Giappone: il mercato è MORTO

tontolina

Forumer storico
BoJ vuole prestare i propri ETF perchè ha ucciso il mercato




A partire dal 2010 la Bank of Japan ha iniziato a comprare ETF, Exchange Traded Funds, cioè Fondi rappresentativi di titoli azionari scambiati sulla borsa di Tokio. Questo programma ha poi avuto una rapida accelerazione a partire dal 2013 sino ad acquistare l’80% di questi prodotti finanziari offerti sul mercato giapponese.



La finalità di questo grandissimo investimento della Banca Centrale in questi fondi era quello di ridurre in differenziale di premio fra gli ETF giapponesi e quelli USA, in modo da rendere più attraente l’investimento nelle aziende quotate giapponesi agli investitori internazionali. Il problema è che questo obiettivo non è stato raggiunto, come si può vedere nella parte inferiore del grafico qui sopra, con un differenziale praticamente invariato.

Ora la BoJ si trova a possedere l’80% degli ETF sul mercato, diventando in modo indiretto uno dei due maggiori investitori in azioni del Nikkei sul mercato, dopo il fondo pensione giapponese. Quando si controlla l’80% degli attivi di un mercato, il mercato è praticamente morto. Inoltre l’acquisto ha un altro elemento molto particolare rispetto ai normali titoli obbligazionari comprati dalla BoJ durante il QE: non scadono, quindi non si può aspettare che semplicemente i titoli spariscano da soli tramite il rimborso, perchè l’ETF esiste sino alla sua vendita.

A questo punto la BoJ inizia a preoccuparsi per la mancanza di liquidità del mercato ETF ed ha deciso di reimmetterli sul mercato. Venderli potrebbe essere eccessivo per cui la soluzione che si sta identificando è quella di concederli in prestito ai trader. Una soluzione complessa, perchè si prestano fondi rappresentativi di azioni, ma molto utilizzata anche negli USA dove spesso i fondi pensioni fanno queste operazioni per avere delle entrate extra ed alimentando anche la liquidità del mercato. Insomma Kuroda diventa perfino creativo.
 
Il pil in Giappone crolla prima ancora del Coronavirus, ora è rischio recessione
Economia in Giappone a rischio recessione dopo il crollo del pil nell'ultimo trimestre dello scorso anno. L'effetto Coronavirus inizierà a colpire dai dati di gennaio-febbraio e si temono ripercussioni gravi a Tokyo, in vista dei Giochi Olimpici di questa estate.
di Giuseppe Timpone , pubblicato il 17 Febbraio 2020 alle ore 10:47
https://www.investireoggi.it/econom...ora-del-coronavirus-ora-e-rischio-recessione/

Il pil in Giappone si è contratto del 6,3% su base annua nell’ultimo trimestre del 2019. I numeri ufficiali appena pubblicati da Tokyo mostrano il primo ripiegamento della terza economia mondiale dopo 4 trimestri e il peggiore dal 2014. Ad avere alimentato il tonfo sono stati il tifone Hagibis e l’aumento dell’IVA dall’8% al 10% sin dallo scorso ottobre. [i politici italiani dovrebbero trarne insegnamento]

Dovrebbero trattarsi di due effetti transitori, destinati ad essere superati già probabilmente dal trimestre in corso. Senonché, il dato molto negativo è arrivato prima del diffondersi del Coronavirus in Cina e, in misura assai inferiore, nel resto nel mondo, con contraccolpi economici da non sottovalutare.
Tornando al pil e concentrandoci sulla contrazione congiunturale dell’1,6%, troviamo che la domanda aggregata interna in Giappone ha sottratto 2,1 punti percentuali al pil, a causa di investimenti in calo del 3,7% e di consumi deboli. Al contrario, la domanda esterna (esportazioni) ha contribuito positivamente per lo 0,5%. Tuttavia, con la Cina l’interscambio non sta andando bene già da tempo. Nell’intero 2019, le esportazioni nipponiche verso il Dragone asiatico sono diminuite del 7,6%.

Adesso, la situazione sarebbe in netto peggioramento, dato il vistoso rallentamento dell’economia cinese nel trimestre in corso, causato proprio dal Coronavirus. La principale fonte di domanda cinese per il Giappone arriva dal turismo. Nell’ultimo decennio, i visitatori stranieri sono più che triplicati, arrivando a 31 milioni nel 2018. Di questi, il 30% arriva dalla Cina. Evidente come la pandemia e la conseguente messa in quarantena di un’ampia fetta della popolazione cinese da parte delle autorità di Pechino faranno crollare le presenze a Tokyo, potenzialmente contribuendo a trascinarne l’economia in recessione, nel caso in cui la contrazione congiunturale del pil si verificasse anche nel trimestre in corso.

Giochi Olimpici a Tokyo verso il flop?
Il Giappone risulta il secondo paese più colpito al mondo dal Coronavirus dopo la Cina con 400 casi accertati, avendo già registrato un decesso.
Una delle principali preoccupazioni di Tokyo riguarda i Giochi Olimpici 2020, che si disputeranno proprio qui tra circa 5 mesi e mezzo. Nei giorni scorsi, Yoshiro Mori, ceo di Tokyo 2020 ha dovuto persino smentire le voci circolate tra i quotidiani internazionali, secondo le quali le autorità nipponiche starebbe ipotizzando di annullare o rinviare l’evento, tacciandole come “false”.

Difficilissimo che i Giochi Olimpici vengano cancellati, molto più probabile che si rivelino un mezzo flop in termini di presenze straniere, aggravando le criticità economiche in atto.
Gli analisti indipendenti sinora stimano mediamente in circa mezzo punto percentuale il contraccolpo sul pil cinese per il 2020. Se, però, la pandemia non fosse contenuta entro la metà dell’anno, gli stessi paventano numeri ben peggiori, con una crescita economica attesa fin sotto il 5%. L’impatto per l’intera economia mondiale sarebbe forte, perché la Cina risulta prima consumatrice di svariate materie prime e pesa da sola per circa un settimo dell’intero petrolio estratto nel pianeta. Lo stop alla produzione delle imprese, nei fatti perseguito da Pechino con l’estensione delle festività legate al Capodanno Lunare, si sta ripercuotendo negativamente sui conti di centinaia di multinazionali, specie quelle con sede nella provincia di Hubei, epicentro del Coronavirus.

Le minori esportazioni cinesi peseranno ovviamente sull’economia domestica, ma al contempo provocheranno cali alla produzione e alle vendite sui mercati importatori di semi-lavorati, componentistica e anche di prodotti finiti. Per fare un esempio, se una società a Wuhan non fornisce le marmitte a una casa automobilistica tedesca, questa dovrà rinviare a sua volta la produzione negli stabilimenti all’estero e nella stessa Germania, rallentando le vendite e impattando negativamente sui suoi ricavi e, a cascata, sul pil tedesco. Gli investitori sono in allarme e il ricalcolo dei dati sui casi di contagio e sui decessi nell’ultima settimana a Pechino sta rendendo l’idea di un paese o che abbia nascosto sinora la gravità della situazione o non sia stato in grado di capirla e gestirla al meglio.

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