“prendiamo il caso di Sergio Cofferati, uno che nel sindacato ha fatto carriera.
All’inizio l’ex segretario era un semplice impiegato della Pirelli e quando fu chiamato a svolgere a tempo pieno il mestiere di sindacalista non si dimise dall’azienda di pneumatici per passare a quella sindacale: semplicemente fu distaccato.
Ciò significa che la Cgil gli versava lo stipendio, ma che la Bicocca rimaneva il suo vero datore di lavoro.
E lo stipendio pagato dal sindacato era sprovvisto di contributi previdenziali, perché a quelli provvedeva l’Inps, con i cosiddetti contributi figurativi, ossia contributi finti, non pagati, che però danno luogo a una pensione vera. Una furbata che costa all’ente previdenziale una svariata quantità di milioni e fa risparmiare alle casse di Cgil, Cisl e Uil altrettanti soldi.
Ma il trucco evidentemente ai sindacalisti non bastava, perché in tal modo, cioè con i contributi figurativi, a fine carriera ottenevano una pensione al minimo, perché calcolata sullo stipendio base. Così si inventarono la scappatoia.
Mentre nel 1996 concordavano con il governo una riforma previdenziale che mandava tutti i lavoratori in pensione più tardi e con un assegno più magro, per loro si costituirono una via d’uscita che consentiva di aumentare il vitalizio. In pratica, versando – a spese del sindacato – un po’ di soldi in più negli ultimi anni di attività riuscirono ad ottenere al momento del ritiro dal lavoro una pensione più ricca. Un giochetto che sfruttò le maglie del sistema retributivo,proprio quello che i sindacalisti avevano concordato di abolire, seppur gradualmente, per tutti gli altri lavoratori”.