Ho conosciuto ...

Mah, talora ho l'impressione che quanto scrivo in questo 3d interessi solo me. Ammetto di sentirmi un po' come un vecchio compiaciuto che narra ai commensali semidormienti le vicende vissute di nessun interesse. Forse è inevitabile. Però è vero che leggere non è obbligatorio :)
Al contrario, leggo con l'interesse spaesato di chi non ha mai vissuto niente di paragonabile a quanto scrivi, se non qualche galleria e qualche mostra. La mancanza assoluta di tempo comporta che ogni minuto dedicato agli interessi personali deve essere faticosamente sottratto a qualche impegno prioritario e non so se mai sarà possibile fare almeno un decimo delle esperienze che leggo, anche se chissà, crescendo mio figlio magari un minimo riesco a recuperare. Inutile dire che riesco a dare qualche contributo minimo come il mio ultimo post sopra.
 
Il 18-5-2025 è mancato a Pesaro quasi novantenne Piergiorgio Spallacci. Lo conobbi all'epoca in cui giravo in auto mezza Italia come turista ma anche come collezionista di stampe, che talora cedevo alle gallerie. Era proprietario di una galleria a Pesaro, nonché delle edizioni di grafica La Pergola. Persona squisita ed appassionata, la sua casa di Pesaro era un ampio pulito ed ordinato spazio dedicato alla grafica ed alle sue edizioni. Come artista era conosciuto ed apprezzato: il suo genere non era del mio massimo interesse, ed è un peccato davvero perché la qualità della persona era, come detto, elevata.

La scomparsa di Piergiorgio Spallacci (Pergola, 16-12-1935 - Pesaro,18-5-2025) lascia un grande vuoto tra quanti amano la grafica e i libri d'artista dove poesia e immagine raggiungono un equilibrio perfetto. Spallacci, per anni, ha intrecciato la sua attività di insegnante e di gallerista con quella di editore d'arte tessendo una rete di rapporti internazionali che hanno arricchito la cultura non solo pesarese.

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Ho un paio di grafiche di cui una sua e un'altra, edita sempre presso la sua stamperia, di Hans Richter. Mi piacciono entrambe anche se da anni ormai mi sono spostato su cose più rare, più 'ricercate'. Ovviamente lo dico con il cosiddetto senno del poi, quando le aveva stampate erano probabilmente richieste esattamente come oggi, essendo andati tutti avanti con il gusto e le mode, Richter inizia ad essere superato.
 
Alle Beaux Arts di Parigi, dove ero un infiltrato, ho seguito i corsi di Licata. Faceva posare una modella per 5 minuti, e noi dovevamo cogliere l'esseza di quella posa, magari facendone uno schema (a posteriori, perciò per me inutile). Il professore, come anche gli altri, non era granché attivo sugli studenti. Erano anni di contestazione e lassismo, e pochi avevano voglia di comunicare conoscenze a gente che spesso le rifiutava.
Nelle stesse B.Arts conobbi un giovane assistente alla litografia: maneggiava, per sé e per gli altri, proprio uno di quei grossi torchi che ormai gli autori, viziati dalle tecniche offset, non usano quasi più (fu eccezione il Bisonte di M.L.Guaita a Firenze). Con quel torchio operava classicamente con pietre litografiche e le trattava al meglio, con effetti finissimi, tanto che le sue tirature non potevano superare le 10/20 copie. Vassilis Sperantsas (n. 1938 )era ed è un greco legato alle forme classiche, a somiglianza del ben più noto Fassianos: non era perciò granché originale, ma nel lavorare la pietra era già un maestro del colore. Riuscii a vendergli qualcosa in Italia, e tenni per me due o tre pezzi che mi regalò. Il suo look era davvero originale: aveva occhi di colore diverso, uno azzurro e l'altro non ricordo se verde o marrone, il che gli dava un'aria ancor più stralunata e poetica.

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I suoi soggetti erano quelli che anche qui riproduco: donne con lo specchio, ricordi di Grecia, uomini in completo pesante e così via.
 
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Anselmo (Anselmo Francesconi, 1921-2004)) aveva terminato gli studi a Brera nel 1945, quindi anni prima della mia nascita. Lo conobbi a Venezia, ad un banchetto dove lui stesso vendeva le sue grafiche "con sconto del 25% per mercanti e collezionisti". La cosa era abbastanza assurda, perché dava l'idea che vi fossero acquirenti non collezionisti da discriminare :), ma rende un po' il carattere dell'uomo, romagnolo con aspetti irrealistici ed eccessivi, spesso poco concreti. Era amico di Matta, che frequentava nella casa di Panarea, e questo effettivamente ne aumentava in me l'interesse per la persona. Peraltro, sulla sua pittura non ero d'accordo, in qualche modo simile a Plattner (il che ne potrebbe aumentare il fascino per @giordano bruno , ma non per me). Ciò non toglie che vendetti per lui qualche pezzo in quel periodo.
Aveva sposato una donna armena, forse come copertura, e in quegli anni rappresentava spesso il massacro degli Armeni compiuto dai turchi a inizio '900, con forme "collettive" ed arrabbiate, che forse mascheravano qualche immaturità tecnico-espressiva.
Restammo comunque in amicizia alcuni anni, e lui partecipò pure a dei gruppi di psicoterapia reichiana a Treviso, dove lo feci avvicinare. La storia comunque finisce male: essendomi trasferito a Milano, dopo aver molto peregrinato per un alloggio, mi offrì a pagamento casa sua in via Ariosto, essendo lui sempre assente per vari motivi. Era una casa grande: una sera vi invitai una ragazza che si fermò un po' lì, ma egli aveva imposto la regola che non dovevano entrare estranei. Regola che un ventisettenne anarchico come il sottoscritto rispettò fin troppo, ma che riteneva ingiusta e alla fine la "natura" lo costrinse, giustamente, a trasgredirla. Credo che fu il portiere ad avvisarlo ed egli mi cacciò con effetto immediato, costringendomi a diventar matto per settimane, finché mi appropriai di una topaia che si mangiava metà del mio stipendio, pure sottraendola a molti altri richiedenti. Fatto da un "amico" era troppo, e io tornai una sera con un mastice metallico a bloccargli la serratura di casa ("così capisci anche tu come ci si trova a star senza casa da un momento all'altro", pensavo). Quando ci vedevamo a Treviso facevo lo gnorri, ma tanta era la rabbia che un'altra volta mi ripetei nel sabotaggio.
OK, non è una bella pagina, né per lui né per me. Ma almeno non si dirà che edulcoro i ricordi ...

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Anselmo (Anselmo Francesconi, 1921-2004)) aveva terminato gli studi a Brera nel 1945, quindi anni prima della mia nascita. Lo conobbi a Venezia, ad un banchetto dove lui stesso vendeva le sue grafiche "con sconto del 25% per mercanti e collezionisti". La cosa era abbastanza assurda, perché dava l'idea che vi fossero acquirenti non collezionisti da discriminare :), ma rende un po' il carattere dell'uomo, romagnolo con aspetti irrealistici ed eccessivi, spesso poco concreti. Era amico di Matta, che frequentava nella casa di Panarea, e questo effettivamente ne aumentava in me l'interesse per la persona. Peraltro, sulla sua pittura non ero d'accordo, in qualche modo simile a Plattner (il che ne potrebbe aumentare il fascino per @giordano bruno , ma non per me). Ciò non toglie che gli vendetti qualche pezzo in quel periodo.
Aveva sposato una donna armena, forse come copertura, e in quegli anni rappresentava spesso il massacro degli Armeni compiuto dai turchi a inizio '900, con forme "collettive" ed arrabbiate, che forse mascheravano qualche immaturità tecnico-espressiva.
Restammo comunque in amicizia alcuni anni, e lui partecipò pure a dei gruppi di psicoterapia reichiana a Treviso, dove lo feci avvicinare. La storia comunque finisce male: essendomi trasferito a Milano, dopo aver molto peregrinato per un alloggio, mi offrì a pagamento casa sua in via Ariosto, essendo lui sempre assente per vari motivi. Era una casa grande: una sera vi invitai una ragazza che si fermò un po' lì, ma egli aveva imposto la regola che non dovevano entrare estranei. Regola che un ventisettenne anarchico come il sottoscritto rispettò fin troppo, ma che riteneva ingiusta e alla fine la "natura" lo costrinse, giustamente, a trasgredirla. Credo che fu il portiere ad avvisarlo ed egli mi cacciò con effetto immediato, costringendomi a diventar matto per settimane, finché mi appropriai di una topaia che si mangiava metà del mio stipendio, pure sottraendola a molti altri richiedenti. Fatto da un "amico" era troppo, e io tornai una sera con un mastice metallico a bloccargli la serratura di casa ("così capisci anche tu come ci si trova a star senza casa da un momento all'altro", pensavo). Quando ci vedevamo a Treviso facevo lo gnorri, ma tanta era la rabbia che un'altra volta mi ripetei nel sabotaggio.
OK, non è una bella pagina, né per lui né per me. Ma non si dica che edulcoro i ricordi ...

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Alla ragazza ospite a casa poi non sarà dispiaciuto...
 
Franco Beraldo (Meolo, VE, 1944) non è solo persona che io abbia conosciuto, ma anzi tuttora lo vedo con regolarità. Partecipiamo entrambi agli incontri settimanali del Gruppo Antroposofico di Oriago (VE).In quella situazione presenta un carattere deciso e preciso, e insieme educato e ricettivo riguardo a conoscenze eventualmente non ancora approfondite. La sua pittura si è sviluppata da un ambito tra Morandi e Guidi fino a raggiungere negli ultimi anni una astrazione dove i colori si fanno più brillanti e liberi. La sua tecnica tipica è stata lo strappo d'affresco, dove aveva accordato una esclusiva mercantile che lo portò ad essere conosciuto in tutta Italia. Inoltre acquerelli, olii, vetri (in collaborazione con mastri vetrai).
Fino agli anni 80 Franco aveva una sua galleria in centro a Mestre: tuttavia, molestato dalle vessazioni arbitrarie di un potere che, come sempre fa, gode a taglieggiare gli indifesi, in quattro e quattr'otto, da uomo libero, decise di sottrarsi al gioco, chiuse l'attività e della galleria fece il suo studio di pittore. Per dire la forza della coerenza e della dirittura morale.
Anni fa avevo ripreso a dipingere da poco, e mi azzardai a chiedergli un parere su quanto stavo facendo. L'osservazione che mi toccò maggiormente verteva sulla materia del pigmento: in effetti allora la trascuravo, e da quel commento appresi dunque a porvi più attenzione. Come dire: non basta l'idea, serve anche una buona realizzazione concreta - che potrebbe essere anche un motto da usarsi in antroposofia.
Rispetto a quest'ultima, egli aveva fatto parte del gruppo fondatore di Mestre, dove era nata la prima scuola, e tuttora egli è presente nel consiglio direttivo (o come diavolo si chiama) della scuola di Oriago. A 81 anni non è poco.

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Franco Beraldo (Meolo, VE, 1944) non è solo persona che io abbia conosciuto, ma anzi tuttora lo vedo con regolarità. Partecipiamo entrambi agli incontri settimanali del Gruppo Antroposofico di Oriago (VE).In quella situazione presenta un carattere deciso e preciso, e insieme educato e ricettivo riguardo a conoscenze eventualmente non ancora approfondite. La sua pittura si è sviluppata da un ambito tra Morandi e Guidi fino a raggiungere negli ultimi anni una astrazione dove i colori si fanno più brillanti e liberi. La sua tecnica tipica è stata lo strappo d'affresco, dove aveva accordato una esclusiva mercantile che lo portò ad essere conosciuto in tutta Italia. Inoltre acquerelli, olii, vetri (in collaborazione con mastri vetrai).
Fino agli anni 80 Franco aveva una sua galleria in centro a Mestre: tuttavia, molestato dalle vessazioni arbitrarie di un potere che, come sempre fa, gode a taglieggiare gli indifesi, in quattro e quattr'otto, da uomo libero, decise di sottrarsi al gioco, chiuse l'attività e della galleria fece il suo studio di pittore. Per dire la forza della coerenza e della dirittura morale.
Anni fa avevo ripreso a dipingere da poco, e mi azzardai a chiedergli un parere su quanto stavo facendo. L'osservazione che mi toccò maggiormente verteva sulla materia del pigmento: in effetti allora la trascuravo, e da quel commento appresi dunque a porvi più attenzione. Come dire: non basta l'idea, serve anche una buona realizzazione concreta - che potrebbe essere anche un motto da usarsi in antroposofia.
Rispetto a quest'ultima, egli aveva fatto parte del gruppo fondatore di Mestre, dove era nata la prima scuola, e tuttora egli è presente nel consiglio direttivo (o come diavolo si chiama) della scuola di Oriago. A 81 anni non è poco.

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Osservo quanti sono gli artisti che non hanno mai incrociato il grande pubblico perché. semplicemente non sono entrati nei giri che contano, nelle gallerie che ti sostengono e così via.
 
Osservo quanti sono gli artisti che non hanno mai incrociato il grande pubblico perché. semplicemente non sono entrati nei giri che contano, nelle gallerie che ti sostengono e così via.
Dei quali sostenitori, 50 anni fa era predominante il Partito Comunista, senza il quale gli esiti per certi autori sarebbero stati differenti ...
Vedova, Guttuso, Pizzinato, Turcato, Calabria e molti altri, dei quali la fama fu sostenuta, o gonfiata, fanno parte di questo giro. Noto peraltro che molti hanno rinnegato, o meglio, tentano di nascondere quell'appoggio di quel periodo: provate a cercare in rete, tutti angioletti ...
 

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