Eni...Dogs and Horses, for pussy's lovers only - Cap. 3

azzz...
mi hanno accontentato subito...23.260:clap::clap:

settimana fatta;)

al pom
 

Allegati

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scherzi dog?
lo sai che sei strabenvenuto...

quello che hai scritto ha molto buon senso è,a mio avviso, ha molte probabilità di verificarsi
mi rimane il dubbio che tutto quello che è accaduto è legato al niente...
al falso problema greco...

sono complottista...ahaha...
ma come fai a nn esserlo quando i cani(morti accisi:D) spiavano anche i franchi da 20 anni?


...allora ti faccio compagnia volentieri :D

...goditi il mare e beviti una birretta anche per me...alla nostra snapo :cin:
 
giorno a tutti.. siete pregati di mandare a fkl renzie.. grazie:up::-o:wall:

Roma, 24 giu. - (AdnKronos) - Oltre 23 mila 'no' alla petrolizzazione dei nostri mari in pochissimi giorni. È il numero di firme raccolto finora da TrivAdvisor, la nuova campagna online di Greenpeace che, parodiando un famoso portale di viaggi, immagina il destino che attende i mari italiani se dovessero finire nelle mani dei petrolieri: un’invasione di piattaforme e trivelle, con rischi elevatissimi per l’ambiente, il turismo, la pesca sostenibile. Su TrivAdvisor si possono leggere alcune 'recensioni' paradossali (datate a un ipotetico 2020) di alcune tra le località più famose e amate dei nostri litorali: un turismo al contrario, in cui si va al mare per ammirare sversamenti di petrolio, cetacei spiaggiati e trivelle in azione, per godersi paesaggi deturpati o per ascoltare le deflagrazioni degli airgun. Le finte recensioni sono accompagnate da immagini di queste stesse località in cui, grazie a tecniche digitali, Greenpeace ha simulato come potrebbe cambiare il paesaggio con la presenza di piattaforme petrolifere al largo delle coste. Secondo Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace, "mai come oggi si assiste a una frettolosa svendita all’ingrosso dei nostri mari". In queste settimane il ministero dell’Ambiente "è infatti impegnato a emettere una raffica di decreti di compatibilità ambientale con cui concede ai petrolieri aree marine pregiatissime, ed eccezionalmente estese, per la ricerca o la produzione di idrocarburi. Quello del governo Renzi è un vero e proprio assalto alle coste italiane. Ma si sa che gli apprendisti stregoni finiscono spesso per scatenare reazioni che poi non sono in grado di controllare, e che gli si ritorcono contro". Greenpeace ricorda che soltanto fra il 3 e il 12 giugno il ministero dell’Ambiente ha autorizzato undici progetti di prospezione di idrocarburi in mare con la tecnica dell'airgun. Nove di questi riguardano i mari pugliesi, ma l’area concessa ai petrolieri copre tutto l’Adriatico e parte significativa dello Ionio. "La contrarietà all’indirizzo energetico di questo governo, che per pochissime gocce di pessimo greggio vuol mettere a repentaglio turismo, pesca sostenibile e qualità dei nostri mari, è ampia e diffusissima. Nei prossimi mesi Renzi sarà costretto a farci i conti, e Greenpeace sarà della partita", conclude Boraschi
 
bella previsione :)

ROMA (WSI) - Non solo "i prezzi del petrolio non risaliranno sopra $100 per il prossimo decennio o per più tempo ancora. Continuo a prevedere che i prezzi scenderanno nei prossimi anni tra $10 e $20. E questo perchè gran parte dell'industria petrolifera, oggi, si regge su un miraggio". Parla così Harry Dent, fondatore di Dent Research e giornalista di economia e mercati, commentando il crollo delle quotazioni che (riferimento ai futures scambiati a New York) nell'ultimo anno sono scivolate da $115 a $43.

"Quando i prezzi fecero crash da $147 a $32 nell'arco di qualche mese, nel 2008, la ripresa artificiale permise loro, entro il 2013, di risalire a $115". Ma questo avvenne grazie ai QE (della Fed) e agli stimoli globali". Questi fattori, uniti al calo dei tassi sui junk bond (bond spazzatura), aiutarono a lanciare la "rivoluzione del fracking" negli Stati Uniti. I tassi scesero dal 10% circa al 5,5%, e le società di trivellazione ne approfittarono per finanziare le loro operazioni, mentre gli investitori puntano $1 trilione e più nel settore".

"Grazie alle condizioni di un'economia globale drogata, gli Stati Uniti sono passati (in modo temporaneo) da uno tra i principali paesi importatori di petrolio a uno dei principali produttori".

Ma all'eccesso di offerta non hanno contribuito ovviamente solo gli Stati Uniti, che hanno contribuito al surplus aumentando la produzione di quattro milioni di barili al giorno, dal 2009. Dal 1996, la produzione globale è balzata infatti di 15 milioni di barili al giorno circa.

Da quell'anno, la Russia ha aggiunto 4 milioni di barili al giorno. Cina e Canada insieme ne hanno aggiunti 2,5 milioni. E dal 2002, l'Iraq e l'Arabia Saudita ne hanno aggiunti, ciascuno, due milioni. Il risultato è che l'esperto prevede un ulteriore crollo delle quotazioni tra $10 e $20 tra il 2020 e il 2023. La maggior parte della flessione avverrà "all'incirca entro l'inizio del 2017, insieme a un maggiore crac economico e di mercato". E successivamente, negli anni successivi, è possibile che i prezzi tornino a $40. "Tale collasso costringerà l'industria petrolifera ad attraversare una massiccia fase di consolidamento che colpirà le società di tutto il mondo. Per gli Stati Uniti, dimenticatevi dunque della crescita (mensile) dei posti di lavoro superiore a 200.000 unità a cui abbiamo assistito. Gran parte di quella crescita proviene infatti da questo settore. E questo significa che ora non è il momento di investire sul petrolio.

E proprio a tal proposito, la Russia è diventata ufficialmente il primo fornitore di petrolio della Cina, scavalcando l'Arabia Saudita.

Stando a quanto riportato da Bloomberg, "secondo i dati inviati per email dalle autorità doganali di Pechino, la Cina ha importato un valore record di 3,92 milioni di tonnellate dalla sua vicina del nord a maggio, per un ammontare equivalente a 927.0000 barili al giorno, in rialzo +20% rispetto allo scorso mese. Le vendite di petrolio saudita sono crollate del 42% da aprile, a 3,05 milioni".
 
bella previsione :)

ROMA (WSI) - Non solo "i prezzi del petrolio non risaliranno sopra $100 per il prossimo decennio o per più tempo ancora. Continuo a prevedere che i prezzi scenderanno nei prossimi anni tra $10 e $20. E questo perchè gran parte dell'industria petrolifera, oggi, si regge su un miraggio". Parla così Harry Dent, fondatore di Dent Research e giornalista di economia e mercati, commentando il crollo delle quotazioni che (riferimento ai futures scambiati a New York) nell'ultimo anno sono scivolate da $115 a $43.

"Quando i prezzi fecero crash da $147 a $32 nell'arco di qualche mese, nel 2008, la ripresa artificiale permise loro, entro il 2013, di risalire a $115". Ma questo avvenne grazie ai QE (della Fed) e agli stimoli globali". Questi fattori, uniti al calo dei tassi sui junk bond (bond spazzatura), aiutarono a lanciare la "rivoluzione del fracking" negli Stati Uniti. I tassi scesero dal 10% circa al 5,5%, e le società di trivellazione ne approfittarono per finanziare le loro operazioni, mentre gli investitori puntano $1 trilione e più nel settore".

"Grazie alle condizioni di un'economia globale drogata, gli Stati Uniti sono passati (in modo temporaneo) da uno tra i principali paesi importatori di petrolio a uno dei principali produttori".

Ma all'eccesso di offerta non hanno contribuito ovviamente solo gli Stati Uniti, che hanno contribuito al surplus aumentando la produzione di quattro milioni di barili al giorno, dal 2009. Dal 1996, la produzione globale è balzata infatti di 15 milioni di barili al giorno circa.

Da quell'anno, la Russia ha aggiunto 4 milioni di barili al giorno. Cina e Canada insieme ne hanno aggiunti 2,5 milioni. E dal 2002, l'Iraq e l'Arabia Saudita ne hanno aggiunti, ciascuno, due milioni. Il risultato è che l'esperto prevede un ulteriore crollo delle quotazioni tra $10 e $20 tra il 2020 e il 2023. La maggior parte della flessione avverrà "all'incirca entro l'inizio del 2017, insieme a un maggiore crac economico e di mercato". E successivamente, negli anni successivi, è possibile che i prezzi tornino a $40. "Tale collasso costringerà l'industria petrolifera ad attraversare una massiccia fase di consolidamento che colpirà le società di tutto il mondo. Per gli Stati Uniti, dimenticatevi dunque della crescita (mensile) dei posti di lavoro superiore a 200.000 unità a cui abbiamo assistito. Gran parte di quella crescita proviene infatti da questo settore. E questo significa che ora non è il momento di investire sul petrolio.

E proprio a tal proposito, la Russia è diventata ufficialmente il primo fornitore di petrolio della Cina, scavalcando l'Arabia Saudita.

Stando a quanto riportato da Bloomberg, "secondo i dati inviati per email dalle autorità doganali di Pechino, la Cina ha importato un valore record di 3,92 milioni di tonnellate dalla sua vicina del nord a maggio, per un ammontare equivalente a 927.0000 barili al giorno, in rialzo +20% rispetto allo scorso mese. Le vendite di petrolio saudita sono crollate del 42% da aprile, a 3,05 milioni".

non sta scrivendo cose strane, già oggi il greggio lo comprano nella normalità tra 7$ e 15$ barrel ( venezuela/nigeria/congo ), quello che si riflette in borsa è il prezzo per gli allocchi o quantomeno dettato dalla finanza.

poi ci sono i prezzi influenzati dal costo di estrazione
immaginiamo che il consumo mondiale sia 1000, dove ci sono 600 che producono ai prezzi di cui sopra, le cui attività produttive siano al max.
allora ci si dovrà rifornire dove costa di piu' e qui intervengono, o riaprono i pozzi fermi che producono ad alto costo.
ci si rifornirà a 40$-80$ barrell l'eccedenza e poi fai la media .
nel passato questi pozzi sono stati sfruttati quando l'opec abbassava la produzione.
adesso l'opec non abbassa e pertanto sono questi ultimi a non produrre sottocosto, pertanto il mercato vira al ribasso e/o sta ai prezzi attuali e per il futuro, se i consumi sono rivisti al ribasso, ecco che si estrae solo da pozzi a basso costo.
non so se ho reso bene l'idea.
FORREST, mi confermi che tutto è corretto ?
grazie !:)
 
buonpom
rev gdp in linea attese...
in linea pure i profitti corporates...a -8.8%
spettacolo no?
vi risulta che in q1 ci sia stata un qlc discesa degli assets?
ieri sera ne abbiamo viste alcune...

daje cani...pompate...
pompate e spiate...
e dajeeeeeeeeeeeee

ahaha
 
tirata righetta sul fuzzino
perdere 330 mi darebbe 150/140
ma ho in testa i cani...

p.s. nm nn leggere...:brr::D
 
non sta scrivendo cose strane, già oggi il greggio lo comprano nella normalità tra 7$ e 15$ barrel ( venezuela/nigeria/congo ), quello che si riflette in borsa è il prezzo per gli allocchi o quantomeno dettato dalla finanza.

poi ci sono i prezzi influenzati dal costo di estrazione
immaginiamo che il consumo mondiale sia 1000, dove ci sono 600 che producono ai prezzi di cui sopra, le cui attività produttive siano al max.
allora ci si dovrà rifornire dove costa di piu' e qui intervengono, o riaprono i pozzi fermi che producono ad alto costo.
ci si rifornirà a 40$-80$ barrell l'eccedenza e poi fai la media .
nel passato questi pozzi sono stati sfruttati quando l'opec abbassava la produzione.
adesso l'opec non abbassa e pertanto sono questi ultimi a non produrre sottocosto, pertanto il mercato vira al ribasso e/o sta ai prezzi attuali e per il futuro, se i consumi sono rivisti al ribasso, ecco che si estrae solo da pozzi a basso costo.
non so se ho reso bene l'idea.
FORREST, mi confermi che tutto è corretto ?
grazie !:)

la cosa buffa sarà che da noi la benzina costerà sempre un bel botto di euri :D:wall::wall:
 

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