tontolina ha scritto:
2006-07-26 07:22
Israele: morti Unifil, ci dispiace
Annan, azione deliberata
(ANSA) - GERUSALEMME, 26 LUG - Israele ha affermato stanotte di essere dispiaciuto 'per la tragica morte' di osservatori delle Nazioni Unite nel sud del Libano.Lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Regev, il quale ha preannunciato un'inchiesta sul raid aereo. Il segretario generale dell'Onu Annan ha chiesto spiegazioni a Israele sull'attacco, nel quale sono morti 4 osservatori. Annan ha detto che il bombardamento israeliano 'apparentemente ha preso di mira deliberatamente' una postazione dell'Onu.
Putin arma la Siria (intanto, Bin Laden…)
Maurizio Blondet
30/07/2006
Il sistema antimissile russo S-300 PMU2 «Favorit», di prossima installazione nella base navale in costruzione a Tartus, in Siria.
Con pochissima pubblicità, Mosca sta allestendo una base navale permanente in Siria a Tartus, l’antica Tartesso.
Già dagli anni ‘70 l’Unione Sovietica usava questo porto mediterraneo come punto di rifornimento; ma ora i lavori di ristrutturazione sono imponenti.
Il fondale viene reso più profondo, mentre a Latakia, un altro porto siriano, è in corso l’ampliamento del canale d’entrata.
Ufficiosamente, il porto deve essere adattato per diventare la nuova sede della flotta russa del Mar Nero, di stanza in Crimea ormai parte dell’Ucraina, che vuole sloggiare i russi, entro i prossimi tre anni.
Ma voci raccolte dalla Novosti al Comando Navale Supremo parlano invece di una nuova squadra navale guidata dall’incrociatore lanciamissili «Moskva» (oggi l’ammiraglia del Mar Nero) ma formata da navi della Flotta del Nord, che sarà stazionata sul Mediterraneo in permanenza, anche per partecipare alle manovre NATO (pretestuosamente definite «anti-terrorismo») del tipo «Active Endeavour».
In realtà, sia Tartus sia Latakia si trovano di fronte al porto turco di Ceyhan, che sarà il terminale dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan oggi in costruzione, e concepito per portare il petrolio del Caspio all’Europa «scavalcando» le reti di oleodotti russi.
Una potente flotta davanti Ceyhan darà alla Russia e ai suoi alleati nell’area la possibilità di mettere in sicurezza - oppure di bloccare e interrompere- il flusso del greggio.
Ciò, viene sussurrato, «in vista di futuri conflitti con gli Stati Uniti».
Difatti, il «ammodernamento» del porto di Tartus comprende l’installazione del sistema antimissile russo S-300 PMU2: dove i missili balistici «Favorit» sono una potenziale minaccia per Ceyhan e il traffico marittimo dell’area, e nello stesso tempo uno scudo difensivo per un’ampia parte della Siria, compresa Damasco.
Di fatto la Siria sarebbe così protetta da attacchi aerei israeliani.
Il sistema «Favorit» non sarà affidato ai siriani, ma operato da militari russi.
Intanto, la vecchia anti-aerea siriana, basata su S-125 a medio raggio, armi sovietiche degli anni ‘80, viene migliorata con il nuovo «Pechora 2°»; e Mosca si è detta disposta a fornire a Damasco anche i più sofisticati vettori a medio raggio Buk-M1.
Questi sistemi d’arma affiancheranno gli «Strelets» che Mosca ha venduto a Damasco l’anno scorso, e che dovrebbero assicurare la contraerea ravvicinata ad un livello di sofisticazione sufficiente.
La Siria però vorrebbe anche il sistema d’arma più moderno di Mosca, il «Pantsir-C1» anti-aereo.
La Siria ha anche firmato un contratto per l’ammodernamento dei suoi mille carri armati sovietici T-72; e l’agenzia Tass ha brevemente parlato di una «dimostrazione di T-90 in un Paese del Medio Oriente»: tale «prova» ha «avuto successo», e la ditta russa Rosoboroneksport starebbe trattando la vendita dei carri con il non identificato Paese.
Voci parlano di altre vendite: due sommergibili Amurs 1650 diesel, un numero imprecisato di caccia «Sukhoi SU-30MKI» e «YAK-130», e la modernizzazione avionica del Mig-29 siriani.
E’ la risposta simmetrica di Mosca all’accerchiamento americano-israeliano della sua area d'influenza.
Oggi Putin fa della Siria la propria base corazzata e la prende sotto la sua protezione missilistica, il che provocherà correzioni del rapporto di forze dalla parte avversa.
E’ dubbio che ciò migliori i rapporti fra Mosca e Israele.
Questo riarmo nel Mediterraneo va posto in relazione con una cosiddetta «notizia» proveniente dagli Stati Uniti: Osama bin Laden, che Washington non riesce a prendere né a localizzare da una decina d’anni, «si nasconde un uno degli Stati centro-asiatici, una delle ex-repubbliche sovietiche».
La fonte della cosiddetta «informazione» è molto seria: Richard Clarke, membro del Consiglio di Sicurezza nazionale USA per dieci anni - con il compito di consigliere speciale contro il terrorismo - prima di dimettersi nel 2003, apparentemente per contrasti con Cheney e Rumsfeld.
La cosa ha allarmato i servizi russi, e per buoni motivi.
Il primo è che sanno benissimo che Osama bin Laden è l’etichetta di manovre sporche americane; e dice la Novosti, «proprio mentre si parla di ulteriori base americane in Asia centrale, perché non creare in queste repubbliche una rete ramificata di ‘Al Qaeda’ , ‘spedendo’ Bin Laden in persona in una repubblica ex-sovietica centro-asiatica?».
Si notino le virgolette, che sono ne testo dell’agenzia russa. (1)
La valutazione che si fa a Mosca è che sia in vista qualche una manovra contro l’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai (SCO), che riunisce varie repubblichette asiatiche filo-russe, è egemonizzata da Russia e Cina, e in cui l’Iran è ammesso per ora come osservatore; l’associazione, che diventa sempre più un’alleanza militare, dispone di una Organizzazione della Sicurezza Collettiva contro il terrorismo (OTSC) che sorveglia da vicino i movimenti islamisti nella regione.
Si sono formate lì infatti entità fondamentaliste piuttosto attive, ma fino ad oggi non «internazionali» come la presunta «Al Qaeda»: i due più grossi sono il Movimento islamico di Uzbekistan e l’Hizb ut-Tahrir al-Islam, che vogliono strappare l’autonomia nella valle di Ferghana, alla congiunzione tra Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan.
Richard Clarke: «Osama si nasconde una delle ex-repubbliche sovietiche».
Ma, fa notare la Novosti, queste organizzazioni e le altre più piccole e ancor più «locali»
non sono movimenti «terroristici» nel senso in cui lo è «Al Qaeda»: sono gruppi che partecipano a loro modo alla lotta politica e di clan locale, attivandosi prima delle elezioni presidenziali o parlamentari del loro Paese, spesso con l’accordo o la collusione delle autorità.
Non sono certo gruppi che possono accogliere uno straniero così ingombrante come Bin Laden nel loro territorio.
Si aggiunga che stiamo parlando di comunità islamiche sì, ma mongoliche, che controllano tutto nella loro tribù ed etnia, villaggi, strade e quartieri.
Un individuo di aspetto arabo non potrebbe rifugiarsi in quelle zone in incognito, e soprattutto non passerebbe inosservato ai servizi di quei Paesi, non molto tolleranti nei confronti di terroristi d’importazione.
Osama bin Laden del resto è notoriamente prudentissimo - di fatto, dopo l’11 settembre non ha praticamente dato più notizia di sé, salvo messaggi registrati, gran parte dei quali sicuramente falsi - è improbabile che tenti la sorte inserendosi in una regione a lui culturalmente estranea.
Insomma, a Mosca si pensa: la «informazione» di Clarke sia una menzogna.
Però segnala un’intenzione ostile, e forse la preparazione di qualche grosso attentato, nella zona d’influenza russa più esplosiva e instabile.
Un atto di ostilità contro Mosca e la sua recuperata egemonia asiatica.
Maurizio Blondet