autonomia de facto.
La notte del
7 agosto 2008 la Georgia bombardò la capitale sud-osseta Tskhinvali provocando centinaia di morti e enormi distruzioni. L’indomani
Mosca intervenne a fianco dei secessionisti e la Georgia dichiarò lo stato di guerra, nei giorni successivi il conflitto si allargò in Abkhazia. Con la mediazione dell’allora presidente francese Nicolas Sarkozy il 12 agosto fu raggiunto l’accordo per il cessate il fuoco. Due settimane dopo
Mosca riconobbe l’indipendenza delle due repubbliche separatiste,
facendo leva sul riconoscimento del Kosovo di pochi mesi prima da parte di numerosi stati: di nuovo, Putin si avvalse di quel che avveniva nel conflitto balcanico per rafforzare la sua posizione nel Caucaso.
Putin si ricandidò alla presidenza alle elezioni del
4 marzo 2012, vincendole con il 64% dei voti.
Da allora è sempre stato presidente, due anni fa ha anche ottenuto la riforma costituzionale che gli consente di candidarsi per altri due mandati e r
estare al Cremlino potenzialmente fino al 2035.
Ricapitolando:
1) se in un Paese ci sono etnie diverse come in Ucraina è lecito intervenire militarmente a maggior ragione in quelle in cui la popolazione russa è minoranza. Se fossi in Erdogan (che per lo scrivente è un altro Putin) un pensiero di invasione di molte repubbliche della federazione russa turcofona "celo" farei. Inoltre, se un Paese della Federazione russa vuole uscirne è stata modificata la costituzione per sanzionare le eventuali richieste
2) che casualità che chi ha denunciato i ventilati "finti" attentati esplosivi sia finito male.
Quasi quasi divento complottista!
3)
Déjà-vu se sei il Daghestan o la Cecenia e vuoi essere indipendente dalla Russia, Putin ti manda l'esercito per bloccare i separatisti; se sei il Dombass ed i separatisti vogliono essere indipendenti il Governo ucraino deve dire prego accomodatevi e il dittatore russo riconosce l'indipendenza. Per analogia è come se un Paese straniero avesse invaso la federazione russa quando Putin mandò l'esercito in Cecenia e Daghestan.
4) Leggo che l'intervento in Kosovo è stato brutto sporco e cattivo; forse ci dimentichiamo i massacri etnici. Indipendente da come la si pensi all'epoca il dittatore era schierato a fianco della NATO!
5)
Déjà-vu Ucraina