Gloria ai Bastardi - Cap. 1

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Non un passo indietro, se per caso l'attuale Governo dovesse cedere anche solo di un millimetro, per noi sarebbe la fine, una fine peggiore del 8 settembre. Avremo il disprezzo del vincitore, ovvio, ma quello più importante il disprezzo del resto del mondo il quale ci tratterà come si faceva con le donne da bottino di guerra. In confronto quello che abbiamo dovuto subire dal 45 in su sarà stata una bella passeggiata.



Spero sia loro ben chiaro quello che è successo al nano nell' 11.

Dopo una legge finanziaria tutta tasse e bolli prono ai diktat euroti, per ringraziarlo lo hanno spazzato via ridendogli in faccia. Umiliato e politicamente distrutto.


Per ora tengono il punto, vedremo se lo sciueppsz arriva a 400 e poi magari a 500..



Legge bilancio: Salvini; Draghi? Accordo Ue su nostre posizioni

ROMA (MF-DJ)--"Anche io sono per un accordo, ma sulle nostre posizioni".

Così il vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini, risponde a margine del question time al Senato, a chi gli chiede un commento sull'auspicio formulato dal presidente della Bce, Mario Draghi, per un accordo con Bruxelles sulla manovra.

Salvini ha anche ribadito che "la manovra non cambia, non potete farmi ogni giorno la stessa domanda".


(END) Dow Jones Newswires

October 25, 2018 10:29 ET (14:29 GMT)
 
btp 10y dal 2001...resta incomprensibile come si sono fatte sorprendere dai tassi in salita
es. il monte col 4.5 va in apnea....certo se fossero saliti tutti i tassi e non solo il btp avrebbe sopportato meglio visto che gli impieghi avrebbero generato + reddito...cmq la si veda, l'errore pero' e' nella pietra
per chi sta liquido, pare che zona 4.5 sia interessante
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Mi perdoni, io non sto parlando di mercati ma di economia reale.
L'economia reale o almeno quella descritta dal Pil pro capite dice che le azioni intraprese dai Paesi UE e dalla BCE hanno assicurato la crescita economica (a meno di non considerare attendibili le fonti Eurostat).
Poi se parliamo dell'Italia possiamo fare dei distinguo.
Ma UE e BCE non possono attuare politiche ad hoc per l'Italia: non rientra nei Trattati e l'Italia non ha mai capito l'importanza di fare politica in Europa (basti pensare che una volta andavano al Parlamento europeo i politici sul viale del tramonto) e costruire relazioni per avere una maggioranza.
Comunque mi fermo qui perché il mio intervento non è volto a fornire una opinione politica ma evidenziare una inesattezza su dati economici.
Buona serata :)
Grazie per i complimenti :)

Però non ho affermato che il "99% degli italiani non ha la minima idea dell'impatto positivo che ha avuto sulla loro vita".
Anzi ritengo che la maggior parte degli italiani stia peggio rispetto al 2006-2009 per diversi motivi.
Innanzitutto c'è stata una crisi economica e come detto non tutti hanno recuperato il PIL pro capite; inoltre per i discorsi su equità e redistribuzione (leggi il pollo di Trilussa) la ricchezza è più concentrata e non diffusa. In aggiunta in Italia non siamo tornati neanche a livelli vicini al pre-crisi.
La non tempestività di risposta da parte delle istituzioni nazionali e sovranazionali ha contribuito a peggiorare gli effetti della crisi, in particolar modo in Italia...etc.

Poi ritengo che la distruzione della UE porti vantaggio a Cina, Russia, USA perché possono fare la parte del leone non avendo noi massa critica, allo stesso modo non sono convinto che il ritorno alla lira e ad una banca nazionale in mano al tesoro o anche indipendente ci avrebbe permesso di affrontare meglio la crisi, etc....ma queste sono considerazioni politiche che preferisco non fare in un 3d che la pensa diversamente.

Preferisco infatti intervenire ogni tanto su affermazioni che non corrispondono a dati oggettivi.

Esatto non hai affermato "il 99% ..." l'ho scritto io e rimango convinto che l'italiano medio non ha idea di cosa sia l'UE.
Quanto alla crisi, senza dubbio l'impatto è stato fortissimo e le differenze in termini distribuitivi notevolissimi e con differenze nel paese significative. Altrimenti non ci si spiegherebbe neppure l'emersione di un partito "sfasciotuttoabbiamocapitotuttodicomefunzional'universo".

Cina, Russa e USA desiderano fortemente una UE debole. Ragioni economiche e ragioni geopolitiche. Gli USA provano a rompere ogni meccanismo multilaterale (vedi cosa sta avvenendo per il WTO) per giocare partite a due. La Cina gioca la partita della BRI e usa il fondo sovrano + imprese pubbliche (SOE) + imprese private per fare shopping e aumentare peso economico in Europa.

Non a caso uno dei pochi strumenti che si sta provando ad adottare riguarda il controllo sugli investimenti diretti esteri in UE.

Una banca centrale che batte sesterzi di Busto Arsizio ? NO GRAZIE ... finiremmo come la Turchia.
 
Secondo la stampa tedesca Berlino vuole la "guerra" contro l'Italia (e pretende anche l'atomica in veste EU) - Qelsi Quotidiano

Lo stimato sito www.german-foreign-policy, normalmente informatissimo sulla politica estera tedesca, presenta un articolo in prima pagina che a definire clamoroso è davvero poco. Ossia, per il tramite di una fonte privilegiata tedesca, articolo per altro solo in tedesco, vengono espressi concetti che devono suonare come una sirena d’allarme per l’Italia e per tutti i paesi dell’eurozona, soprattutto se periferici: Berlino per difendere l’euro – da cui trae enormi e spesso impropri ed asimmetrici vantaggi (come viene candidamente dichiarato nell’articolo) – è disposta a tutto, contro i paesi che sfidano la sopravvivenza della moneta unica.

In tale contesto gli sfidanti degli interessi teutonici in EU sono tre, in ordine cronologico: Polonia, Ungheria e soprattutto Italia gialloverde. L’ultimo è l’avversario più temibile, per la stazza ed il supporto interno ed esterno (ossia, anche per “qualcosa” che nemmeno lo stimato sito tedesco ha osato citare, la vicinanza storica di Roma a Washington). Va per altro notato come Roma oggi stia dando la stura al malcontento EUropeo contro i tedeschi, malessere che a ben vedere da anni serpeggia in tutta l’Unione, …

Per l’Italia, ripeto, è una sirena d’allarme: effettivamente i tedeschi sembrano disposti a tutto pur di non rinunciare al loro vero, moderno strumento di conquista, l’euro. Strumento che ha reso servigi immensamente superiori ad una guerra vinta, visto che non si è sparato (fino ad ora) nemmeno un colpo di fucile. E’ chiaro dunque il motivo per cui le elites tedesche – circa le stesse dal periodo guglielmino – sono disposte a pagare qualsiasi prezzo ai politici locali che dovessero vendersi, oggi sembrano disposte addirittura ad aumentare il prezzo pagato ai governi italiani post 2011. E se non fosse sufficiente ritengo che possono essere pronte anche – come volevasi dimostrare – ad istigare un colpo di stato in Italia pur di far cadere il governo “nemico” gialloverde.
 
LA LIRETTA DELL’ITALIETTA
C’era una volta una nazione insignificante, dimenticata dal dio Mercato, che per i propri commerci era costretta a servirsi di una moneta priva di valore in quanto lo “statoladro” (oramai si scrive tutto attaccato) stampava denaro a profusione per fare fronte alla crescente corruzione, ai clientelismi e alle mirabolanti promesse elettorali fatte alle spalle dei lavoratori. Sì, perché secondo questa narrazione, come ci ricorda l’onorevole Bersani, le vere vittime di questo dissennato modo di operare sarebbero stati proprio i lavoratori che si trovavano in tasca della carta straccia e si vedevano erodere il proprio potere d’acquisto.



Quel Paese negletto, triste ed isolato dal mondo, si chiamava l’Italia e quella “carta straccia” si chiamava lira: la Liretta dell’Italietta.
Per uno strano caso del destino, quello stesso Paese, che veniva dalle devastazioni della seconda guerra mondiale, ebbe per oltre un trentennio dei tassi di crescita pazzeschi, un autentico “miracolo economico”: il 16 maggio 1991, infatti, il Corriere della Sera titolava in prima pagina a cinque colonne: “L’Italia quarta potenza”.



Due anni dopo, a seguito dell’uscita dell’Italia dallo SME (Sistema Monetario Europeo), lo stesso Corriere della Sera titolava: “Made in Italy mai così bene”, mentre la Germania, col suo marco che non godeva più dei benefici offerti dall’aggancio valutario, non era mai andata “così in basso”.



Il 14 febbraio 1996, sempre sul Corriere della Sera, Danilo Taino commentava entusiasta: “Lira magicaunica vera colonna dell’Italia. Se non fosse sottovalutata staremmo tutti un po’ peggio”.



Tutto questo, però, avveniva a causa della svalutazione “competitiva”. E’ vero: in quegli anni, quando la lira non era agganciata in maniera più o meno efficace con altre valute, tendeva a perdere valore.



Tassi di cambio certo per incerto

Per apprezzare meglio quanto svalutava la nostra moneta rispetto alle altre, o in maniera del tutto equivalente, quanto rivalutavano le altre monete rispetto alla nostra, pongo il tutto in scala logaritmica:



Tassi di cambio incerto per certo – scala logaritmica

Quella che ha rivalutato maggiormente è, come era facile prevedere, il marco tedesco (linea nera), mentre dollaro americano (linea gialla) e franco francese (linea rossa) hanno avuto andamenti più moderati e sostanzialmente analoghi.
Ma perché noi svalutavamo? La teoria più basilare sulla modalità di determinazione dei tassi di cambio nominali si chiama “parità dei poteri di acquisto” (in inglese Purchasing Power Parity, sintetizzato in PPP). Tale teoria si basa sulla legge del prezzo unico che afferma che, se i costi di trasporto sono relativamente trascurabili, il prezzo di un bene economico scambiato a livello internazionale deve essere uguale in ogni luogo. Se così non fosse, tutti comprerebbero dove costa meno, facendone aumentare il prezzo del bene fino al ristabilimento dell’equilibrio. Secondo questa teoria, quindi, il tasso di cambio nominale tra il Paese A ed il Paese B sarebbe diretta conseguenza del livello dei prezzi dei due Paesi, pertanto la variazione del tasso di cambio (la svalutazione o la rivalutazione) deriverebbe dalla variazione relativa del livello dei prezzi (ovvero dalla differenza relativa tra i tassi di inflazione). Tradotto per la casalinga di Voghera: svaluta chi ha l’inflazione più alta.
Infatti, come si vede nella figura sottostante, l’Italia (linea viola) ha avuto un tasso d’inflazione mediamente superiore alle altre nazioni e quindi la lira si è svalutata nei confronti delle altre valute. Di converso, la Germania (linea nera) è il Paese che ha avuto l’inflazione più bassa ed in effetti ha rivalutato rispetto a tutti gli altri.



Indice dei prezzi al consumo (%)

Da notare che, ad eccezione della Germania, nel periodo intercorrente tra la prima crisi petrolifera (1973) e i primi anni ’80, tutti i Paesi hanno avuto un tasso d’inflazione in doppia cifra.
La domanda da porsi è allora: perché l’Italia aveva un tasso d’inflazione (leggermente) superiore agli altri Paesi? Detto in altri termini: perché l’Italia aveva una competitività di prezzo (leggermente) inferiore alle altre nazioni e pertanto svalutava? È intuitivo che una nazione risulta essere tanto più competitiva quanto più riesce ad abbassare il prezzo delle merci che offre al resto del mondo, conseguentemente per ottenere una maggiore competitività occorre imporre un aumento della produttività e/o una riduzione di qualche reddito interno: si riesce ad essere competitivi se qualcuno all’interno del Paese “stringe la cinghia”. Chi, nella nazione, debba accettare una riduzione del proprio reddito reale, è una questione politica: se noi perdevamo competitività rispetto agli altri Paesi, tanto da dovere svalutare, voleva dire che la nostra produttività era nettamente inferiore alle altre oppure i nostri politici non volevano che qualcuno stringesse la cinghia.
Vediamo la produttività:



Produttività per ora lavorata (USD, prezzi costanti, 2010 PPP)

La nostra produttività (linea viola) era perfettamente in linea con le altre. E quindi? Stai a vedere che la maggiore inflazione italiana derivava dal fatto che i nostri salari reali, a differenza di quanto dice la narrazione “ufficiale”, non perdevano valore ma, anzi, crescevano?!? Stai vedere che Marco Bentivogli, segretario generale della Federazione Italiana Metalmeccanici (FIM CISL), ha detto una vergognosa bugia quando ha affermato che l’industria di quel tempo “invece di innovare chiedeva ai governi di svalutare lira, impoverendo con l’inflazione i lavoratori”?



Per verificarlo basta prendere il valore delle retribuzioni lorde per unità di lavoro dipendente, tratte dal sito dell’ISTAT, e “deflazionarle” per l’indice generale dei prezzi al consumo. Si ottiene la seguente figura:



Salari reali italiani

I salari reali crescevano… e anche tanto! Negli anni ‘70 crescevano mediamente del 5% all’anno, mentre dal 1999 ad oggi, con l’eurone che “proteggere” il potere d’acquisto, sono cresciuti mediamente solo dello 0,3%. Ripeto: nell’era dell’inflazione a doppia cifra i salari reali crescevano del 5% all’anno, mentre nell’era dell’eurone, che protegge i lavoratori dalla temibile tassa occulta costituita dall’inflazione, i salari reali sono fermi. Fermi!



Tasso di variazione dei salari reali italiani (%)

Questo era il risultato di un forte potere contrattuale da parte dei lavoratori che si rifletteva nella quota salari. La quota salari è importante perché ci dice in quale modo viene spartita la “torta” dei redditi prodotti: se fino al 1981 la ricchezza prodotta veniva equamente spartita tra lavoratori dipendenti ed imprenditori (rispettivamente il 49% ai dipendenti ed il 51% agli imprenditori), da metà degli anni ’90 la fetta preponderante della ricchezza è andata al capitale (circa il 59%) ed i lavoratori si sono dovuti accontentare delle briciole (indicativamente il 41%).



Quota salari

Non è per caso che, chi favoleggia di inesistenti impoverimenti indotti dall’inflazione, di una fantomatica Italietta della liretta, lo faccia proprio perché vuole che la componente lavoro resti schiacciata a favore del capitale?



Non è per caso che mentano proprio perché vogliono distruggere il tessuto produttivo della nostra nazione a favore del grande capitale internazionale?

Claudio Barnabè
 
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