Un altro dato ignorato, ma fondamentale per capire gli sviluppi del mercato del lavoro negli ultimi anni è quello relativo alle
cessazioni di rapporti lavorativi, indeterminati, a termine e di
apprendistato.
In questo 2015 sono stati circa 3 milioni 450 mila.
Nel 2013 le cessazioni sono state
3 milioni 425 mila.
Ma basta anche solo guardare al 2014 per vedere che i contratti estinti sono 3 milioni 247 mila.
Si parla di
200 mila persone in più senza un contratto rispetto al 2014.
È improprio, se non “ingiusto” per quelle persone che ad oggi non riescono a trovare lavoro o sono costretti a licenziare dipendenti, parlare di un aumento esponenziale di contratti.
Un’altra doverosa considerazione: i numeri pubblicati dall’Inps non rappresentano nuovi posti di lavoro, ma semplici contratti che possono essere siglati da uno stesso lavoratore nell’arco dell’anno.
Stiamo quindi festeggiando 371 mila contratti in più, senza che questi abbiano avuto un impatto reale sulla nostra società.
Un’altra vittoria dichiarata del premier Matteo Renzi è quella dei voucher per le prestazioni occasionali.
Nell’ultimo anno sono stati utilizzati 48milioni di voucher in più rispetto al 2014, nel 2013 erano solo 28,2 milioni.
Che i dati sulle cessazioni e sui voucher possano essere collegati tra loro?
Le imprese vessate dalle imposte sono costrette a lasciare parte dei loro dipendenti a casa e li utilizzano in maniera sporadica grazie all’ausilio dei voucher.
Un risvolto ipotetico che aiuta i dati ad essere “da prima pagina” ma che non
produce ricchezza nel lungo periodo e non aiuta l’Italia a superare il periodo di crisi in cui riversa.
Se Matteo Renzi è davvero pronto a seguire
Tim Cook e fare
«the best» bisogna partire con l’ascoltare e l’osservare quello che succede davvero nel Paese, non usare numeri privi di significato per illudere i cittadini di una ripresa che tarda ancora ad arrivare.