IL DUBBIO NON E' PIACEVOLE, MA LA CERTEZZA E' RIDICOLA

La sinistra, intellettuale e giornalistica
(quella politica è come sempre impegnata per lo più in faide interne e posizionamenti tattici),
ha deciso di rispondere a quella che giudica l’offensiva “becera” della destra e del “truce” Salvini
contro il ministro della salute Roberto Speranza.

A scendere in campo compatto è stato, come nei “momenti gloriosi” dell’epoca “rivoluzionaria da salotto” del passato,

per primo non il “mondo della cultura”, come lo si chiama per indebita ma significativa sovrapposizione lessicale,

bensì quello della solita e senza dubbio ampia e influente (chiamasi “egemonia culturale”) “compagnia di giro” degli intellettuali alla moda.


Quelli di diverso valore e carisma individuale ma tutti politicamente impegnati,

volti prima ancora che a “produrre” cultura a confezionare messaggi educativi e formativi prevedibili e banali per il loro publico.

Messaggi che sono poi una sorta di tracce per segnare il confine entro cui tutti devono muoversi e ritrovarsi.



A seguire non potevano non scendere in campo giornali e giornalisti di area,
fra cui un un pezzo da novanta come Francesco Merlo che, autore di perfidi ritratti al vetriolo dei protagonisti della vita pubblica italiana,
ha deposto per una volta le armi e ha usato con Speranza il tono dell’elegia.

Che anzi sfocia nell’apologia.

Ne è venuto il profilo alquanto imbarazzante di uno Speranza bravo ragazzo, tutto doveri e responsabilità,
che dorme pochissimo e trascura la famiglia per lavorare fino a notte tarda, tanto ingenuo da farsi male da solo
e da diventare facile preda dei leoni destrorsi che vogliono mangiarselo.

Leggere per credere!

Elementi, quelli della personalità e del carattere del politico potentino ritrovatosi ministro
e all’improvviso al centro dei riflettori, che sinceramente non c’entrano nulla con la questione sollevata dal centrodestra,
che è tutta politica e di efficienza amministrativa.


È vero infatti che Speranza rappresenta l’unico elemento di continuità del nuovo col vecchio esecutivo,
e che anche per questo viene attaccato, ma è attaccato perché non trattasi di una continuità meramente formale nel suo caso.


Il leader di Leu rappresenta infatti un modo di gestire la pandemia che si è dimostrato uno dei peggiori,
se non il peggiore l mondo e un’idea di futuro del paese che è antitetica a quella di un paese ricco, con benessere,
saldamente ancorato nel blocco e nei valori occidentali, che crede nella libertà dei mercati e nell’iniziativa privata,
nonché nella libertà individuale tout court.

Che era un po’ la cifra di tutto il secondo governo Conte, “il più a sinistra della storia repubblicana”.

E che, proprio per la sua impossibilità, per questa sua natura, a “salvare” l’Italia è stato sostituito.

Una cifra che, proprio per la presenza di Speranza, continua, su certi punti e entro certi limiti,
ad essere quella del governo di Draghi, il quale perciò in forza e incisività.

Speranza non può essere considerato un paravento,
un “capro espiatorio” da colpire non in sé ma per colpire più in alto.


Egli non è un ministro qualsiasi, ma ha il dicastero che è diventato centrale e causa della pandemia.

Se l’esecutivo di Draghi è nato per chiudere una pagina ingloriosa della storia politica italiana,
quanto meno inconcludente e inefficace, non è dubbio che Speranza rappresenti ora, nella nuova fase,
un elemento di contraddizione e un nodo che non può non essere prima o poi sciolto.



Il resto è contorno, e forse anche colore.

Qui è invece il problema.
 
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A destare clamore, giorni fa, una fotografia pubblicata da Welcome to Favelas (quella in copertina)
che ritraeva una giovane dai capelli ramati in giro per Milano con due alpaca al guinzaglio: apriti cielo!

“In realtà non era affatto Milano. La fotografia è stata scattata a Cusano Milanino
e quel giorno stavo andando a piedi dal campo all’Esselunga al fine di fare la raccolta pappe per canili e gattili in difficoltà.
Ho deciso di portare gli alpaca, che sono abituati a uscire e ad essere a contatto con sconosciuti
e che quindi erano a proprio agio, per richiamare l’attenzione di più persone
e sensibilizzarle sul problema degli abbandoni portandole a donare cibo per gli animali meno fortunati.”
 
Tre anziane donne, degenti presso la Casa di riposo Anna Sironi di Trezzo sull’Adda,
sono risultate positive alla variante inglese del Covid 19.

Settimane fa si erano regolarmente sottoposte alla vaccinazione con annesso richiamo.

A quanto pare non è la prima volta, ma di sicuro a Trezzo sull’Adda ha sortito un vero e proprio effetto sorpresa,
visto che a oggi non si è riusciti a risalire alla fonte di contagio.


Le anziane sono state quindi subito messe in isolamento all’interno della struttura e per fortuna sono sempre risultate asintomatiche.

Sono state assegnate loro delle stanze, lasciate appositamente vuote per permette la gestione di questa evenienza.

Nel frattempo, gli operatori della Casa di riposo hanno svolto un indagine fra gli ospiti
e l’intero staff della Anna Sironi per risalire alla fonte del contagio, ma a oggi il mistero è rimasto.

Tutti gli operatori sono infatti sempre risultati negativi ai tamponi di controllo.
 

Una scena surreale quella che si è presentata agli occhi dei medici e infermieri del Pronto soccorso dell’ospedale di Legnano:

un uomo si è presentato al triage col pene incastrato in un peso da bilanciere,
del peso di 2 chilogrammi, ossia quei pesi che si utilizzano per fare sollevamento pesi nelle palestre
.

E’ quanto accaduto la scorsa sera e ha visto “protagonista” un uomo arrivato di corsa all’ospedale.


Prima di recarsi al Pronto soccorso il 54enne aveva cercato di “liberarsi” da solo.

Ma non ci era riuscito.

Allora non gli è restato altro da fare che recarsi in ospedale e chiedere aiuto.

Solo che la situazione era delicatissima e i medici hanno dovuto chiedere l’intervento dei Vigili del Fuoco:
questi, una volta arrivati sul posto si sono messi subito al lavoro (con un mini flessibile e una piccola cesoia)
e, dopo aver tagliato il disco in quattro parti, l’uomo è stato “liberato”.
 
Un ristorante su due dovrà restare chiuso perché privo degli spazi all'aperto.

Secondo Fiepet Confesercenti questo provocherà una grande disparità di trattamento tra un esercente e l'altro.

Nella Capitale sono ben 4.000 i ristoranti sprovvisti di dehors o impossibilitati a chiedere una occupazione di suolo pubblico
per motivi legati a mancanza di spazi o a ubicazione del locale.

E dovranno aspettare almeno il primo giugno, stando alle indicazioni del governo Draghi, e un nuovo decreto.

Il primo giugno, poi, per riaprire soltanto a pranzo perché a cena dovranno comunque restare ancora chiusi fino a non si sa ancora quando.

Quindi, a gioire delle riaperture dal prossimo 26 settembre almeno nelle zone gialle,
e il Lazio almeno stando ai dati del momento lo sarebbe, non sono certo tutti gli esercenti.


C'è poi il problema dei bar, potranno o meno tornare a servire il caffè in tazzina anche se al chiuso?

Stando alle indiscrezioni sembrerebbe di si, almeno fino alle 14, ma c'è da ragionare sui vari codici Ateco
perché probabilmente non a tutti sarà concesso, creando altra disparità di trattamento.

Insomma, dalla gioia delle riaperture ai tanti dubbi e perplessità in merito passato un attimo.

Fiepet chiede un incontro urgente al Governo.
«A Roma ci sono tantissimi locali che purtroppo non sono dotati di tavolini fuori e che saranno quindi molto danneggiati.
Ma anche chi potrà usufruire di questi spazi - dice il presidente Fiepet, Claudio Pica - sarà penalizzato dalla stagionalità
perché maggio non è certo ancora estate e quindi il rischio è che la sera possa fare ancora freddo o addirittura piovere.
Decidere senza associazioni di categoria è un errore che potrebbe danneggiare la filiera e l'economia italiana
fatta di tante pmi che contribuiscono al tessuto produttivo del Paese».


Incalza anche Sergio Paolantoni, presidente Fipe Confcommercio:
«Per migliaia di esercizi il lockdown continua perché per ragioni logistiche e spesso anche burocratiche
non hanno la disponibilità di spazi esterni. La proposta delle Regioni di riaprire anche all'interno,
seppure con misure di sicurezza rafforzata, sarebbe stata più equa perché consentiva a tutti di riaprire».

Dunque Paolantoni chiama in causa anche il Comune di Roma.

La richiesta, visto il rinnovato provvedimento che consente di ampliare l'occupazione di suolo pubblico
almeno fino al prossimo dicembre, è alla sindaca Raggi di essere ancora più flessibile.

Che tradotto significherebbe chiudere più di un occhio di fronte a possibili irregolarità.

Ma Confcommercio chiede anche un vero cronoprogramma che indichi i prossimi passi sulle riaperture per non lasciare migliaia di imprese ancora nell'incertezza.
 
:oops::eek:........................... azzz che sito.......... resoconto al rovescio. 6 grande val, solo tu potevi erudirci in materia:clap:
 
Il ritiro dall’Afghanistan delle truppe Usa era stato deciso durante l’amministrazione di Donald Trump.

Adesso che Joe Biden ha annunciato in pompa magna il ritiro degli Stati Uniti da Kabul e tutto intorno,
squilli di trombe e applausi in tutto il mondo hanno accolto la notizia.


Per gli smemorati è bene ricordare che a febbraio 2020,
l’amministrazione Trump ha “siglato” un accordo di pace con i Talebani (che detta così effettivamente suona strano, ma tant’è).

E ad ottobre dello stesso anno, il Pentagono ha confermato il ritiro dei soldati a partire dal 15 gennaio di quest’anno.

Nel frattempo è stato eletto Joe Biden, che adesso continua il lavoro di Trump.


Ma gli elogi del mainstream se li becca tutti ‘Sleepy Joe’.


Naturalmente, gli anni di guerra in Afghanistan non hanno portato alcun beneficio.

I Talebani continuano ad esistere e con loro gli Stati Uniti sono stati costretti a scendere a compromessi.

Qualunque sia l’orientamento politico di chi siede nella Stanza Ovale,
l’America non perderà mai il vizio di voler esportare la democrazia con le armi.

Ma Trump, almeno in questo, si è distinto dai precedenti Presidenti.

Nessuna guerra Usa è partita sotto il suo mandato. Al contrario.

Ma l’ipocrisia del mainstream non racconterà mai questo aspetto della presidenza del tycoon.


Del resto, a quanto pare la mancata rielezione di Trump sarebbe stata “aiutata” dalla CNN.

Naturalmente, anche per trovare questa notizia bisogna googlare un po’.

E allora si scopre che un dipendente della CNN, in un video ripreso con la telecamera nascosta,
rivela a Project Veritas come la rete tv avrebbe “lavorato” per impedire la rielezioni di Trump
attraverso una “creazione” di vere e proprie fake news
anche sulle sue condizioni di salute.

Il soggetto in questione è il direttore tecnico della CNN, Charlie Chester,
che nelle immagini “rubate” ammette come la rete abbia intenzionalmente dipinto Biden in modo positivo,
nascondendo anche eventuali problemi legati all’età, per spingere la sua candidatura.

Del tycoon, invece, sarebbero stati esasperati i problemi,
in alcuni casi anche creando delle false notizie ad esempio sui suoi problemi di salute,
confezionate ad hoc grazie anche alle interviste mirate con medici e specialisti.


Chissà che fine faranno queste rivelazioni.

Intanto, anche solo immaginare che ciò sia potuto succedere è alquanto inquietante.


Si attendono sviluppi.
 

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