Merck-Serono alla campagna acquisti degli anticorpi monoclonali ?
..toh.. un altro Garufi..
http://www.repubblica.it/supplementi/af/2009/06/15/scienze/023aserono.html
Comincia l’era dei farmaci intelligenti ora il biotech arriva solo sui geni giusti LE FRONTIERE DELLA SANITÀ
L’antico marchio italiano Serono, oggi del gruppo tedesco Merck, è in primo piano negli investimenti per la "targettizzazione"
EUGENIO OCCORSIO
Ogni 30 secondi, in qualche parte del mondo, un uomo o una donna muore per un tumore del colon retto o per le sue complicazioni metastatiche. Una strage, un milione e mezzo di morti l’anno.
Ma ora, grazie all’ingegneria genetica e alle biotecnologie di ultimissima generazione, si apre una speranza. Il cetuximab (commercializzato in Europa come Erbitux dalla Merck Serono che l’ha acquisito nel 2004 dalla ImClone e vi ha finora investito oltre 500 milioni di euro) è un anticorpo monoclonale realizzato con procedure biotech: somministrato in caso di metastasi si è rivelato efficace nel 60% dei pazienti targettizzati. Attenzione a quest’ultimo aggettivo: non tutti i pazienti sono adatti, spiega Evaristo Maiello, Oncologo Medico dell’Irccs di San Giovanni Rotondo. «Occorre che ad un test del Dna si sia accertata l’assenza della mutazione del gene KRas, assenza che viene riscontrata in circa il 60% dei pazienti.
L’altro 40% presenta una mutazione di questo gene e in questi casi bisogna fare attenzione perché l’aggiunta di cetuximab alla chemioterapia può essere addirittura dannosa».
Dunque, sul 60% di pazienti eligibili, «il 60% risponde alla terapia, e le percentuali salgono ancora se le metastasi interessano solo il fegato. In questo caso il farmaco, coadiuvato dalla chemioterapia, porta ad una riduzione del tumore fino a dimensioni operabili in circa un paziente su 3».
Altro esempio. Il trastuzumab (l’Herceptin della Roche in commercio) è un anticorpo monoclonale studiato per individuare e bloccare le funzioni del recettore Her2 (Human epidermal growth factor receptor 2).
«È il primo anticorpo monoclonale utilizzato per il tumore della mammella», spiega Fortunato Ciardiello, ordinario di Oncologia medica della seconda università di Napoli.
«L’Her2 è una proteina prodotta da uno specifico gene che ha alcune caratteristiche potenzialmente cancerogene.
Serve come recettore per alcuni fattori di crescita che circolano nel sangue e influenzano la crescita e la differenziazione delle cellule: quando il gene che fornisce il codice per la proteina Her2 è amplificato, dà il via ad una sovrapproduzione di Her2».
Eccessive quantità possono portare a una proliferazione cellulare incontrollata e allo sviluppo di neoplasie, e sono i casi in cui intervenire con il farmaco. «Il 20–30% dei i tumori al seno ha una presenza eccessiva dell’Her2».
Sono esempi fra i tanti. L’immagine dell’importanza che stanno assumendo i farmaci personalizzati è stata offerta la settimana scorsa dal congresso annuale dell’Asco (American Society of Clinical Oncology), il più imponente healthmeeting del mondo dedicato per intero a questa svolta nella medicina.
In un complesso grande come quattro palazzi dello sport («l’anno scorso hanno provato a farlo a Chicago ma non c’era spazio», ci dice un partecipante), per una settimana si sono riuniti 28mila fra medici, ricercatori, scienziati, e poi analisti finanziari, venture capitalist e osservatori delle banche, provenienti da ogni angolo del pianeta.
«Le aziende afferma Carlo Garufi, oncologo medico del Regina Elena hanno capito che non è il caso di puntare più sui vecchi blockbuster di ampia diffusione e cospicui utili, ma su selezionati e specifici farmaci evoluti in grado di essere personalizzati il più possibile, prodotti con le tecniche biotecnologiche di ingegneria genetica.
Gli studi sul genoma umano hanno contribuito a rendere identificabili le imperfezioni del Dna e le anomalie dei geni, e reso ipotizzabile quindi in futuro una sempre più perfezionata combinazione genetica fra malato e farmaco». Ma non bisogna cantare vittoria: «Nel caso del tumore, siamo avanti nello studio dell’ereditarietà, ma ancora dev’essere approfondito l’interazione fra fattori cancerogeni legati allo stile di vita e la struttura genetica degli individui».
Gli elementi medici, gli stili di vita e le componenti genetiche vanno analizzate congiuntamente. L’erlotinib (il Tarceva della Roche) per il tumore al polmone è utile nel caso il paziente sia una donna, possibilmente asiatica, non fumatrice, affetta da adenocarcinoma.
Tutto questo va combinato con la delezione, scomparsa, dei cromosomi 19 e 21. Un altro farmaco della Serono per cui sono fondamentali i progressi nella genetica è lo stimuvax contro il tumore al polmone.
«Qui si parla di vaccino contro il cancro perché l’azione del farmaco si basa soprattutto sulla risposta del sistema immunitario che si cerca di potenziare», spiega Roberto Labianca, direttore del dipartimento di Oncologia ed Ematologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo.
«L’efficacia è finalizzata a una migliore risposta dell’organismo ad eventuali aggressioni del male. Anche in questo caso occorre individuare la popolazione di pazienti che rispondono meglio di altri». Lo stimuvax ancora non è in commercio ma è in fase III: è stato sviluppato inizialmente dalla Oncothyreon di Seattle (stato di Washington) e poi rilevato dalla Merck Serono, che sta valorizzando dopo la fusione del 2007 l’originaria vocazione biotecnologica della Serono. Così, l’antico gruppo romano inserisce una voce italiana nel futuro di Big Pharma.