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La storia di Liang Mong Song, il genio dei processori che nessuno conosce
La storia dei semiconduttori insegna che spesso sono gli uomini a fare la differenza, non le macchine. Uno di questi si chiama Liang Mong Song, ed è colui che ha permesso a Huawei di tornare a produrre processori in Cina.
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La storia di Liang Mong Song, il genio dei processori che nessuno conosce
La storia dei semiconduttori insegna che spesso sono gli uomini a fare la differenza, non le macchine. Uno di questi si chiama Liang Mong Song, ed è colui che ha permesso a Huawei di tornare a produrre processori in Cina.
La storia di Liang Mong Song, il genio dei processori che nessuno conosce
di Roberto Pezzali - 13/09/2023 14:45 84
La storia dei semiconduttori insegna che spesso sono gli uomini a fare la differenza, non le macchine. Uno di questi si chiama Liang Mong Song, ed è colui che ha permesso a Huawei di tornare a produrre processori in Cina.
Questa è la storia di un ingegnere, Liang Mong Song, che ha fatto la storia della produzione dei processori moderni. L’ultimo capolavoro è la ciliegina sulla torta di una carriera per certi aspetti incredibile: ha portato la cinese SMIC, Semiconductor Manufacturing International Corporation, a produrre un processore a 7 nanometri senza utilizzare la litografia EUV, spremendo fino all’ultima goccia le tecnologie destinate ai nodi meno evoluti.
Con questo processore SMIC ha creato il cuore del nuovo Huawei Mate 60 Pro, il Kirin 9000s. Liang Mong Song non compare più in pubblico da quasi due anni, e nessuno ha idea di che fine abbia fatto. Quella che sembra una leggenda, soprattutto nel finale, è una storia vera.

Gli inizi, da Taiwan agli Usa
La storia professionale di Liang Mong Song inizia negli anni 70 quando si laurea in una delle più prestigiose università di Taiwan, la National Cheng Kung University. È vicino a casa, nel distretto di Tainan, dove era nato e dove abitava con la sua famiglia.Terminati gli studi decide di recarsi negli Stati Uniti per proseguire con un dottorato presso l’Università della California, a Berkeley, dove incontra la persona che diventerà, un po’ come lui, una leggenda nel mondo dei processori, il professore Hu Chenming.

Hu Chenming, nato a Pechino, è stato l’inventore del transistor a doppia porta, il FinFet, ed è anche uno dei pilastri attorno ai quali è stata costruita l’odierna TSMC, la più grande azienda di produzione di processori al mondo.
Il professor Hu fu uno dei primi assunti in TSMC con un ruolo tecnico, e dal 2001 per quattro anni guidò il reparto di r&d di TSMC con il ruolo di Chief Tecnology Officer. Il lavoro di Hu sui transistor FinFET ha rappresentato per TSMC una svolta, ma come vedremo anche Liang Mong Song ha contribuito in modo essenziale.
Sotto la guida del professor Hu il giovane Song impara tantissimo, e quando finalmente prende il dottorato all’Università della California trova posto in una azienda della Silicon Valley, AMD. In quegli anni il suo nome compare in migliaia di brevetti relativi ai semiconduttori, molti dei quali brevetti critici. I suoi scritti vengono pubblicati in Usa e a Taiwan, e il suo talento non passa inosservato.
Dagli Usa a TSMC: Song torna a casa
Nel 1992 nasce un movimento che spinge molti talenti a tornare in patria per far evolvere la tecnologia del proprio paese natale, Taiwan. Liang Mong Song ha 40 anni, e decide insieme a tante altre brillanti menti nel mondo dei semiconduttori di lasciare gli Stati Uniti.Non è il solo, perché con lui ci sono tantissimi ingegneri che faranno a loro modo la storia della tecnologia. C’è il professor Hu, il suo mentore di Berkeley e creatore dei FinFet, c’è Shang-Yi Chiang, ingegnere che ha lavorato in HP e in Texas Instrument (ne parleremo poco più sotto), c’è Rick Tsai, che con le sue competenze e le sue capacità è stato per qualche anno CEO di TSMC.
Oggi Rick Tsai è il CEO di Mediatek, uno delle più grandi aziende che produce SoC ARM per smartphone e TV.
Tra questi, una decina in tutto, c'è anche Morris Chang, che probabilmente è il più famoso di tutti: è il fondatore della più famosa fonderia di processori al mondo, TSMC.

Partiamo proprio da TSMC, perché queste menti brillanti hanno lasciato gli Usa per tornare a Taiwan, e sono finite alla Taiwan Semiconductor Manufacturing Company per riscrivere la storia e spingere la produzione dei processori oltre un limite che tutti credevano fosse impossibile da superare.
Liang Mong Song, un genio solitario dal comportamento difficile
TSMC nasce come azienda piccola, e soprattutto nasce nel momento in cui la competizione è fortissima. Il punto di svolta lo ha avuto però nel 2003, quando ha deciso che il rame doveva prendere il posto dell’alluminio nel processo produttivo dei processori, soprattutto nelle interconnessioni tra i vari strati che compongono il chip.Fin dal 1980 per connettere tra loro i layer di un wafer viene usato l’alluminio. Tutti però sanno, perché è dimostrabile in laboratorio, che il rame sarebbe una scelta decisamente migliore. Il rame ha una resistenza elettrica più bassa dell’alluminio, garantisce velocità di trasmissioni più alte ma soprattutto, proprio per la bassa resistenza, possono essere usati filamenti molto più sottili senza il rischio che si fondano.
Un processore con i vari elementi interconnessi in rame sarebbe più efficiente e migliore in tutto e per tutto, ma purtroppo la tecnologia dei tempi non permetteva un utilizzo pratico perché gli atomi di rame, durante il processo chimico, attaccavano il silicio degradandone le prestazioni come semiconduttore.
Sono state provate diverse soluzioni, ma nessuno era riuscito a creare quella barriera isolante per le connessioni così piccola e delicata necessaria per mantenere i benefici del rame e le proprietà del silicio.
Lo ha fatto IBM: era il 1997, che in laboratorio ottenne il primo processore con le interconnessioni in rame al posto dell’alluminio.

Un anno dopo, il 1 settembre del 1998, venne prodotto il primo processore fatto con quella tecnologia, l’erede del PowerPC 750 a 300 MHz che era invece basato sull’alluminio. Il San Jose Mercury News titolò “The IBM Shock” e scrisse che IBM era avanti di almeno tre anni rispetto ad ogni concorrente nel mondo dei processori.
Il sistema IBM venne ovviamente brevettato, e i venditori dell’azienda fecero il giro del mondo a proporre la loro tecnologia a tutte le aziende del settore.
Andarono anche a Taiwan, da TSMC, spiegando che con le connessioni al rame potevano finalmente guardare al futuro. Il gruppo R&D di TSMC, composto ai tempi dalle persone di cui abbiamo parlato prima, concordava sul fatto che il rame sarebbe stato fondamentale, ma non era affatto convinto che il modo in cui lo aveva fatto IBM fosse quello giusto e declinò l’offerta.
Decisero di investire tempo e risorse per creare una loro implementazione, e in meno di un anno venne sviluppato il primo processore a 130 nm con le interconnessioni in rame.
Non solo: quello che sembrava un prototipo da laboratorio, difficile da replicare, diventò un processore che entrò in produzione nel 2002 con una pre-production.

Nel 2003, l’anno dopo, TSMC entrò in produzione con i primi wafer con interconnessioni in rame e dimostrò che non erano loro indietro di tre anni rispetto a IBM, era IBM che ora doveva inseguire. La leadership nella produzione dei processori l’aveva Taiwan.
Era stato un lavoro di team, al quale avevano collaborato tutti gli emigrati dagli Usa: Chiang Shang-yi, Liang Mong-Song e Burn Lin. Di quest’ultimo non ne abbiamo parlato, ma è il padre della litografia a immersione a 193 nanometri grazie alla quale l’olandese AMSL riuscì a sovrastare, e lo fa ancora oggi, i giganti giapponesi che ai tempi erano leader nella produzione di macchine litografiche per produrre le maschere dei processori, ovvero Nikon e Canon.

Burn Lin, che ha scritto parte della storia di TSMC, conosce talmente bene la litografia che in una intervista del 2022, quando le restrizioni Usa hanno messo in ginocchio il comparto di produzione dei semiconduttori cinese, ha detto chiaramente che con macchine DUV a immersione SMIC sarebbe riuscita comunque a produrre processori fino a 5 nanometri. Lui ci è riuscito, in TSMC: anche se il processo ha scarti più elevati rispetto all’EUV, è stato in grado di realizzare processori a 5 nanometri con macchine DUV, quelle in possesso di SMIC.