IL DUBBIO NON E' PIACEVOLE, MA LA CERTEZZA E' RIDICOLA

«Negli Usa sembra che qualcuno stia pensando di contrapporsi al vincente dirigismo totalitario cinese,
inventandosi una forma di dirigismo totalitario occidentale, con la scusa del Covid e l’opportunità di attuare un altro nuovo Great Reset».

Lo afferma Ettore Gotti Tedeschi, banchiere e accademico italiano, dal 2009 al 2012 presidente dello Ior, l’istituto finanziario vaticano.

Il Nuovo Great Reset, scrive Gotti Tedeschi in una lettera aperta a “La Verità”, ripresa da “Rinascimento Europeo“,
sembra proporsi obiettivi altamente umanitari, giusti, buoni e salvifici:

«Esattamente come se li proponeva 50 anni fa l’Old Great Reset, cioè il Nuovo Ordine Mondiale di Kissinger,
un po’ utopistico e un po’ contrario a leggi naturali, e pertanto fallito».

E nonostante il suo fallimento, «invece di pensare a perché è successo»,
viene oggi proposta «una versione aggiornata, ma pressoché identica, di nuovo-nuovo ordine mondiale».

Quest’ultimo progetto di Reset «si propone di ripensare la finanza, privilegiando la società (cioè gli “stakeholders”)
verso i capitalisti azionisti (gli “shareholders”), imponendo un nuovo modello economico sostenibile ambientalisticamente».


Niente di nuovo sotto il sole, se non i metodi: come già il New World Order disegnato mezzo secolo fa,
scrive l’ex banchiere di Ratzinger, il Nuovo Reset è agevolato dal digitale, dal 5G e dall’intelligenza artificiale,
ma stavolta si impone «anche con la “minaccia” di nuove pandemie, se non si realizzasse tutto ciò in una forma di cooperazione globale».

Secondo Gotti Tedeschi, ci si dimentica che
«ciò che è successo fino ad oggi è proprio dovuto agli errori del primo Reset, cioè al fallimentare Old Great Reset di 50 anni fa».

E’ questo, infatti, che ha provocato «una innaturale e insostenibile crescita economica»,
fatta di «iper-consumismo e delocalizzazone delle produzioni in Cina»,
che poi hanno fatto esplodere il problema ambientale, insieme al maxi-debito e a infinite bolle finanziarie.

«La delocalizzazione ha anche però creato il gigantesco potere cinese, che spaventa:
per fronteggiarlo ora si pensa al Reset n° 2, che lascia intendere una proposta di un totalitarismo occidentale
al posto della vecchia democrazia, inefficace e perdente».


Il primo sospetto evocato da Gotti Tedeschi si riferisce al sogno del capitalista “nudo”,
cioè alla volontà di “statalizzarsi” per controllare il mercato:
«Ciò diventa possibile grazie al Covid che, creando una serie di paure (di morire, di impoverirsi)
giustifica e fa accettare ogni soluzione ed accelera le implementazioni».

Il secondo sospetto è che, con questo nuovo Reset, si stia concependo «un nuovo sistema capitalistico occidentale»,
messo a punto «per contrastare quello orientale».

Come? «Trasformando il capitalismo liberista occidentale (perdente) in capitalismo dirigista socialista,
in grado di contrapporsi a quello cinese totalitario (e vincente)».

Infatti, aggiunge l’ex banchiere vaticano, il modello capitalistico autoritario cinese
«ha dimostrato di esser vincente verso quello democratico, in un momento come quello attuale,
di crisi economico-finanziaria, sociale, sanitaria, politica».

Vincente, il modello cinese, proprio perché autoritario.
La gestione della crisi pandemica sembra volerci convincere di questo:
che l’autoritarismo pragmatico «funzioni meglio» delle nostre democrazie, “mature” e un po’ stanche.


Cosicché, chi ha immaginato questo Nuovo Reset,
«con la scusa di volere realizzare una solidarietà distributiva, altruistica, concepita dai nuovi benefattori dell’umanità»,
in realtà «sta probabilmente concependo, con una astuta manovra, la strategia di adattamento del capitalismo al modello competitivo necessario in questi tempi».

Certo, aggiunge il professore, per convincere tutti «aveva bisogno di un “rating etico”,
di una legittimazione morale da parte della massima autorità morale al mondo», che Gotti Tedeschi individua nel Vaticano:
chiaro riferimento al via libera che Bergoglio ha dato all’operazione.

Un piano che «con il Covid è più facilmente imponibile, senza discussioni e senza più eccessive riserve morali».

Sicché, tra Occidente e Oriente «potrebbe ora iniziare una nuova “guerra fredda”», ben diversa però da quella – storica –
che nel dopoguerra oppose «il dirigismo economico pianificato sovietico (che perdette)», alla libertà di mercato americano (che vinse).

«Oggi il confronto potrebbe essere tra un dirigismo economico totalitario cinese, già sperimentato,
con un neo-modello sperimentale, dirigistico economico-sanitario american-europeo».

Fondato su tutto – sistemi e modelli, struttura e tecnologie – tranne che «sull’uomo che dovrebbe usarli».
 
Vi ricordo che il PM - cioè l'accusa - ne aveva chiesto il proscioglimento.



Il dado è tratto: Matteo Salvini dovrà affrontare un processo con l'accusa di sequestro di persona
per aver tenuto per alcuni giorni 147 migranti a bordo della Open Arms prima di autorizzarne lo sbarco.

La vicenda giudiziaria durava da parecchi mesi, ma oggi con la decisione del Gup
si è arrivati ad un punto di svolta che avrà anche conseguenze sia sul piano politico
che sul piano della gestione dell'emergenza immigrazione.

Infatti gli avversari "rossi" del leader della Lega sperano nel capitombolo alla sbarra per sbarazzarsi del leader del Carroccio
e i leader delle Ong, Casarini in testa, sognano già di dare il via a nuovi sbarchi senza freni sulle nostre coste.

La decisione presa oggi dal giudice Lorenzo Jannelli ha dato fiato nuovamente al fronte buonista.

Il giudice ha spiegato così le motivazioni del suo rinvio a giudizio:
"Non ci sono gli elementi per il non luogo a procedere di Matteo Salvini".

L'udienza preliminare non deve valutare se sussiste o meno la responsabilità penale dell'imputato,
ma se ci sono elementi sufficienti a sostenere l'accusa in giudizio
e non ci sono elementi per decidere un proscioglimento, sempre secondo la toga.

Il magistrato, molto attivo a Palermo in diversi procedimenti, non è nuovo alle cronache e all'attualità.

Infatti circa 4 anni fa si ritrovò sul banco degli imputati Khadiga Shabbi, 47enne libica,
ricercatrice dell'università di Palermo per propaganda sul web pro Isis e Ansar al Sharia.

In quel caso il pm aveva chiesto quattro anni e mezzo.

Ma il giudice Jannelli decise per una condanna ben più leggera:
un anno e otto mesi con la condizionale e la scarcerazione dell'imputata.

Ma in quella occasione, proprio Jannelli giustificò la sua decisione mettendo nel mirino le scelte del legislatore in materia di lotta al terrorismo:
"È solitamente incline ad assecondare gli umori e le paure più diffuse tra la popolazione con il ricorso allo strumento penale "
sotto l'avanzare del terrorismo, sull'onda della paura, oggi "ben lontani da un sistema organico, registriamo una serie di interventi alluvionali".

Eppure gli interventi sul fronte terrorismo, dalle Torri Gemelle in poi, erano stati soltanto quattro in 16 anni.
Ma a quanto pare per Jannelli si trattava di un eccessivo intervento a colpi di norme per far fronte ad una emergenza.

Lo stesso Jannelli, sempre sul caso della Shabbi, aveva affermato:
"Gli attacchi terroristici condotti su scala globale hanno inflitto profonde ferite non solo in termini di vite umane
ma anche in termini di dirette conseguenze sugli ordinamenti giuridici dei paesi coinvolti, talvolta degenerate in inquietanti derive autoritarie".

Chissà, magari anche in tema di immigrazione avrà ritenuto eccessivi i due decreti Sicurezza
varati da Salvini per interrompere l'ondata di sbarchi sulle nostre coste.

Bisognerà attendere settembre per capire quale sarà il percorso processuale a cui sarà sottoposto Salvini.

Ma una cosa è certa: il verdetto di oggi potrebbe dare il via ad una nuova (pericolosa) ondata di arrivi (grazie alle Ong)
proprio mentre il nostro Paese è impegnato nella battaglia più dura: quella contro il Covid.
 
Giovedì la Russia h annunciato che chiuderà lo Stretto di Kerch a tutte le navi da guerra straniere per sei mesi
a causa delle crescenti tensioni in Ucraina, e dopo che gli Stati Uniti hanno minacciato di inviare ulteriori navi da guerra nell’area.

Lo stretto di Kerch è la stretta e vitale via d’acqua che collega il Mar Nero e il Mar d’Azov
e che, in modo importante, collega la Russia meridionale alla Crimea “annessa” dal 2014.


“Putin chiuderà lo stretto di Kerch a partire dalla prossima settimana fino a ottobre,
bloccando le navi da guerra straniere che stanno conducendo esercitazioni militari, compresi gli Stati Uniti,
ha detto giovedì il ministero degli esteri ucraino”, ha riferito il New York Post.


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La mossa ha fatto infuriare l’Ucraina, che ora accusa la Russia di cercare di bloccare “ illegalmente ” le sue navi
– in particolare le navi militari – dall’accesso al Mar Nero, e ha protestato contro quella che afferma essere una grave violazione delle norme di “libertà di navigazione”.


Il ministero degli Esteri ucraino ha affermato che “tali azioni da parte della Federazione Russa sono un altro tentativo di violare le norme
dei principi del diritto internazionale per usurpare i diritti sovrani dell’Ucraina come stato costiero,
poiché l’Ucraina ha il diritto di regolamentare la navigazione in queste aree del Mar Nero. . ”


Mosca ha allora sottolineato che non avrà alcun impatto sul commercio regionale,
in particolare sul commercio regionale di cereali per il quale lo stretto funge da passaggio vitale,
e che la chiusura è necessaria per “esercitazioni militari”.

Reuters venerdì ha citato fonti statali per dettagliare quanto segue:
Il diritto di passaggio di navi da guerra straniere e “altre navi statali” sarà sospeso in tre punti
vicino alla costa del Mar Nero della Crimea dal 24 aprile al 31 ottobre, ha detto la RIA, citando il ministero della Difesa russo.

La Russia afferma che lo stretto non è chiuso alle navi commerciali e commerciali.

La chiusura arriva dopo che il Cremlino ha avvertito le navi militari americane di non avvicinarsi alla Crimea “per il loro bene”.


Tra l’altro questa settimana nella stessa area, l’esercito ucraino ha dichiarato che
il servizio di sicurezza federale (FSB) russo ha cercato di bloccare in modo aggressivo le sue navi.


“Le barche dell’FSB russo hanno tentato ancora una volta di ostacolare le azioni legittime del gruppo di imbarcazioni della Marina ucraina in servizio di combattimento stasera”,
ha detto giovedì la Marina ucraina. “Nonostante le provocazioni dei russi e le azioni mirate, il gruppo tattico sottomarino della Marina ucraina ha continuato a svolgere i suoi compiti”.

Normalmente le navi da guerra di Kiev possono passare lo stretto per giungere ai porti ucraini sul Mare D’Azov.


Un nuovo incidente nel mare d’Azov, simile a quello successo nel 2018, potrebbe accendere una guerra combattuta fra Russia ed Ucraina.
 
L’ambasciatore dell’Ucraina in Germania, Andriy Melnyk, ha appoggiato la richiesta di Zelensky
affinché la NATO ammetta l’Ucraina come membro a pieno titolo, affermando che solo quella mossa
impedirebbe un’invasione russa e chiuderebbe in modo definitivo, quindi, la crisi del Donbass:
L’unica possibilità per questo [per prevenire presunti piani di invasione ndt] è che l’Ucraina diventi finalmente un membro della NATO “.

Ha anche affermato che se il suo paese fosse stato nella NATO nel 2014, la secessione di Donetsk, Lugansk e Crimea non si sarebbe verificata.

Ha trascurato di affermare che non si sarebbero verificati anche la rivolta progettata dagli Stati Uniti
e il rovesciamento di un governo riconosciuto a livello internazionale.


L’inviato ha quindi rilasciato questa dichiarazione provocatoria:
L’Ucraina non ha altra scelta: o facciamo parte di un’alleanza come la NATO
e stiamo facendo la nostra parte per rendere questa Europa più forte,
oppure abbiamo l’unica opzione: armarci da soli, e magari pensare di nuovo alle armi nucleari.
In quale altro modo possiamo garantire la nostra difesa
? ”


Ha anche affermato che c’erano 90.000 militari russi schierati al confine con il Donbass e in Crimea;
nelle sue parole, “Abbiamo a che fare con il più grande movimento di truppe in Russia dalla seconda guerra mondiale“.

Il che non corrisponde con i dati degli osservatori internazionali, che parlano di un numero molto inferiore.

Quando l’Unione Sovietica fu sciolta nel 1991, un terzo del totale delle armi nucleari sovietiche era in Ucraina;
con 1.700 testate nel paese aveva il terzo più grande arsenale nucleare del mondo dopo gli Stati Uniti e la Russia.


Nel 1994 l’Ucraina ha aderito al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari come nazione non dotata di armi nucleari.

In teoria l’Ucraina ha la capacità di produzione di armi nucleari notevole, anche perchè ha sia la tecnologia, sia il materiale fissile,
dato che possiede 15 rettori e produce già il 50% della propria energia da fonti nucleari.


Il tema è stato affrontato più volte negli ultimi 15 anni, ma mai i leader ucraini lo avevano posto alla NATO in termini così secchi e perentori.

L’entrata di Kief nel Patto Atlantico sarebbe una dura provocazione verso Mosca
alla quale ha già affermato che risponderebbe con durezza.


Nello stesso tempo la proliferazione nucleare in Europa non è un elemento positivo,
anche perchè, paradossalmente, minore il numero di testate disponibili ,
maggiore è la possibilità di utilizzarle veramente.


Giovedì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sostenuto una dichiarazione del presidente georgiano Salome Zourabichvili
che “è tempo di proposte concrete per l’Ucraina e la Georgia per ottenere un MAP della NATO e un piano per aderire all’UE”.

I due paesi sono legati dall’uguale posizione di stati che vorrebbero accedere alla NATO, ma non ne sono stati accettati.
 
Una «follia» e una «presa in giro».

Interviene così sulle norme che, secondo quanto emerso da fonti di Palazzo Chigi,
il governo ha previsto per i ristoranti che non dispongono di spazi all’aperto.

Per loro, infatti, non solo la riapertura è stata spostata al 1° giugno, ma è contemplata solo a pranzo.



«I trionfalismi sulle riaperture del governo Draghi vengono smentiti, a distanza di poche ore,
da questa “bella” notizia che sa tanto di presa in giro ai danni di buona parte dei ristoratori.

In sostanza non solo chi non ha spazi all’aperto tarderà a riaprire,
ma quando potrà farlo – il 1º giugno – sarà costretto a lavorare solo a pranzo.

Una follia totale: altro che cambio di passo, qui sembra si facciano passi indietro»,
rilanciando sulla sua pagina Facebook la sintesi grafica dell’articolo dell’Adnkronos che dà conto della decisione del governo.


Nell’articolo di ricorda che in zona gialla i ristoranti all’aperto saranno aperti a pranzo e a cena.
Ma con l’orologio alla mano, visto che permane il coprifuoco alle 22.

La possibilità di aprire però non è prevista per i ristoranti che hanno spazio solo al chiuso:
la data da considerare per la ripresa della loro attività è, infatti, il 1° giugno, e solo a pranzo,
secondo quanto l’agenzia di stampa ha appreso da «fonti di palazzo Chigi».


Il tutto mentre ancora si attende che il Comitato tecnico scientifico dia il via libera alle linee guida per le riaperture.

Il parere degli esperti sulla validità dei protocolli, che potrebbero anche apportare delle modifiche
al piano elaborato dal gruppo tecnico ristretto composto dai rappresentanti di cinque regioni,
è atteso per la prossima settimana.

Insomma, ancora una volta gli imprenditori si potrebbero ritrovare nella condizione di dover fare una corsa contro il tempo per poter lavorare davvero.


Si era già espressa duramente sulla data del 1° giugno prevista anche per la riapertura delle palestre.

«È l’ultima violenta mazzata ad uno dei settori più colpiti in assoluto:
chiuse ininterrottamente da ottobre, dopo aver speso soldi per adeguarsi ai protocolli anticontagio,
umiliate con ristori e sostegni ridicoli, ora le fanno riaprire quando ormai la stagione è finita», aveva sottolineato.

«Oltre agli incalcolabili danni, pure la beffa. Non riconoscere l’importanza dello sport per la salute
e per il benessere delle persone è grave e inammissibile.

Massacrare senza alcuna base scientifica le palestre e le associazioni sportive è ignobile.

Anche per questo abbiamo chiesto la sfiducia dell’indifendibile Speranza».
 
Riecco menagramo uno. Dallo stipendio certo ed assicurato.
Fallo tu astrazeneca.....eh già, tu hai fatto pfizer. Furbo lui.

E' vero. Rischio estate seguendo la "loro" mentalità.

Ma la verità è che per un virus a bassa letalità come questo, simil influenzale,
bisogna curare le persone malate - il 4,7% dei positivi - A CASA.


Non lasciarli al loro destino. "attesa vigilante"....sì...che poi crepino all'ospedale, perchè ormai è troppo tardi.

E non bisognava chiudere dall'inizio. MAI. Al più potenziare le strutture ospedaliere.
Non chiudere gli ospedali come accaduto in questi anni. Ci sono cattedrali nel deserto. VUOTE.


"Le riaperture sono una stupidaggine epocale. Rischio calcolato? Di calcolato vedo ben poco e il vero rischio e' giocarci l'estate".

Lo dice Andrea Crisanti, professore ordinario di Microbiologia a Padova, in un'intervista al quotidiano La Stampa.

Le riaperture, secondo Crisanti, sono state decise perche'

"purtroppo l'Italia e' ostaggio di interessi politici di breve termine,
che pur di allentare le misure finiranno per rimandare la ripresa economica".

"Da settimane viaggiamo tra i 15 e i 20 mila casi al giorno:
un plateau altissimo, che non consente di progettare riaperture.
La decisione e' stata presa e il governo se ne assumera' la responsabilita'.
L'unica sarebbe potenziare la vaccinazione, ma tra forniture, disorganizzazione
e diffidenza verso AstraZeneca pare difficile superare quota 350 mila".

Meglio sarebbe stato rinviare le riaperture a giugno?

"Non e' una mia opinione, ma di chiunque si basi sui dati.
Sento parlare di rischio calcolato, ma come?
Di calcolato vedo ben poco e il vero rischio e' giocarci l'estate.
Allora diciamolo chiaramente: la scommessa e' riaprire ora per vedere se a giugno dobbiamo richiudere tutto".
 
Un altro con lo stipendio certo ed assicurato.

Gli allentamenti delle misure di restrizione anti Covid potrebbero significare una "normale ripartenza dell'epidemia".

Lo spiega a Repubblica Gianni Rezza, capo Prevenzione ministero Salute e membro del Cts, evidenziando che un
"rischio riaperture c'è, ma abbiamo un sistema di allerta precoce per intervenire subito".

"Il rischio accettabile per un epidemiologo è zero. Per un economista può essere 100.

E per chi ha dovuto chiudere un'attività è ancora più elevato.

Legittimo che la politica trovi una sintesi".

"Saranno cruciali le due-tre settimane successive.
Poi fa sapere che potrebbero avere via libera rapidamente i test salivari per la diagnosi di positività a SarsCov2:
più semplici e meno invasivi rispetto al tampone naso-faringeo "ma ugualmente affidabili".


Parole simili quelle del sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri che, intervistato dalla Stampa, evidenzia come
" i numeri non sono ancora così buoni da abbattere le restrizioni" ed "è presto per togliere il coprifuoco".

Ma è fiducioso e assicura che le riaperture sono "irreversibili: non dovremo più temere di dover chiudere'"
visto che la campagna delle vaccinazioni contro il Coronavirus avanza.

Sileri invita a non correre sul coprifuoco e aggiunge che portare l'R0 di molto sotto lo 0,8 permetterà di alleggerire ulteriormente le misure.

"Ma ora l'incidenza nei contagi è ancora alta.
Tre possibilità per ottenere il pass: la vaccinazione,
un tampone nelle ultime 48 ore oppure l'aver avuto il covid nei sei mesi precedenti".
 
Ecco in preparazione il "sistema" per schedarci.
Troverò una soluzione alternativa, ma mai schedato.


Prove generali di passaporto vaccinale.

Un po’ mascherato da autocertificazione
un po’ spacciato come necessario per andare agli eventi o spostarsi tra le regioni in vista delle nuove riaperture.

E così ora Draghi e il suo governo studiano il Pass.

La novità è stata infatti annunciata dal premier in conferenza stampa ieri a Palazzo Chigi.

E non mancano le preoccupazioni – come sottolinea Il Tempo
per la “vigilanza” dei cittadini attraverso lo strumento per partecipare a eventi, concerti, avvenimenti sportivi.


La misura del pass regionale lanciata da Draghi parlando delle riaperture progressive
che interesseranno il Paese dal 26 aprile non è ancora definita nei dettagli ma filtrano diverse indiscrezioni.

“Saranno consentiti gli spostamenti tra regioni gialle e si introduce la novità del pass per gli spostamenti tra regioni di diverso colore.
Il pass attesterà la sussistenza di una delle seguenti condizioni:
avvenuta vaccinazione,
esecuzione di un test covid negativo in un arco temporale da definire (forse 48 ore),
avvenuta guarigione dal Covid (forse da almeno sei mesi)”.


Inoltre, chi ottiene il pass ha la possibilità di:

“Spostarsi liberamente nel territorio nazionale e di accedere a determinati eventi (culturali, sportivi) riservati ai soggetti muniti del documento”.


Per ora si tratta di un work in progress, un’ipotesi, come spiega l’AdnKronos.

“Durante la cabina di regia, il premier Mario Draghi su impulso della Ue avrebbe proposto l’introduzione del pass.
La proposta avrebbe avuto l’ok dei ministri presenti”.


Impulso della Ue?

Già perché – scrive ancora Il Tempo – il pass non sarebbe altro
che una anticipazione del passaporto sanitario che l’Europa varerà tra giugno e luglio, come riporta Repubblica.

Oggi il Comitato tecnico scientifico si riunirà per studiare come funzionerà
ma filtra dal ministero del Turismo guidato dal leghista Massimo Garavaglia l’indiscrezione che per il momento sarà cartaceo,
bisognerà provare con certificato medico di aver avuto la malattia da meno di 6 mesi,
essere vaccinati o aver fatto un tampone nelle 48 ore precedenti al viaggio o alla partecipazione a un evento.
 
In molti avevano già sottolineato in tempi non sospetti la necessità di fare un distinguo tra i morti “per” Covid e i morti “con” Covid.

E adesso dal Regno Unito arriva uno studio che mette in seria discussione i dati divulgati fin qui.

“Quasi un quarto dei decessi attribuiti nel Regno Unito al Covid-19 in realtà non sarebbero stati causati dal coronavirus”.

Lo affermano gli ultimi dati aggiornati dell’Ufficio per le statistiche nazionali (Ons)
secondo cui il 23 per cento dei casi fatali parlano ora di persone che sono morte “con” il virus
piuttosto che “a causa” della malattia.


Come spiega il Telegraph – in un articolo ripreso da Today – ciò significa che anche se la persona morta era risultata positiva al Covid,
“non è stata quella la causa principale della sua scomparsa registrata sul certificato di decesso”.


Ora, grazie alla straordinaria campagna di vaccinazione messa in atto senza i vincoli dell’Ue,
Il Regno Unito vede i nuovi contagi diminuire in maniera evidente.

E il numero di decessi registrati che coinvolgono il coronavirus in Inghilterra e Galles è sceso al livello più basso in sei mesi.

Intanto il Paese della Brexit ha riaperto pub, ristoranti, negozi e la maggior parte delle attività.


Il premier Boris Johnson continua a inviare messaggi in cui chiede cautela ai cittadini, ma il Regno Unito vede la fine dell’incubo.

Gli gli esperti hanno affermato che è chiaro che la vaccinazione stia avendo l’impatto “maggiore”,
con il tasso di mortalità per gli ultrasessantenni ora vicino a quello dei minori di 60 anni,
nonostante fosse 43 volte superiore al picco di gennaio.
 
Ci mancava, il "rosso". Stipendio certo e sicuro anche per lui.


L’idea del premier Mario Draghi di riaprire dal 26 aprile diverse attività non sembra aver riscontrato il favore di molti,
primo tra tutti quello del professor Massimo Galli, direttore delle Malattie infettive al "Sacco" di Milano e docente alla Statale.

"Ci saranno un milione di infezioni attive in Italia o pensate che tutti i positivi si fanno il tampone e vengono a saperlo?"
ha detto durante una intervista al Fatto Quotidiano.


Sul Covid "Draghi non ne ha azzeccata una”, un giudizio duro che non le manda certo a dire.

Il professore ha poi raccontato che sotto casa sua c’è un mercatino che sabato mattina era zeppo di persone, e non succedeva da mesi.

A suo dire, il messaggio dato dal presidente del Consiglio venerdì scorso,
è stato recepito da molti come un liberi tutti, che in realtà non ci possiamo ancora permettere.

A questo punto Galli ha messo in mezzo la Francia, prendendola come esempio, e sottolineando il fatto che,
con dati più o meno simili ai nostri, ha tenuto chiuse le scuole.

O anche la Gran Bretagna che, dopo un lock-down duro, ha iniziato a riaprire solo adesso.

E che dire poi degli Stati Uniti che hanno ammesso di essere ancora lontani dall’avere la situazione sotto controllo?

Galli ha tenuto a dire che vorrebbe poter pensare che l’Italia è messa bene, ma che purtroppo a suo avviso non è così.

Il suo timore è che il virus riparta, come è avvenuto in Sardegna, passata in poco tempo dal bianco al rosso.


Ed ecco allora prendersela con Salvini.

Sarebbe tutta colpa del leader della Lega se la sua linea è alla fine passata,
se il premier Draghi, a causa del suo continuo pressing, ha ceduto alle riaperture.

Il capro espiatorio è stato scelto, ed è sempre lo stesso.

In barba a tutti i professionisti che negli scorsi giorni sono scesi in piazza stremati dalle chiusure e ormai da mesi senza stipendi.

“Mi duole dirlo, perché su Mario Draghi, come milioni di italiani, riponevo molte aspettative,
ma sulla pandemia non ne ha azzeccata ancora una” ecco arrivare come un missile il giudizio impietoso dal professore.

E che dire di come è stata affrontata la situazione sul vaccino AstraZeneca? Ovviamente male anche quella.

Secondo Galli l’Italia ha avuto “un allineamento passivo su posizioni internazionali che non ci potevamo permettere visto lo stato della diffusione del contagio”.


Bocciata anche la campagna vaccinale:
“Da qui al 26 aprile al trotto attuale avremo tre milioni e mezzo di nuovi vaccinati a esagerare, quindi 17 milioni in tutto.
Il che significa non arrivare neppure a trenta dosi ogni cento persone.
Per capirci, nel Regno Unito sono a sessanta dosi ogni cento persone.
E risultati importanti si ottengono quando vengono superate le cento dosi ogni cento persone perché vuol dire che si è già partiti con i richiami”.

A questo punto l’infettivologo raccomanda agli over 60 di continuare a stare attenti e mantenere il massimo delle cautele, soprattutto per la diffusione delle varianti.

Del resto, come ha tenuto a precisare:
“I vaccini sono lo strumento per proteggere dalla malattia grave e mortale, ma non sappiamo quanto dall'infezione di SarsCov2.
E, infatti, seppur poche, ci sono persone infettate già vaccinate che però non si aggravano.
Attenzione al ruolo che in questo senso possono svolgere le varianti.
Prendiamo Manaus, in Brasile: la sciagurata politica di assenza del contenimento intrapresa dal presidente Jair Bolsonaro
e la peculiarità di quella città ha portato a un 60 per cento di contagiati
(era la quota ipotizzata un anno fa dai consiglieri inglesi di Boris Johnson per raggiungere l'immunità di gregge);
ecco, l'immunità di gregge non è stata mica raggiunta, il virus ha invece avuto mutazioni
che hanno generato varianti in grado di infettare di più e reinfettare anche”.


L’ottimismo prima di tutto.
 

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