Val
Torniamo alla LIRA
L’accordo verde europeo intende investire in un’economia climaticamente neutra e circolare
“Climaticamente neutra“ corrisponde all’adozione della logica del pareggio di bilancio (equilibrio tra entrate e uscite)
applicata alle emissioni di gas serra da compensare con interventi miranti al loro riassorbimento artificiale e/o naturale
in modo da giungere entro il prossimo trentennio ad una condizione di impatto climatico pari a zero (neutralità climatica).
Azzerare, dunque, le emissioni nette di gas a effetto serra in modo da ottenere zero impatto climatico.
Bello no!?
Ciò sarà possibile grazie all’adozione dei criteri propri dell’economia circolare che dovranno essere fatti propri da ogni Paese dell’Unione Europea
investendo in soluzioni tecnologiche realistiche, armonizzando gli interventi in settori fondamentali, quali la politica industriale,
la finanza o la ricerca e garantendo nel contempo equità sociale per una transizione giusta.
La neutralità climatica è presentata come urgente e necessaria nonché come un’opportunità per tutto il continente
di contribuire ad un nuovo sviluppo tecnologico in grado di permettere lo sviluppo di nuovi mercati, aprendo la strada anche a nuovi settori occupazionali.
Il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis ha annunciato:
«Vogliamo raggiungere emissioni zero entro il 2050. Non possiamo fallire. Il piano per gli investimenti sostenibili adottato oggi
dalla Commissione europea punta a mobilitare almeno mille miliardi di investimenti nei prossimi dieci anni
e invia un chiaro segnale a tutti: quando si fanno investimenti occorre pensare verde».
I costi economici in investimenti strutturali e contenimento dei costi sociali necessari all’ottenimento della transizione alla neutralità climatica
saranno affrontati grazie al Fondo per una transizione equa – Just Transition Fund che ha stanziato i primi 7,5 miliardi di euro;
grazie al cofinanziamento nazionale, al braccio finanziario InvestEu e alla Banca europea degli investimenti essi lieviteranno a 100 miliardi di euro.
Per Ursula Von der Leyen: “Dobbiamo essere sicuri che nessuno rimanga indietro” perché
“questa transizione funzionerà per tutti e sarà giusta, o non funzionerà affatto”.
Le fa eco la commissaria ai fondi di coesione Elisa Ferreira: «Tutti i paesi europei riceveranno un aiuto.
L’allocazione dipenderà dall’intensità dei problemi ambientali».
La quota spettante all’Italia pari all’incirca a quella di Francia e Spagna sarà pari a poco meno di 400 milioni di euro (dei 7,5 miliardi).
La lotta al riscaldamento climatico di cui la Ue aspira a farsi protagonista, unendo virtuosamente ambiente ed economia,
rappresenterebbe l’occasione giusta per rilanciare la sua economia stagnante.
La transizione climatica si otterrebbe anche grazie ad un riorientamento dei fondi di coesione, dallo sviluppo all’ambiente
e a favore dell’occupazione che esclude qualsiasi sostegno alle fonti fossili, mentre sostiene la transizione verso un’economia libera da esse.
La condizione di emissioni zero, altrimenti detta di neutralità carbonica, consiste nel raggiungimento di un equilibrio tra emissioni ed assorbimento di carbonio (tra sorgenti e pozzi).
Quando si rimuove anidride carbonica dall’atmosfera si parla di sequestro o immobilizzazione del carbonio.
Le emissioni di gas serra, generate dall’uso di combustibili fossili, dovranno essere controbilanciate
da un equivalente assorbimento di carbonio attraverso l’attivazione di sistemi per la sua cattura
e fissazione in misura tale da compensare le emissioni o attraverso, ad esempio, la dismissione degli inceneritori
o la produzione pulita dell’acciaio, ottenuta usando idrogeno, entro il 2030.
L’obiettivo è di ridurre le emissioni dei gas serra del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990
e giungere ad un’economia climaticamente neutra entro il 2050 attraverso il sostegno ad una agricoltura più sostenibile (strategia “Farm to Fork”),
che riduca significativamente l’uso di pesticidi e concimi chimici, nonché quello degli antibiotici negli allevamenti finalizzati alla produzione animale,
la riforma del sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE emission trading scheme (ETS) che includa anche il settore dei trasporti (navi e aerei compresi) e delle costruzioni.
Secondo il commissario Gentiloni “Un sistema Ue di scambio delle quote di emissione più ambizioso,
finalizzato a raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, dovrebbe essere integrato
da misure per evitare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e garantire il vantaggio competitivo dell’Unione”.
Il governo italiano per sperare di aver accesso ai fondi a cui in ogni caso contribuisce con la sua quota di cofinanziamento
dovrà presentare un piano per la transizione e sperare nella sua approvazione vincendo la competizione con gli altri paesi europei che aspirano alle stesse risorse.
Se tutto andrà bene a questo livello, la competizione si sposterà tra le regioni italiane.
Si sosterranno, infatti, finanziariamente solo quelle regioni in grado di impegnarsi nella decarbonizzazione delle loro economie
presentando a loro volta piani territoriali finalizzati alla “giusta transizione“.
Più direttamente interessate potrebbero essere aree quali Taranto, Gela, Milazzo, Augusta, Siracusa, Livorno
così come quelle regioni ove insistono centrali a carbone come Brindisi, Civitavecchia, La Spezia, Monfalcone, Porto Torres, il Sulcis ecc.
Rimane, dunque, aperta la domanda se saremo in grado di non sprecare le risorse disponibili e soprattutto
se queste ultime saranno sufficienti ad una riconversione delle zone industriali inquinanti e alla loro successiva bonifica.
Si dice, però, che il Parlamento europeo avrebbe assunto una posizione ambiziosa per il nuovo Bilancio Europeo (NBE),
anche rispetto alla proposta della Commissione europea, che dovrebbe integrare i finanziamenti al Green new Deal.
Il Parlamento chiede che si aumenti il NBE all’1.3% del Prodotto Nazionale Lordo Ue (circa 180 miliardi…)
perché le risorse siano finalmente adeguate alle sfide che l’Unione deve affrontare.
Si spera così di rilanciare la crescita e gli investimenti e risollevare l’economia europea dalla stagnazione
accelerando la sua transizione verso la sostenibilità che prevede l’abbandono del sostegno alle fonti fossili e investimenti in rinnovabili ed efficienza energetica.
“Climaticamente neutra“ corrisponde all’adozione della logica del pareggio di bilancio (equilibrio tra entrate e uscite)
applicata alle emissioni di gas serra da compensare con interventi miranti al loro riassorbimento artificiale e/o naturale
in modo da giungere entro il prossimo trentennio ad una condizione di impatto climatico pari a zero (neutralità climatica).
Azzerare, dunque, le emissioni nette di gas a effetto serra in modo da ottenere zero impatto climatico.
Bello no!?
Ciò sarà possibile grazie all’adozione dei criteri propri dell’economia circolare che dovranno essere fatti propri da ogni Paese dell’Unione Europea
investendo in soluzioni tecnologiche realistiche, armonizzando gli interventi in settori fondamentali, quali la politica industriale,
la finanza o la ricerca e garantendo nel contempo equità sociale per una transizione giusta.
La neutralità climatica è presentata come urgente e necessaria nonché come un’opportunità per tutto il continente
di contribuire ad un nuovo sviluppo tecnologico in grado di permettere lo sviluppo di nuovi mercati, aprendo la strada anche a nuovi settori occupazionali.
Il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis ha annunciato:
«Vogliamo raggiungere emissioni zero entro il 2050. Non possiamo fallire. Il piano per gli investimenti sostenibili adottato oggi
dalla Commissione europea punta a mobilitare almeno mille miliardi di investimenti nei prossimi dieci anni
e invia un chiaro segnale a tutti: quando si fanno investimenti occorre pensare verde».
I costi economici in investimenti strutturali e contenimento dei costi sociali necessari all’ottenimento della transizione alla neutralità climatica
saranno affrontati grazie al Fondo per una transizione equa – Just Transition Fund che ha stanziato i primi 7,5 miliardi di euro;
grazie al cofinanziamento nazionale, al braccio finanziario InvestEu e alla Banca europea degli investimenti essi lieviteranno a 100 miliardi di euro.
Per Ursula Von der Leyen: “Dobbiamo essere sicuri che nessuno rimanga indietro” perché
“questa transizione funzionerà per tutti e sarà giusta, o non funzionerà affatto”.
Le fa eco la commissaria ai fondi di coesione Elisa Ferreira: «Tutti i paesi europei riceveranno un aiuto.
L’allocazione dipenderà dall’intensità dei problemi ambientali».
La quota spettante all’Italia pari all’incirca a quella di Francia e Spagna sarà pari a poco meno di 400 milioni di euro (dei 7,5 miliardi).
La lotta al riscaldamento climatico di cui la Ue aspira a farsi protagonista, unendo virtuosamente ambiente ed economia,
rappresenterebbe l’occasione giusta per rilanciare la sua economia stagnante.
La transizione climatica si otterrebbe anche grazie ad un riorientamento dei fondi di coesione, dallo sviluppo all’ambiente
e a favore dell’occupazione che esclude qualsiasi sostegno alle fonti fossili, mentre sostiene la transizione verso un’economia libera da esse.
La condizione di emissioni zero, altrimenti detta di neutralità carbonica, consiste nel raggiungimento di un equilibrio tra emissioni ed assorbimento di carbonio (tra sorgenti e pozzi).
Quando si rimuove anidride carbonica dall’atmosfera si parla di sequestro o immobilizzazione del carbonio.
Le emissioni di gas serra, generate dall’uso di combustibili fossili, dovranno essere controbilanciate
da un equivalente assorbimento di carbonio attraverso l’attivazione di sistemi per la sua cattura
e fissazione in misura tale da compensare le emissioni o attraverso, ad esempio, la dismissione degli inceneritori
o la produzione pulita dell’acciaio, ottenuta usando idrogeno, entro il 2030.
L’obiettivo è di ridurre le emissioni dei gas serra del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990
e giungere ad un’economia climaticamente neutra entro il 2050 attraverso il sostegno ad una agricoltura più sostenibile (strategia “Farm to Fork”),
che riduca significativamente l’uso di pesticidi e concimi chimici, nonché quello degli antibiotici negli allevamenti finalizzati alla produzione animale,
la riforma del sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE emission trading scheme (ETS) che includa anche il settore dei trasporti (navi e aerei compresi) e delle costruzioni.
Secondo il commissario Gentiloni “Un sistema Ue di scambio delle quote di emissione più ambizioso,
finalizzato a raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, dovrebbe essere integrato
da misure per evitare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e garantire il vantaggio competitivo dell’Unione”.
Il governo italiano per sperare di aver accesso ai fondi a cui in ogni caso contribuisce con la sua quota di cofinanziamento
dovrà presentare un piano per la transizione e sperare nella sua approvazione vincendo la competizione con gli altri paesi europei che aspirano alle stesse risorse.
Se tutto andrà bene a questo livello, la competizione si sposterà tra le regioni italiane.
Si sosterranno, infatti, finanziariamente solo quelle regioni in grado di impegnarsi nella decarbonizzazione delle loro economie
presentando a loro volta piani territoriali finalizzati alla “giusta transizione“.
Più direttamente interessate potrebbero essere aree quali Taranto, Gela, Milazzo, Augusta, Siracusa, Livorno
così come quelle regioni ove insistono centrali a carbone come Brindisi, Civitavecchia, La Spezia, Monfalcone, Porto Torres, il Sulcis ecc.
Rimane, dunque, aperta la domanda se saremo in grado di non sprecare le risorse disponibili e soprattutto
se queste ultime saranno sufficienti ad una riconversione delle zone industriali inquinanti e alla loro successiva bonifica.
Si dice, però, che il Parlamento europeo avrebbe assunto una posizione ambiziosa per il nuovo Bilancio Europeo (NBE),
anche rispetto alla proposta della Commissione europea, che dovrebbe integrare i finanziamenti al Green new Deal.
Il Parlamento chiede che si aumenti il NBE all’1.3% del Prodotto Nazionale Lordo Ue (circa 180 miliardi…)
perché le risorse siano finalmente adeguate alle sfide che l’Unione deve affrontare.
Si spera così di rilanciare la crescita e gli investimenti e risollevare l’economia europea dalla stagnazione
accelerando la sua transizione verso la sostenibilità che prevede l’abbandono del sostegno alle fonti fossili e investimenti in rinnovabili ed efficienza energetica.