Casaleggio mi legge
è un mio follower in incognito
o il M5S è senza le p@lle
cds, oggi
Di Maio si è incaricato di rivelarne pubblicamente solo una parte: «Siamo concentrati sul fronte nazionale per garantire un’alternativa a Renzi». Ci ha pensato Di Battista a illuminare il lato oscuro della luna,
confidando a un autorevole esponente di maggioranza le ragioni del rifiuto:
«E chi si candida, mica siamo matti. Noi puntiamo al governo nazionale, col cavolo che vogliamo bruciarci». Ecco, ora è tutto chiaro. Per i due grillini la scommessa delle Amministrative sarebbe solo a saldo negativo: se perdessero, verrebbero tagliati fuori dalla competizione nazionale; se vincessero, sarebbero costretti a governare città ingovernabili.
Poco importa che i sondaggi rivelino come, senza questi candidati, i Cinquestelle potrebbero perdere le sfide. Il movimento si trova davanti a un dilemma:
governare porta con sé il rischio di rovinare un brand. Il marchio oggi è considerato vincente perché valorizzato dai fallimenti dei partiti tradizionali. Ma se i grillini cadessero là dove sono caduti i loro avversari, anche solo se incespicassero nella gestione del potere, per incapacità non per malaffare, sarebbero fatalmente condannati all’omologazione. E gli argomenti usati per conquistare l’opinione pubblica si ritorcerebbero contro per una sentenza senza appello.
Non c’è dubbio che la conquista delle città al voto il prossimo anno diverrebbe una formidabile vetrina in vista delle Politiche: nel ‘93 la vittoria a Milano portò la Lega alla ribalta nazionale come forza di governo. Ma Roma e Napoli sono città pericolose. E allora, un conto è dover gestire a Parma quel termo-valorizzatore che in campagna elettorale era stato promesso di chiudere, un conto è bocciare il bilancio del proprio sindaco al comune di Livorno, altra cosa sarebbe restare imbottigliati nel traffico caotico dell’amministrazione romana.
«Tutti fanno i superman finché non devono misurarsi con la burocrazia», ha detto la leader di Fdi Meloni a un incontro di partito.
Anche Di Battista sa che quella è kryptonite. Perché se in Campidoglio - nonostante le cure di Cantone e la presenza di tanti magistrati che nemmeno in una procura - al primo appalto del Giubileo scattano subito tre arresti, vuol dire che il livello di degenerazione è profondo e la macchina incontrollabile.
«A Roma non serve un salvatore della patria, serve un programma», ha detto il giovane grillino. Sì, ma serve qualcuno che conosca il burocratese per evitare ciò che l’ex assessore Esposito ha denunciato: «La struttura amministrativa scrive male le delibere perché il Tar poi le bocci». Gli elettori cinquestelle sono disposti a perdonare a Di Battista la presenza nel guinness delle «bufale» stilato dal New York Times , e possono chiudere un occhio per quel premio al «politico dell’anno» accettato da Di Maio.
Altro no.
Loro lo sanno, e da politici ormai scafati si sono riparati dietro «le regole».
Si metta l’animo in pace il popolo del web, alle «Comunarie» del 2016 non troverà i preferiti da votare ma dei rincalzi disposti a «bruciare». I
l Movimento non ha paura di volare, ha paura di cadere
buuuuh