Disastro del Pil sulle Pensioni: nel futuro saranno dimezzate
La situazione politica è delicatissima, con il ministro Padoan, che non nasconde più i suoi malumori e il suo scetticismo.
Rossana Prezioso 18 agosto 08:00
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Ok, il clou delle vacanze è passato, il maxiponte di Ferragosto si è concluso. Ora, queste le premesse: 3/4 degli italiani, dicono le statistiche, non sono andati in vacanza, la metà, sempre per stessa fonte, non ha un lavoro, la pressione fiscale, ancora numeri alla mano, è da record mondiale, il Pil italiano, Istat conferma, è in recessione tecnica, quello della zona euro è in calo. La base di partenza, o per meglio dire, quello che ci aspetta al ritorno, non è una delle situazioni migliori. Nemmeno se si guarda all’immediato passato con un +107% di tasse sulla casa. Ma per chi invece tremava in attesa dell’autunno, stagione solitamente dedicata a manovre correttive, conti pubblici da rimettere a posto e scadenze varie, rimarrà deluso, perchè l’urgenza incombe e la necessità di fare cassa anche. A fine agosto parte lo Sblocca-Italia e i due protagonisti del progetto saranno costretti a venire a più miti consigli.
Le scadenze di agosto
Sappiamo che la situazione politica è delicatissima, con il ministro dell’economia, Padoan, che ormai non nasconde più i suoi malumori e il suo scetticismo per l’evolversi, in peggio, della situazione, così come anche Cottarelli dato in fase di partenza per ottobre: le urgenze sono altre, con l’Unione che preme su lavoro, industrie, produttività, competitività e Renzi che preferisce guardare al Senato. Il pericolo di deflazione per l’eurozona e di terza recessione per l’Italia, avanza sempre di più alla luce dei dati snocciolati sopra. Per l’autunno (cosa più unica che rara) non sono previste manovre correttive. Ufficialmente. Si, perchè adesso le cose si risolveranno (in maniera provvisoria) ufficiosamente e cioè con 11 scadenze fiscali che arriveranno in questi giorni e che porteranno poco meno di 30 miliardi (per l’esattezza sarebbero 29).
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A fare la parte del leone sarà l’IVA (13 miliardi) seguita a ruota dall’acconto Irpef di dipendenti e lavoratori vari. Irap, Ires e altre sigle seguono a ruota. Stretta che non si allenta nonostante gli appelli arrivino da più parti, e che non può permettersi alcun allentamento visto che lo stesso Padoan ha confermato una crescita del 2014 di molto inferiore alle attese: verrebbe da domandarsi come un’economia in crisi possa permettersi di poter onorare le scadenze in questione. Ad ogni modo, proprio per questo motivo, la cifra che la popolazione dovrà corrispondere allo stato, nel 2015 non solo rischia di essere superiore, ma potrebbe essere accompagnata da quella manovra correttiva che quest’ano si vuole (ufficialmente) evitata.
Spending review
E che sarà invece motivata da quella “clausola di salvaguardia” che obbliga i cittadini a pagare la differenza tra le entrate tributarie previste dal governo e quelle effettivamente arrivate. Logica assurda proprio perchè una logica non c’è: basta una spending review andata male (magari boicottata proprio dai poteri politici che dovrebbero decidere sulla sua validità o meno) e gli italiani si vedranno tagliate agevolazioni fiscali e detrazioni varie, privilegi che per il FMI sono troppo alte e per l’OCSE da rivedere. Indubbiamente l’Italia per anni ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità, ma è anche vero che adesso togliere le detrazioni (magari non alla cieca) significa permettere di appoggiarsi su altre risorse economiche (vedi introiti da lavoro).
Le pensioni a rischio
Privilegi che se nel passato sono stati dati a pioggia, adesso rischiano di penalizzare chi di quei privilegi non ha mai goduto e che, purtroppo, i guai dei quali è chiamato a sanare. I contributi versati oggi e nel prossimo futuro, rischiano di subire una forte decurtazione a causa di un calo della crescita. Infatti poco più di un terzo di ogni stipendio dev’essere ceduto come contributo previdenziale all’Inps, questa, poi è obbligata a rivalutare la quota secondo la stima della crescita media del Pil (nominale) nei 5 anni precedenti: meno Pil e più deflazione porteranno a una perdita del valore di quanto versato. C’è da temere che chi inizia a versare contributi oggi, in caso di crescita zero ancora a lungo, eventualità non remota, considerando quanto finora detto da tutti i rappresentanti politici (compresi quelli che fino a qualche tempo fa avevano fatto voto di ottimismo a prescindere da tutto) circa i tempi lunghi della ripresa, gli effetti delle riforme che si vedranno solo tra due anni (parola di Padoan) e gli obiettivi più volte mancati, oltre alle varie proiezioni puntualmente smentite perchè troppo ottimistiche, potrebbe trovarsi, nel futuro, una pensione praticamente dimezzata, come nel caso di un lavoratore dipendente di 30 anni che potrebbe trovarsi una pensione pari al 49% dell’ultima busta paga. Anche peggio per gli autonomi oggi quarantenni che saranno in pensione a 65: in caso di crescita zero per loro non si andrebbe oltre il 34% dell’ultimo stipendio.
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