Eni...Dogs and Horses, for pussy's lovers only - Cap. 3

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Questo è un caso di studio, la persona dico…
 

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Sono sicuro che tu ai bei tempi non ti saresti nascosto dietro una scrivania con un nickname e senza una foto ed un indirizzo ma saresti sceso in piazza accanto ai tuoi acerrimi nemici comunisti ed avresti scritto infine con loro la Costituzione.

La censura sulla stampa d'informazione
«Il giornalismo italiano è libero perché serve soltanto una causa e un regime: è libero perché, nell'ambito delle leggi del regime, può esercitare, e le esercita, funzioni di controllo, di critica, di propulsione.[4]»


....Nel 1925 iniziò una lunga sequela di sequestri o chiusure forzate dei giornali non allineati al regime. L'8 novembre veniva sospesa la distribuzione de «L'Unità» e dell'organo del Partito Socialista Italiano «Avanti!».[6] In data 31 dicembre 1925 entrò in vigore la legge n. 2307 sulla stampa che disponeva che i giornali potessero essere diretti, scritti e stampati solo se avessero avuto un responsabile riconosciuto dal prefetto, vale a dire dal governo. Quelli privi del riconoscimento prefettizio venivano considerati illegali. Il regime aumentò il suo controllo anche con l'esercizio di intimidazioni e pressioni indirette, come avvenne quando nel 1925 Luigi Albertini, in occasione degli articoli riguardanti il delitto Matteotti, fu costretto a dimettersi dalla direzione del Corriere della Sera e a lasciare la società editrice, che passò sotto la proprietà dei Crespi.

Nell'ottobre del 1926 il fallito attentato a Mussolini a Bologna diede al regime il pretesto per sopprimere l'Avanti! (organo del PSI) e il quotidiano indipendente Il Mondo di Roma. Fu temporaneamente chiusa anche L'Ora di Palermo fino alla fine dello stesso anno. Con l'approvazione del R.D. 26 febbraio 1928, n. 384 si crearono i presupposti per il controllo totale della stampa: la nuova disposizione stabiliva infatti che poteva essere iscritto all'ordine dei giornalisti solo chi non avesse svolto attività in contrasto con gli interessi della nazione. Le domande d'iscrizione all'albo erano controllate da un'apposita commissione, di nomina ministeriale, che le approvava in base alle informazioni delle varie prefetture sulla "condotta politica" dei richiedenti.


Ma fai il serio!
 
un articolo che nn ti aspetti...

riposizionamento?

no

opzione b("si sa mai che dobbiamo rendere un giorno conto di quanto abbiam scritto")


La Gran Bretagna finisce sul banco degli imputati. L’atto d’accusa più duro lo ha scagliato — dalle colonne di Repubblica — Walter Ricciardi, l’igienista(ahaha lo denigrano) consulente del nostro ministero della Salute: gli inglesi «hanno sbagliato tutto fin dall’inizio», «si sono illusi che la campagna vaccinale avesse risolto tutto», ora «facendo circolare il virus in modo incontrollato, agevolano la formazione di nuove varianti».

Cosa ne pensano a Londra? Sostanzialmente, nulla. Perché qui da mesi, tranne qualche sprazzo, il Covid è praticamente scomparso dalla conversazione pubblica. Sui giornali si fa fatica a trovare qualche articolo dedicato alla pandemia (e il fenomeno italiano dei virologi che pontificano a tutte le ore non esiste e non è mai esistito)(ahahaa...ma va' e la capua che intervistano a pago ogni 3x2? ooo manco medico è...è veterinaria...ahaha). Il dibattito politico si occupa di altro: la corruzione dei conservatori, la battaglia della pesca con la Francia, la Cop26 a Glasgow: non certo del coronavirus.


Vista da qui, l’Italia sembra davvero vivere in un universo parallelo. Cose come il green pass e le mascherine in Inghilterra sono sconosciute: a luglio sono state abolite tutte le restrizioni e la popolazione, dopo qualche esitazione, ha abbracciato con slancio la libertà ritrovata. Da due mesi la vita è tornata alla normalità: club, feste, palestre, tutto funziona a pieno regime.

E i contagi? A metà ottobre c’è stata una fiammata, con i casi arrivati a 50 mila al giorno. È stato in quel momento che sono sembrati preoccuparsi: da più parti — soprattutto dall’opposizione laburista — si è invocata l’immediata introduzione del piano B, ossia il ritorno alle mascherine al chiuso, al lavoro da casa e una blanda forma di green pass (che qui incontra forti resistenze ideologiche in tutto lo spettro politico, in un Paese con un Dna liberale). Ma Boris Johnson ha tenuto duro: e da allora i casi hanno cominciato a calare in maniera costante (adesso sono scesi a 30 mila al giorno). Gli esperti britannici ritengono che il picco sia ormai passato e la questione è stata di nuovo derubricata.

Certo, con numeri del genere da noi sarebbe comunque allarme rosso. Ma sembra evidente che in Gran Bretagna hanno un approccio filosoficamente diverso: in Europa di fatto pare che si punti al «Covid zero», una strategia che a Londra è considerata palesemente assurda; i britannici hanno accettato che il Covid è ormai una malattia «endemica», con la quale bisogna convivere. D’altra parte, non è di gran lunga la prima causa di morte: ben avanti vengono i tumori, gli ictus, gli infarti, le altre malattie respiratorie... E allora, l’importante per loro è che non ci sia una pressione insostenibile sul sistema sanitario nazionale: finché ci sono letti liberi negli ospedali e non muore troppa gente, il resto conta poco.

Forse c’entra anche il tradizionale stoicismo britannico, keep calm and carry on, state calmi e andate avanti; o il fatto che grazie all’approccio ultra-liberale l’economia corre come nessun’altra in Europa, con una crescita annua stimata al 6,5 per cento. Come che sia, a Londra il dibattito sul Covid fa tanto 2020...

 

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