tommy271
Forumer storico
" GRECIA : SIAMO TUTTI RESPONSABILI " EDITORIALE PUBBLICATO DA " KATHIMERINI "
Siamo una società fondamentalmente conservatrice, anche se in maggioranza votiamo a sinistra. Ci nascondiamo automaticamente dietro ciò che è ormai “acquisito”, senza preoccuparci di come lo abbiamo acquisito. Sosteniamo le ingiustizie reputandole giuste. Legalizziamo, quasi fossero “vacche sacre”, le allocazioni (come le indennità sui salari) e le prestazioni di servizi grottescamente assurdi, elargiti dai ministri delle paccottiglie per comprare la collaborazione del personale. A dispetto del nostro conservatorismo, siamo sempre pronti a lamentarci e a protestare. La negoziazione per noi è sottomissione, il compromesso una vergogna. Non sappiamo concentrarci, e di rado procediamo a riformare.
La parola “diritto” impera nel nostro vocabolario, e ci rivoltiamo prima di tutto contro lo stato. Ma lo “stato di diritto” è un concetto che non ci è familiare, anzi, ci è quasi sconosciuto. Quando parliamo di stato ci riferiamo di solito al nepotismo. I nostri sindacati difendono appassionatamente conquiste che non hanno a che vedere con vere e proprie competenze o con un rendimento produttivo, e certo non col potenziale della nostra economia.
Col passare del tempo il nostro sistema si è sempre più basato su un contratto sociale non scritto: la massa dovrà tollerare la corruzione delle alte sfere, e queste a loro volta chiuderanno gli occhi sulle piccole corruzioni della massa. Questa regola imposta dai vertici dello stato è servita da scusa per legittimare il lassismo di fondo che ha sgretolato la società e mantenuto in piedi una debole élite urbana. Si trattava di un contratto sociale di reciproca tolleranza e complicità. Oggi quell’accordo è rotto: non ci sono più soldi per finanziarlo.
Il nostro conservatorismo si estende a ogni cosa. I ministri hanno redatto il piano finanziario statale ispirandosi ai precedenti, gonfiando le cifre ovunque era possibile farlo. Non hanno chiesto finanziamenti per interventi specifici, presentando le cifre come si fa nei paesi seri. Prima hanno chiesto i finanziamenti e poi hanno messo a punto gli interventi. Questa è la ragione per la quale oggi il nuovo governo, eletto nell’ottobre 2009, è scioccato dopo aver scoperto i cadaveri lasciati dai precedenti governi, come pure gli sprechi delle precedenti autorità, andati a favore di amici, clientele, circoscrizioni.
Un sogno d'infanzia
Noi siamo molto critici, ma non sopportiamo di essere criticati. Giochiamo a scaricabarile, tanto più se si tratta della nostra salvezza. Non dobbiamo però accusare l’Europa per la nostra situazione economica. Non è nemmeno colpa dei mercati. È vero, la crisi economica internazionale ha avuto un ruolo di primo piano, ha scatenato l’avidità delle banche di investimento internazionali, ha alimentato le manovre degli speculatori e l’egoismo delle élite. Ma non è questa la nostra crisi, benché gli avvoltoi – i mercati internazionali – volino in cerchio su Atene. La crisi greca non è una creazione dei mercati o dell’Unione Europea, anche se essa provoca mal di pancia in Europa.
La nostra crisi è soltanto colpa nostra: è frutto del nostro sistema politico, dei nostri sindacati, di una classe parassitaria di affaristi e di clientele, di operazioni fraudolente. Per i consumatori greci è stato un po’ come esaudire un sogno d’infanzia: avere tutti l’automobile di lusso, il telefonino di ultimissima generazione, andare a sciare nella stazione sciistica più alla moda, trascorrere l’estate a Mykonos e dichiarare soltanto 20mila euro di reddito. E andare in pensione a 50 anni. La nostra società, pur così compiacente, non può permetterselo.
La crisi ci ha fatto cadere il mondo addosso. Ha messo in luce tutti i problemi, spazzato via le allucinazioni, rivelato la verità crudele che si nascondeva dietro le apparenze. Ci ha messo di fronte alle nostre responsabilità. Se fingeremom che non sia accaduto nulla, allora la prossima tempesta ci annienterà. Se invece sapremo condividere i sacrifici e ci prenderemo per mano, potremo trasformare questa situazione catastrofica e far rifiorire l’ottimismo. (ab) ( Fonte: presseurop.eu)
(da Finanza in chiaro)
Sotto il diretto controllo degli ispettori Ue, il governo di Atene ha varato una politica di austerity economica e sociale. Secondo l’economista Georges Pagoulatos, l’intera società greca ha bisogno di un salutare shock. Siamo una società fondamentalmente conservatrice, anche se in maggioranza votiamo a sinistra. Ci nascondiamo automaticamente dietro ciò che è ormai “acquisito”, senza preoccuparci di come lo abbiamo acquisito. Sosteniamo le ingiustizie reputandole giuste. Legalizziamo, quasi fossero “vacche sacre”, le allocazioni (come le indennità sui salari) e le prestazioni di servizi grottescamente assurdi, elargiti dai ministri delle paccottiglie per comprare la collaborazione del personale. A dispetto del nostro conservatorismo, siamo sempre pronti a lamentarci e a protestare. La negoziazione per noi è sottomissione, il compromesso una vergogna. Non sappiamo concentrarci, e di rado procediamo a riformare.
La parola “diritto” impera nel nostro vocabolario, e ci rivoltiamo prima di tutto contro lo stato. Ma lo “stato di diritto” è un concetto che non ci è familiare, anzi, ci è quasi sconosciuto. Quando parliamo di stato ci riferiamo di solito al nepotismo. I nostri sindacati difendono appassionatamente conquiste che non hanno a che vedere con vere e proprie competenze o con un rendimento produttivo, e certo non col potenziale della nostra economia.
Col passare del tempo il nostro sistema si è sempre più basato su un contratto sociale non scritto: la massa dovrà tollerare la corruzione delle alte sfere, e queste a loro volta chiuderanno gli occhi sulle piccole corruzioni della massa. Questa regola imposta dai vertici dello stato è servita da scusa per legittimare il lassismo di fondo che ha sgretolato la società e mantenuto in piedi una debole élite urbana. Si trattava di un contratto sociale di reciproca tolleranza e complicità. Oggi quell’accordo è rotto: non ci sono più soldi per finanziarlo.
Il nostro conservatorismo si estende a ogni cosa. I ministri hanno redatto il piano finanziario statale ispirandosi ai precedenti, gonfiando le cifre ovunque era possibile farlo. Non hanno chiesto finanziamenti per interventi specifici, presentando le cifre come si fa nei paesi seri. Prima hanno chiesto i finanziamenti e poi hanno messo a punto gli interventi. Questa è la ragione per la quale oggi il nuovo governo, eletto nell’ottobre 2009, è scioccato dopo aver scoperto i cadaveri lasciati dai precedenti governi, come pure gli sprechi delle precedenti autorità, andati a favore di amici, clientele, circoscrizioni.
Un sogno d'infanzia
Noi siamo molto critici, ma non sopportiamo di essere criticati. Giochiamo a scaricabarile, tanto più se si tratta della nostra salvezza. Non dobbiamo però accusare l’Europa per la nostra situazione economica. Non è nemmeno colpa dei mercati. È vero, la crisi economica internazionale ha avuto un ruolo di primo piano, ha scatenato l’avidità delle banche di investimento internazionali, ha alimentato le manovre degli speculatori e l’egoismo delle élite. Ma non è questa la nostra crisi, benché gli avvoltoi – i mercati internazionali – volino in cerchio su Atene. La crisi greca non è una creazione dei mercati o dell’Unione Europea, anche se essa provoca mal di pancia in Europa.
La nostra crisi è soltanto colpa nostra: è frutto del nostro sistema politico, dei nostri sindacati, di una classe parassitaria di affaristi e di clientele, di operazioni fraudolente. Per i consumatori greci è stato un po’ come esaudire un sogno d’infanzia: avere tutti l’automobile di lusso, il telefonino di ultimissima generazione, andare a sciare nella stazione sciistica più alla moda, trascorrere l’estate a Mykonos e dichiarare soltanto 20mila euro di reddito. E andare in pensione a 50 anni. La nostra società, pur così compiacente, non può permetterselo.
La crisi ci ha fatto cadere il mondo addosso. Ha messo in luce tutti i problemi, spazzato via le allucinazioni, rivelato la verità crudele che si nascondeva dietro le apparenze. Ci ha messo di fronte alle nostre responsabilità. Se fingeremom che non sia accaduto nulla, allora la prossima tempesta ci annienterà. Se invece sapremo condividere i sacrifici e ci prenderemo per mano, potremo trasformare questa situazione catastrofica e far rifiorire l’ottimismo. (ab) ( Fonte: presseurop.eu)
(da Finanza in chiaro)