Dal bolg Basta con l'Eurocrisi di Marco Cattaneo, l'economista ideatore dei CCF (Certificati di Credito Fiscale)
link: bastaconleurocrisi.blogspot.com/2020/02/litalia-che-non-vuole-la-produttivita.html
L’Italia che non vuole la produttività ?
Leggo quanto scrive un “euroausterico” (un appartenente alla tribù che, a dispetto di ogni evidenza contraria, continua a sostenere che la crisi economica italiana non ha niente a che vedere con l’euro e con le sue regole di funzionamento).
Un commentatore straniero fa notare che è perfettamente normale un alto livello di risentimento e di disamore della popolazione italiana nei confronti della UE, visto che il PIL ristagna dall’euroaggancio in poi e che non sono stati ancora recuperati i livelli del 2007 (tredici anni dopo !).
Il nostro baldo euroausterico afferma, con rimarchevole sprezzo del ridicolo, che “è quanto accade quando ci si rifiuta di affrontare per decenni il problema della produttività stagnante”.
Non ho dubbi sulla sincerità di questa affermazione. Ma ci vogliono veramente due fette di mortadella spesse un metro sugli occhi, per non accorgersi che la combinazione tra un cambio sopravvalutato (per l’Italia) e politiche di costante compressione della domanda interna, ULTERIORMENTE RAFFORZATE DAL 2011 in poi (quando gli effetti della crisi Lehman non erano stati ancora superati), implicano:
minor potere d’acquisto
crisi della domanda interna
delocalizzazione delle aziende
disincentivo a investire e a spendere in ricerca e sviluppo
emigrazione di giovani talenti (centinaia di migliaia).
e che tutto questo retroagisce negativamente sullo sviluppo della produttività.
Qui trovate
alcuni dati e alcune riflessioni difficilmente (mi pare) contestabili.
Il dato di fatto è che la produttività del lavoro e il reddito procapite italiano tenevano perfettamente il passo con le medie UE15, o addirittura guadagnavano terreno. E che c’è un momento temporale in cui tutto questo si è interrotto ed è iniziata la divaricazione (in negativo, ahinoi).
Il momento è la seconda metà degli anni Novanta. Rivalutazione della lira e contenimento della domanda interna, il tutto finalizzato a “centrare l’aggancio con l’euro”. Deciso poi nel 1997 e reso definitivo il 1° gennaio 1999.
Secondo gli euroausterici, invece, gli italiani si sono svegliati una mattina e hanno deciso che non avevano più voglia di migliorare la loro produttività.
Ergo come si risolve il problema ? facendosela venire, questa voglia scomparsa ? con quali azioni ? mistero fitto.
E chi le dovrebbe attuare, visto che dal 2011 in poi (con la breve mezza parentesi del governo gialloverde, mezza visto che il Ministro dell’Economia comunque non rispondeva alla maggioranza parlamentare) l’Italia ha avuto solo governi strettissimamente ossequiosi a Bruxelles (la fonte del verbo delle “riforme strutturali”, secondo gli euroausterici) ?
Non so più se definire l’euroausterismo una religione o una forma di negazionismo. Le due cose non si escludono, ovviamente.