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Torniamo alla LIRA
Papa Francesco fin dal suo insediamento ha voluto dare un carattere ultrapolitico al proprio pontificato. I problemi sociali ed economici del pianeta sono affrontati a getto continuo e discussi in profondità (si fa per dire) in encicliche, interviste, libri, confronti, dibattiti e discorsi. La soluzione proposta è sempre la stessa: più potere ai governi e agli Stati e meno agli individui. Il nemico è ormai stato individuato in questa economia che uccide (titolo del suo libro) e la soluzione starebbe nell’uccidere l’economia, almeno nella sua forma attuale, per sostituirla con un po’ di agricoltura di sussistenza e chissà cos’altro. Se Karl Marx è sempre accusato di esser stato ben parco di indicazioni sulla società futura, sul comunismo, vi è da dire che l’anticapitalismo post-marxista, alla Francesco è ancor più vago sulle alternative. La rivolta contro l’esistente e la ragione, che si spinge fino all’adozione delle tesi ambientaliste più radicali e banali è costante, ma le alternative non esistono proprio. La critica papalina dell’aria condizionata, ad esempio, è considerata peculiarmente ridicola in America, un Paese nel quale un’umanità finalmente prospera è riuscita a ripararsi per la prima volta nella storia sia dal freddo sia dal caldo, fatto che tutti indistintamente ritengono un progresso. Di questa economia che uccide il papa sta adesso visitando il cuore pulsante, il centro nevralgico del cieco dominio del capitale. In breve, Francesco sta guardando l’abisso. Seppur governata ormai da molto tempo da una élite culturale e politica che in cuor suo nutre sentimenti e pensieri in sintonia con quelli del papa argentino, l’America è ancora estremamente refrattaria a riconoscere che ciò che la ha resa la società di maggior successo della storia sia in realtà un’aggressione ai poveri del pianeta, alle risorse altrui, alla giustizia planetaria e via discorrendo.