il fattore umano
Forumer storico
E' morto Sergio Marchionne e io sono davvero commosso.
Ho avuto un brivido non appena giunta la notizia.
Sergio Marchionne è stato un grande italiano e la sua grandezza è consistita nella sua capacità di visione.
Marchionne - il filosofo Marchionne - ha fatto ciò che i politici italiani degli ultimi 30 anni non sono stati in grado di fare.
Se si leggono i libri di Giulio Tremonti, il quale ha amministrato l'economia italiana per molti anni (forse per troppi anni), s'impara una sola parola d'ordine: difendersi dai nemici.
In "Rischi fatali" o ne "La paura e la speranza" uno solo è l'imperativo categorico: il nemico è la globalizzazione, il nemico è la Cina, lo Stato è lo strumento di difesa che occorre utilizzare nella guerra mercatista.
Marchionne, invece, ha mostrato come la salvezza fosse proprio l'apertura al mondo: aprirsi al mondo, dirottarsi verso una produzione ad alto valore aggiunto era - ed è - l'unica strada percorribile in un mondo globale, in una società aperta.
Nella società chiusa degli Agnelli l'azienda Fiat era diventata un'appendice dello Stato, se non addirittura un'azienda parastatale.
Finanziata copiosamente dallo Stato, la Fiat svolgeva un ruolo "pubblico": manteneva un livello di occupazione incompatibile con le esigenze del mercato, apriva stabilimenti improduttivi e antieconomici; in cambio l'azienda riceveva aiuti pubblici e partecipava alla definizione e all'attuazione della politica industriale italiana.
Con Marchionne questa economia "curtense" in un settore del capitalismo avanzato è terminata, ed è stato giusto così.
Io abitavo a Torino-città nel 2011, l'anno del referendum a Mirafiori, e abitavo in un quartiere operaio, proletario.
La gente parlava, gli operai si confrontavano.
Marchionne non vinse il referendum perché era il "padrone" che ricattò la classe operaia: Marchionne vinse perché prevalse il buon senso - il pragmatismo anglosassone - sull'ideologia, vinse perché sulla lotta di classe si impose il perseguimento di un interesse comune impostato sul principio di realtà.
Marchionne sostituì l'etica della responsabilità all'etica della convinzione, sostituì la realtà all'ideologia: superò gli anni '70 - che in Italia pare non debbano finire mai - per far entrare il sistema delle relazioni sindacali nella modernità compiuta.
In questo Marchionne fu un uomo del futuro: fu italiano e cittadino del mondo, uno dei più importanti italiani e uno dei più grandi cittadini del mondo che il nostro tempo ha visto comparire sotto il cielo stellato del Bene.
Ho avuto un brivido non appena giunta la notizia.
Sergio Marchionne è stato un grande italiano e la sua grandezza è consistita nella sua capacità di visione.
Marchionne - il filosofo Marchionne - ha fatto ciò che i politici italiani degli ultimi 30 anni non sono stati in grado di fare.
Se si leggono i libri di Giulio Tremonti, il quale ha amministrato l'economia italiana per molti anni (forse per troppi anni), s'impara una sola parola d'ordine: difendersi dai nemici.
In "Rischi fatali" o ne "La paura e la speranza" uno solo è l'imperativo categorico: il nemico è la globalizzazione, il nemico è la Cina, lo Stato è lo strumento di difesa che occorre utilizzare nella guerra mercatista.
Marchionne, invece, ha mostrato come la salvezza fosse proprio l'apertura al mondo: aprirsi al mondo, dirottarsi verso una produzione ad alto valore aggiunto era - ed è - l'unica strada percorribile in un mondo globale, in una società aperta.
Nella società chiusa degli Agnelli l'azienda Fiat era diventata un'appendice dello Stato, se non addirittura un'azienda parastatale.
Finanziata copiosamente dallo Stato, la Fiat svolgeva un ruolo "pubblico": manteneva un livello di occupazione incompatibile con le esigenze del mercato, apriva stabilimenti improduttivi e antieconomici; in cambio l'azienda riceveva aiuti pubblici e partecipava alla definizione e all'attuazione della politica industriale italiana.
Con Marchionne questa economia "curtense" in un settore del capitalismo avanzato è terminata, ed è stato giusto così.
Io abitavo a Torino-città nel 2011, l'anno del referendum a Mirafiori, e abitavo in un quartiere operaio, proletario.
La gente parlava, gli operai si confrontavano.
Marchionne non vinse il referendum perché era il "padrone" che ricattò la classe operaia: Marchionne vinse perché prevalse il buon senso - il pragmatismo anglosassone - sull'ideologia, vinse perché sulla lotta di classe si impose il perseguimento di un interesse comune impostato sul principio di realtà.
Marchionne sostituì l'etica della responsabilità all'etica della convinzione, sostituì la realtà all'ideologia: superò gli anni '70 - che in Italia pare non debbano finire mai - per far entrare il sistema delle relazioni sindacali nella modernità compiuta.
In questo Marchionne fu un uomo del futuro: fu italiano e cittadino del mondo, uno dei più importanti italiani e uno dei più grandi cittadini del mondo che il nostro tempo ha visto comparire sotto il cielo stellato del Bene.