Niente di buono dall’indicatore di Buffett ‘mentre la Fed nazionalizza i mercati’
21/04/2020 11:07 di Laura Naka Antonelli
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Market Cap to GDP, ovvero il rapporto tra la capitalizzazione di mercato e il Pil di riferimento. Mai come ora questo rapporto, noto come l’indicatore di Buffett, è stato più utile per capire se un indice azionario è sottovalutato o sopravvalutato in base alla media storica.
Il parametro è calcolato prendendo in considerazione il valore complessivo di tutte le azioni quotate in Borsa di un determinato paese, e dividendolo poi per il Pil di quel paese. L’indicatore viene considerato una versione del multiplo del rapporto prezzi/ricavi di una intera economia.
Warren Buffett, CEO of Berkshire Hathaway, speaks to the press as he arrives at the 2019 annual shareholders meeting in Omaha, Nebraska, May 4, 2019. (Photo by Johannes EISELE / AFP) (Photo credit should read JOHANNES EISELE/AFP via Getty Images)
Il rapporto valore di mercato azionario/Pil è diventato noto come Indicatore di Buffett negli ultimi anni, quando l’oracolo di Omaha e il fondatore di Berkshire Hathaway commentò in una intervista rilasciata a Fortune Magazine di ritenere che il parametro fosse “probabilmente la misurazione singola migliore delle valutazioni (delle azioni), dato un qualsiasi momento specifico”. Questo, proprio perchè la formula replica il rapporto price-to-sales (prezzi-ricavi) in grande scala, dove i prezzi sono rappresentati dal valore di tutte le azioni a livello aggregato e i ricavi dall’output totale di un paese, ovvero dal suo prodotto interno lordo.
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Un esempio della media storica dell’indicatore arriva con il grafico seguente compilato dagli analisti di
Advisor Perspectives. L’indice azionario che viene preso come riferimento è il Wilshire 5000 Total Market Index, che dà il valore di tutte le azioni scambiate negli Stati Uniti. Il denominatore è rappresentato dalla stima per il Pil del secondo trimestre. Dal grafico emerge che la media storica equivale all’incirca al 75%, con pochi picchi sopra il 100% e alcuni periodi in cui l’indice scende al di sotto del 50%. Più il valore si avvicina al 100%, più il mercato si considera sopravvalutato, mentre più indietreggia, più il mercato si considera sottovalutato.
L’indicatore di Buffett è tornato di attualità nelle ultime sessioni, con l’investitore miliardario Howard Marks che, in un’intervista rilasciata alla Cnbc, ha detto chiaramente che “il mondo è nei guai” più di quanto il trend dell’azionario possa far credere.
A dare ragione a Marks è stato
Gary Evans del blog Global Macro Monitor, che si è detto d’accordo, non risparmiando qualche stoccata alla Federal Reserve:
“Dopo che la Fed ha, di fatto, nazionalizzato i mercati finanziari, decidendo di salvare anche i junk bond lo scorso 9 aprile e trasformando così Wall Street in una fabbrica sovietica di salsicce, quasi ogni tipo di analisi ha perso completamente di significato”, ha scritto Evans.
Che però, contraddicendosi, un’analisi l’ha fatta, attingendo proprio all’indicatore di Buffett:
“Quello a cui stiamo assistendo ci spaventa da morire“. Il motivo di tutta questa paura lo spiega Evans stesso:
“Il parametro preferito di Warren Buffett è scambiato al suo 94esimo percentile anche “se la disoccupazione sta salendo ai livelli peggiuori dalla Grande Depressione, più della metà della forza lavoro di Los Angela è senza un lavoro, e l’incertezza regna ancora”.
Praticamente, il mercato azionario Usa sarebbe a dir poco sopravvalutato, e starebbe celebrando tuttora – e nonostante le recenti perdite – uno scenario che, in tempi di coronavirus COVID-19 – ha ben pochi motivi per essere celebrato.