Funzioni dei musei (e delle mostre)

E' un discorso analogo a quello delle televendite. Hanno, o ebbero, una funzione prevlentemente positiva o negativa?
Per rispondere, si immagini un camioncino che distribuisce pani ai poveracci, ma non dandoglieli in mano, bensì buttandoli nelle pozzanghere della strada. Anche fossero brioches o torte di mele, il modo di porgerli evidentemente, non essendo certo il più adatto, ne svaluta il valore.
Le televendite ... non posso dire molto, perché non ne ho mai visto più di pochi secondi, e per errore: ma l'impressione ce l'ho, anche perché se, tra l'altro, ho sempre sùbito cambiato canale ci sarà stato un motivo ...
Ma sulle mostre goldinaulenti posso parlare, avendone vista qualcuna. Tu puoi pensare che, beh, almeno porta la gente a vedere dei capolavori dal vivo, stimolerà bene qualche interesse, no? No, perché non stimola interessi, ma si basa su interessi già maturi.
- OK, però intanto i capolavori li vedono in tanti
- Questo è innegabile, ma sarebbe meglio dire che li "guardano", ci passano davanti cercando conferma di quanto già hanno in testa, o meglio, nella memoria. Solo che anche qui il dolcetto è buttato nelle pozzanghere, vale a dire che il partecipare all'avvenimento di massa resta l'atteggiamento dominante, il senso delle opere resta un mistero, chi guarda non accoglie il nuovo ma cerca conferma del vecchio. Dal punto di vista del consumismo ha un senso, dal punto di vista della crescita e della cultura no.

Io posso non capire nulla della pallacanestro, ma andare a vedere una partita di basket femminile per starmi a guardare le lunghe gambe delle ragazze. Non sarà un peccato :grinangel: ma dal punto di vista dei cultori del basket è una occasione sprecata.
 
La funzione dei musei, credo che sia nata per testimoniare l'arte o la cultura del passato.

In Italia abbiamo tanta storia artistica, che quando vai in un qualsiasi museo, vieni travolto da una marea di opere ed oggetti d'epoca ed alla fine diventano stancanti.
 
Una mia impressione di quando si va al museo, dove giustamente non si possono toccare le cose o fare "caciara" per non disturbare gli altri visitatori, di essere in una bellissima pasticceria piena di buone cose dove non puoi mangiare niente.
 
Una mia impressione di quando si va al museo, dove giustamente non si possono toccare le cose o fare "caciara" per non disturbare gli altri visitatori, di essere in una bellissima pasticceria piena di buone cose dove non puoi mangiare niente.
La funzione dei musei, credo che sia nata per testimoniare l'arte o la cultura del passato.

In Italia abbiamo tanta storia artistica, che quando vai in un qualsiasi museo, vieni travolto da una marea di opere ed oggetti d'epoca ed alla fine diventano stancanti.

Ieri ero a Venezia, c'era un amico che stava esponendo al mercatino, vendendo ben poco. Memore delle mie vecchie esperienze gli dico che il banco è fatto male, e, lui d'accordo, comincio a modificarglielo. Gli chiedo perché abbia messo le cose in quel modo e risponde che di quella roba là cercava soprattutto di disfarsi. Dunque c'erano molte cose esposte senza logica, noché intrinseca, nemmeno "vetrinistica". E il messaggio, negativo, ovviamente, passava, certo!
Errore simile si trova spesso, come noti, nei nostri musei, che pur espongono, attenzione, molto ma molto meno di quanto hanno in pancia, credo il 20%. Sei pieno di roba e la butti là, con più riguardo all'autogiustificarti (questa non si può omettere, questa serve per rappresentare il territorio ...) che alle vere necessità dei visitatori. Certo, il dilemma è difficile,se non si può esporre tutto delle scelte vanno fatte. Ma talora il comportamento dei direttori ricorda quello del mio amico, o, se vogliamo, quello di certi venditori ai mercatini che ficcano dieci quadri un una scatola dove rimangono incastrati ed invisibili (finché immancabilmente qualcuno finisce per rompere alcuni vetri), in vece di metterne 8 o 9 in modo che il visitatore possa farli scorrere velocemente e guardarli tutti (spero di essermi spiegato).
Credo valga la pena di riprendere in seguito l'argomento.
 
Quella chiaramente è la linea o la strategia gestionale della galleria o del museo. Su cosa vuoi concentrarti? Sul figurativo, sull'astratto, su determinati movimenti etc etc
Adesso, premesso che il mercatinaro di base non sà nemmeno cosa sta vendendo, in quei casi si tratta solo di avere un pò di gusto e di dignità nell'esporre cosa si vende. Ovviamente molti sono degli svuotacantine e non di certo Bonami o Bonito Oliva per cui buttano le robe sul banchetto alla cas de can senza alcun criterio. Tu @baleng sai bene che io sono nato frequentando i mercatini però il pressapochismo, la superficilità e la pigrizia con cui i vari espositori espongono mi ha stancato e mi fa ribollire il sangue. Puoi avere anche tre fesserie da vendere ma c'è modo e modo di esporle e di presentarle. Mi sembra anche irrispettoso nei confronti del cliente che vuol dedicare una giornata a visitare un mercatino e si ritrova a navigare in una confusione allucinante di oggetti buttati alla rinfusa. Oppure quando vado a visitare le fiere d'arte, le gallerie che hanno di tutto di più senza un filo logico mi hanno stancato. Vendi Matta e di fianco metti Radice...che diavolo c'entrano l'uno con l'altro? Come galleria cosa mi vuoi comunicare? La fiera finisce per diventare...un mercatino. E allora si alle linee curatoriale in stile Menegoi che a Bologna ha imposto (giustamente) stand monografici.

Il discorso del museo è un pò diverso perchè di solito propone un percorso storico che va da ... a .... e quindi nel 900' si va da Fattori a Christo attraversando diversi movimenti che il museo ha l'obbligo di testimoniare anche per far capire il come ed il perchè si passa dal raffigurare una mucca nei campi ad impacchettare con plastica e corda un momumento di una città. Il fatto che i magazzini dei musei siano pieni di quadri dipende anche da una questione di spazi espositivi, di mode e anche di mercato tra i vari musei.
 
Il discorso del museo è un pò diverso perchè di solito propone un percorso storico che va da ... a .... e quindi nel 900' si va da Fattori a Christo attraversando diversi movimenti che il museo ha l'obbligo di testimoniare anche per far capire il come ed il perchè si passa dal raffigurare una mucca nei campi ad impacchettare con plastica e corda un momumento di una città. Il fatto che i magazzini dei musei siano pieni di quadri dipende anche da una questione di spazi espositivi, di mode e anche di mercato tra i vari musei.
Il percorso storico è sostanzialmente un alibi per zittire i criticoni. Un po' è indispensabile, ma l'arte non è solo storia dell'arte, questo è il gatto di Argan che si rincorre la coda. Peraltro, nemmeno certe mostre basate su vaghe analogie tra gruppi di opere stanno davvero in piedi. I criteri devono essere molti, variati ed adattati, in modo da ottenere non solo una conoscenza, da parte del visitatore, ma anche un'emozione, una modifica di prospettiva mentale, un criterio di lettura. Se testimoniare pare il solo obbligo, ciò dipende dalla tradizione storiografica italiana. Si rischia di essere come quei professori che rispettano il programma, ma non sanno instillare alcuna passione, alcun entusiasmo.
Non ho ancora visto un museo che mi conduca da Fattori a Christo stimolando la mia attività interiore. A questo, magari, potrtebbero servire gli scarni pannelli illustrativi, se anch'essi non fossero svuotati dai pregiudizi degli storicisti.
 
Mentre noi ci balocchiamo in distinzioni e sfumature, la banda internazionale dei "Siamo Ignoranti ma Tanto Tanto Buoni" ha già fatto le sue scelte. Dal Corriere Un museo, che cos’è? La polemica sulla nuova definizione

Cento parole contenute in un documento potrebbero cambiare la definizione più recente di museo, entrata in vigore il 24 agosto 2007. Da «istituzione permanente, senza scopo di lucro» che «effettua ricerche sulle testimonianze materiali ed immateriali dell’uomo e del suo ambiente» a spazio «democratizzante, inclusivo e polifonico per un dialogo critico sul futuro» :barella:. La proposta arriva dalla curatrice:rotfl:danese Jette Sandahl, presidente del Comitato permanente per la definizione, le prospettive e i potenziali del museo,:bla: che ha presentato al Comitato esecutivo del Consiglio internazionale dei musei (Icom) un testo nel quale viene avanzata proprio la revisione della definizione corrente. La proposta è stata accettata il 22 luglio e verrà messa ai voti il 7 settembre in occasione dell’Assemblea generale di Icom, in programma dal 1° al 7 settembre a Kyoto, in Giappone.:brr:
Pare che la vecchia definizione ignori le richieste della democrazia culturale.:melo: D'ora in poi i musei avrebbero lo scopo di contribuire alla giustizia sociale e alla dignità umana, all’eguaglianza globale e al bene del pianeta. :eeh: (non lo dico io, eh, lo cita il Corriere).

Pare certo, dunque, che la mamma dei cretini continui imperterrita a partorire. Qualcuno l'aiuta, c'è del Macho in Danimarca:banana:
Peraltro l'Italia, con Francia,Canada e pochi altri, si oppone. Almeno finché il buonismo non tornerà al governo. (qualcuno, forse Ziig, si lamentava che il termine buonismo non significasse quasi nulla. In questo caso, che te ne pare?). Se il Nostro di Firenze © tornerà in sella, chissà, negli asili verranno serviti obbligatoriamente solo aringhe e smørrebrød e nei musei si potrà finalmente e democraticamente scrivere con il pennarello sopra le inutili opere che stanno lì da secoli per i soli ricchi.:maestro: Che poi, che gliene frega ai danesi dell'arte? Che cosa ne sanno? Tu che stai leggendo, citami sui due piedi il nome di un artista danese, dài! Ahhh, visto? Io ne conosco uno solo, Pedersen. Arte, i colori volanti del danese Pedersen Ma sicuramente la sua connazionale Sandahl :rasta: non lo ha mai sentito nominare, che c'entrano i pittori con il museo, luogo dedito al bene del pianeta? :tie:
 
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E quello che poteva essere un altro museo, scompare. https://www.ilsole24ore.com/art/unicredit-affida-christie-s-vendita-collezione-ACoDC1h

UniCredit affida a Christie’s la vendita delle grandi opere della sua collezione
di Marilena Pirrelli

“La Grande Magia” scompare: la collezione d'arte di UniCredit sarà battuta all'asta da Christie's a partire dal 4 e 5 ottobre a Londra durante gli incanti diurni e serali Post-War & Contemporary Art e nell'ambito della prestigiosa asta tematica Thinking Italian, in coincidenza con la settima di Frieze per poi proseguire ad Amsterdam il 25 e 26 novembre e poi a Milano nell’aprile 2020. Le aste includeranno opere impressioniste e moderne, del dopoguerra, contemporanee e antiche del gruppo UniCredit. Attualmente è prevista l’offerta di 312 opere proposte a livello globale, su un totale di 60.000 lavori
La collezione identitaria di UniCredit costruita nell'epoca delle grandi aggregazioni bancarie nazionali e internazionali , farà posto alle iniziative del gruppo Social Impact Banking (SIB) a cui verranno destinati i ricavi, ...si parla di 50 milioni di euro con stime prudenziali.

Richter-kNDI--600x313@IlSole24Ore-Web.jpg

Gerhard Richter, Abstraktes Bild
Gli high light dell’incanto sono la grande tela 3 metri per 2 “Abstraktes Bild” del 1984 di Gerhard Richter, periodo germinale per la sua astrazione .....
e ancora di Sam Francis l’acrilico “Erotic arabesque” dipnto nel 1987


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Ernst Wilhelm May, Helle Girlande
I proventi verranno utilizzati principalmente per sostenere l'ulteriore lancio delle iniziative del gruppo Social Impact Banking (SIB). Il saldo rimanente sarà dedicato ad altri progetti pertinenti, compreso il sostegno di giovani artisti.

4 settembre 2019


Fine di un tabù. L'arte termina così di essere il biglietto da visita della gruppo che, per la verità, a differenza di altre banche, non ha mai valorizzato in pieno le potenzialità della collezione. E per la prima volta si osserva una banca che dismette l’arte in modo massiccio .

 
Il tutto per 50 milioni. Che per una banca come Unicredit (capitalizza tra i 20 e i 30 miliardi) sono un piccolo peto.
Come dice la famosa frase: Un piccolo peto per una banca, un grande puzzo per l'umanità. :pollicione:

Quanto all'uso a fini sociali, anche il francese pare allinearsi al detto che con l'arte non si mangia. Materialismo o sottile invidia dei transalpini?
 

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