Anselmo (Anselmo Francesconi, 1921-2004)) aveva terminato gli studi a Brera nel 1945, quindi anni prima della mia nascita. Lo conobbi a Venezia, ad un banchetto dove lui stesso vendeva le sue grafiche "con sconto del 25% per mercanti e collezionisti". La cosa era abbastanza assurda, perché dava l'idea che vi fossero acquirenti non collezionisti da discriminare

, ma rende un po' il carattere dell'uomo, romagnolo con aspetti irrealistici ed eccessivi, spesso poco concreti. Era amico di Matta, che frequentava nella casa di Panarea, e questo effettivamente ne aumentava in me l'interesse per la persona. Peraltro, sulla sua pittura non ero d'accordo, in qualche modo simile a Plattner (il che ne potrebbe aumentare il fascino per
@giordano bruno , ma non per me). Ciò non toglie che gli vendetti qualche pezzo in quel periodo.
Aveva sposato una donna armena, forse come copertura, e in quegli anni rappresentava spesso il massacro degli Armeni compiuto dai turchi a inizio '900, con forme "collettive" ed arrabbiate, che forse mascheravano qualche immaturità tecnico-espressiva.
Restammo comunque in amicizia alcuni anni, e lui partecipò pure a dei gruppi di psicoterapia reichiana a Treviso, dove lo feci avvicinare. La storia comunque finisce male: essendomi trasferito a Milano, dopo aver molto peregrinato per un alloggio, mi offrì a pagamento casa sua in via Ariosto, essendo lui sempre assente per vari motivi. Era una casa grande: una sera vi invitai una ragazza che si fermò un po' lì, ma egli aveva imposto la regola che non dovevano entrare estranei. Regola che un ventisettenne anarchico come il sottoscritto rispettò fin troppo, ma che riteneva ingiusta e alla fine la "natura" lo costrinse, giustamente, a trasgredirla. Credo che fu il portiere ad avvisarlo ed egli mi cacciò con effetto immediato, costringendomi a diventar matto per settimane, finché mi appropriai di una topaia che si mangiava metà del mio stipendio, pure sottraendola a molti altri richiedenti. Fatto da un "amico" era troppo, e io tornai una sera con un mastice metallico a bloccargli la serratura di casa ("così capisci anche tu come ci si trova a star senza casa da un momento all'altro", pensavo). Quando ci vedevamo a Treviso facevo lo gnorri, ma tanta era la rabbia che un'altra volta mi ripetei nel sabotaggio.
OK, non è una bella pagina, né per lui né per me. Ma non si dica che edulcoro i ricordi ...
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