Nonostante i tassi di disoccupazione bassi, i salari non stanno aumentando in modo significativo e la produttività è modesta. "Il modesto aumento dei salari, nonostante i tassi di disoccupazione ridotti, è un segnale di declino del potere di determinazione dei prezzi del lavoro come fattore di produzione. Questo è un problema, poiché i mercati del lavoro sono stati tradizionalmente considerati importanti per l’inflazione, dal momento che l’aumento dei salari generalmente determina un aumento dei costi di produzione, e conseguentemente dell’inflazione", dice Doyle. Il gestore sottolinea come per la prima volta i banchieri centrali come Mario Draghi e Haruhiko Kuroda stanno invitando i sindacati a chiedere un aumento dei salari. Più i lavoratori riusciranno a rafforzare la propria influenza sulla determinazione dei prezzi, più è probabile che le imprese accordino gli aumenti salariali richiesti. "Sfortunatamente per la forza lavoro a basso o medio reddito dei paesi del G7, il pricing power è diminuito regolarmente dall’inizio degli anni ‘90. Il declino dei tassi di densità e copertura sindacale, sommato al calo della tutela dell’occupazione, ha lasciato i lavoratori in una posizione di minore forza per poter fare pressioni a favore di un aumento dei salari. A meno che essi non inizino a richiedere aumenti delle retribuzioni, è probabile che continueranno a risentire di declini dei salari reali. Questo è avvenuto in Gran Bretagna, con i costi unitari del lavoro e l’inflazione aumentati rispettivamente del 16% e del 25% dal 2008".