Il caso negi Usa Ratzinger lo critica, via il gesuita-giornalista Dopo i richiami su gay ed embrione, Thomas Reese lascia la direzione del settimanale «America» STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
Thomas Reese
CITTA’ DEL VATICANO - «America», il combattivo settimanale dei gesuiti statunitensi, cambia direttore: lascia Thomas Reese, sessant’anni, che più volte il cardinale Ratzinger aveva richiamato all’ordine lungo gli ultimi cinque anni. Lascia senza dare spiegazioni e non vuole parlare con i giornalisti. C’è chi sostiene che l’abbiano cacciato e chi dice che se ne sia andato «di propria iniziativa», dal momento che il suo censore era diventato Papa. La versione più aspra del fatto l’ha data il New York Times di ieri: l’ordine di «dimissionare» padre Reese era partito dalla Congregazione per la dottrina della fede a metà marzo, con una lettera inviata ai superiori del gesuita quando ne era ancora prefetto il cardinale Joseph Ratzinger. Ma Reese quell’ordine l’avrebbe conosciuto solo al suo rientro in America, dopo il lungo periodo passato a Roma per la «copertura» del periodo di «sede vacante». Più cauto il settimanale National Catholic Reporter , che ha dato per primo la notizia: non conosce l’esistenza di una lettera venuta da Roma in marzo, ma afferma che i superiori avrebbero comunicato a Reese che il «contenzioso» con la Congregazione per la dottrina - accumulato dalla rivista in cinque anni - si era fatto «invincibile». E il titolo è: «Costretto a dimettersi su pressione vaticana».
La versione più pacifica la dà il portavoce della Compagnia di Gesù, Josè De Vera, che ieri ci ha dichiarato: «Padre Reese ha presentato le dimissioni perché ha voluto farlo, non perché gli siano state imposte». C’era o no una lettera della Congregazione che chiedeva quel passo? «Non ne ho notizia e mi pare strano che vi sia», è la risposta. Ma vi erano stati dei richiami? «Sì e più volte». Si trattava - precisa padre De Vera - di richiami verbali, fatti di persona dal cardinale Ratzinger al preposito generale dei gesuiti, padre Peter-Hans Kolvenback. Negli ultimi tempi il richiamo riguardava «in particolare» due articoli: uno che trattava del «matrimonio tra persone dello stesso sesso» e un altro del problema «se l’embrione sia persona». Altro caso spinoso era stato quello della «comunione ai politici cattolici favorevoli alla legge sull’aborto».
Da tempo padre Reese aveva scelto la linea delle «opinioni a confronto»: sui «casi disputati» pubblicava un intervento a favore e uno contro. Più volte dalla Congregazione per la dottrina e dallo stesso cardinale Ratzinger era venuto l’«avvertimento» che «quel metodo non era sufficiente», in quanto la rivista finiva con il mostrarsi «neutrale» anche su questioni nelle quali c’era una «presa di posizione impegnativa da parte del magistero». A favore di chi afferma che padre Reese abbia deciso «di sua iniziativa» di lasciare - dopo sette anni - la direzione della rivista, si può citare un editoriale scritto da Reese alla vigilia del conclave e intitolato «Sfide per il nuovo papa», in quanto fa risaltare la distanza tra il suo atteggiamento e quello del cardinale che è stato eletto Papa: «Durante gli ultimi due decenni più di cento teologi sono stati costretti al silenzio o richiamati all’ordine dalla Congregazione per la dottrina. Una Chiesa che non può discutere apertamente i problemi è una Chiesa che si rinserra in un ghetto».
Dopo l’elezione di Papa Benedetto XVI, «America» ha pubblicato un editoriale nient’affatto contrariato, si direbbe anzi fiducioso. Vi si diceva che nel nuovo Papa «i cattolici hanno un supremo pastore di straordinari doni intellettuali e con decenni di esperienza accumulata nei centri nevralgici delle attività riformatrici seguite al secondo Concilio Vaticano». La conclusione era un invito a «prepararsi a future sorprese», che avrebbero «mandato in frantumi gli stereotipi ereditati dal passato». Non si fa difficoltà a immaginare che padre Reese, autore del primo dei due editoriali, non si sia ritrovato nel secondo, che avrà dovuto pubblicare per decisione dei superiori. E che da qui sia venuta la decisione di lasciare.
Luigi Accatoli
08 maggio 2005
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