Sembrerebbe purtroppo che la maggioranza degli italiani abbia perso il senso critico , pieni di rancore verso il prossimo — aimhè il declino del nostro povero paese sembra inarrestabile
L'ordinanza del GIP di Agrigento è molto tecnica.
Tuttavia, il vero cuore della questione è la distinzione tra
regole (= norme di legge) e
principi (= norme di rango costituzionale).
L'ordinanza del GIP si assesta su posizioni tipiche di una corrente di pensiero giuridico denominata
neocostituzionalismo (in Italia, il massimo esponente del neocostituzionalismo è il prof. Zagrebelsky, studioso conosciuto anche dall'opinione pubblica).
Secondo i neocostituzionalisti (Zagrebelsky in Italia, Dworkin in USA, Alexy in Germania, Santiago Nino in Sud America), le Corti costituzionali giudicano il contrasto tra la legge ordinaria e la Costituzione, ma i giudici ordinari possono "maneggiare" essi stessi la Costituzione o, meglio, i principi costituzionali.
Infatti il ragionamento del Gip di Agrigento prende le mosse dal principio internazionalistico contenuto nell'art.10 Cost.
Le
regole si applicano, i
principi si pesano: quando si ragiona in termini di principi, si deve giocoforza procedere a un giudizio di
bilanciamento tra gli stessi, cioè tra i beni protetti che, nel caso concreto, spesso confliggono.
Il giudice, secondo la prospettiva neocostituzionalista, NON è mai "bocca della legge", come voleva il modello teorico illuminista elaborato da Montesquieu.
All'illuminismo si preferisce l'ermeneutica del caso concreto, a Montesquieu si predilige Hans Georg Gadamer.
Il problema di tale corrente di pensiero è che il giudizio di bilanciamento operato dal giudice implica, inevitabilmente, una
scelta lato sensu politica.
Il neocostituzionalismo, infatti, nasce negli USA (con Ronald Dworkin), cioè in un ordinamento giuridico in cui i giudici sono eletti dal popolo.
Ogni metodo giuridico presenta anche aspetti negativi: la degenerazione del neocostituzionalismo è la
juristocracy (giuristocrazia).
Queste tematiche sono enormi ed estremamente complesse, perché coinvolgono lo sviluppo dello Stato di diritto in una società frammentata e pluralista.
In una democrazia pluralista la legge in sé non è più in grado di cogliere la complessità del mondo: giocoforza occorre sempre fare ricorso ai principi e a un loro bilanciamento nel caso concreto.
L'elezione popolare dei giudici risolverebbe molti problemi legati alla
juristocracy, ma io credo che in Italia un tale meccanismo sia difficilmente praticabile.