Camillino Benso di La mò
Forumer attivo
Potrebbero scendere le stime crescita
In Italia la ripresa in atto è debole e il Paese soffre di una continua perdita di competitività. E i più recenti dati economici a breve termine sono "deludenti". E' questo il risultato, non troppo esaltante, dell'analisi del Fondo Monetario Internazionale riportata nell'Article IV e nel supplemento al rapporto pubblicato ufficialmente sul sito Internet. Essite quindi il rischio che le stime sul nostro Paese siano abbassate.
"I recenti indicatori macroeconomici di breve periodo sono stati complessivamente deludenti", si legge nelle informazioni supplementari di corredo all'Article IV stilate all'inizio di febbraio. In particolare gli economisti dell'Fmi spiegano che "la produzione industriale è cresciuta molto meno delle attese, ovvero dello 0,1%, a novembre e che il dato di ottobre e' stato rivisto al ribasso. Come risultato, "una serie istituti di previsione hanno ridimensionato le proprie stime di crescita per il 2005 e sono aumentati anche i rischi di rivedere al ribasso le previsioni 2005-2006 dello staff" spiega lo stesso Fondo. Nell'Article IV la stima ufficiale del Pil italiano è di una crescita dell'1,5% per quest'anno.
Oltre ai problemi di finanza pubblica, gli economisti americani puntano il dito nel loro rapporto soprattutto sulla costante perdita di competitività dell'Italia. Un problema che non è tanto da attribuire a cause esterne quali l'apprezzamento dell'euro o l'avanzata dei competitor emergenti, quanto a fattori tipicamente "made in Italy".
L'economia italiana, secondo il Fondo Monetario, "continua a perdere competitività sui mercati internazionali, come riflesso della lenta crescita della produttività e, in modo minore, di un rapido rialzo dei costi di produzione". Tanto che la quota dell'export italiano in volume "è diminuita più o meno stabilmente, e di un terzo, nell'ultimo decennio, dal 4,6% del 1995 al 3,1% del 2004".
L'Fmi ricorda comunque che quasi tutti i Paesi industrializzati hanno perso fette di mercato in questo periodo come conseguenza del decollo di alcune regioni emergenti di Asia e Europa dell'Est. "Tuttavia" avverte però il Fondo Monetario "le esportazioni italiane hanno perso posizioni anche rispetto a quelle degli altri paesi industrializzati". L'apprezzamento dell'euro "ha certamente giocato un ruolo in questi sviluppi - almeno negli ultimi tre anni - ma il principale fattore a cui è da ascrivere la perdita di competitività dei prodotti italiani è stato l'aumento relativo dei costi unitari del lavoro, dovuto sostanzialmente a uno sfavorevole differenziale in termini di crescita di produttività".
Gli economisti Usa spiegano quindi che "la perdita di competitività accumulata dalle aziende italiane negli ultimi anni è per la maggior parte una conseguenza di una bassa performance della produttività che si è protratta nel tempo. Tale debolezza è probabilmente radicata in alcuni fattori specifici del paese, quali l'inefficienza del modello di specializzazione dell'Italia, la predominanza (e la vulnerabilità) di piccole e medie imprese, e la presenza di rigidità e inefficienze in tutti i diversi mercati".
Ma non vengono risparmiate neanche critiche al mondo del credito. "La competizione nel sistema bancario italiano" si legge "è aumentata nei mercati dei prestiti e della raccolta negli ultimi anni, ma le banche operano in un sistema caratterizzato da alti costi e alti rendimenti, soprattutto per quel che riguarda i servizi retail, e i guadagni in termini di efficienza devono ancora devono ancora realizzarsi pienamente". Per garantire ulteriori passi avanti in termini di efficienza, suggerisce infine il Fmi, "sarà importante assicurare la completa concorrenza".
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In Italia la ripresa in atto è debole e il Paese soffre di una continua perdita di competitività. E i più recenti dati economici a breve termine sono "deludenti". E' questo il risultato, non troppo esaltante, dell'analisi del Fondo Monetario Internazionale riportata nell'Article IV e nel supplemento al rapporto pubblicato ufficialmente sul sito Internet. Essite quindi il rischio che le stime sul nostro Paese siano abbassate.
"I recenti indicatori macroeconomici di breve periodo sono stati complessivamente deludenti", si legge nelle informazioni supplementari di corredo all'Article IV stilate all'inizio di febbraio. In particolare gli economisti dell'Fmi spiegano che "la produzione industriale è cresciuta molto meno delle attese, ovvero dello 0,1%, a novembre e che il dato di ottobre e' stato rivisto al ribasso. Come risultato, "una serie istituti di previsione hanno ridimensionato le proprie stime di crescita per il 2005 e sono aumentati anche i rischi di rivedere al ribasso le previsioni 2005-2006 dello staff" spiega lo stesso Fondo. Nell'Article IV la stima ufficiale del Pil italiano è di una crescita dell'1,5% per quest'anno.
Oltre ai problemi di finanza pubblica, gli economisti americani puntano il dito nel loro rapporto soprattutto sulla costante perdita di competitività dell'Italia. Un problema che non è tanto da attribuire a cause esterne quali l'apprezzamento dell'euro o l'avanzata dei competitor emergenti, quanto a fattori tipicamente "made in Italy".
L'economia italiana, secondo il Fondo Monetario, "continua a perdere competitività sui mercati internazionali, come riflesso della lenta crescita della produttività e, in modo minore, di un rapido rialzo dei costi di produzione". Tanto che la quota dell'export italiano in volume "è diminuita più o meno stabilmente, e di un terzo, nell'ultimo decennio, dal 4,6% del 1995 al 3,1% del 2004".
L'Fmi ricorda comunque che quasi tutti i Paesi industrializzati hanno perso fette di mercato in questo periodo come conseguenza del decollo di alcune regioni emergenti di Asia e Europa dell'Est. "Tuttavia" avverte però il Fondo Monetario "le esportazioni italiane hanno perso posizioni anche rispetto a quelle degli altri paesi industrializzati". L'apprezzamento dell'euro "ha certamente giocato un ruolo in questi sviluppi - almeno negli ultimi tre anni - ma il principale fattore a cui è da ascrivere la perdita di competitività dei prodotti italiani è stato l'aumento relativo dei costi unitari del lavoro, dovuto sostanzialmente a uno sfavorevole differenziale in termini di crescita di produttività".
Gli economisti Usa spiegano quindi che "la perdita di competitività accumulata dalle aziende italiane negli ultimi anni è per la maggior parte una conseguenza di una bassa performance della produttività che si è protratta nel tempo. Tale debolezza è probabilmente radicata in alcuni fattori specifici del paese, quali l'inefficienza del modello di specializzazione dell'Italia, la predominanza (e la vulnerabilità) di piccole e medie imprese, e la presenza di rigidità e inefficienze in tutti i diversi mercati".
Ma non vengono risparmiate neanche critiche al mondo del credito. "La competizione nel sistema bancario italiano" si legge "è aumentata nei mercati dei prestiti e della raccolta negli ultimi anni, ma le banche operano in un sistema caratterizzato da alti costi e alti rendimenti, soprattutto per quel che riguarda i servizi retail, e i guadagni in termini di efficienza devono ancora devono ancora realizzarsi pienamente". Per garantire ulteriori passi avanti in termini di efficienza, suggerisce infine il Fmi, "sarà importante assicurare la completa concorrenza".
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