ma va?
«Malati di tumore, attenti a proteggere il vostro cuore» se fate radio e chemio
incollo perche' sti qua si fanno pagare
Bisogna prevenire e monitorare i possibili danni al cuore causati dalle terapie anticancro, evitando una terapia che possa causare cardiotossicità ogni qual volta esiste un’alternativa efficace contro il tumore. È questo il primo punto delle nuove linee guida rilasciate in materia dall’Associazione Americana di Oncologia (Asco), alle quali è stata dedicata un’intera sessione del congresso tenuto alcune settimane fa a Chicago. Gli altri due passaggi fondamentali, per tutelare i pazienti oncologici, sono fare un’attenta valutazione dei rischi cardiovascolari dei malati e sottoporli a un ecocardiogramma prima che intraprendano i trattamenti antitumorali.
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Radioterapia, antracicline e farmaci ormonali
«Le disfunzioni cardiache sono un serio effetto collaterale di alcune terapie oncologiche e possono interferire con l’efficacia della cura stessa, avere un impatto negativo sulla sopravvivenza dei malati o diminuirne la qualità di vita - ha sottolineato Saro H. Armenian, a capo del panel di esperti riuniti al convegno Asco -. Questo tema è di assoluta priorità per garantire ai pazienti le cure migliori». Grazie al numero crescente di pazienti guariti o cronicizzati (che quindi convivono anche molti anni con il tumore), oggi sono meglio note anche le conseguenze a lungo termine delle cure e numerose ricerche hanno provato come alcuni chemioterapici (ad esempio le antracicline) e la radioterapia (soprattutto per cancro al polmone o seno, più vicini al cuore) specie ad alti dosaggi, possano lasciare a livello cardiovascolare conseguenze indesiderate, talvolta irreversibili. Anche le terapie ormonali (anastrozolo, letrozolo, exemestane) possono alterare far aumentare il rischio tromboembolico.
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Problemi cardiovascolari possibili in metà dei malati
«Un altro fattore da tenere presente è che molte persone con una diagnosi cancro soffrono di malattie cardio-vascolari concomitanti,
che possono compromettere la riuscita delle cure oncologiche - dice Armenian, oncologo al Comprehensive Cancer Center City of Hope di Los Angeles -.
Anche in relazione all’età avanzata della maggioranza dei pazienti possiamo stimare che un malato oncologico su due abbia, a prescindere dal tumore, problemi cardiovascolari. In questi casi è possibile che l’organismo fatichi a sopportare i trattamenti anticancro (specie se prescritti a dosaggi elevati)
oppure che i pazienti, pur curati con successo(?????????!!!!!!!) dal cancro, debbano poi scontare pesanti problemi cardiovascolari che ne peggiorano notevolmente la qualità di vita».
Cosa fare nella pratica ospedaliera
Prevedere l’impatto della tossicità di farmaci o radiazioni sul cuore è però possibile, così come esistono gli strumenti per individuare eventuali disturbi agli stadi precoci, prima di un effettivo danno irreparabile. In molti casi inoltre si può fermare o curare la cardiotossicità anche se già presente. Cosa bisogna fare, in pratica? «Innanzitutto, bisogna optare per trattamenti anticancro non cardiotossici se esiste questa opzione - sottolinea Armenian -. Ed è indispensabile che ogni malato di cancro veda monitorizzata e studiata anche la sua situazione cardiovascolare, prima, durante e dopo i trattamenti. Così l’oncologo può fare una valutazione più personalizzata del programma terapeutico antitumorale, includendo magari l’utilizzo di agenti cardioprotettori durante la chemioterapia. E il cardiologo può pianificare un più stretto monitoraggio della funzione cardiaca e l’introduzione, in fase precoce, di una terapia cardiologica di prevenzione o di supporto». Esistono anche esami semplici e praticabili in tutti i pazienti, che comprendono il dosaggio di alcune sostanze in grado di segnalare le prime difficoltà delle cellule cardiache intossicate dai chemioterapici (come il dosaggio di una proteina, la troponina I, o di un ormone, il BNP).
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Tumore al polmone /1
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Inoltre serve una maggiore collaborazione tra gli specialisti oncologi, cardiologi e con i medici di base che poi seguono effettivamente le persone quando tornano a casa. I pazienti stessi vanno informati di quello che possono fare in prima persona, ad esempio non trascurando possibili “campanelli d’allarme” : i sintomi riconducibili a problematiche cardiologiche sono spesso aspecifici, ma quelli riscontrati più frequentemente sono la dispnea (sensazione di mancanza di respiro), il dolore toracico, variazioni della pressione arteriosa, palpitazioni e una maggiore affaticabilità. «E non bisogna dimenticare il ruolo cruciale dello stile di vita - conclude l’esperto californiano -: prima di tutto evitare fumo, sovrappeso e i picchi di insulina (in particolare i dolci e più di un alimento ricco di carboidrati per pasto. E poi fare continuativamente un’attività fisica di impegno medio-basso, aerobica, armonica, di rilassamento più che di allenamento (come lunghe camminale, cyclette o stepper con poco carico, sport aerobici come nuoto e golf). Infine, sarebbe bene fare almeno una visita cardiologica semestrale nei primi due anni dopo le terapie.