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COMMERCIO: TRUMP VUOLE AUMENTARE LA PRESSIONE SULLA CINA (WSJ)
New York, 13 apr - Convinto che la sua strategia a colpi di minacce di dazi stia funzionando, l'amministrazione Trump intende aumentare la pressione sulla Cina in ambito commerciale. Come? Concentrandosi sulle nuove tariffe doganali ventilate la settimana scorsa per 100 miliardi di dollari e minacciando di bloccare investimenti tecnologici cinesi negli Stati Uniti attraverso acquisizioni, joint venture, licenze o altre tipologie di accordo. Lo scrive il Wall Street Journal citando funzionari americani. Il tutto succede mentre il presidente americano Donald Trump ha chiesto al suo consigliere economico e al rappresentante americano per il commercio di valutare se e come rientrare nella Trans-Pacific Partnership, cosa che non solo farebbe venire meno una sua promessa elettorale ma metterebbe ulteriore pressione sulla Cina. Dal canto suo, continua il Wsj, Pechino punta a fare leva su altre nazioni contro le mosse Usa: nel mirino c'e' l'Europa, le cui aziende potrebbero beneficiare se la seconda economia al mondo rispondesse con ritorsioni ai dazi di Trump. Robert Lighthizer, titolare dell'Office of the United States Trade Representative, gia' la settimana prossima potrebbe fornire i dettagli di quali prodotti verrebbero puniti dai dazi del 25% ventilati il 5 aprile scorso su importazioni cinesi per un valore annuo di 100 miliardi di dollari.
L'elenco seguirebbe quello diffuso il 3 aprile composto da 1.300 prodotti Made in China su cui sono stati ipotizzati altri dazi per 50 miliardi; Pechino aveva reagito minacciando a sua volta tariffe doganali del 25% su 106 tipologie di articoli Usa aventi lo stesso valore tra cui i semi di soia. Per il momento Washington ha fatto scattare il 23 marzo solo i dazi su acciaio e alluminio cinesi per 3 miliardi di dollari annui, a cui la Cina ha reagito con dazi su carne Usa e altri prodotti. Il 10 aprile scorso dal Boao Forum, la Davos asiatica, il presidente cinese Xi Jinping annuncio' piani per aprire ulteriormente l'economia cinese e abbassare tariffe sulle auto e altri prodotti. Le sue parole aiutarono ad allentare le tensioni tra Usa e Cina e furono apprezzate in un tweet da Trump, calmando gli investitori. Quelle parole, tuttavia, sono viste dalla Casa Bianca per dimostrare che la linea dura sta funzionando. Chiaramente Pechino - almeno formalmente - nega di piegarsi a Washington. La Cina ha sempre a disposizione quella che qualche gestore chiama "opzione nucleare", la vendita della montagna di Treasury che ha in portafoglio e che valgono 1.200 miliardi di dollari. Nell'epoca di conti pubblici Usa insostenibili, non sarebbe una mossa gradita. Ne' da Washington, ne' dagli investitori.
COMMERCIO: TRUMP VUOLE AUMENTARE LA PRESSIONE SULLA CINA (WSJ)
New York, 13 apr - Convinto che la sua strategia a colpi di minacce di dazi stia funzionando, l'amministrazione Trump intende aumentare la pressione sulla Cina in ambito commerciale. Come? Concentrandosi sulle nuove tariffe doganali ventilate la settimana scorsa per 100 miliardi di dollari e minacciando di bloccare investimenti tecnologici cinesi negli Stati Uniti attraverso acquisizioni, joint venture, licenze o altre tipologie di accordo. Lo scrive il Wall Street Journal citando funzionari americani. Il tutto succede mentre il presidente americano Donald Trump ha chiesto al suo consigliere economico e al rappresentante americano per il commercio di valutare se e come rientrare nella Trans-Pacific Partnership, cosa che non solo farebbe venire meno una sua promessa elettorale ma metterebbe ulteriore pressione sulla Cina. Dal canto suo, continua il Wsj, Pechino punta a fare leva su altre nazioni contro le mosse Usa: nel mirino c'e' l'Europa, le cui aziende potrebbero beneficiare se la seconda economia al mondo rispondesse con ritorsioni ai dazi di Trump. Robert Lighthizer, titolare dell'Office of the United States Trade Representative, gia' la settimana prossima potrebbe fornire i dettagli di quali prodotti verrebbero puniti dai dazi del 25% ventilati il 5 aprile scorso su importazioni cinesi per un valore annuo di 100 miliardi di dollari.
L'elenco seguirebbe quello diffuso il 3 aprile composto da 1.300 prodotti Made in China su cui sono stati ipotizzati altri dazi per 50 miliardi; Pechino aveva reagito minacciando a sua volta tariffe doganali del 25% su 106 tipologie di articoli Usa aventi lo stesso valore tra cui i semi di soia. Per il momento Washington ha fatto scattare il 23 marzo solo i dazi su acciaio e alluminio cinesi per 3 miliardi di dollari annui, a cui la Cina ha reagito con dazi su carne Usa e altri prodotti. Il 10 aprile scorso dal Boao Forum, la Davos asiatica, il presidente cinese Xi Jinping annuncio' piani per aprire ulteriormente l'economia cinese e abbassare tariffe sulle auto e altri prodotti. Le sue parole aiutarono ad allentare le tensioni tra Usa e Cina e furono apprezzate in un tweet da Trump, calmando gli investitori. Quelle parole, tuttavia, sono viste dalla Casa Bianca per dimostrare che la linea dura sta funzionando. Chiaramente Pechino - almeno formalmente - nega di piegarsi a Washington. La Cina ha sempre a disposizione quella che qualche gestore chiama "opzione nucleare", la vendita della montagna di Treasury che ha in portafoglio e che valgono 1.200 miliardi di dollari. Nell'epoca di conti pubblici Usa insostenibili, non sarebbe una mossa gradita. Ne' da Washington, ne' dagli investitori.